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Articolo 30 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Proposizione del conflitto

Dispositivo dell'art. 30 Codice di procedura penale

1. Il giudice che rileva un caso di conflitto pronuncia ordinanza con la quale rimette alla corte di cassazione copia degli atti necessari alla sua risoluzione con l'indicazione delle parti e dei difensori [31 c.p.p.].

2. Il conflitto può essere denunciato dal pubblico ministero presso uno dei giudici in conflitto ovvero dalle parti private. La denuncia è presentata nella cancelleria di uno dei giudici in conflitto, con dichiarazione scritta e motivata alla quale è unita la documentazione necessaria(1). Il giudice trasmette immediatamente alla corte di cassazione la denuncia e la documentazione nonché copia degli atti necessari alla risoluzione del conflitto(2), con l'indicazione delle parti e dei difensori e con eventuali osservazioni.

3. L'ordinanza e la denuncia previste dai commi 1 e 2 non hanno effetto sospensivo sui procedimenti in corso [31 c.p.p.](3).

Note

(1) Affinché la denuncia di conflitto sia ritenuta ammissibile, è necessario che questa venga presentata per iscritto.
(2) Qualora si tratti di denuncia sollevata da una parte o dal pubblico ministero, il giudice non può far altro che trasmettere denuncia e copia degli atti in Cassazione, non essendo in grado di poterne valutare la fondatezza. Tuttavia, qualora si trattasse di un impulso a creare una situazione conflittuale, la questione verrà trattata come nel caso delle eccezioni di incompetenza.
(3) Si veda, per quanto riguarda i reati previsti dall'art. 90 della Cost. e per i reati ministeriali, l'art. 9 della l. 5 giugno 1989, n. 219 che recita:
«1. Il comitato procede alle indagini relative ai reati di cui al comma 1 dell'articolo 5 anche nei confronti di qualsiasi soggetto che abbia concorso negli stessi.
2. Se il comitato ritiene che fatti per i quali procede l'autorità giudiziaria ordinaria o militare integrano taluno dei reati previsti dall'articolo 90 della Costituzione, afferma la propria competenza indicando le persone nei cui confronti intende procedere e richiede la trasmissione degli atti all'autorità giudiziaria, che provvede senza ritardo dopo aver dichiarato con sentenza la propria incompetenza.
3. Tuttavia l'autorità giudiziaria, se ritiene che i fatti siano diversi da quelli previsti nell'articolo 90 della Costituzione, pronuncia ordinanza con la quale ordina la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per la risoluzione del conflitto. Nello stesso modo provvede quando ritiene che i fatti per i quali procedono il comitato o il Parlamento in seduta comune rientrino nella sua competenza».
Si veda altresì l'art. 10, che dispone:
«1. Qualora ritenga che il reato sia diverso da quelli previsti dall'articolo 90 della Costituzione, il Parlamento in seduta comune dichiara la propria incompetenza e trasmette gli atti all'autorità giudiziaria.
2. Se l'autorità giudiziaria dissente dalla pronuncia di incompetenza del Parlamento o del comitato, provvede a norma del comma 3 dell'articolo 9».

Ratio Legis

La norma individua quale sia l'organo naturalmente idoneo a risolvere i conflitti di competenza tra giudici: la Corte di cassazione. L'articolo in esame individua anche le modalità in cui può essere sollevato il conflitto: la denuncia di parte (pubblico ministero o parte del procedimento) o tramite ordinanza di uno dei giudici in contrasto.

Spiegazione dell'art. 30 Codice di procedura penale

Il conflitto può essere di giurisdizione, quando il contrasto si ha tra uno o più giudice ordinari e uno o più giudice speciali, oppure di competenza, qualora ad essere coinvolti siano o più giudice ordinari. Esso è inoltre negativo o positivo, a seconda che i due (o più) giudice ritengano di non essere competenti o viceversa.

Il conflitto cessa innanzitutto per via dell'iniziativa di uno dei giudice che dichiari, anche d'ufficio, la propria competenza o la propria incompetenza, a seconda che il conflitto sia negativo o positivo. Se tale eventualità non si verifica, sarà necessario attendere la sentenza della corte di cassazione, la quale produce gli effetti di cui all'articolo 25.

Il conflitto può altresì essere denunciato dal pubblico ministero e dalle parti private, con le formalità e gli adempimenti di cancelleria di cui al comma 2.

L'elevazione del conflitto non ha effetti sospensivi sul processo in corso, e il prosieguo del procedimento incidentale è disciplinato dagli articoli 30, 31 e 32.

Massime relative all'art. 30 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 14006/2007

In tema di conflitti di competenza, in tanto sussiste per il giudice l'obbligo dell'immediata trasmissione degli atti alla Corte di Cassazione ai sensi dell'art. 30, comma secondo cod. proc. pen., in quanto il contenuto dell'atto di parte, da questa qualificato come denuncia o sollecitazione di conflitto, corrisponda esattamente alla previsione di cui all'art. 28 cod. proc. pen., nel senso che, in base a quanto in esso rappresentato, sia astrattamente configurabile una situazione in cui vi siano due o più giudici che contemporaneamente prendono o rifiutano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona. Tale condizione non si verifica quando la parte non denuncia alcun conflitto, ma si limita a sollecitare il giudice affinché crei la situazione di conflitto, contestando la competenza di altro giudice in relazione ad un processo in corso di trattazione innanzi allo stesso. (Dichiara inammissibile, Trib. Napoli, 24 novembre 2006).

Cass. pen. n. 17085/2006

In tema di misure cautelari, è inammissibile il ricorso per cassazione della parte privata volto a sollevare direttamente dinanzi alla Corte di cassazione il conflitto di competenza, potendo quest'ultima denunciare il conflitto unicamente nelle forme indicate dall'art. 30, comma secondo cod. proc. pen.. (In applicazione di tale principio, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'indagato avverso l'ordinanza del tribunale del riesame confermativa della misura cautelare personale, con il quale era stata dedotta l'esistenza di un conflitto positivo di competenza tra uffici del G.i.p. di distinti tribunali in merito all'emissione di analoghe misure custodiali). (Dichiara inammissibile, Trib.lib. Genova, 30 Gennaio 2006).

Cass. pen. n. 33526/2003

In tema di conflitti di competenza, in tanto sussiste per il giudice l'obbligo dell'immediata trasmissione degli atti alla Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 30, secondo comma, c.p.p., in quanto il contenuto dell'atto di parte, da questa qualificato come denuncia o "sollecitazione" di conflitto, corrisponda esattamente alle previsioni di cui all'art. 28 c.p.p., nel senso che, in base a quanto in esso rappresentato (indipendentemente dalla fondatezza o meno), sia astrattamente configurabile una situazione in cui vi siano due o più giudici che contemporaneamente prendono o rifiutano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona; tale condizione non può dirsi verificata e l'adempimento anzidetto non deve quindi avere luogo quando la parte non denunci di fatto alcun conflitto, ma si limiti a sollecitare il giudice affinché crei esso la situazione potenziale di conflitto, declinando la propria competenza: in tal caso il giudice, ove non ritenga di aderire a tale sollecitazione, deve considerare l'atto alla stregua di una comune eccezione di incompetenza, ovvero di una generica richiesta formulata ai sensi dell'art. 121 c.p.p., e provvedere di conseguenza.

Cass. pen. n. 25918/2001

È ammissibile il conflitto di competenza tra il tribunale in composizione monocratica ed il tribunale in composizione collegiale, in quanto anche in tale ipotesi, per effetto di due decisioni contrastanti, si realizza una situazione di stasi processuale riconducibile ad uno dei casi «analoghi» previsti dall'art. 28, comma 2, c.p.p., la cui risoluzione è rimessa alla Corte di cassazione.

Cass. pen. n. 2630/1996

In tema di conflitti di competenza, in tanto sussiste per il giudice l'obbligo dell'immediata trasmissione degli atti alla Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 30, secondo comma, c.p.p., in quanto il contenuto dell'atto di parte, da questa qualificato come denuncia o «sollecitazione» di conflitto, corrisponda esattamente alle previsioni di cui all'art. 28 c.p.p., nel senso che, in base a quanto in esso rappresentato (indipendentemente dalla fondatezza o meno), sia astrattamente configurabile una situazione in cui vi siano due o più giudici che contemporaneamente prendono o rifiutano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona; tale condizione non può dirsi verificata e l'adempimento anzidetto non deve quindi avere luogo quando la parte non denunci di fatto alcun conflitto, ma si limiti a sollecitare il giudice affinché crei esso la situazione potenziale di conflitto, declinando la propria competenza: in tal caso il giudice, ove non ritenga di aderire a tale sollecitazione, deve considerare l'atto alla stregua di una comune eccezione di incompetenza, ovvero di una generica richiesta formulata ai sensi dell'art. 121 c.p.p., e provvedere di conseguenza.

Cass. pen. n. 1037/1995

In tema di conflitti negativi di competenza, deve ritenersi che spetta al giudice che rifiuta la competenza attribuitagli da altro giudice investire la Corte di cassazione per la risoluzione del conflitto, giacché è dal suo comportamento che trae origine la situazione di stasi processuale caratteristica del conflitto stesso.

Cass. pen. n. 2890/1994

È inammissibile la denuncia di conflitto di competenza non presentata per iscritto. (Nella specie, di essa si dava atto solo nell'ordinanza del giudice di merito che aveva rimesso gli atti alla Cassazione, peraltro senza precise indicazioni sui diversi giudici che avrebbero preso cognizione dello stesso fatto addebitato al denunciante).

Cass. pen. n. 4817/1993

In presenza di un atto di parte, da questa qualificato come denuncia di conflitto, il giudice è tenuto a disporne l'immediata trasmissione alla Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 30, comma secondo, c.p.p., solo in quanto il contenuto dell'atto anzidetto corrisponda esattamente alle previsioni di cui all'art. 28 c.p.p., nel senso che, in base a quanto in esso rappresentato (indipendentemente dalla fondatezza o meno), sia astrattamente configurabile una situazione in cui, secondo la parte, vi siano due o più giudici che contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona. Tale condizione non si verifica, e l'adempimento anzidetto non deve, quindi, aver luogo, quando la parte non denunci, di fatto, alcun conflitto, ma si limiti a sollecitare il giudice affinché crei esso la situazione di conflitto, contestando la competenza attribuitagli da altro giudice. In tal caso il giudice, ove non ritenga di aderire a tale sollecitazione (nel qual caso risulterà applicabile il comma primo e non il comma secondo dell'art. 30 c.p.p.), dovrà considerare l'atto di parte alla stregua di una comune eccezione di incompetenza ovvero di una generica richiesta, formulata ai sensi dell'art. 121 c.p.p., provvedendo, quindi, di conseguenza.

Cass. pen. n. 4493/1993

Per aversi un conflitto di competenza occorre la coesistenza di volontà contrastanti di due o più giudici di prendere o ricusare la cognizione del medesimo reato, con conseguente paralisi del procedimento. Ne consegue che presupposto necessario di un procedimento incidentale di conflitto è una situazione di contrasto relativamente alla quale solo il giudice può sollevare conflitto e non già il P.M. o le parti, le quali sono abilitate a denunciare una situazione conflittuale reale ed effettiva e non potenziale.

Cass. pen. n. 3855/1993

Non è abnorme - ed è, pertanto, insuscettibile di ricorso per cassazione - il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari presso la pretura rifiuta di declinare la propria competenza per materia in favore del Gip presso il tribunale. (Nella specie il Gip presso il tribunale, nel dichiararsi incompetente, aveva trasmesso gli atti al procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale che aveva denunziato conflitto. La S.C. lo aveva dichiarato inammissibile sul rilievo che non è configurabile conflitto tra P.M. e giudice; ma il P.M., pur riconoscendo l'inesistenza di conflitto tra giudici, aveva chiesto al Gip presso la pretura di sollevare conflitto, declinando la competenza in favore del Gip presso il tribunale. Senonché il Gip presso la pretura aveva rigettato la richiesta, restituendo gli atti al P.M. che era di nuovo ricorso per cassazione denunziando l'abnormità del provvedimento di rigetto. Nel dichiarare nuovamente inammissibile il ricorso, la S.C. ha enunciato il principio di cui in massima).

Cass. pen. n. 3588/1992

La denuncia di conflitto ad iniziativa della parte presuppone l'attualità di contrasto tra giudici (due o più) reale ed effettivo. In caso diverso la denuncia della parte vale a stimolare l'attenzione del giudice sul tema della competenza e ad assumere le sue determinazioni al riguardo. Solo dopo l'apprezzamento in ordine alla propria competenza, da cui discende o meno il contrasto, gli atti vanno rimessi nel primo caso alla Corte di cassazione per la risoluzione del conflitto.

Cass. pen. n. 3402/1991

È inoppugnabile il provvedimento del giudice che eleva conflitto di competenza.

Cass. pen. n. 3023/1991

Il conflitto di competenza, anche come caso analogo, è configurabile solo con riferimento a contrasto tra giudici, secondo quanto si desume dall'art. 28 c.p.p. La denuncia di conflitto da parte del pubblico ministero, ai sensi dell'art. 30, secondo comma, c.p.p., deve avere ad oggetto un effettivo contrasto tra giudici, così che il P.M. non può inserirsi nella procedura deducendo la eventualità di un contrasto tra giudici. (Nella specie è stata dichiarata inammissibile la denuncia di conflitto da parte del P.M. — stante l'assenza di una presa di posizione del G.I.P. — in un caso in cui il tribunale aveva dichiarata la nullità dell'ordinanza di rinvio a giudizio sul rilievo che l'individuazione delle prove era soltanto apparente).

Cass. pen. n. 3218/1991

Il provvedimento con il quale viene elevato un conflitto di competenza non è impugnabile, avendo il giudice di cui all'ultima parte del comma primo dell'art. 31 c.p.p. - obbligato all'immediata trasmissione degli atti alla Corte di cassazione - solo la facoltà di esprimere eventuali osservazioni. (Fattispecie in cui il G.I.P. presso la pretura aveva elevato conflitto nei confronti del procuratore generale che a sua volta aveva proposto ricorso per cassazione).

L'ordinanza che eleva un conflitto di competenza, a prescindere dalla sua ammissibilità, non può assolutamente ritenersi emessa in contrasto con il sistema e, dunque, non può concretizzare l'ipotesi del provvedimento abnorme; al contrario deve ritenersi abnorme il diniego di investire la Corte di cassazione della denuncia di elevazione di un siffatto conflitto. (Fattispecie in cui il G.I.P. presso la pretura aveva elevato conflitto nei confronti del procuratore generale che a sua volta aveva proposto ricorso per cassazione).

Cass. pen. n. 1671/1990

È abnorme, e come tale immediatamente ricorribile per cassazione, l'ordinanza con la quale il giudice rigetti la richiesta di trasmissione degli atti alla Corte di cassazione per la risoluzione di un asserito conflitto di competenza, in quanto la presentazione di una denuncia di conflitto, pur non essendo causa di sospensione del processo, non consente al giudice alcuna delibazione sulla sua fondatezza o ammissibilità, che sono riservate esclusivamente al giudice di legittimità, cui gli atti vanno immediatamente trasmessi.

Cass. pen. n. 888/1990

Nel caso in cui il presidente del tribunale, avendo constatato che a seguito di astensione è venuta meno la possibilità di comporre il collegio, rimetta il procedimento penale, ai sensi dell'art. 70, quarto comma, c.p.p. 1930 (ora art. 43, secondo comma, c.p.p. 1988) ad un tribunale limitrofo dello stesso distretto, quest'ultimo tribunale ben può sollevare conflitto di competenza ai sensi dell'art. 51, secondo comma, c.p.p. 1930 (ora art. 28 c.p.p. 1988), in quanto il provvedimento del presidente del tribunale a quo comporta l'investitura di competenza del giudice ad quem, che può e deve valutare la sussistenza dei presupposti della sua competenza.

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