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Articolo 239 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Principi e campo di applicazione

Dispositivo dell'art. 239 Codice dell'ambiente

1. Il presente titolo disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati e definisce le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l'eliminazione delle sorgenti dell'inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari, con particolare riferimento al principio "chi inquina paga".

2. Ferma restando la disciplina dettata dal titolo I della parte quarta del presente decreto, le disposizioni del presente titolo non si applicano:

  1. a) all'abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell'area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo;
  2. b) agli interventi di bonifica disciplinati da leggi speciali, se non nei limiti di quanto espressamente richiamato dalle medesime o di quanto dalle stesse non disciplinato.

3. Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso sono disciplinati dalle regioni con appositi piani, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica di interesse nazionale e comunque nel rispetto dei criteri generali di cui al presente titolo.

Massime relative all'art. 239 Codice dell'ambiente

Cons. Stato n. 1762/2018

In relazione ai siti inquinati vi è l'obbligo per il proprietario e/o il gestore del sito, di adottare misure di prevenzione, anche in caso di contaminazioni storiche, in caso di pericolo di aggravamento della contaminazione.

Cons. Stato n. 3756/2015

L'art. 239 del Testo Unico dell'Ambiente nel formulare i principi generali in materia di rifiuti e di bonifiche dei siti contaminati richiami i principi e le norme comunitarie con particolare riferimento al principio del "chi inquina paga", ora contenuto anche dall'articolo 3-ter del TUA. Il cardine di tale principio consiste nell'imputazione dei costi ambientali al soggetto che ha causato la compromissione ecologica. (Riforma T.a.r. Valle d'Aosta n. 50/2014). Il soggetto obbligato alla caratterizzazione, all'analisi di rischio e alla bonifica o alla messa in sicurezza di un sito contaminato, ai sensi del Testo Unico dell'Ambiente, deve essere l'autore del comportamento che ha causato la contaminazione, che è concettualmente distinto dagli altri possibili soggetti coinvolti o interessati e segnatamente dal proprietario delle aree contaminate. È quindi necessario un rigoroso accertamento al fine di individuare il responsabile dell'inquinamento e la ricerca di prove certe e inequivoche, non potendo l'accertamento basarsi su mere presunzioni.

Cons. Stato n. 1054/2015

Si deve affermare la limitazione della responsabilità del proprietario dell'area inquinata non individuato quale responsabile dell'inquinamento alla luce delle disposizioni poste dagli articoli da 239 a 253 D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell'ambiente), ritenendo il proprietario obbligato soltanto ad adottare le misure di prevenzione.

Cass. pen. n. 19962/2013

Del reato di omessa bonifica (art. 257, D.Lgs. n. 152/2006) risponde solo il responsabile dell'inquinamento.

Cons. Stato n. 124/2012

Nell'ambito del procedimento di messa in sicurezza e bonifica di un'area di servizio, attivato in conseguenza di accertate perdite di carburante dalle cisterne di stoccaggio, è legittima la fissazione di un valore limite di inquinanti nell'acqua che, pur se più rigorosa di quella indicata dalla normativa generale, non contrasta con la stessa, dovendo prevalere la tutela della salute in generale e di quella umana in particolare, in sintonia con i principi di precauzione e di prevenzione.

Cons. Stato n. 4561/2010

La responsabilità dell'autore dell'inquinamento, ai sensi dell'art. 17, comma 2, del D.Lgs. 22/1997, costituisce una forma di responsabilità oggettiva per gli obblighi di bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale conseguenti alla contaminazione delle aree. La natura oggettiva della responsabilità in questione è desumibile dalla circostanza che l'obbligo di effettuare gli interventi di legge sorge, in base all'art. 17 citato, in connessione con una condotta "anche accidentale", ossia a prescindere dall'esistenza di qualsiasi elemento soggettivo doloso o colposo in capo all'autore dell'inquinamento. Ai fini della responsabilità in questione è comunque pur sempre necessario il rapporto di causalità tra l'azione (o l'omissione) dell'autore dell'inquinamento ed il superamento - o pericolo concreto ed attuale di superamento - dei limiti di contaminazione, in coerenza col principio comunitario "chi inquina paga". Sensibilmente diversa si presenta invece la posizione del proprietario del sito, per la responsabilità del quale occorre fare riferimento ai cc. 10 e 11 dell'art. 17: chi subentra nella proprietà o possesso del bene subentra anche negli obblighi connessi all'onere reale ivi previsto, indipendentemente dal fatto che ne abbia avuto preventiva conoscenza. Quella posta in capo al proprietario è pertanto una responsabilità "da posizione", non solo svincolata dai profili soggettivi del dolo o della colpa, ma che non richiede neppure l'apporto causale del proprietario responsabile al superamento o pericolo di superamento dei valori limite di contaminazione. È quindi evidente che il proprietario del suolo - che non abbia apportato alcun contributo causale, neppure incolpevole, all'inquinamento - non si trova in alcun modo in una posizione analoga od assimilabile a quella dell'inquinatore, essendo tenuto a sostenere i costi connessi agli interventi di bonifica esclusivamente in ragione dell'esistenza dell'onere reale sul sito.

Cass. pen. n. 22006/2010

Il sistema delineato dagli artt. 242 e 257 T.U.A., D.Lgs. n. 152/06 che, attraverso la sanzione penale, per un verso persegue l'obiettivo di indurre chi inquina ad attivarsi tempestivamente per rimuovere le conseguenze dannose della propria condotta notiziando tempestivamente le autorità competenti del verificarsi degli eventi in grado di contaminare il sito e dall'altro si preoccupa di assicurare il corretto ed effettivo adempimento delle prescrizioni finalizzate alla bonifica del sito stesso. Tuttavia, ai sensi dell'art. 250 D.Lgs. n. 152/06 ove i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti previsti, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono comunque realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente o dagli altri enti indicati dalla stessa disposizione. E dunque poiché l'omessa comunicazione non pregiudica in realtà l'adozione del progetto di bonifica si deve necessariamente ritenere che di regola essa da sola non possa dar luogo ad un danno risarcibile per le associazioni qualora risulti comunque - come nella specie - attivata la procedura per il progetto di bonifica. Pertanto, non sembra possibile, alla luce del principio di legalità, stante il chiaro disposto normativo, estendere l'ambito interpretativo della nuova disposizione ricomprendendo nella fattispecie anche l'elusione di ulteriori adempimenti previsti dall'art. 242 TUA ed estendere quindi il presidio penale, come sollecita il ricorrente, alla mancata ottemperanza di obblighi diversi da quelli scaturenti dal progetto di bonifica se non espressamente indicati. Sicché, in assenza di un progetto definitivamente approvato, non può configurarsi il reato di cui all'art. 257 TUA.

Cons. Stato n. 3885/2009

Il principio "chi inquina paga" consiste nell'imputazione dei costi ambientali (c.d. esternalità ovvero costi sociali estranei alla contabilità ordinaria dell'impresa) al soggetto che ha causato la compromissione ecologica illecita (poiché esiste una compromissione ecologica lecita data dall'attività di trasformazione industriale dell'ambiente che non supera gli standards legali). Ciò, sia in una logica risarcitoria ex post factum, che in una logica preventiva dei fatti dannosi, poiché il principio esprime anche il tentativo di internalizzare detti costi sociali e di incentivare - per effetto del calcolo dei rischi di impresa - la loro generalizzata incorporazione nei prezzi delle merci, e, quindi, nelle dinamiche di mercato dei costi di alterazione dell'ambiente (con conseguente minor prezzo delle merci prodotte senza incorrere nei predetti costi sociali attribuibili alle imprese e conseguente indiretta incentivazione per le imprese a non danneggiare l'ambiente).

Cass. pen. n. 9794/2006

La nuova fattispecie penale risultante dal combinato disposto di cui agli artt. 239 e 257, D.Lgs. n. 152 del 2006, pur avendo la stessa struttura di quella di cui agli artt. 17 e 51-bis, D.Lgs. n. 22 del 1997, è meno grave perché riduce l'area dell'illecito (restringendola alla condotta di chi cagioni inquinamenti più invasivi) e attenua il trattamento sanzionatorio.

Cons. Stato n. 4525/2005

L'art. 17, D.Lgs. n. 22 del 1997, la cui impostazione sul punto è stata ora confermata e specificata dagli artt. 240 e ss., D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, recante norme in materia ambientale (c.d. Codice dell'ambiente), impone l'esecuzione di interventi di recupero ambientale anche di natura emergenziale al responsabile dell'inquinamento che può non coincidere con il proprietario ovvero con il gestore dell'area interessata; a carico di quest'ultimo (proprietario dell'area inquinata non responsabile della contaminazione), invero, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento ma l'onere (reale) di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite, invece, da privilegio speciale immobiliare. Pertanto, il proprietario, qualora non coincida con il responsabile dell'inquinamento e questi non sia identificabile - finisce comunque per essere il soggetto gravato dal punto di vista economico, poiché l'Ente pubblico che ha provveduto all'esecuzione dell'intervento può recuperare le spese sostenute nei limiti del valore dell'area bonificata, anche in suo pregiudizio: ne deriva che il proprietario incolpevole ha l'onere di provvedere alla bonifica e alla messa in sicurezza se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull'area di onere reale e di privilegio speciale immobiliare, salva l'azione di regresso nei confronti del responsabile dell'inquinamento.

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Consulenze legali
relative all'articolo 239 Codice dell'ambiente

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Pietro M. chiede
mercoledì 12/05/2021 - Lazio
“Buongiorno, mi trovo a dovermi districare nella interpretazione del dlgs 152/2006 nella parte relativa alle bonifiche. In breve:
All'interno della proprietà di un mio cliente sono stati rinvenuti rifiuti solidi urbani non differenziati nel sottosuolo.
Tali rifiuti sono stati depositati in maniera incontrollata presumibilmente nella fine degli anni '70. Il mio cliente, proprietario dell'area, vorrebbe immediatamente rimuoverli e a proprie spese. Tale rimozione di detti rifiuti, può essere effettuata secondo la parte IV del dlgs 152/2006 con ordinanza sindacale ex art 192 che recita:
“ 1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.

2. à altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

3. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.”

oppure deve essere applicato Titolo V - Bonifiche (art 242 - 245 ecc) posto che lo stesso Titolo V all'art 239 comma 2 recita:
"Ferma restando la disciplina del titolo I della parte IV del presente decreto, le disposizioni del presente articolo non si applicano: all'abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte IV del presente decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento, dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell'area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuarsi ai sensi del presente titolo;….."

Inoltre per quanto riguarda la mia società( autorizzata sia come azienda per la raccolta, trasporto di tutte le tipologie di rifiuti Cat 1 – 4 – 5 Albo gestori ambientali che per la Cat 9 dello stesso albo per effettuare bonifiche fino a 1 milione di euro per singolo cantiere) , quali sono i rischi posti in capo all’amm.re , per una errata comunicazione da parte del proprietario agli organi di controllo?

Grazie

Consulenza legale i 21/05/2021
Va anzitutto segnalato che di recente il Consiglio di Stato ha chiarito una questione di interesse anche per il presente quesito, cioè se gli obblighi di bonifica di un sito inquinato sussistano anche nel caso in cui la contaminazione risalga (come appunto nel caso di specie) ad un momento nel quale il Legislatore ancora non aveva previsto tali obblighi, che sono stati introdotti solo con il D.Lgs. n. 22/1997.
La risposta del Consiglio di Stato è positiva, a condizione che gli effetti dannosi dell'inquinamento permangano al momento dell'adozione del provvedimento di bonifica, in considerazione del fatto che -anche prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 22/1997- l’ambiente era considerato un bene giuridicamente tutelato nell’ordinamento italiano, anche se inizialmente soltanto nella “veste” dell’illecito civile (Consiglio di Stato, ad. plen., 22 ottobre 2019, n. 10).
Nel caso specifico, invece, non è necessario approfondire la circostanza che il proprietario attuale non sia il responsabile della presenza dei materiali inquinanti, posto che vi è comunque la volontà di provvedere spontaneamente.

Tanto premesso, si nota che l’art. 192, D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’ambiente), impone il divieto di abbandono di rifiuti, prevedendo altresì il potere per la P.A. di ordinare la loro rimozione entro un preciso termine, con la possibilità di provvedere anche d’ufficio in caso di inerzia dei soggetti obbligati.
Le procedure di bonifica, invece, sono disciplinate dall’art. 242 del Codice dell’Ambiente, che prevede anzitutto l’adozione di misure urgenti di prevenzione al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito o della scoperta di una contaminazione storica.
La stessa norma descrive poi il procedimento amministrativo per l’esecuzione della bonifica vera e propria, che è scandito da un iter abbastanza lungo e articolato (indagine preliminare, piano di caratterizzazione, analisi del rischio sito specifica, conferenza di servizi ecc.).

Dalla lettura dei due articoli sopra citati, si evince che essi riguardano due situazioni di diverso tipo e gravità, a cui corrispondono due procedimenti che presentano un proporzionato livello di complessità, ovvero il primo si occupa della mera rimozione di rifiuti, mentre il secondo disciplina l’evenienza –sicuramente più pericolosa- della contaminazione ambientale.
Come anche correttamente notato nel quesito, il rapporto tra le due disposizioni è regolato dall’art. 239 del Codice, ai sensi del quale le norme relative alla bonifica non si applicano generalmente alla fattispecie dell’abbandono dei rifiuti.
Nell’ipotesi in cui durante le operazioni di rimozione di rifiuti si accerti la presenza di inquinanti oltre determinate soglie, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell'area ed a tutti gli adempimenti conseguenti stabiliti dagli artt. 242 e ss. del Codice.

Da tutto quanto sopra esposto, si può concludere che il presupposto affinché “scatti” l’obbligo di avviare il procedimento di bonifica ex art. 242 è costituito dalla qualificazione della situazione come inquinamento, attualmente da ricollegare ai valori delle CSC (T.A.R. Brescia, sez. I, 09 agosto 2018, n.802).
Infatti, l’art. 240 del Codice definisce le “concentrazioni soglia di contaminazione (CSC)” come “i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica…”.

Nella fattispecie, dunque, se tale condizione non è concretamente presente, sarà sufficiente agire secondo quanto previsto dall’art. 192 del Codice; mentre se si accerti -prima o nel corso delle operazioni di rimozione dei rifiuti- il superamento dei livelli di CSC, il procedimento da seguire è quello di cui agli art. 242 e ss. del Codice.

Quanto al secondo profilo presentato nel quesito, si rileva che i soggetti considerati dalla normativa sopra discussa sono soltanto in prima battuta il responsabile dell’abbandono dei rifiuti/dell’inquinamento e -a diverso titolo- il proprietario dell’area.
Inoltre, va ricordato che il privato non è onerato dell'esatta qualificazione giuridica delle istanze dirette alla pubblica amministrazione né è tenuto ad utilizzare una precisa terminologia giuridica, in quanto tale obbligo è posto sull’Amministrazione destinataria, la quale deve qualificare esattamente ogni richiesta ricevuta sulla base dell'oggetto e dello scopo della stessa, procurando di accoglierla nei termini degli istituti applicabili in relazione al contesto fattuale e giuridico nel quale l'istanza si inserisce ed in coerenza con le finalità avute di mira dal richiedente (Consiglio di Stato, sez. V, 16 ottobre 2006, n. 6138).

Pertanto, a parere dello scrivente, l’ipotesi in cui il proprietario dell’area nelle proprie comunicazioni alla P.A. si richiami a norme errate, non pare costituire alcuna fonte di responsabilità né per l’impresa, né per il proprietario stesso, a patto ovviamente che i fatti riportati corrispondano alla realtà.
Il corretto inquadramento giuridico della fattispecie spetta infatti, come scritto, alla Pubblica Amministrazione.
Per quanto riguarda l’impresa, comunque, si precisa che rimangono fermi gli obblighi contrattuali assunti nei confronti del committente, nonché i doveri specifici stabiliti dalla Legge per i soggetti che trattano il recupero e lo smaltimento dei rifiuti.