Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 930 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Premio dovuto al ritrovatore

Dispositivo dell'art. 930 Codice Civile

Il proprietario deve pagare a titolo di premio al ritrovatore, se questi lo richiede, il decimo della somma o del prezzo della cosa ritrovata [927](1).

Se tale somma o prezzo eccede euro 5,16(2), il premio per il sovrappiù è solo del ventesimo.

Se la cosa non ha valore commerciale(3), la misura del premio è fissata dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento.

Note

(1) Il premio che spetta al ritrovatore è un corrispettivo per il suo comportamento probo e per l'utilità insita in esso.
Egli ha diritto a riscuoterlo dal momento in cui ha ritrovato la cosa.
Se il titolare della cosa smarrita si sia impegnato a corrispondere un premio maggiore, egli risponde secondo le regole della promessa al pubblico.
(2) A causa dell'inflazione il limite stabilito in questo caso è divenuto del tutto anacronistico.
(3) Ne sono esempio i documenti, o, comunque, ogni cosa che per il proprietario ha un valore affettivo maggiore di quello commerciale.

Brocardi

Praemium inventionis
Res amissa

Spiegazione dell'art. 930 Codice Civile

Aumento dell'importo del premio

La modificazione che, in questo articolo, concerne l'aumento della somma (originariamente lire diecimila invece di duemila), al di là della quale il premio al ritrovatore diminuisce da un decimo a un ventesimo del valore della cosa, è dovuta al nuovo valore della moneta: del resto il primo e il secondo comma corrispondono al testo dell'art. 718 del codice del 1865.

Si conferma cosi quella specie di disvalore con cui il nostro legislatore ha sempre guardato la concessione del premio, che accorda soltanto se il ritrovatore lo richieda.


Pubblica promessa del premio

Nel progetto preliminare era stato anche previsto il caso, prospettato in dottrina, concernente l'ipotesi in cui ii proprietario della cosa smarrita abbia pubblicamente promesso all'eventuale ritrovatore un premio, risolvendolo nel senso di lasciare arbitro lo stesso ritrovatore di scegliere l'uno o l'altro dei due premi. Si è ritenuto, peraltro, superfluo sancire in una particolare disposizione questo diritto di scelta che nessuno può contestare al ritrovatore, e che può trovare applicazione, normalmente, soltanto nella ipotesi in cui ii premio promesso dal proprietario sia superiore a quello stabilito dalla legge, perché l'ipotesi inversa è certo configurabile ma 6 difficile che in pratica si avveri.

È stata invece accolta l'altra proposta molto opportuna fatta dalla Commissione Reale per cui, se la cosa non ha un valore commerciale, la misura del premio è fissata dal giudice secondo il suo prudente arbitrio. Non sono pochi, invero, i casi in cui gli oggetti smarriti non hanno un vero e proprio valore commerciale (come p. es., le lettere, le fotografie o altri documenti personali) mentre possono essere di grande importanza tanto per la persona che ne e proprietaria quanto anche per altre persone.

Quest'ultima considerazione ha indotto a non accogliere la formula usata dal codice tedesco per il quale il premio al ritrovatore è stabilito secondo equità quando la cosa smarrita « ha valore soltanto per l'avente diritto a riceverla ».

In questi casi è evidente che non si hanno elementi di riferimento per stabilire i preciso valore della cosa ed è necessario rimettersi per il premio al prudente criterio discrezionale del giudice, che potrà fissarlo tenuto conto del complesso delle circostanze.

Vi sono, poi, speciali disposizioni di legge per casi particolari, per es., quelle stabilite dalle varie leggi sui terremoti.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

432 In tema di ritrovamento di cose smarrite (articoli 927 - 930) sono da rilevare alcune innovazioni. Anzitutto si stabilisce (art. 927 del c.c.) che il ritrovatore, nel consegnare, quando non ne conosce il proprietario, la cosa al podestà del comune in cui l'ha trovata, deve indicare le circostanze del ritrovamento. In secondo luogo viene precisato (art. 928 del c.c.) che la pubblicazione dell'avviso di ritrovamento nell'albo pretorio del comune, da farsi, come nel codice anteriore, per due domeniche successive, devo restare affissa per tre giorni ciascuna volta. In terzo luogo (art. 929 del c.c.) il termine, decorso il quale il ritrovatore acquista la proprietà della cosa ritrovata oppure il suo prezzo, se le circostanze ne hanno richiesto la vendita, è ridotto da due anni a un anno. In quarto luogo (art. 930 del c.c., secondo comma), in relazione al nuovo valore della moneta, viene elevato da lire duemila a lire diecimila il valore della cosa ritrovata agli effetti della riduzione del premio sul sovrappiù dal decimo al ventesimo. Infine (art. 930 del c.c., terzo comma), prevedendosi che la cosa non abbia valore commerciale, si rimette all'apprezzamento discrezionale del giudice la determinazione del premio.

Massime relative all'art. 930 Codice Civile

Cass. civ. n. 10687/2000

Il premio dovuto al ritrovatore di cosa mobile deve essere riconosciuto, ai sensi dell'art. 930, commi primo e secondo, c.c., ogni volta il bene rinvenuto abbia in sé un valore economico e, quindi, un'ovvia utilità per chi il bene stesso abbia smarrito ed, ai sensi del terzo comma della stessa disposizione normativa, qualora il ritrovamento abbia comunque una qualche utilità, anche di natura non economica, per il proprietario o detentore; utilità da determinarsi non in base a valutazioni soggettive di chi il bene abbia smarrito, ma in base a valutazioni di ordine oggettivo e generale (nella specie, l'economo di un comune aveva smarrito un assegno bancario tratto per un'ingente somma di danaro; il ritrovatore aveva restituito al Comune il titolo di credito, chiedendo il premio normativamente previsto; il titolo stesso veniva incassato, ma l'Ente si rifiutava di concedere il premio sul presupposto che, una volta fatta la denuncia alla banca, l'assegno non poteva più essere incassato e che, quindi, nessuna utilità poteva derivare dal suo ritrovamento. La S.C., nel confermare la sentenza impugnata che aveva riconosciuto il premio al ritrovatore, ha ritenuto che tale utilità poteva essere riscontrata nel fatto che, prima della procedura di ammortamento, il titolo poteva continuare a girare, esponendo il possessore alla responsabilità per danni subiti da terzi in buona fede).

Cass. civ. n. 6504/1996

In caso di ritrovamento e restituzione di un libretto bancario di deposito a risparmio pagabile al portatore — che non sia obiettivamente pregiudicato al momento del ritrovamento (come nel caso di già intervenuto ammortamento o sequestro) — al ritrovatore è dovuto il premio previsto dai primi due commi dell'art. 930 c.c., atteso che il trasferimento del detto libretto si perfeziona con la semplice consegna del titolo e che il possessore, legittimato all'esercizio del diritto incorporato nel titolo, ha diritto, in forza della presentazione alla banca, alla prestazione ivi certificata. Ai fini della quantificazione del premio, il valore commerciale del libretto si determina in base alla somma ivi depositata.

Notizie giuridiche correlate all'articolo

Tesi di laurea correlate all'articolo

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!

Consulenze legali
relative all'articolo 930 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Claudio C. chiede
lunedì 29/07/2019 - Sicilia
“Buonasera,
sono un consulente di direzione aziendale. Un imprenditore, mio cliente, nel 2004 veniva costretto dalla sua banca ad acquistare quote di un PAC (piano di accumulo..). Tale piano non prevedeva ulteriori acquisti nel tempo e sopratutto l'istituto di credito non ha mai mandato alcuna comunicazione scritta in merito. Pertanto il mio cliente (78 anni) aveva completamente dimenticato l'adesione al piano. Per me non era possibile che la banca avesse concesso un fido così elevato come quello in possesso del mio cliente ed ero certo che vi fosse qualcosa a garanzia. Il cliente non ricordava nulla. Dopo numerose insistenza da parte mia, rinvengo tra i documenti in azienda un plico contenente i documenti inerenti al PAC di cui sopra. A quanto pare si tratta di quasi tre milioni di euro.
La domanda è: quale compenso posso richiedere al cliente per tale ritrovamento e per il lavoro che c'è dietro per sbloccare questo denaro?.
Non mi sembra applicabile l'art. 930 anche se indicativamente si tratta di una % del 5%.
Non mi sembra applicabile l'art. 932 anche se il nostro ordinamento prevede la spartizione in quote uguali (50%).
Non so se vi è qualche riferimento normativo specifico in merito, pertanto è a voi che chiedo un parere, anche se vorrei orientarmi su di una percentuale del 10%.
Qual'è il vostro parere?
Grazie della risposta, buon lavoro.”
Consulenza legale i 04/08/2019
Va subito esclusa, purtroppo, l’applicabilità dell’art. 932 del c.c., che disciplina il c.d. tesoro. Tale norma, infatti, definisce il tesoro come “qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui nessuno può provare d'essere proprietario”. In questo caso, tuttavia, è ben chiaro chi sia il proprietario delle cose ritrovate.
Più difficile è, invece, stabilire se sia o meno applicabile l’art. 930 del c.c., che riguarda la ricompensa dovuta al ritrovatore di cosa smarrita (c.d. praemium inventionis).
In particolare, l’art. 930 c.c. così recita: “Il proprietario deve pagare a titolo di premio al ritrovatore, se questi lo richiede, il decimo della somma o del prezzo della cosa ritrovata.
Se tale somma o prezzo eccede gli euro 5,16, il premio per il sovrappiù è solo del ventesimo.
Se la cosa non ha valore commerciale, la misura del premio è fissata dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento”.

Il dubbio sorge in quanto, innanzitutto, i documenti sono stati ritrovati all’interno dei locali aziendali, e quindi non sono mai usciti dalla sfera di disponibilità del proprietario: più che di smarrimento, si tratterebbe di una semplice dimenticanza.
Inoltre, in questo caso, oggetto del rinvenimento non è un bene dotato in sé di valore economico: si tratta infatti di “documenti inerenti” un PAC (Piano Accumulo Capitale) sottoscritto da un cliente e da questi “dimenticato”. Ora, nel quesito non viene specificato il tipo di documenti, ma è lecito supporre che si tratti della documentazione contrattuale che viene fornita e firmata in questi casi.
Ora, in materia di premio per il ritrovamento di cose, la giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. I, 10687/2000), ha avuto modo di affermare che “il premio dovuto al ritrovatore di cosa mobile deve essere riconosciuto, ai sensi dell'art. 930, commi 1 e 2, c.c., ogni volta il bene rinvenuto abbia in sé un valore economico e, quindi, un'ovvia utilità per chi il bene stesso abbia smarrito ed, ai sensi del comma 3 della stessa disposizione normativa, qualora il ritrovamento abbia comunque una qualche utilità, anche di natura non economica, per il proprietario o detentore; utilità da determinarsi non in base a valutazioni soggettive di chi il bene abbia smarrito, ma in base a valutazioni di ordine oggettivo e generale”.

In conclusione, appare quanto meno dubbia l’applicabilità dell’art. 930 c.c. al caso in esame; in ogni caso, anche qualora si riuscisse a dimostrare lo “smarrimento”, sarebbe più probabile ricadere nel campo di applicazione del terzo comma dell’art. 930 c.c., e che quindi, in mancanza di accordo tra le parti circa la misura del premio, questo dovrebbe essere stabilito dal giudice.

Volendo poi ammettere, per ipotesi, che il ritrovamento rientri nei primi due commi della norma in questione, dovrebbe escludersi la spettanza di una percentuale del 10% del totale, dal momento che il secondo comma (disposizione evidentemente obsoleta ma pur sempre in vigore) limita il premio al 5% sulla parte eccedente l’importo di euro 5,16.
Naturalmente, ciò non impedisce di accordarsi con il cliente per una percentuale maggiore, eventualmente anche pari al 10%. Laddove manchi, però, tale “buona volontà” della controparte sarebbe necessario rivolgersi al giudice, con tutti i rischi del caso (particolare attenzione dovrebbe essere prestata alla prova dell’effettivo “smarrimento” dei documenti, visto che in questo caso sono stati rinvenuti nei locali aziendali).

Quanto al compenso per l’attività necessaria a “sbloccare” la somma, in mancanza di accordo tra le parti dovrà farsi riferimento ad eventuali tariffe professionali, se applicabili: qualora non sia possibile neppure fare riferimento a queste ultime, deciderà il giudice (art. 2225 del c.c.).

Cesare S. chiede
mercoledì 10/04/2019 - Friuli-Venezia
“il mese di Aprile dell'anno 2017, mia cognata mi ha incaricato di ricercare in un abitazione inoccupata di proprietà di una terza persona ( che ci ha consentito l'accesso e il permesso di effettuare ricerche all' interno ) valori e preziosi che mia cognata stessa aveva ricevuto in eredità dall'utilizzatore precedente dell'immobile deceduto a fine Febbraio 2017. il de cuius aveva infatti donato l'immobile nel 2016 alla terza persona di cui al punto precedente e lasciato a mia cognata, con testamento olografo, tutti i beni mobili contenuti all'interno dell'immobile stesso. Dopo aver prelevato gli arredi e i suppellettili e, quindi ad abitazione completamente vuota, ho effettuato varie ricerche in loco per trovare una cassaforte a muro di cui mia cognata aveva ipotizzato l'esistenza avendo trovato 2 chiavi uguali e uno scritto del de cuius con l'inventario del contenuto.In data 29.06.2017 ho ritrovato nel sottotetto dell'abitazione stessa la cassaforte a muro di cui sopra, mimetizzata dietro una scaffalatura in legno e coperta da un foglio di carta da parati dello stesso colore del muro della parete. Ho immediatamente avvisato del ritrovamento mia cognata che, in breve tempo è arrivata sul posto, con una chiave delle 2 trovate in precedenza e prelevato il contenuto. Con la presente chiedo se, come ritrovatore, mi spetta
una ricompensa ( ad esempio art. 930 oppure art. 932 del codice civile ).Ringrazio per la cortese risposta e porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 12/04/2019
La cosiddetta invenzione è uno dei modi di acquisto della proprietà previsti dagli artt. 922 ss. c.c.
In particolare, essa è disciplinata dall’art. 927 del c.c., secondo cui chi trova una cosa mobile deve restituirla al proprietario. Se, però, non ne conosce il proprietario. deve consegnarla senza ritardo al sindaco del luogo in cui l'ha trovata, indicando le circostanze del ritrovamento. I successivi articoli 928 e 929 del c.c. dettano le regole per la pubblicazione del ritrovamento e l’acquisto della proprietà della cosa in capo al ritrovatore, qualora nessuno ne reclami la proprietà trascorso un anno dall'ultimo giorno della pubblicazione.
Chiaramente, le norme sulla pubblicazione del ritrovamento e sull’acquisto in capo al ritrovatore non trovano applicazione nel caso che ci occupa, dal momento che l’identità del proprietario delle cose custodite nella cassaforte è nota: su questo si tornerà tra poco.

Il premio per il ritrovatore (praemium inventionis) è previsto dall’art. 930 del c.c., il quale stabilisce che il proprietario deve pagare a titolo di premio al ritrovatore, su richiesta di quest’ultimo, il decimo della somma o del prezzo della cosa ritrovata. Se, però, tale somma o prezzo eccede euro 5,16, il premio per il sovrappiù è solo del ventesimo (si tratta di un limite evidentemente anacronistico ma il cui importo, a parte la conversione in euro, non è stato mai adeguato in relazione al mutato costo della vita rispetto all’epoca di entrata in vigore del codice civile…).
Dispone poi l’ultimo comma dell’art. 930 c.c. che, se la cosa non ha valore commerciale, la misura del premio è fissata dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento.

Fatta questa breve premessa, va precisato che l’applicabilità dell’art. 930 c.c. al caso in esame appare dubbia.
Infatti, è pur vero che l’art. 927 c.c. si limita a far riferimento a “chi trova una cosa mobile”, senza ulteriori precisazioni; tuttavia, la costante interpretazione che si dà della norma, soprattutto in dottrina, presuppone che si tratti di cose “smarrite”. Tecnicamente, in questo caso, non vi è uno smarrimento, bensì un occultamento da parte del precedente proprietario, e i beni in questione non sono mai stati nel possesso dell’attuale proprietario, che anzi non ne conosceva neanche la collocazione.
Inoltre, la stessa inventio, il ritrovamento, viene in genere intesa (anche se il testo letterale della norma non lo precisa) come scoperta casuale della cosa. Nel nostro caso, invece, il ritrovamento non è stato casuale, ma “mirato”: si stavano cercando infatti proprio i beni contenuti nella cassaforte, beni risultanti da apposito inventario redatto dal de cuius.

Se l’applicabilità dell’art. 930 c.c. è dubbia, va decisamente esclusa, a parere di chi scrive, la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 932 del c.c., che disciplina il cosiddetto “tesoro”.
Ai sensi della norma in questione, infatti, “tesoro è qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui nessuno può provare d'essere proprietario”.
Ora, l’attributo “nascosta” ben potrebbe adattarsi al nostro caso, vista la collocazione dei beni in una cassaforte a sua volta occultata alla vista; tuttavia, manca il secondo requisito del tesoro, rappresentato dall'impossibilità di rinvenire un proprietario. In questo caso, infatti, con una disposizione testamentaria risultano essere stati attribuiti “tutti i beni mobili contenuti nell’immobile” e, dunque, anche quelli custoditi all’interno della cassaforte.
Ora, nel quesito non viene specificato se tale disposizione testamentaria costituisca una istituzione di erede oppure (come appare più probabile) un legato: nel primo caso, la proprietà dei beni si acquisterebbe con l’accettazione dell'eredità, mentre nel secondo caso l’acquisto sarebbe automatico, senza bisogno di accettazione (art. 649 del c.c.).
In entrambi i casi, comunque, non è possibile sostenere che i beni rinvenuti nella cassaforte non siano di proprietà di alcuno.

Inoltre va specificato che il secondo comma dell’art. 932 c.c., dopo aver stabilito che il tesoro (in quanto, appunto, bene di cui nessuno possa dimostrare la proprietà) appartiene al proprietario del fondo in cui si trova, aggiunge che, se il tesoro è trovato nel fondo altrui, o in una cosa mobile altrui, esso spetta per metà al proprietario del fondo e per metà al ritrovatore, purché però sia stato scoperto per solo effetto del caso.
Dunque, anche volendo ipotizzare che si tratti di un tesoro, non spetterebbe comunque il premio (peraltro consistente, rispetto a quello previsto dall’art. 930 c.c.) di cui all’art. 932 c.c., proprio perché il ritrovamento non è stato casuale, ma è avvenuto a seguito di una ricerca, effettuata peraltro su incarico del soggetto che si assume proprietario. Non solo: metà del tesoro, o del suo valore, spetterebbe al proprietario dell’immobile, che abbiamo visto essere persona diversa dal proprietario dei beni mobili ivi contenuti.
Infine, occorre tenere presente anche il disposto dell’ultimo comma dell’art. 932 c.c., secondo cui, per il ritrovamento degli oggetti d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico si osservano le disposizioni delle leggi speciali.

Dunque, esclusa l’applicabilità dell’art. 932 c.c., rimane da chiedersi se sia possibile, in questo caso, richiedere il premio per il ritrovatore previsto dall’art. 930 c.c.
Ora, in aggiunta alle considerazioni in precedenza svolte (costante interpretazione degli artt. 927 e 930 c.c. come riferiti a ritrovamenti casuali di cose smarrite), la ratio della previsione di un premio per il ritrovatore risiede, appunto, nel fatto che si tratta di cose smarrite, di cui non si conosce l’ubicazione attuale. Invece in questo caso siamo di fronte a beni di cui in realtà si conosce la collocazione (comunque situata all’interno dell’immobile, anche se si è reso necessario cercare la cassaforte).
Inoltre, proprio perché si tratta di una ricerca che era stata oggetto di specifico incarico, le parti avrebbero ben potuto accordarsi prima per stabilire un eventuale compenso (ciò che non avviene invece nel caso di ritrovamento “inaspettato”). Del resto, nella diversa ipotesi del tesoro il premio per il ritrovatore è previsto solo se la scoperta è stata casuale.
In conclusione, si ritiene che nessun premio spetti a chi ha ritrovato gli oggetti conservati nella cassaforte.