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Articolo 14 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Cause relative a somme di danaro e a beni mobili

Dispositivo dell'art. 14 Codice di procedura civile

Nelle cause relative a somme di danaro o a beni mobili [812 c.c.], il valore si determina in base alla somma indicata o al valore dichiarato dall'attore; in mancanza di indicazione o dichiarazione, la causa si presume di competenza del giudice adito (1) (2).

Il convenuto può contestare, ma soltanto nella prima difesa [art. 38 del c.p.c.art. 167 del c.p.c. c.p.c.], il valore come sopra dichiarato o presunto; in tal caso il giudice decide, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e senza apposita istruzione (3).

Se il convenuto non contesta il valore dichiarato o presunto, questo rimane fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito (4).

Note

(1) L'articolo in esame rappresenta un'applicazione, nelle controversie che hanno ad oggetto somme di denaro e beni mobili, del principio di cui all'art. 10 c.p.c. in forza del quale il valore della causa è determinato dalla somma indicata nella domanda. La norma indica accanto al criterio della somma indicata due presunzioni: quella del valore dichiarato e quella della competenza del giudice adito. Queste presunzioni valgono per le cause relative a somme di danaro non determinate, a beni mobili, ad obblighi di fare o non fare suscettibili di valutazione monetaria, nonché a rapporti obbligatori relativi a beni immobili.
(2) Se l'attore omette di indicare la somma o la dichiarazione giudiziale del valore, la causa si presume di valore pari al limite massimo della competenza del giudice adito. Se accanto alla domanda di valore indeterminato ne viene proposta un'altra, si ha l'effetto automatico del superamento della competenza del giudice adito, la cui competenza risulta "consumata" dalla domanda di valore indeterminabile. Tale effetto si esclude se la parte, al momento della proposizione della domanda abbia dichiarato di voler contenere la propria richiesta nei limiti della competenza del giudice adito mediante la c.d. clausola di contenimento. In tal caso il valore di tale domanda è pari alla differenza tra il limite massimo della competenza e il valore dichiarato delle altre domande.
(3) La presunzione di competenza per valore del giudice adito previsto dalla norma in analisi può essere contestata da colui nei cui confronti viene proposta la domanda. Ciò deve avvenire attraverso una specifica e motivata contestazione, proposta a pena di decadenza nel primo atto difensivo, idonea a dimostrare, sulla base di elementi obiettivi, il valore effettivo della domanda stessa.
(4) In caso di mancata o tardiva contestazione, la competenza si radica, anche dal punto di vista del merito della controversia, presso il giudice adito, secondo quanto indicato dall'attore o il meccanismo di cui al primo comma. Pertanto, il giudice deciderà nel merito senza oltrepassare i limiti della propria competenza per valore.

Spiegazione dell'art. 14 Codice di procedura civile

La norma trova applicazione, oltre che per le controversie ivi espressamente indicate, anche per le controversie relative ad obblighi di fare e di non fare, poiché si tratta di controversie economicamente valutabili e dunque riconducibili ad una somma di danaro (in tal senso si esprimono sia la dottrina che la giurisprudenza).

Per quanto concerne le cause relative a somme di denaro (per le quali si prescinde dal titolo in forza del quale la somma è pretesa), possono verificarsi le seguenti ipotesi:
  1. l’attore quantifica espressamente la somma di denaro per cui agisce: tale richiesta varrà a determinare il valore della causa ai fini della competenza e le contestazioni del convenuto potranno essere prese in considerazione solo in relazione al merito (secondo la dottrina in questo caso, contrariamente al criterio generale dettato dall'art. 10 del c.p.c., viene attribuita rilevanza al solo petitum).
  2. l’attore non quantifica la somma di denaro, aspettando che sia l’esito dell’istruttoria a determinarla: in questo caso la causa si presume che sia di competenza del giudice adito ed anche qui le contestazioni del convenuto relative all’esistenza o all’entità delle somme potranno assumere rilevanza solo in relazione al merito.
Ricorre un esempio di tale tipo nel caso in cui si agisca in giudizio per il risarcimento del danno, senza che venga precisato l’ammontare della somma con cui si intende essere risarciti, rimettendo la determinazione della stessa ad una CTU che verrà svolta in corso di causa.
  1. l’attore quantifica la somma in corso di causa. In tal caso possono verificarsi le seguenti possibilità:
  1. la somma rientra nella competenza del giudice adito: il processo proseguirà dinanzi allo stesso.
Così, volendo anche qui fare un esempio, se Tizio cita in giudizio Caio dinanzi al Giudice di Pace, chiedendo il risarcimento dei danni subiti alla sua auto, danni non ancora quantificati, qualora in corso di causa il perito nominato li quantifichi in euro 5000, la causa resterà radicata dinanzi a quel Giudice, perché rientrante nei limiti della sua competenza per valore.
  1. la somma è superiore alla competenza per valore del giudice adito: il medesimo giudice dovrà dichiararsi incompetente e la causa andrà trasferita al Giudice superiore, dinanzi al quale dovrà essere riassunta (il giudice superiore, dal canto suo, potrà anche riconoscere in favore dell’attore una cifra inferiore a quella massima determinata dal CTU e che ha determinato lo spostamento di competenza, ma non una cifra superiore).
  2. la somma è inferiore a quella fissata per la competenza per valore del giudice adito: questi rimarrà egualmente competente, mentre la quantificazione effettuata potrà assumere valore solo ai fini del merito della controversia.
Ciò significa che se in corso di causa la richiesta viene determinata in misura inferiore alla competenza per valore del giudice adito, rimarrà sempre competente quel giudice, ma all’attore non potrà essere riconosciuta una somma maggiore rispetto a quella da lui stesso determinata e richiesta.
  1. la domanda non quantifica alcuna somma di denaro e si continua a non quantificarla in corso di causa: il valore viene fissato nei limiti della competenza del giudice adito, anche per quanto riguarda il merito, con la conseguenza che se il giudice dovesse riconoscere la sussistenza in favore dell’attore di un credito in misura superiore, egli non potrà attribuirlo se non nei limiti massimi della sua competenza per valore.
Passiamo adesso ad esaminare le cause relative a beni mobili, per tali intendendosi quelle cause in cui la domanda ha per oggetto un bene mobile diverso dal danaro, qualunque sia il titolo in forza del quale esso è richiesto, potendosi trattare sia di un'azione personale che di un'azione reale.

Anche in questo caso, come per le somme di denaro, la norma lascia l’attore libero di quantificare o meno il valore dei beni mobili per cui si controverte, ma, a differenza di quanto previsto per le somme di denaro, l’eventuale valore dichiarato dall’attore non assume rilevanza ai fini del merito, ma solo ai fini della competenza.
Ciò detto, queste sono le ipotesi che possono verificarsi:
  1. l’attore determina il valore dei beni mobili: sulla base di tale valore viene individuato il giudice competente.
  2. l’attore non effettua alcuna quantificazione di valore: si presume competente il giudice adito.
Occorre tenere ben presente che nel caso di beni mobili, la causa si incentra sulla proprietà e non sul valore del bene, per cui potrebbe anche verificarsi che il Giudice di Pace sia chiamato a pronunciarsi sulla proprietà di un prezioso il cui valore può anche essere superiore alla sua competenza.
Il secondo comma legittima il convenuto a contestare il valore dichiarato dall’attore o quello presunto, ma potrà farlo soltanto nella prima difesa (ovvero nella comparsa di risposta), dovendosi anche qui operare una distinzione a seconda che si tratti di causa relativa a somma di denaro o a beni mobili.
Infatti, mentre nel caso delle somme di denaro la contestazione del convenuto può assumere rilevanza solo se riduttiva (del resto sarebbe impossibile pensare che il convenuto possa contestare all’attore di dovergli corrispondere una somma maggiore), per i beni mobili la contestazione può essere proposta sia in aumento che in diminuzione.
Solo nel caso di contestazione in diminuzione, il giudice adito, prendendo in esame gli atti in suo possesso e senza fare ricorso ad alcuna istruzione, sarà tenuto ad attribuire un valore al bene mobile, e sulla base di tale valore determinare così la propria competenza o meno (di tale valore, in ogni caso, non si terrà conto ai fini del merito).
Si è osservato che il potere di contestazione attribuito al convenuto fa sì che l'individuazione del giudice competente non venga lasciata soltanto all'arbitrio dell'attore, intendendosi così tutelare il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge.
La contestazione, tuttavia, non può limitarsi ad essere generica, ovvero non può consistere in una mera affermazione di incompetenza; occorre, infatti, che sia adeguatamente motivata e che si concretizzi in una specifica impugnazione del valore dichiarato o presunto.

L’ultimo comma, infine, sancisce che in caso di tardiva o mancata contestazione da parte del convenuto, il valore dichiarato o presunto rimarrà fissato nei limiti della competenza del giudice adito, e ciò anche agli effetti del merito.
Con tale disposizione si intende affermare che, non solo viene fissata la competenza del giudice (secondo una delle presunzioni di cui al 1° co. dell'articolo), ma quest'ultimo, nel momento in cui dovrà pronunciare sul merito, non potrà superare i propri limiti di competenza per valore.

Massime relative all'art. 14 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 36897/2021

In tema di determinazione della competenza, in ipotesi di proposizione cumulativa di più domande, l'affermazione dell'attore di limitare l'ammontare della domanda nei limiti della competenza per valore del giudice adito ha il duplice effetto di radicare la competenza innanzi al predetto giudice e di delimitare in tali limiti l'importo accertabile dalla sentenza, con conseguente nullità della pronuncia per l'ipotesi di superamento del valore determinato per effetto della clausola di contenimento. (Cassa e dichiara giurisdizione, TRIBUNALE VITERBO, 16/09/2019).

Cass. civ. n. 1499/2018

In tema di liquidazione dell'onorario spettante all'avvocato, per domande di valore indeterminabile, con applicazione del conseguente scaglione tariffario, deve intendersi la domanda il cui valore non può essere determinato, non anche quella di valore indeterminato e da accertarsi nel corso dell'istruttoria, il cui ammontare può essere fissato fino al momento della precisazione delle conclusioni. (Rigetta, TRIBUNALE ROMA, 05/08/2013).

Cass. civ. n. 11287/2015

Nel caso in cui vengano proposte, cumulativamente, dinanzi al giudice di pace una domanda di condanna al pagamento di una somma di denaro, inferiore al limite massimo di competenza per valore del giudice adito, ed una domanda di condanna ad un "facere", per la quale non sia indicato alcun valore, quest'ultima deve ritenersi di valore corrispondente al suddetto limite massimo, sicché il cumulo delle due domande comporta il superamento della competenza per valore del giudice di pace. (Regola competenza).

Cass. civ. n. 6297/2014

La competenza in ordine alla controversia avente ad oggetto l'adempimento delle obbligazioni di natura economica, imposte al coniuge in sede di separazione consensuale (nella specie relative al pagamento delle spese straordinarie relative ai figli sostenute dal coniuge affidatario), va determinata in ragione del valore della causa secondo i criteri ordinari, trattandosi di controversia diversa da quella concernente il regolamento dei rapporti tra coniugi ovvero la modifica delle condizioni della separazione, rientrante nella competenza funzionale del tribunale.

Cass. civ. n. 9432/2012

Per stabilire se una sentenza del giudice di pace sia stata pronunciata secondo equità, e sia quindi appellabile solo nei limiti di cui all'art. 339, comma terzo, c.p.c., occorre avere riguardo non già al contenuto della decisione, ma al valore della causa, da determinarsi secondo i princìpi di cui agli artt. 10 e ss. c.p.c., e senza tenere conto del valore indicato dall'attore ai fini del pagamento del contributo unificato. Pertanto, ove l'attore abbia formulato dinanzi al giudice di pace una domanda di condanna al pagamento di una somma di denaro inferiore a millecento euro (e cioè al limite dei giudizi di equità c.d. "necessaria", ai sensi dell'art. 113, comma secondo, c.p.c.), accompagnandola però con la richiesta della diversa ed eventualmente maggior somma che "sarà ritenuta di giustizia", la causa deve ritenersi - in difetto di tempestiva contestazione ai sensi dell'art. 14 c.p.c. - di valore indeterminato, e la sentenza che la conclude sarà appellabile senza i limiti prescritti dall'art. 339 c.p.c..

Cass. civ. n. 16318/2011

In una causa nella quale l'attore indica con precisione l'ammontare del suo credito e chiede che quell'ammontare gli sia attribuito dal giudice, la formula che nel gergo forense si suole aggiungere "o quell'altra maggiore o minore somma che risulterà in corso di causa" ha natura di un clausola di stile ed è inidonea ad influire sulla determinazione della competenza per valore, sicché quest'ultima resta delimitata dalla somma specificata, non potendo la controversia essere considerata di valore indeterminabile.

Cass. civ. n. 17457/2007

L'art. 14, primo comma, c.p.c. distingue fra le cause relative a somme di denaro per le quali il valore si determina in base alla somma «indicata» e le cause relative a beni mobili per le quali esso si determina in base al valore «dichiarato» dall'attore, e soggiunge che solo in mancanza di indicazione o di dichiarazione la causa si presume di Competenza del giudice adito. Pertanto, quando il secondo comma attribuisce al convenuto la facoltà di contestare nella prima udienza il valore dichiarato o presunto e precisa che in tal caso il giudice decide ex actis la possibilità di contestazione deve ritenersi riferita soltanto alle due ipotesi espressamente considerate dalle norme, vale a dire alla dichiarazione o alla presunzione, e non anche a quella della indicazione, rimasta estranea alla previsione legislativa.

Cass. civ. n. 1752/2005

Ove l'attore abbia quantificato la pretesa risarcitoria in un importo determinato, così ponendo un preciso limite all'ammontare del quantum richiesto, incorre in ultrapetizione il giudice che condanni il convenuto al pagamento di una somma maggiore di quella risultante dalla quantificazione operata dall'istante. (Fattispecie relativa alla liquidazione di una somma maggiore a quella richiesta per danno da diminuzione della capacità lavorativa sotto il profilo della diminuzione di chances).

Cass. civ. n. 10981/2003

Ai sensi dell'art. 14, primo comma, c.p.c., qualora con un ricorso per decreto ingiuntivo proposto dinanzi al pretore venga proposta una domanda di pagamento dei canoni di leasing scaduti e al contempo la domanda di riconsegna di determinati beni mobili, tale seconda domanda deve presumersi di valore pari al limite massimo di competenza del giudice adito; dovendosi effettuare, ai sensi dell'art. 10, comma secondo c.p.c., il cumulo tra detta domanda e quella di pagamento dei canoni, ne consegue l'incompetenza per valore del giudice adito.

Cass. civ. n. 5679/2001

In caso di omessa espressa indicazione, da parte dell'attore, della somma richiesta con la domanda di risarcimento dei danni, la possibilità di contestare la presunzione prevista dal comma primo dell'art. 14 c.p.c. non può limitarsi alla formulazione da parte del convenuto di obiezioni generiche o immotivate, ma occorre una specifica impugnativa diretta a dimostrare che il valore del petitum non rientra nella competenza del giudice adito.

Cass. civ. n. 3398/2001

In tema di competenza per valore, qualora l'attore non abbia indicato espressamente la somma richiesta a titolo risarcitorio, agli effetti di una valida contestazione della presunzione che il valore della causa rientri nei limiti della competenza del giudice adito ex art. 14 c.p.c. non è sufficiente, da parte del convenuto, la mera eccezione di incompetenza del giudice adito o la formulazione di obiezioni generiche od immotivate, ma occorre una specifica impugnativa diretta a dimostrare che il valore del petitum non rientra nella competenza del giudice adito, non limitata pertanto alla contestazione del controvalore monetario di solo alcune tra le varie voci di danno di cui l'attore abbia chiesto il ristoro mediante l'attribuzione di un'unica somma complessiva indeterminata, poiché in questo caso manca quella simmetria delle contrapposte valutazioni che ne consente la delibazione, ai soli fini della competenza, da parte del giudice.

Cass. civ. n. 4589/2000

Nel caso in cui nello stesso processo e contro la medesima persona siano proposte più domande, ciascuna di valore indeterminato, la dichiarazione dell'istante di volerle mantenere nei limiti della competenza del giudice adito esclude la competenza del giudice superiore, in deroga alla presunzione ricavabile dall'art. 14 c.p.c. (per la quale ciascuna domanda dovrebbe ritenersi pari al limite massimo di competenza del giudice adito, onde tutte insieme, sommate a norma dell'art. 10 c.p.c., dovrebbero superare tale limite), giacché la suddetta dichiarazione comporta la proporzionale riduzione dei petita inerenti alle domande di valore indeterminato.

Cass. civ. n. 4700/1999

La domanda di rilascio di un immobile che si assume occupato “sine titulo” si risolve in caso di mancata contestazione da parte del convenuto del diritto dominicale dell'attore, in una azione personale di risarcimento del danno in forma specifica comunque implicante un bene immobile, onde, allorché dagli atti non risulti il reddito dominicale o la rendita catastale, opera la presunzione di competenza del giudice adito, per cui grava sul convenuto che eccepisce l'incompetenza per valore provare i dati su cui fonda l'eccezione, in modo da consentire al giudice di accertare il valore della causa secondo i parametri indicati dall'art. 15 c.p.c. o che questa, non risultando dagli atti altri elementi di valutazione, deve considerarsi di valore indeterminabile.

Cass. civ. n. 12187/1998

In caso di domanda di risarcimento dei danni da circolazione stradale proposta davanti al giudice di pace, qualora l'attore in sede di atto introduttivo del giudizio e di precisazione delle conclusioni abbia chiesto la condanna del convenuto al risarcimento dei danni patiti «da determinare e liquidare nei limiti della competenza del giudice adito, ovvero in quella diversa somma superiore o inferiore ritenuta di giustizia», il valore della causa, in forza del principio stabilito dall'art. 14 c.p.c., si deve presumere, in difetto di tempestiva contestazione, nei limiti della competenza del giudice adito e, quindi, atteso lo specifico petitum, pari a lire 30 milioni, con la conseguenza che la sentenza emessa dal giudice di pace è impugnabile, per il combinato disposto degli artt. 113 (come sostituito dall'art. 21 della legge 21 novembre 1991, n. 374), 339, 341, 360 c.p.c., con l'appello e non con il ricorso per cassazione, che se proposto deve essere dichiarato inammissibile.

Cass. civ. n. 13006/1997

Al fine di stabilire la competenza per valore del giudice adito (art. 14 c.p.c.) in sede monitoria, la rivalutazione monetaria, per sua natura determinabile, concessa fino alla data del deposito del ricorso a titolo di «danni anteriori» - nella specie in base agli indici Istat - si cumula, ai sensi dell'art. 10, secondo comma, c.p.c., con il capitale e gli interessi.

Cass. civ. n. 5815/1996

La disposizione dell'art. 14, secondo comma, c.p.c. — la quale, in ipotesi di contestazione proposta dal convenuto circa il valore della domanda, come dichiarato o presunto ai sensi del primo comma dello stesso art. 14, consente al giudice di decidere al riguardo ai soli fini della competenza — opera esclusivamente nei casi di controversie aventi ad oggetto cose mobili diverse dal denaro, mentre nessuna utile contestazione è ammessa relativamente alle cause aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, dovendo in queste tenersi unicamente conto della somma indicata dalla parte con specificazione numerica ovvero con parametri di riferimento. Pertanto, qualora la domanda di pagamento di somma di denaro sia proposta a titolo di risarcimento del danno e vengano indicate distinte componenti di questo, una delle quali indeterminata, deve ritenersi che la somma richiesta, ancorché parzialmente indicata, sia stata contenuta dall'attore, tanto nel limite minimo quanto in quello massimo, nella competenza per valore del giudice adito (nella specie, pretore).

Cass. civ. n. 3702/1995

La domanda di risarcimento del danno non precisata nel quantum deve presumersi, ai sensi dell'art. 14 c.p.c., di valore eguale al limite massimo della competenza del giudice adito, sicché il cumulo di detta domanda con altra ex art. 10 c.p.c. comporta il superamento della competenza per valore di detto giudice.

Cass. civ. n. 4319/1986

Quando nel procedimento davanti al pretore siano proposte contro la medesima persona più domande aventi per oggetto beni mobili o una domanda relativa a beni mobili e l'altra di natura reale, la mancata indicazione o dichiarazione del valore per una o più delle domande mobiliari, implica, a norma dell'art. 14 primo comma c.p.c., che ciascuna domanda mobiliare deve presumersi di valore uguale al limite massimo della competenza del giudice adito, con la conseguenza che, per effetto del cumulo previsto dall'art. 10 secondo comma c.p.c., l'intera controversia resta devoluta al giudice superiore, salvo che l'attore, fin dalla citazione introduttiva del giudizio, non abbia dichiarato di volere contenere il petitum nei limiti della competenza per valore del giudice adito.

Cass. civ. n. 4840/1984

Ai fini della determinazione della competenza per valore, la domanda di risarcimento realizza una pretesa autonoma e distinta da quella di rimozione della causa di danno. Ne consegue, da un lato, la configurabilità del cumulo fra le due domande anzidette e, dall'altro, l'inapplicabilità alle medesime del principio stabilito dall'ultimo comma dell'art. 14 c.p.c., circa la indiscutibilità del valore dichiarato o presunto che non sia stato contestato dal convenuto nella prima difesa, poiché tale principio si riferisce alla singola domanda in sé e per sé considerata e non preclude al giudice, nell'ipotesi di più domande cumulabili ex art. 10 c.p.c., di rilevare di ufficio, in ogni momento del giudizio di primo grado, la propria incompetenza per valore ove dal cumulo risulti superato il limite massimo della competenza attribuitagli.

Cass. civ. n. 5556/1983

Il principio che la domanda di risarcimento dei danni non determinati nell'ammontare deve ritenersi proposta, in conseguenza della presunzione posta dal primo comma dell'art. 14 c.p.c. per una somma pari al limite massimo della competenza del giudice adito, non trova applicazione nel caso in cui l'attore abbia dichiarato espressamente di contenere la domanda risarcitoria indeterminata (cumulativa con altra di valore determinato) nei limiti di quella competenza, poiché, in tale ipotesi, il valore della prima domanda (risarcitoria) viene ad essere rappresentato dalla differenza tra il valore della seconda domanda ed il limite massimo della competenza di detto giudice.

Cass. civ. n. 3785/1981

La determinazione della competenza per valore ex art. 14 c.p.c. va effettuata unicamente alla stregua degli elementi esistenti negli atti al momento in cui il convenuto ha proposto l'eccezione di incompetenza, ossia solo con riferimento alla situazione di fatto indicata dalla norma citata e con riguardo all'effettivo oggetto del giudizio, quale risulta individuato e delimitato dalla domanda originaria, prescindendo, quindi, da ogni ulteriore indagine. Qualora siano proposte innanzi al pretore due domande, dirette rispettivamente all'esecuzione di un facere ed al pagamento di una somma di danaro, senza dichiarazione del valore per la prima ed indicazione della somma per la seconda, ciascuna di esse — salva la dichiarazione dell'attore di contenimento del loro complessivo petitum nei limiti della competenza del pretore adito — deve presumersi, ai sensi dell'art. 14, primo comma, c.p.c., di valore uguale al limite massimo della competenza del giudice adito, con la conseguenza che, per effetto del cumulo ex art. 10, secondo comma, dello stesso codice, la cognizione di tutte le domande è devoluta al tribunale.

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