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Articolo 206 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

(D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14)

[Aggiornato al 28/09/2024]

Impugnazioni

Dispositivo dell'art. 206 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

1. Contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo può essere proposta opposizione, impugnazione dei crediti ammessi o revocazione.

2. Con l'opposizione il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la propria domanda sia stata accolta in parte o sia stata respinta. L'opposizione è proposta nei confronti del curatore.

3. Con l'impugnazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la domanda di un creditore o di altro concorrente sia stata accolta. L'impugnazione è rivolta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta. Al procedimento partecipa anche il curatore.

4. Nei casi di cui ai commi 2 e 3, la parte contro cui l'impugnazione è proposta, nei limiti delle conclusioni rassegnate nel procedimento di accertamento del passivo, può proporre impugnazione incidentale anche se è per essa decorso il termine di cui all'articolo 207, comma 1.

5. Con la revocazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili, decorsi i termini per la proposizione della opposizione o della impugnazione, possono chiedere che il provvedimento di accoglimento o di rigetto venga revocato se si scopre che essi sono stati determinati da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile all'istante. La revocazione è proposta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta, ovvero nei confronti del curatore quando la domanda è stata respinta. Nel primo caso, al procedimento partecipa il curatore.

6. Gli errori materiali contenuti nello stato passivo sono corretti con decreto del giudice delegato su istanza del creditore o del titolare di diritti sui beni o del curatore, sentito il curatore o la parte interessata.

Spiegazione dell'art. 206 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

Contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo può essere proposta: opposizione, impugnazione dei crediti ammessi o revocazione.

1) L'opposizione costituisce il solo mezzo processuale tramite cui il creditore può impugnare il provvedimento del g.d. che, dichiarando esecutivo lo stato passivo, abbia respinto l'insinuazione o la rivendica o l'abbia accolta soltanto in parte. Requisito per esercitare l'opposizione è la soccombenza, che fondi l'interesse del creditore, e cioè il riconoscimento di una «utilità minore» di quella richiesta dall'opponente in sede di insinuazione o rivendica. Si ha soccombenza ad es. nel caso di mancata ammissione o di ammissione per un importo inferiore a quello richiesto, o anche nel caso del mancato riconoscimento del privilegio o della prededuzione richiesti.
La legittimazione attiva spetta solo al creditore o al rivendicante, essendo esclusa al curatore o ad altri creditori, posto che questi hanno a propria disposizione i diversi rimedi della impugnazione.
La legittimazione passiva spetta in via esclusiva al curatore, il quale finisce per tutelare indirettamente pure gli interessi dell'imprenditore assoggettato a l.g., giustificando l'esclusione della legittimazione di quest'ultimo.

2) L'impugnazione è il mezzo processuale concesso al curatore e ai creditori concorrenti per impugnare i provvedimenti favorevoli al soggetto che si sia insinuato al passivo (o abbia rivendicato beni), così da ottenere l'esclusione totale o parziale di quest'ultimo.
Legittimati attivi ad impugnare le decisioni sullo stato passivo sono in via concorrente il curatore e i creditori, ferma restando la regola di necessaria partecipazione del curatore all'impugnazione anche se promossa da uno dei creditori.
La legittimazione attiva spetta anche ai titolari di diritti azionabili nelle forme della restituzione o rivendica nei confronti di altri soggetti le cui pretese di similare tipologia sui medesimi beni siano state recepite in sede di stato passivo.
Legittimati passivi sono il creditore o l'«altro concorrente», dovendosi riferire tale espressione al soggetto che abbia esercitato con successo la rivendica, a prescindere dal fatto che questi soggetti abbiano visto recepite le proprie istanze nello stato passivo delle domande tempestive o in quello delle tardive.

3) La revocazione costituisce il mezzo processuale straordinario, come si deduce dal fatto che essa è proponibile «decorsi i termini per la proposizione della opposizione o della impugnazione». Quanto alla legittimazione attiva, qualora la revocazione sia proposta contro un provvedimento di rigetto dell'insinuazione o rivendica, spetta al creditore o rivendicante soccombente; se ad essere impugnato sia un provvedimento di accoglimento, la legittimazione spetta al curatore e al creditore concorrente o al rivendicante che avanzi pretese incompatibili con quelle del soggetto la cui rivendica sia stata accolta.
La legittimazione passiva spetta solo al curatore, se ad essere impugnato è un provvedimento di rigetto, mentre spetta congiuntamente al creditore o al rivendicante ammesso e al curatore (litisconsorte necessario), sempre che la revocazione non sia stata proprio dal curatore medesimo proposta, se ad essere impugnato è il provvedimento di ammissione.
Passando alle singole ipotesi di revocazione:
a) la falsità deve viziare documenti o altro materiale probatorio impiegato per la decisione;
b) nel dolo sono inclusi il dolo del giudice e quello della parte, ma anche la collusione tra parti (creditore e curatore); consiste in artifizi o raggiri idonei a generare una falsa percezione degli elementi di causa;
c) l'errore essenziale di fatto, visto il silenzio della norma sul punto, è proponibile anche contro errori non evidenti o non rilevabili direttamente dagli atti di causa; deve trattarsi di un errore di giudizio (non di diritto) che investe l'accertamento del fatto, e deve avere carattere essenziale, ossia dev'essere in grado di determinare la decisione.
d) La mancata conoscenza di documenti decisivi presuppone che tali documenti non siano stati conosciuti per causa non imputabile alla parte; tali documenti, in quanto decisivi, devono necessariamente riferirsi a fatti determinanti ai fini della decisione, preesistenti alla decisione impugnata, ma che la parte non sia riuscita a produrre per fatto ad essa non imputabile.

La correzione degli errori materiali è un rimedio volto a consentire di emendare lo stato passivo da meri errori di calcolo, omissioni, refusi, senza rendere necessaria l'impugnazione del provvedimento (non si tratta di un vero e proprio mezzo di impugnazione). Presupposto è la riconoscibilità ictu oculi dell'errore materiale.

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L. P. chiede
lunedì 24/03/2025
“l opposizione contro le insinuazioni tardive rese esecutive dopo 2 anni dal primo stato passivo esecutivo deve rispettare quale termine, e se tale è perentorio. Dalla data del 2 stato passivo reso esecutivo dal giudice delegato deve computarsi il termine dei 2 anni per presentare da parte del debitore fallito una proposta di concordato fallimentare o vale la data del 1 stato passivo esecutivo,
Consulenza legale i 15/04/2025
Ai sensi dell’art. 206 del Codice della Crisi, contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo può essere proposta opposizione, impugnazione dei crediti ammessi o revocazione.
L’art. 207 del codice della crisi d'impresa stabilisce in 30 giorni il temine per l’opposizione, da proporsi mediante ricorso, a decorrere dalla comunicazione - da parte del curatore - della dichiarazione di esecutività dello stato passivo.

Le domande tardive di cui all’art. 208 del codice della crisi d'impresa seguono il medesimo procedimento previsto per quelle tempestive; pertanto, all’udienza appositamente fissata, terminato l'esame di tutte le domande, il giudice delegato forma lo stato passivo e lo rende esecutivo con decreto.
Anche detto decreto dovrà essere comunicato dal curatore e da tale comunicazione decorre il termine per l’opposizione.
In ogni caso, si tratta di un termine perentorio.

L’art. 240 del codice della crisi d'impresa dispone che la proposta di concordato non possa essere presentata dal debitore se non dopo il decorso di un anno dalla sentenza che ha dichiarato l'apertura della procedura di liquidazione giudiziale e purché non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo.

La questione sulla decorrenza del termine biennale non è di semplice soluzione e rimangono dubbi interpretativi non risolti; in ogni caso:
  • nel silenzio della legge, la quale non fa riferimento al decreto di esecutorietà relativo alle domande tardive, né dispone l'applicabilità della norma anche al decreto ad esse relativo di cui all'art. 208 del codice della crisi d'impresa (norma che, al contrario, rinvia espressamente agli artt. dal 201 al 207 del Codice della Crisi circa il procedimento da applicare alle domande tardive);
  • in considerazione della finalità di accelerare i tempi della procedura (già perseguita dalla riforma organica delle procedure concorsuali) e di evitare ogni abuso dello strumento concordatario in violazione del principio di buona fede;
  • vista la volontà del legislatore di limitare la legittimazione del debitore ad una finestra di tempo ristretta, così da impedire al debitore di temporeggiare per attendere il momento più propizio;
si ritiene che il termine biennale decorra dal (primo) decreto di esecutorietà dello stato passivo, emesso in seguito alle domande tempestive.