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Articolo 73 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Astensione del pubblico ministero

Dispositivo dell'art. 73 Codice di procedura civile

Ai magistrati del pubblico ministero che intervengono nel processo civile si applicano le disposizioni del presente Codice relative all'astensione dei giudici [51], ma non quelle relative alla ricusazione[52](1).

Note

(1) In caso di mancata astensione facoltativa del p.m. si è ritenuto che tale comportamento dia luogo ad un illecito disciplinare nel caso in cui possa ingenerare sospetti, anche se infondati, di compiacenza o mancanza di imparzialità.

Ratio Legis

La norma in esame estende al p.m. la sola disciplina dell'art. 51 del c.p.c. per gli organi giudicanti, escludendo l'applicazione dell'art. 52 del c.p.c. poichè in quanto parte non è ricusabile. L'illegittimo esercizio del potere di azione o intervento è fonte di responsabilità disciplinare.

Spiegazione dell'art. 73 Codice di procedura civile

Anche se la norma si riferisce ai magistrati del P.M. che “intervengono”, si ritiene che l’espressione ivi contenuta debba intendersi in senso ampio, tale da ricomprendervi anche i magistrati che esercitano l’azione ex art. art. 69 del c.p.c..
A tali magistrati vengono applicate le norme in materia di astensione, con rinvio, dunque, all’art. 51 del c.p.c., il quale prevede due diversi tipi di astensione, ossia quella obbligatoria (che ricorre in presenza delle condizioni tassativamente stabilite dalla legge) e quella facoltativa (legata a ragioni di convenienza, che lo stesso magistrato valuterà discrezionalmente).

Dispone espressamente la norma, invece, che non è ammissibile la ricusazione contro il P.M.; da ciò si è argomentato che l’astensione sia stata voluta non tanto per preservare l’interesse delle altre parti, quanto piuttosto per garantire il corretto svolgimento della funzione da parte del P.M.
Di contro, vi è chi ritiene che in realtà anche l’astensione abbia la finalità di risolvere un eventuale contrasto tra l’interesse pubblico rappresentato dal P.M. e l’interesse delle parti e che la ricusazione non sia stata prevista per assimilare ancor di più la posizione del P.M. a quella delle parti private, differenziandola da quella del giudice.

Per quanto concerne le conseguenze della mancata astensione, si esclude che ciò possa dar luogo a nullità che si rifletta sulla sentenza che viene emanata al termine del procedimento, e si ritiene piuttosto che essa sia soltanto in grado di generare responsabilità disciplinare a carico del magistrato, costituendo violazione di un dovere di ufficio (e ciò anche quando si tratti di un caso di astensione giustificata dalle circostanze del caso).

Infatti, l'illecito disciplinare della consapevole inosservanza del dovere di astensione nei casi previsti dalla legge (disciplinato dall'art. 2, co. 1, lett. c), D.Lgs. 23.2.2006, n. 109) è configurabile anche a carico del P.M., sebbene per esso sia prevista solo la facoltà di astenersi, in quanto anche per il P.M. sussiste il dovere di valutare, nell'esercizio delle sue funzioni, le ragioni di grave convenienza che lo possano indurre a non trattare cause in cui egli o suoi stretti congiunti abbiano interessi e quello di astenersi nel caso di verificata esistenza di tali ragioni.

Massime relative all'art. 73 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 11431/2010

È configurabile l'illecito disciplinare previsto dall'art. 2, comma 1, lett. c), d.l.vo 23 febbraio 2006 n. 109 (consapevole inosservanza del dovere di astensione nei casi previsti dalla legge) pure a carico del magistrato del P.M., benché per esso sia prevista solo la facoltà di astenersi, in quanto anche per il P.M. sussiste il dovere di valutare, nell'esercizio delle sue funzioni, le ragioni di grave convenienza per non trattare cause in cui egli o suoi stretti congiunti abbiano interessi e quello di astenersi nel caso di verificata esistenza di tali ragioni, con particolare riguardo a interessi propri o personali dello stesso magistrato. (Nella specie, la Corte ha ritenuto configurabile la violazione disciplinare nel fatto di magistrati del P.M. che abbiano avviato un procedimento penale nei confronti di colleghi in servizio presso la Procura della Repubblica di altra sede giudiziaria i quali avevano disposto il sequestro probatorio di atti di procedimento penale pendente dinanzi ai primi).

Cass. civ. n. 2647/1961

Se la mancata astensione del giudice nei casi indicati nell'art. 51 c.p.c. non dà luogo a nullità, ma concede solo alle parti la facoltà di ricusarlo, a maggior ragione si deve escludere ogni ragione di nullità quando a non astenersi, a norma del predetto articolo in relazione all'art. 73 stesso codice, sia stato un magistrato del P.M., nei confronti del quale non è neppure consentita la ricusazione.

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