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Articolo 108 Codice dei contratti pubblici [ABROGATO]

(D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50)

[Aggiornato al 01/07/2023]

Risoluzione

[ABROGATO]

Dispositivo dell'art. 108 Codice dei contratti pubblici [ABROGATO]

Provvedimento abrogato dal D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36.
Si rimanda all'art. 226, comma 2 del predetto decreto legislativo per le norme di carattere transitorio.

[1. Fatto salvo quanto previsto ai commi 1, 2 e 4, dell'articolo 107, le stazioni appaltanti possono risolvere un contratto pubblico durante il periodo di sua efficacia, se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte:

  1. a) il contratto ha subito una modifica sostanziale che avrebbe richiesto una nuova procedura di appalto ai sensi dell'articolo 106;
  2. b) con riferimento alle modificazioni di cui all'articolo 106, comma 1, lettere b) e c) sono state superate le soglie di cui al comma 7 del predetto articolo; con riferimento alle modificazioni di cui all'articolo 106, comma 1, lettera e) del predetto articolo, sono state superate eventuali soglie stabilite dalle amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti aggiudicatori; con riferimento alle modificazioni di cui all'articolo 106, comma 2, sono state superate le soglie di cui al medesimo comma 2, lettere a) e b);
  3. c) l'aggiudicatario si è trovato, al momento dell'aggiudicazione dell'appalto in una delle situazioni di cui all'articolo 80, comma 1, sia per quanto riguarda i settori ordinari sia per quanto riguarda le concessioni e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura di appalto o di aggiudicazione della concessione, ovvero ancora per quanto riguarda i settori speciali avrebbe dovuto essere escluso a norma dell'articolo 136, comma 1;
  4. d) l'appalto non avrebbe dovuto essere aggiudicato in considerazione di una grave violazione degli obblighi derivanti dai trattati, come riconosciuto dalla Corte di giustizia dell'Unione europea in un procedimento ai sensi dell'articolo 258 TFUE.

1-bis. Nelle ipotesi di cui al comma 1 non si applicano i termini previsti dall'articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

2. Le stazioni appaltanti devono risolvere un contratto pubblico durante il periodo di efficacia dello stesso qualora:

  1. a) nei confronti dell'appaltatore sia intervenuta la decadenza dell'attestazione di qualificazione per aver prodotto falsa documentazione o dichiarazioni mendaci;
  2. b) nei confronti dell'appaltatore sia intervenuto un provvedimento definitivo che dispone l'applicazione di una o più misure di prevenzione di cui al codice delle leggi antimafia e delle relative misure di prevenzione, ovvero sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato per i reati di cui all'articolo 80.

3. Il direttore dei lavori o il responsabile dell'esecuzione del contratto, se nominato, quando accerta un grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali da parte dell'appaltatore, tale da comprometterne la buona riuscita delle prestazioni, invia al responsabile del procedimento una relazione particolareggiata, corredata dei documenti necessari, indicando la stima dei lavori eseguiti regolarmente, il cui importo può essere riconosciuto all'appaltatore. Egli formula, altresì, la contestazione degli addebiti all'appaltatore, assegnando un termine non inferiore a quindici giorni per la presentazione delle proprie controdeduzioni al responsabile del procedimento. Acquisite e valutate negativamente le predette controdeduzioni, ovvero scaduto il termine senza che l'appaltatore abbia risposto, la stazione appaltante su proposta del responsabile del procedimento dichiara risolto il contratto.

4. Qualora, al di fuori di quanto previsto al comma 3, l'esecuzione delle prestazioni ritardi per negligenza dell'appaltatore rispetto alle previsioni del contratto, il direttore dei lavori o il responsabile unico dell'esecuzione del contratto, se nominato gli assegna un termine, che, salvo i casi d'urgenza, non può essere inferiore a dieci giorni, entro i quali l'appaltatore deve eseguire le prestazioni. Scaduto il termine assegnato, e redatto processo verbale in contraddittorio con l'appaltatore, qualora l'inadempimento permanga, la stazione appaltante risolve il contratto, fermo restando il pagamento delle penali.

5. Nel caso di risoluzione del contratto l'appaltatore ha diritto soltanto al pagamento delle prestazioni relative ai lavori, servizi o forniture regolarmente eseguiti, decurtato degli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto.

6. Il responsabile unico del procedimento nel comunicare all'appaltatore la determinazione di risoluzione del contratto, dispone, con preavviso di venti giorni, che il direttore dei lavori curi la redazione dello stato di consistenza dei lavori già eseguiti, l'inventario di materiali, macchine e mezzi d'opera e la relativa presa in consegna.

7. Qualora sia stato nominato, l'organo di collaudo procede a redigere, acquisito lo stato di consistenza, un verbale di accertamento tecnico e contabile con le modalità di cui al presente codice. Con il verbale è accertata la corrispondenza tra quanto eseguito fino alla risoluzione del contratto e ammesso in contabilità e quanto previsto nel progetto approvato nonché nelle eventuali perizie di variante; è altresì accertata la presenza di eventuali opere, riportate nello stato di consistenza, ma non previste nel progetto approvato nonché nelle eventuali perizie di variante.

8. Nei casi di cui ai commi 2 e 3, in sede di liquidazione finale dei lavori, servizi o forniture riferita all'appalto risolto, l'onere da porre a carico dell'appaltatore è determinato anche in relazione alla maggiore spesa sostenuta per affidare ad altra impresa i lavori ove la stazione appaltante non si sia avvalsa della facoltà prevista dall'articolo 110, comma 1.

9. Nei casi di risoluzione del contratto di appalto dichiarata dalla stazione appaltante l'appaltatore deve provvedere al ripiegamento dei cantieri già allestiti e allo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze nel termine a tale fine assegnato dalla stessa stazione appaltante; in caso di mancato rispetto del termine assegnato, la stazione appaltante provvede d'ufficio addebitando all'appaltatore i relativi oneri e spese. La stazione appaltante, in alternativa all'esecuzione di eventuali provvedimenti giurisdizionali cautelari, possessori o d'urgenza comunque denominati che inibiscano o ritardino il ripiegamento dei cantieri o lo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze, può depositare cauzione in conto vincolato a favore dell'appaltatore o prestare fideiussione bancaria o polizza assicurativa con le modalità di cui all'articolo 93, pari all'uno per cento del valore del contratto. Resta fermo il diritto dell'appaltatore di agire per il risarcimento dei danni.]

Massime relative all'art. 108 Codice dei contratti pubblici [ABROGATO]

Cons. Stato n. 2543/2019

Le controversie che hanno ad oggetto il provvedimento di risoluzione anticipata del contratto adottato per grave inadempimento (grave irregolarità e grave ritardo) ex art. 163, D.Lgs. n. 163/2006 (ora art. 108, comma 3, D.Lgs. n. 50/2016) sono devolute alla cognizione del giudice ordinario, perché attinenti alla fase esecutiva e per la ragione che l'atto risolutivo va qualificato come una forma di autotutela contrattuale riconosciuta alla pubblica amministrazione che incide sul diritto soggettivo del contraente privato.

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relative all'articolo 108 Codice dei contratti pubblici [ABROGATO]

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R. C. chiede
venerdì 12/01/2024
“Siamo una Società che gestisce parcheggi a pagamento principalmente per conto di Enti Pubblici. In questo caso specifico, gestiamo un parcheggio in concessione dopo l’aggiudicazione di appalto pubblico. La concessione prevede la gestione del parcheggio tramite l’installazione di sistemi di parcheggio automatici con barriere, telecamere a lettura targa e cassa automatica ed inoltre sono previsti dei lavori di ampliamento degli stalli (31 stalli). Dopo l’inizio del sevizio (concordati con il committente) in fase di progettazione dei lavori di ampliamento dell’area di parcheggio ci siamo resi conto che l’area in concessione era sottoposta a vincoli paesaggistici e culturali. Dopodiché a nostro avviso considerata l’installazione degli impianti del sistema di parcheggio senza la necessaria autorizzazione paesaggistica abbiamo compiuto abuso edilizio
Inoltre, i lavori di ampliamento degli stalli, considerato che sono in prossimità di una scarpata e per sostenere in sicurezza il peso delle auto, richiedono interventi non compatibili con le norme paesaggistiche.
Inoltre, il costo dei lavori di ampliamento preventivati in gara erano di euro 39.000,00 nel 2021. Ora 120.000,00.
Le mie domande sono:
Configura una forma di responsabilità precontrattuale dell’Ente per non averci informati prima di firmare il contratto che sull’area gravava un vincolo paesaggistico e culturale?
Considerato che sull’area di parcheggio abbiamo già effettuato i lavori di installazione delle colonnine, telecamere e cassa automatica, dovremmo sospendere il servizio (ancora in corso) per aver compiuto abuso edilizio?
Nel caso di mancata compatibilità paesaggistica e mancata realizzazione dei lavori di ampliamento c’è qualche responsabilità dell’Ente?
Possiamo risolvere il contratto con l’Ente per uno di questi motivi?
Il contratto firmato riporta solamente i casi in cui l’ente può chiedere la risoluzione del contratto con noi e non viceversa.”
Consulenza legale i 06/02/2024
La P.A. ha l’obbligo di porre alla base di un appalto pubblico un progetto realmente esecutivo e questo anche in virtù del generale principio di cui all’art. 1375 del c.c. che impone alle parti di condurre le trattative ed eseguire il contratto secondo buona fede.

Nel caso che ci occupa ci è stato riferito che l’Amministrazione non avrebbe comunicato i vincoli esistenti sull’area interessata dai lavori che rendono quest’ultimi incompatibili con la normativa edilizia ed urbanistica.

La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che costituisce una condotta illegittima dell’ Amministrazione quella di porre a base di gare un progetto errato e non esecutivo in relazione al quale si pone l’esigenza di disporre una correzione del progetto in assenza del quale l’aggiudicatario non potrà eseguire i lavori.
A tal proposito è stato osservato che “..la mancata predisposizione di un progetto realmente esecutivo integri (…) quell’inadempimento di non scarsa importanza che costituisce l’indispensabile presupposto per la risoluzione in danno del contratto. Al riguardo si rammenta che la giurisprudenza ha chiarito sia che la non scarsa importanza dell’inadempimento deve ritenersi implicita ove l’inadempimento si sia verificato con riguardo alle obbligazioni primarie ed essenziali del contratto (Cass., sez. III, 23 gennaio 2006, n. 1227; Cass., sez. III, 18 novembre 2005, n. 24460; Cass., sez. III, 1 ottobre 2004, n. 19652; Cass., sez. III, 28 luglio 2004, n. 14234; Cass. 30 marzo 1990, n. 2616), sia che la consegna all’appaltatore di un progetto realmente esecutivo deve ritenersi obbligazione essenziale del Committente” (Camera Arbitrale della Autorità di Vigilanza sui Pubblici Contratti Roma – Lodo 29 marzo 2010, n. 43)

Nella decisione riportata il Collegio ha dichiarato la risoluzione del contratto a causa del grave inadempimento dell’amministrazione consistente nel non aver posto a base di gara un progetto realizzabile a causa delle gravi carenze documentali, ma anche nel non avere posto rimedio a tale carenza.

In conclusione, nel caso di specie l’esecutore, in presenza dei presupposti sopra previsti, potrà richiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni subiti.


Giacomo F. P. chiede
mercoledì 14/07/2021 - Lombardia
“PREMESSE:
a)-il Comune X ha appaltato, a suo tempo, dei lavori edilizi alla impresa Y a seguito di gara ed i lavori sono stati regolarmente consegnati;
b)-per ritardo e grave inadempimento, ai sensi dell'art. 108 del D.Lgs. 50/2016, seguendo regolarmente le procedure, il Comune ha deliberato la rescissione del contratto (regolarmente notificata all' impresa) ed a questa hanno fatto seguito:
- la redazione dello STATO DI CONSISTENZA, sottoscritto dal rappresentate dell' impresa, senza riserve;
- la compilazione del LIBRETTO MISURE e del REGISTRO DI CONTABILITÀ, quest'ultimo sottoscritta dall' Impresa "con riserve"; le riserve non sono state esplicitate nel tempo previsto e sono decadute;
- la redazione dello STATO FINALE non ancora sottoscritto dall'impresa (si noti che sullo stesso possono essere solo riproposte le riserve già in registro di contabilità e cioè, nel caso di specie, nessuna);
c) che , essendo noto l'impegno di spesa per lavori eseguiti e spese conseguenti (IVA, spese tecniche, ecc.) si è redatto un PROGETTO DI COMPLETAMENTO, con l'applicazione degli stessi prezzi del progetto originariamente appaltato e con opere esclusivamente previste nello stesso;
d) che l'importo del PROGETTO DI COMPLETAMENTO, più quello delle opere riconosciute all'impresa Y (e spese) NON SUPERA LO STANZIAMENTO INIZIALE;
QUESITO:
non avendo a disposizione lo STATO FINALE, ma solo STATO DI CONSISTENZA e REGISTRO DI CONTABILITÀ, nonché uno STATO FINALE "CHIAMIAMOLO INFORMALE", il Comune può procedere all'appalto delle opere di completamento o deve prima essere completato l'iter dello STATO FINALE, con sottoscrizione da parte della impresa Y e, magari, la sua approvazione da parte dell'Ente?”
Consulenza legale i 23/07/2021
Dalla ricostruzione dei fatti contenuta nel quesito, si nota per prima cosa che gli atti posti in essere dall’Amministrazione sembrano rientrare non nella fattispecie della rescissione, bensì della risoluzione del contratto.

Quest’ultima è disciplinata dall’art. 108, D.Lgs. n.50/2016, che -riprendendo per molti versi il contenuto degli artt. 136 e ss. del previgente D.Lgs. n. 163/2006- appunto fissa i presupposti per risolvere i contratti pubblici, tra l’altro, per grave inadempimento o grave ritardo nell’esecuzione imputabili all’appaltatore.
La stessa norma stabilisce poi i passaggi procedimentali da svolgere e i reciproci obblighi e diritti della stazione appaltante e dell’appaltatore, mentre gli articoli seguenti indicano le modalità per riappaltare ad altra impresa la parte di opera non eseguita.

In breve, l’iter prevede una prima contestazione in contraddittorio degli addebiti all’appaltatore, a seguito della quale la P.A. “su proposta del responsabile del procedimento dichiara risolto il contratto” (art. 108, comma 3, D.Lgs. n. 50/2016).
In seguito, viene redatta la contabilità finale della parte di prestazioni portate a termine, che serve a “chiudere” i rapporti con l’esecutore, determinando l’eventuale compenso a lui spettante per le opere correttamente realizzate (tenendo conto anche di eventuali varianti in corso d’opera), decurtato degli oneri conseguenti allo scioglimento anticipato del contratto.
Si nota che tra i costi addebitabili all’appaltatore vi sono anche quelli per l’eventuale maggiore spesa da sostenere al fine di affidare i lavori residui ad altro soggetto.
Da parte sua, l’impresa ha l’obbligo di provvedere al ripiegamento del cantiere e a sgomberare l’area di lavoro nel termine fissato dalla stessa P.A..

Costituisce opinione condivisa che il potere di risoluzione del contratto appartenga alla categoria dei poteri di autotutela, mediante i quali l’Amministrazione incide in via autoritativa mediante un proprio atto amministrativo su un rapporto di tipo contrattuale/privatistico.
Si tratta di un’ipotesi eccezionale, che differenzia la posizione della stazione appaltante rispetto a quella di un committente privato, che diversamente è tenuto ad attendere una pronuncia da parte di un Giudice per veder risolto il contratto.

Quanto sopra scritto, oltre alla formulazione del terzo comma dell’art. 108 sopra citato, porta a concludere che i perfezionamento della risoluzione avvenga contestualmente all’adozione del relativo provvedimento e non a seguito della fase successiva dedicata alla chiusura della contabilità.
Se questo è vero, ne deriva che la stazione appaltante possa procedere alla riassegnazione dell’appalto anche prima della conclusione di tale fase contabile, che è finalizzata principalmente a determinare i definitivi rapporti di dare-avere con il precedente appaltatore.

L’unico risvolto che eventualmente interessa il nuovo contratto è costituito dalla determinazione degli eventuali maggiori costi da addossare all’ex aggiudicatario per il riaffidamento dei lavori, ma ciò non sembra costituire di per sé una condizione ostativa alla aggiudicazione delle opere residue prima della chiusura della contabilità.
Peraltro, a conferma di quanto detto, si nota che nemmeno l’art. 110, D.Lgs. n. 50/2016, recante “Procedure di affidamento in caso di fallimento dell'esecutore o di risoluzione del contratto e misure straordinarie di gestione”, menziona alcunché in tal senso.

La risposta al quesito, dunque, pare positiva, fermo restando che la decisione circa la sequenza delle attività procedimentali più rispondenti all’interesse pubblico resta rimessa alla valutazione della stazione appaltante.