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Articolo 430 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Deposito della sentenza

Dispositivo dell'art. 430 Codice di procedura civile

Quando la sentenza è depositata fuori udienza, il cancelliere ne dà immediata comunicazione alle parti(2)(3).

Note

(1) A differenza di quanto è previsto nel rito ordinario in cui il termine per il deposito della sentenza varia da trenta a sessanta giorni a seconda che la sentenza venga pronunciata dal giudice monocratico o dal collegio, nel rito del lavoro la sentenza deve essere depositata entro un termine assai più breve di quindici giorni, in rispetto alle esigenze di celerità e immediatezza. Si tratta comunque di un termine ordinatorio, per cui la sua inosservanza non determina nullità della sentenza.
(2) Nel rito del lavoro, il termine di impugnazione della sentenza di cui all'art. 327 del c.p.c. decorre dalla sua pubblicazione, che avviene con il deposito in cancelleria del testo completo.
(3) Il D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Spiegazione dell'art. 430 Codice di procedura civile

La norma in esame dovrebbe trovare applicazione, almeno in linea teorica, nei soli casi in cui il giudice non dia contestuale lettura del dispositivo e della motivazione della sentenza, ossia qualora, per la particolare complessità della controversia, il giudice decida di limitarsi alla lettura del dispositivo (così art. 429 del c.p.c. comma 1).

Viene qui stabilito che entro il termine di 15 giorni dalla pronuncia la sentenza deve essere depositata in cancelleria.
Dal momento del deposito il cancelliere è tenuto a darne immediata comunicazione alle parti.

Il termine di 15 giorni qui previsto (molto più breve rispetto a quello di 30 o 60 giorni previsto nel rito ordinario, a seconda che la sentenza venga pronunciata dal giudice monocratico o dal collegio) risponde alle esigenze di certezza e celerità che devono essere soddisfatte nel rito del lavoro.

Deve comunque precisarsi che si tratta di un termine ordinatorio, dalla cui inosservanza non si può far derivare nullità della sentenza.
La sua inosservanza potrebbe avere soltanto rilievo ai fini della configurabilità di una responsabilità disciplinare o civile del giudice ex art. 3 della Legge n. 117/1988.

Per quanto concerne la decorrenza dei termini di impugnazione, si ritiene preferibile la tesi secondo cui essi devono farsi decorrere dal momento del deposito della sentenza completa in tutti i suoi elementi costitutivi e non dalla mera lettura del dispositivo.
Infatti, è al deposito della motivazione e non alla pronuncia del dispositivo che si applicano le norme che presuppongono la pubblicazione della sentenza, tra cui l’art. 327 del c.p.c..
La lettura del dispositivo in udienza, invece, rileva ai fini dell’irrevocabilità della decisione e della individuazione degli elementi indispensabili richiesti dai nn. 1 e 2 dell’art. 132 del c.p.c..

Massime relative all'art. 430 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 5277/2012

Nel rito del lavoro, qualora il giudice di primo grado che abbia letto in udienza il dispositivo della sentenza non possa redigerne la motivazione per sopravvenuto impedimento, non si ha inesistenza della sentenza, ma nullità per mancanza di motivazione, vizio che, ai sensi dell'art. 161, primo comma, cod. proc. civ., può essere fatto valere soltanto nei limiti e secondo le regole dei mezzi di impugnazione. Ne consegue che il giudice d'appello, ove abbia rilevato dette nullità a seguito di gravame, non può rimettere la causa al primo giudice, non ricorrendo alcuna ipotesi di rimessione fra quelle tassativamente previste dagli artt. 353 e 354 cod. proc. civ., nè limitarsi a dichiarare la nullità medesima, ma deve decidere le cause nel merito.

Cass. civ. n. 11630/2004

Il termine annuale di impugnazione della sentenza, previsto dall'art. 327 c.p.c., decorre dalla pubblicazione della sentenza stessa, e cioè nel rito del lavoro non dalla data di lettura del dispositivo in udienza, ma da quella del deposito in cancelleria del testo completo della sentenza, a seguito del quale soltanto può proporsi l'impugnazione, salvo il caso particolare dell'appello con riserva di motivi, di cui all'art. 433, secondo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 14194/2002

Per effetto dell'abrogazione dell'art. 120 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, ad opera dell'art. 129 D.L.vo n. 51 del 1998, non sussiste più un termine procedurale per il deposito della sentenza nel giudizio ordinario, né è in proposito analogicamente applicabile l'art. 430 c.p.c., che (così come già il citato art. 120 att. c.p.c.) pone peraltro un termine meramente ordinatorio, la cui inosservanza non determina alcuna ragione di nullità del provvedimento.

Cass. civ. n. 792/1983

Nel rito del lavoro, l'inosservanza del termine stabilito per il deposito della sentenza non dà luogo a nullità della sentenza stessa, in quanto mentre questa viene a giuridica esistenza con la lettura del dispositivo, il detto termine incide unicamente sul momento in cui può essere proposta l'impugnazione (salva l'ipotesi dell'appello contro il dispositivo ex art. 433, secondo comma, c.p.c.).

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Consulenze legali
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Flavio chiede
domenica 21/11/2010
“Buonasera,
vorrei riportare un caso pratico che penso sia di estremo interesse giuridico ed al quale non riesco a trovare una soluzione. Il Guidice di Pace dà lettura del dispositivo in udienza ma successivamente (prima di depositarla), accortosi di un'irregolarità nella notificazione dell'atto di citazione, fissa una nuova udienza con ordinanza. La nuova udienza tuttavia non si tiene per decesso del Giudice stesso ed il nuovo Giudice designato, appartenente allo stesso ufficio, fissa una nuova udienza. Al termine di quest'ultima, il Giudice emette sentenza di segno contrario rispetto al dispositivo adottato dal Giudice di prime cure. Ora: 1) qual è la diciplina applicabile nelle ipotesi in cui il primo Giudice, dopo aver dato lettura del dispositivo in udienza, deceda nelle more della pubblicazione della sentenza?
2) il secondo Giudice è obbligato ad attenersi al dispositivo precedente ovverosia, qual è la forza vincolante del dispositivo in questione?
Grazie.”
Consulenza legale i 20/12/2010

L'art. 63 dis. att. c.p.c. richiama l'applicabilità dell'art. 174 del c.p.c. anche in caso di sostituzione del Giudice di Pace. Questo articolo stabilisce che il giudice istruttore può essere sostituito con decreto del presidente soltanto in caso di assoluto impedimento (ad es., morte del magistrato) o di gravi esigenze di servizio.
Nell'ipotesi in cui l'impossibilità sia sopravvenuta dopo la lettura del dispositivo e la consegna della minuta al cancelliere (v. disp. att. 119), sono state prospettate due diverse soluzioni: o il dispositivo acquista natura di sentenza, ancorché nulla per carenza di motivazione; oppure il dirigente dell'ufficio designa un nuovo giudice, dinanzi al quale si terrà una nuova udienza di discussione per la pronuncia di un nuovo dispositivo, come è avvenuto nel caso di specie.
Se, invece, l'impossibilità fosse sopravvenuta dopo che il cancelliere avesse consegnato al giudice la sentenza dattiloscritta perché questi la sottoscriva, si ritiene applicabile estensivamente l'art. 174 del c.p.c., secondo comma, per il quale il giudice può essere sostituito solo nella sottoscrizione della sentenza.
Nel caso di specie è necessario comprendere, quindi, quali siano i limiti dell'avvenuta sostituzione: se, come appare probabile, il nuovo giudice è stato sostituito al precedente anche ai fini della decisione, egli può liberamente apprezzare i fatti e le deduzioni delle parti, senza vincolo di attenersi al precedente dispositivo.
Si ricorda in ogni caso che il provvedimento di sostituzione non va motivato e non deve essere né comunicato né notificato alle parti. L'inosservanza delle condizioni stabilite dall'art. 174 c.p.c. viene considerata come causa di irregolarità puramente interna e tale da non incidere sulla costituzione del giudice. Il decreto presidenziale può essere emesso anche oralmente ed è impugnabile solo innanzi al primo Presidente di Corte d'Appello.