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Articolo 129 Codice delle assicurazioni private

(D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209)

[Aggiornato al 20/01/2024]

Soggetti esclusi dall'assicurazione

Dispositivo dell'art. 129 Codice delle assicurazioni private

1. Non è considerato terzo e non ha diritto ai benefici derivanti dal contratto di assicurazione obbligatoria il solo conducente del veicolo responsabile del sinistro.

2. Ferme restando la disposizione di cui all'articolo 122, comma 2, e quella di cui al comma 1 del presente articolo, non sono inoltre considerati terzi e non hanno diritto ai benefici derivanti dai contratti di assicurazione obbligatoria, limitatamente ai danni alle cose:

  1. a) i soggetti di cui all'articolo 2054, terzo comma, del codice civile ed all'articolo 91, comma 2, del codice della strada;
  2. b) il coniuge non legalmente separato, il convivente more uxorio, gli ascendenti e i discendenti legittimi, naturali o adottivi del soggetto di cui al comma 1 e di quelli di cui alla lettera a), nonché gli affiliati e gli altri parenti e affini fino al terzo grado di tutti i predetti soggetti, quando convivano con questi o siano a loro carico in quanto l'assicurato provvede abitualmente al loro mantenimento;
  3. c) ove l'assicurato sia una società, i soci a responsabilità illimitata e le persone che si trovano con questi in uno dei rapporti indicati alla lettera b).

Massime relative all'art. 129 Codice delle assicurazioni private

Cass. civ. n. 2379/2008

L'art. 3 della direttiva n. 84/5/CEE, che vieta di escludere, a motivo del legame di parentela, i membri della famiglia (anche) del conducente dal beneficio dell'assicurazione per la responsabilità civile riguardante i danni alla persona, è norma generale ed incondizionata, che concerne una fattispecie precisa e puntuale (come l'illecito della circolazione di autoveicoli produttivo di danno ingiusto), non contenente alcuna deroga espressa al principio di tutela della vittima del sinistro, siccome essa, deroga che, nell'ambito del diritto interno italiano, non può essere rinvenuta nell'art. 2054 c.c., il cui testo è preesistente alla direttiva predetta e non è stato oggetto di successive modificazioni. Ne consegue che il suddetto art. 3 deve trovare diretta applicazione, in luogo dell'art. 4, lett. a), della legge n. 990 del 1969 nel testo anteriore alla novella recata dall'art. 28 della legge n. 142 del 1992, nel caso di danni alla persona del coniuge trasportato comproprietario dell'autovettura in regime di comunione di beni a seguito di sinistro verificatosi (nella specie, nel settembre 1989) successivamente alla scadenza del termine (31 dicembre 1988), imposto dall'art. 5 della stessa direttiva, per la definitiva conformazione del diritto nazionale a quello comunitario, ma prima dell'entrata in vigore della citata legge n. 142 del 1992.

Cass. civ. n. 25470/2007

La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 4, lettera b), della legge n. 990 del 1969, modificato dal D.L. n. 857 del 1976, convertito in legge n. 39 del 1977, nella parte in cui esclude dal diritto ai benefici dell'assicurazione obbligatoria, per quanto riguarda i danni alle persone, il coniuge, gli ascendenti ed i discendenti legittimi, naturali o adottivi delle persone indicate alla lettera a), nonché gli affiliati e gli altri parenti ed affini fino al terzo grado delle medesime quando convivano con esse o siano a loro carico (Corte cost. n. 188 del 2 maggio 1991), non incide sui contratti già conclusi nel vigore della precedente disciplina. Ne consegue che i soggetti indicati nella citata pronunzia costituzionale, ove vittime di un sinistro stradale per fatto di un loro congiunto, risultano aver riportato un danno causato dalla circolazione di veicolo non coperto di assicurazione (almeno nei loro confronti), con conseguente applicazione dell'art. 19 della legge n. 990 del 1969 e, quindi, con la necessità di esperire l'azione risarcitoria nei confronti del Fondo di garanzia per le vittime della strada.

Cass. civ. n. 6110/2006

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale, nel caso di incidente stradale causato da un particolare tipo di veicolo (autoarticolato) per il quale il codice della strada previgente e quello attuale richiedono la presenza di due autisti con funzioni di alternanza e reciproca collaborazione, e allorquando il danneggiato si sia trovato a bordo quale secondo autista, la norma dell'articolo 4, lett. a), della legge 24 dicembre 1969 n. 990, secondo cui sono esclusi dai benefici della relativa assicurazione obbligatoria i soggetti ai sensi dell'articolo 2054 c.c. responsabili (ovvero i conducenti), deve essere interpretata in modo da estendere, invece che restringere, la garanzia, nello spirito della legge medesima. Non è pertanto sufficiente che il secondo conducente, danneggiato dal sinistro, si trovi sul veicolo perché egli diventi responsabile a norma dell'articolo 2054 c.c. e correlativamente operi nei suoi confronti l'esclusione di cui al suddetto articolo 4 della legge sulla assicurazione obbligatoria, occorrendo, viceversa, a questo fine, che il secondo conducente interferisca in qualche modo nella guida del veicolo, non differenziandosi altrimenti da qualsiasi terzo trasportato, al quale deve essere interamente parificato. (La S.C. ha così rigettato l'impugnazione che l'impresa assicuratrice dell'autoarticolato aveva esperito avverso la sentenza della corte di merito che l'aveva condannata, sia pure con esclusione della rivalutazione concessa dal primo giudice, al risarcimento dei danni in favore del danneggiato di un sinistro stradale avvenuto in data 15 ottobre 1991 - cioè antecedentemente alle modifiche apportate al testo dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 1969 n. 990 dall'articolo 28 della legge 19 febbraio 1992 n. 142 -, causato dall'autoarticolato che era condotto dal padre dello stesso danneggiato, a bordo del quale egli si trovava).

Cass. civ. n. 2283/2005

Ai sensi dell'art. 4, lett. a) legge 24 dicembre 1969 n. 990 (assicurazione obbligatoria della responsabilità civile), applicabile nella fattispecie, nella formulazione anteriore alla modifica apportata dall'art. 28 legge 19 febbraio 1992, n. 142 (dichiarato costituzionalmente legittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 301 del 1996), va escluso dal diritto ai benefici derivanti dai contratti di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile il coniuge trasportato che sia in regime di comunione dei beni con il conducente del veicolo responsabile del sinistro; per l'esistenza di un'intima connessione fra il diniego di risarcibilità a favore del coniuge trasportato (con) titolarità, in capo al medesimo in regime di comunione dei beni, del diritto sul veicolo, che lo attrae nell'area dei soggetti responsabili per la circolazione dei veicoli ai sensi dell'art. 2054 c.c. (ordinanza Corte Costituzionale n. 76 del 1997 e 261 del 2000).

Cass. civ. n. 12907/2004

A norma dell'art. 4, lett. a) della legge 24 dicembre 1969 n. 990 - il secondo componente dell'equipaggio di un autocarro con rimorchio può esser risarcito per i danni derivatigli nella circolazione del medesimo dal sinistro stradale imputabile al conducente, atteso che a mente dell'art. 124 del D.P.R. 15 giugno 1959 n. 393, nella formulazione modificata dall'art. 7 della legge 14 febbraio 1974 n. 62, secondo il quale «agli autotreni, agli autosnodati ed agli autoarticolati devono essere adibiti fin dall'inizio del viaggio due conducenti che possano avvicendarsi alla guida, ovvero un solo conducente, da sostituire con un altro conducente a partire dal 450° chilometro percorso...» non è più prevista la obbligatoria presenza a bordo di due conducenti, potendo i predetti autoveicoli procedere anche con un solo conducente, cosicché il secondo autista eventualmente presente a bordo è pienamente equiparabile a un terzo trasportato.

Cass. civ. n. 16092/2003

A norma dell'art. 4, lett. a) della legge 24 dicembre 1969 n. 990 — nella formulazione precedente la modifica apportata dall'art. 28 della legge 19 febbraio 1992 n. 142 — secondo cui « tutti coloro la cui responsabilità deve esser coperta dall'assicurazione» non erano considerati terzi e perciò non avevano diritto ai benefici derivanti dai contratti di assicurazione obbligatoria — il secondo componente dell'equipaggio di un autocarro con rimorchio, la cui presenza sul veicolo era obbligatoria ai sensi dell'art. 124 del D.P.R. 15 giugno 1959 n. 393 per avvicendarsi all'altro conducente nella conduzione di detto mezzo, non poteva esser risarcito per i danni derivatigli dalla circolazione del medesimo (nel caso di specie il secondo conducente era sceso dall'autocarro per collaborare con il primo conducente in una manovra di retromarcia ed era stato da questi investito).

Cass. civ. n. 14486/2003

La parziale dichiarazione di illegittimità costituzionale, ad opera della sentenza n. 188 del 1991, dell'art. 4, lett. b), della legge 24 dicembre 1969, n. 990 — nella parte in cui escludeva, dal diritto ai benefici dell'assicurazione obbligatoria, quanto ai danni alle persone, coniuge, ascendenti, discendenti, parenti od affini fino al terzo grado del proprietario del veicolo — ha comportato, quanto al contratto stipulato in epoca anteriore alla predetta sentenza della Corte costituzionale ed ai danni prodotti dalla circolazione del veicolo assicurato nel periodo di vigenza del contratto, che anche i terzi danneggiati congiunti dell'assicurato, prima esclusi dai benefici dell'assicurazione obbligatoria, abbiano diritto a conseguire dall'assicuratore, nei limiti del massimale di polizza convenuto nel contratto, l'intero risarcimento dovuto, senza diritto dell'assicuratore a rivalsa verso l'assicurato.

Cass. civ. n. 487/2003

In materia di assicurazione della r.c.a., ai sensi dell'art. 4 legge n. 990 del 1969, nel testo sia anteriore (che faceva richiamo all'art. 2054, terzo comma, c.c.) sia posteriore (da tale momento essendo il coniuge considerato, in relazione ai danni alla persona — biologico e morale —, come terzo trasportato coperto da assicurazione) alla novella introdotta dall'art. 28 legge n. 142 del 1992, in caso di incidente stradale a bordo di autovettura facente parte del regime patrimoniale di comunione legale, i danni subiti dal coniuge trasportato e imputabili alla condotta di guida dell'altro coniuge debbono essere risarciti per l'intero (seppure nei limiti del massimale da parte dell'assicuratore), non essendo al riguardo configurabile alcuna limitazione nemmeno in ragione della contitolarità dell'autovettura tra i coniugi scaturente dal regime di comunione legale, giacché essendo la comunione dei beni tra i coniugi pro indiviso, il diritto di ciascuno di essi investe l'intera cosa o — qualora non si tratti di diritto reale — l'intera titolarità soggettiva.

In materia di assicurazione obbligatoria della r.c.a., l'art. 28 legge n. 142 del 1992 (che ha sostituito il testo dell'art. 4 legge n. 990 del 1969 estendendo la tutela del danno alle persone in attuazione delle direttive n. 84/5/CEE e n. 232/90/CEE) ha effetto innovativo e non può pertanto trovare applicazione retroattiva, mentre il citato art. 4, nel previgente testo risultante dalla sentenza n. 188 del 1991 della Corte Costituzionale, era insuscettibile di interpretazione estensiva, avendo la suindicata pronuncia costituzionale carattere caducativo e non già additivo.

Cass. civ. n. 2503/2002

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile da circolazione stradale, e nel vigore dell'art. 4, vecchio testo, della legge 990/1969 (testo anteriore, cioè, alle modifiche apportatevi dalla legge 142/1992), qualora, per colpa del conducente, sia deceduto il proprietario del veicolo, i prossimi congiunti del defunto hanno diritto al risarcimento del danno morale da essi subito, da liquidarsi mediante il pagamento dell'indennità di assicurazione, giusta disposto della lettera b) del citato art. 4 nel testo risultante dalla sentenza n. 188 del 1991 della Corte costituzionale, trattandosi di danno alla persona direttamente risentito dagli stessi congiunti, senza che assuma rilievo, in contrario, la circostanza secondo cui, al proprietario che avesse riportato lesioni seguite da morte, non sarebbe spettata analoga indennità per la preclusione derivante dal disposto della lettera a) del medesimo articolo.

Cass. civ. n. 13366/1999

L'assicurazione contro i rischi della responsabilità civile, stipulata dall'ente organizzatore di una gara motociclistica, copre anche la responsabilità derivante dai danni commessi dagli arbitri e dagli ufficiali di gara. Questi ultimi pertanto, in qualità di «soggetti assicurati», non possono beneficiare dell'assicurazione per i danni da essi stessi subiti, ai sensi dell'art. 4 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, nella formulazione anteriore alla modifica operata dalla legge 19 febbraio 1992, n. 142.

Cass. civ. n. 4494/1999

Ai sensi dell'art. 4 lett. d) legge 24 dicembre 1969 n. 990, anteriormente alla modifica disposta dall'art. 18 legge 19 febbraio 1992 n. 142, il socio di una società in nome collettivo, indipendentemente dalla responsabilità di essa come proprietaria dell'auto coinvolta in un incidente a seguito del quale egli riportava lesioni personali, non poteva agire per il risarcimento nei confronti dell'assicuratore del veicolo perché la sua responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali ne escludeva la qualità di terzo.

Cass. civ. n. 7276/1993

Il conducente del veicolo altrui assicurato ha diritto di far valere la responsabilità dell'assicuratore per cattiva gestione della lite (cosiddetta mala gestio), perché non può essere considerato terzo rispetto al contratto di assicurazione, che anche a lui estende i suoi effetti in virtù del principio che esclude la rivalsa dell'assicuratore verso il conducente quando la circolazione del veicolo non sia avvenuta contro la volontà del proprietario, dell'usufruttuario o dell'acquirente con patto di riservato dominio (art. 1, L. 24 dicembre 1969, n. 990).

Cass. civ. n. 13015/1992

L'art. 2054 comma terzo c.c. prevedendo una responsabilità senza colpa per fatto altrui costituisce norma di eccezione e, pertanto, non è suscettibile di applicazione analogica (art. 14 Preleggi) nei confronti di soggetti diversi da quelli in essa tassativamente indicati. Pertanto, nel caso di contratto di leasing automobilistico, il soggetto la cui responsabilità deve essere coperta dall'assicurazione obbligatoria e che non essendo considerato terzo è escluso, unitamente ai suoi discendenti, dai benefici dell'assicurazione ai sensi dell'art. 4 lett. a) eb) L. n. 990 del 1969 (disposizione non più in vigore per quanto riguarda i discendenti a seguito della dichiarazione di parziale incostituzionalità di cui alla sentenza n. 188/1991 della Corte costituzionale) non è l'utilizzatore del veicolo, ma il proprietario concedente, non rilevando la effettiva disponibilità, con la conseguenza che soltanto il proprietario concedente va considerato quale responsabile in solido con il conduttore del veicolo dato in leasing e soggetto all'onere probatorio di cui al terzo comma del citato art. 2054, senza che le eventuali clausole del contratto di leasing automobilistico più favorevole al concedente, perché limitative della responsabilità di quest'ultimo, possano assumere validità nei confronti dei terzi, stante l'interesse pubblico che presiede la disciplina in esame.

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Consulenze legali
relative all'articolo 129 Codice delle assicurazioni private

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MARONI G. chiede
venerdì 16/08/2019 - Piemonte
“Oggetto: risarcimento danni incidente stradale.
io conducente della mia autovettura ho tamponato mia figlia che a sua volta ha tamponato una autovettura che la precedeva e che si è fermata improvvisamente per lasciare passare un'altra autovettura che procedeva in senso contrario e intendeva svoltare (incidente avvenuto su una statale a senso unico) la stessa è stata incidentata.
Sono intervenuti i Carabinieri che hanno steso i verbali.
La mia assicurazione, che è la stessa di mia figlia, non intende risarcire mia figlia che risulta residente presso di me, ma per lavoro vive a Genova in casa propria.
Io e il mio passeggero (la suocera di mio figlio) siamo le uniche che ci siamo infortunate siamo ricorse alla guardia medica.”
Consulenza legale i 27/08/2019
La presente vicenda può essere inquadrata nell’ambito della fattispecie del cd. tamponamento a catena tra veicoli in movimento.
Pertanto, può trovare applicazione la disciplina di cui al secondo comma dell’art. 2054 c.c. il quale prevede che “nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subìto dai singoli veicoli".
Sul punto, la Cassazione con la recente sentenza n.15788/2018 ha evidenziato che: “In tema di circolazione stradale, nell'ipotesi di tamponamento a catena tra veicoli in movimento trova applicazione l'art. 2054, comma 2, c.c., con conseguente presunzione iuris tantum di colpa in eguale misura di entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicoli (tamponante e tamponato), fondata sull'inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante, qualora non sia fornita la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Nel caso, invece, di scontri successivi fra veicoli facenti parte di una colonna in sosta, unico responsabile degli effetti delle collisioni è il conducente che le abbia determinate, tamponando da tergo l'ultimo dei veicoli della colonna stessa”.

La sopra citata norma prevede che per andare esenti da responsabilità occorra fornire prova contraria e cioè l'aver fatto tutto il possibile, dopo il tamponamento, per evitare di tamponare il veicolo davanti.
Infatti, l’art. 149 del Codice della Strada al primo comma prevede che “Durante la marcia i veicoli devono tenere, rispetto al veicolo che precede, una distanza di sicurezza tale che sia garantito in ogni caso l'arresto tempestivo e siano evitate collisioni con i veicoli che precedono.

Tutto ciò brevemente premesso, nel quesito e nei chiarimenti forniti leggiamo che la compagnia assicurativa (la stessa di Sua figlia) non intende risarcire i danni che Lei ha causato a Sua figlia e abbiamo quindi dedotto che Lei ci chieda se tale rifiuto sia legittimo o meno.
Non essendo stato specificato nel quesito quale sia stato il motivo del diniego addotto dall’assicurazione (ai sensi dell’art. 148 codice delle assicurazioni la compagnia assicurativa se non intende risarcire deve comunicare specificatamente nei termini ivi previsti ”i motivi per i quali non ritiene di fare offerta”) possiamo ipotizzare che esso sia dovuto alla circostanza che si tratta di un risarcimento danni tra parenti.

Infatti, l’art. 129 lett. b del codice delle assicurazioni esclude il diritto al risarcimento (per i soli danni alle cose) qualora si verifichi, tra gli altri casi, un sinistro tra ascendente e discendente (come è appunto il caso tra genitore e figlio). Tale principio è stato ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità tra cui si segnala la sentenza della Cassazione n. 19796/2013 secondo cui “i soggetti che non sono considerati terzi e che, di conseguenza, ove danneggiati in un incidente stradale imputabile al conducente del veicolo, non possono fruire dei benefici assicurativi, sono individuati nel coniuge, non legalmente separato, nel convivente more uxorio, negli ascendenti e nei discendenti legittimi, naturali o adottivi del conducente del veicolo responsabile del sinistro …, nonché negli affiliati e negli altri parenti e affini fino al terzo grado, quando convivano con questi o siano a loro carico in quanto l’assicurato provvede abitualmente al loro mantenimento”.

La convivenza ha rilievo solo per gli affiliati, altri parenti e affini fino al terzo grado, esclusi quindi i parenti prossimi come genitore e figlio.

Alla luce di quanto precede, considerato che Sua figlia avrebbe subito “solo” danni alle cose (e non danni fisici come Lei e la suocera di Suo figlio) il diniego della compagnia assicurativa è purtroppo legittimo.