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Articolo 39 Codice del processo amministrativo

(D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Rinvio esterno

Dispositivo dell'art. 39 Codice del processo amministrativo

1. Per quanto non disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali.

2. Le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile.

Spiegazione dell'art. 39 Codice del processo amministrativo

Il rinvio, in generale, è lo strumento giuridico che consente di regolare dei casi non specificamente normati mediante il richiamo legislativo di norme predisposte con riferimento a fattispecie simili. Il rinvio può essere c.d. interno o c.d. esterno, a seconda che le norme richiamate facciano parte del medesimo testo normativo oppure appartengano ad una fonte diversa.
La norma in esame, in particolare, prevede un rinvio esterno, disponendo che a tutti gli aspetti non disciplinati specificamente dal c.p.a. devono estendersi le norme del Codice di procedura civile.
Il legislatore prevede però dei limiti per l’operare di siffatto rinvio. Le norme processualcivilistiche, infatti, possono trovare applicazione nel processo amministrativo a patto che siano
  • compatibili (ad esempio, non può applicarsi la norma che disciplina l’atto di citazione, posto che per il processo amministrativo è espressamente previsto, come atto introduttivo del giudizio, il ricorso);
  • espressione di principi generali (ad esempio, si può estendere al processo amministrativo il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato).
La norma si occupa, poi, della notificazione degli atti del processo amministrativo, che in ogni caso - come previsto dal comma secondo - sono regolate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali in materia. Pertanto, il ricorso che introduce il giudizio innanzi al GA può essere notificato:
  1. dall’ufficiale giudiziario, con le modalità previste dagli artt. 138 ss. c.p.c.;
  2. dall’avvocato in proprio, ai sensi della Legge n. 53 del 1994.

Massime relative all'art. 39 Codice del processo amministrativo

Cons. Stato n. 4782/2019

Il principio della "translatio iudicii" è estensibile anche alle pronunce declinatarie della giurisdizione emesse dai giudici di merito senza che si configuri una violazione dei parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 24 e 111 Cost. in relazione all'attuale, impeditiva disciplina processuale, dal momento che, in virtù di una interpretazione adeguatrice del sistema processuale, ancorché la pronuncia del giudice di merito dichiarativa del difetto di giurisdizione, a differenza di quella delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, non imponga, al giudice del quale è stata affermata la giurisdizione, di conformarvisi, alle parti è dato, per la soluzione dell'eventuale conflitto negativo di giurisdizione, il rimedio del ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 362, comma secondo, cod. proc. civ., sicché il meccanismo correttivo della situazione di stallo, consente, di pervenire alla decisione della questione di giurisdizione con effetti vincolanti nei confronti del giudice dichiarato fornito di giurisdizione, innanzi al quale è resa praticabile la "translatio iudicii". Anche prima dell'introduzione nell'ordinamento dell'art. 59 della L. 18 giugno 2009, n. 69 gli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta davanti al giudice dichiaratosi privo di giurisdizione restano fermi se il processo è riassunto (rectius, la domanda è riproposta) tempestivamente dinanzi al giudice indicato come avente giurisdizione. Sia nel caso di ricorso ordinario ex art. 360, comma primo, n. 1), cod. proc. civ., sia nel caso di regolamento preventivo di giurisdizione proponibile dinanzi al giudice ordinario, ma anche innanzi al giudice amministrativo, contabile o tributario, opera la "translatio iudicii", così consentendosi al processo, iniziato erroneamente davanti ad un giudice che non ha la giurisdizione indicata, di poter continuare davanti al giudice effettivamente dotato di giurisdizione, onde dar luogo ad una pronuncia di merito che conclude la controversia, comunque iniziata, realizzando in modo più sollecito ed efficiente il servizio giustizia, costituzionalmente rilevante.

Cons. Stato n. 4016/2019

Anche nel processo amministrativo vige la regola per la quale la nullità non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, applicabile al giudizio amministrativo ai sensi dell'art. 39 del D.Lgs. n. 104/2010, per il quale una negativa conseguenza processuale può essere ravvisata quando vi è stata la lesione del diritto alla difesa o si è inciso negativamente sul corretto e spedito andamento del giudizio.

Cons. Stato n. 3881/2019

Il c.d. effetto espansivo esterno della sentenza di appello sancito dall'art. 336, secondo comma cod. proc. civ. è applicabile al processo amministrativo in virtù del rinvio di cui all'art. 39, comma primo del D.Lgs. n. 104/2010 e, pertanto, in caso di aggiudicazione disposta in mera doverosa esecuzione di sentenza successivamente impugnata, sia l'aggiudicazione, sia il successivo contratto stipulato in esecuzione della sentenza di primo grado, devono ritenersi, in caso di accoglimento dell'appello, automaticamente travolti in applicazione della regola di cui al predetto principio. Il c.d. effetto espansivo esterno della sentenza di appello sancito dall'art. 336, secondo comma cod. proc. civ. è applicabile al processo amministrativo in virtù del rinvio di cui all'art. 39, comma primo del D.Lgs. n. 104/2010 e, pertanto, in caso di aggiudicazione disposta in mera doverosa esecuzione di sentenza successivamente impugnata, sia l'aggiudicazione, sia il successivo contratto stipulato in esecuzione della sentenza di primo grado, devono ritenersi, in caso di accoglimento dell'appello, automaticamente travolti in applicazione della regola di cui al predetto principio.

Cons. Stato n. 3271/2019

La sospensione di un processo di tipo civile, quale è il processo amministrativo in forza dell'art. 39 del D.Lgs. n. 104/2010 è possibile solo a condizioni particolarmente rigorose; in particolare, non è sufficiente che il processo civile e quello penale riguardino gli stessi fatti storici, ma è in più necessario un dato normativo, occorre cioè che esista una norma giuridica la quale produca nel processo civile un effetto giuridico collegato al giudicato penale.

Cons. Stato n. 33/2014

La diretta applicabilità delle disposizioni processuali civili al processo amministrativo è consentita (anzi: imposta) nelle sole ipotesi in cui il primo ordinamento esprima principi generali che non rinvengono nel secondo una sufficiente ed esaustiva declinazione regolatoria, come, peraltro, confermato dall'art. 39 del c.p.a. Poiché tuttavia l'introduzione legislativa di modalità digitali di comunicazione esige la preliminare organizzazione amministrativa che ne consenta il corretto funzionamento (tanto che l'utilizzo della PEC nel processo amministrativo è stato normativamente previsto solo dopo che il sistema informatico della giustizia amministrativa era stato collaudato come idoneo a sostenere quell'innovazione), resta preclusa ogni applicazione analogica o estensiva al processo amministrativo di disposizioni sulle comunicazioni elettroniche specificamente destinate al solo processo civile.

Non può essere ritenuta invalida la comunicazione dell'avviso di segreteria per la perenzione del processo amministrativo effettuata all'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore, anche nel caso in cui il difensore abbia omesso di indicare il proprio indirizzo di posta elettronica nel primo atto difensivo. Infatti, le comunicazioni di segreteria tramite posta elettronica certificata sono valide anche se riferite a ricorsi notificati prima dell'entrata in vigore del c.p.a. (purché, comunque, successive a esso) e anche se indirizzate a un difensore che aveva omesso di indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata nel ricorso o nel primo atto difensivo.

La validità e l'efficacia della comunicazione tramite posta elettronica certificata possono essere contestate solo adducendo un difetto di funzionamento del sistema informatico o una causa di forza maggiore non imputabile al destinatario.

A fronte di una comunicazione effettuata all'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore, ove il difensore abbia omesso di indicare il proprio indirizzo di posta elettronica nel primo atto difensivo, non può essere concesso il beneficio della rimessione in termini per errore scusabile previsto dall'art. 37 c.p.a., sulla base della sola deduzione (e del coerente rilievo) dell'incertezza giuridica sulla validità dell'utilizzo dello strumento di trasmissione della PEC.

Cons. Stato n. 3252/2011

Ai fini del computo dei termini si estende al processo amministrativo la disciplina dettata dall'art. 155 c.p.c.; il c.p.a. aggiunge a tale disciplina alcune precisazioni in tema di giorno festivo e di sabato.

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