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Articolo 894 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Alberi a distanza non legale

Dispositivo dell'art. 894 Codice Civile

Il vicino può esigere che si estirpino gli alberi e le siepi che sono piantati o nascono a distanza minore di quelle indicate dagli articoli precedenti(1).

Note

(1) Il diritto di cui alla disposizione in oggetto non ha più ragion d'essere qualora esista un vincolo paesaggistico (art. 866 del c.c.), o di pubblico interesse.

Ratio Legis

Esigere l'estirpazione degli alberi situati ad una distanza diversa da quella legale, è una facoltà concernente il diritto di proprietà, e, dunque, è imprescrittibile, fatta, in ogni caso, salva l'esistenza di una servitù contraria.

Spiegazione dell'art. 894 Codice Civile

Diritto del vicino di domandare l'estirpazione degli alberi a distanza minore della legale

L' art. 894 attribuisce al vicino il diritto di domandare l’ estirpazione degli alberi a distanza minore della legale, e ciò tanto nel caso che vi siano stati piantati quanto se vi siano nati spontaneamente: infatti il danno non sarebbe minore in questo che nel primo caso. Il proprietario non potrebbe evitare l'estirpazione degli alberi che si trovano a distanza minore della legale offrendo di scapezzarli o di ridurli per innesto, e ciò, quand'anche si pratichi di farlo per la consuetudine locale.

Il vicino non ha il diritto di esigere l'estirpazione degli alberi e delle siepi piantati o nati a distanza minore della legale se il proprietario ha acquistato la servitù di tenerveli. Tale servitù può essere costituita tanto per titolo, quanto per destinazione del padre di famiglia o per prescrizione.

La servitù di tenere alberi a distanza inferiore alla legale deve tenersi distinta dalla servitù di far protendere i rami sul fondo del vicino, ma esse possono coesistere quando, in uno dei modi ammessi dalla legge, venga a stabilirsi sul fondo del vicino una servitù comprensiva di entrambe le utilità.


Limitazione del diritto in seguito alla imposizione del vincolo di bellezza panoramica

Il diritto del vicino di esigere l'estirpazione della piantagione che si trovi a distanza illegale può venire limitato in seguito alla imposizione del vincolo di bellezza panoramica ai sensi della legge 11 maggio 1922, n. 778. È stato infatti deciso che qualora intervenga da parte dell'autorità competente la dichiarazione di notevole interesse artistico della piantagione, il vicino non può pretenderne la rimozione e l'osservanza delle distanze legali, né il risarcimento del danno quale surrogato della mancata rimozione, ed ha solo diritto al risarcimento del danno arrecato dalla piantagione sino al momento in cui il vincolo fu imposto.


Esperibilità delle azioni possessorie

Ci si è chiesti se per difendere l'esercizio del diritto concesso dall'art. 894 possano intentarsi le azioni possessorie: si è argomentato per la soluzione negativa dalla disposizione dell'art. 82 vecchio codice proc. civ., corrispondente all'art. 8 del codice nuovo, il quale dichiara la competenza dei pretori, qualunque sia il valore della causa, per le azioni possessorie, per le azioni dirette ad ottenere l'osservanza delle distanze legali stabilite dalla legge o dai regolamenti o dagli usi locali riguardo al piantamento di alberi e di siepi. Ora, si è detto che risulta dalla distinzione stessa fatta dal legislatore che le azioni dirette a fare osservare le distanze nelle piantagioni non possono essere azioni possessorie: altrimenti questa distinzione non avrebbe alcuna ragione d'essere.

Tale argomento non è fondato. Si deve riconoscere, è vero, che le azioni dichiarate di competenza del pretore di cui al n 2 sono delle azioni petitorie e non possessorie; e va pure riconosciuto che l'esercizio dell'azione petitoria è preferibile all'esercizio della possessoria, perché non ammette, come questa, la possibilità di un nuovo giudizio in petitorio. Ma può darsi che convenga all'attore, o perché egli non è proprietario o perché gli sia gravoso dare la prova della sua proprietà, di agire in via possessoria. E in questo caso non si vede la ragione per cui non si debba ammettere a sua tutela l'azione possessoria.

Non deve poi escludersi l'azione di denuncia di nuova opera, perché lo scavare un terreno per piantarvi un albero od una siepe è sempre un'opera intrapresa sul fondo ai sensi dell’ art. 1171 del c.c..

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

424 Circa le distanze da osservarsi per alcune piantagioni, l'art. 892 del c.c. riproduce con lievi modificazioni l'art. 579 del codice del 1865, precisando, quanto agli alberi di non alto fusto, l'altezza massima del fusto non ramificato (tre metri), la quale non era invece determinata dal codice anteriore, che faceva riferimento alla «breve altezza» del fusto semplice, e precisando altresì, quanto al modo di calcolare le distanze, che queste si misurano dalla linea del confine alla base esterna del tronco dell'albero nel tempo della piantagione, o dalla linea stessa al luogo in cui fu fatta la semina. Inoltre, a differenza del codice precedente che non faceva menzione degli usi locali e dava prevalenza soltanto ai regolamenti, l'art. 892 dispone che, in mancanza di regolamenti, gli usi locali prevalgono sulle disposizioni del codice. A queste i regolamenti e gli usi locali prevalgono anche quando si tratta di alberi presso strade, canali o su confini di boschi (art. 893 del c.c.). È conservata nell'art. 894 del c.c. (art. 581 del codice del 1865) la facoltà del vicino di esigere che siano estirpati gli alberi e le siepi che sorgono a distanza minore di quella legale. L'art. 895 del c.c. regola il caso che si sia acquistato il diritto di tenere l'albero a distanza minore di quella legale e l'albero muoia o venga reciso o abbattuto: in questo caso l'albero che sia ripiantato dovrà essere tenuto alla distanza legale. Non così se la pianta perita faceva parte di un filare lungo il confine, poiché la sistemazione in filare conferisce al complesso arboreo un carattere unitario. Ad eliminare ogni ragione di dubbio ho esplicitamente dichiarato (art. 896 del c.c., primo comma) che il diritto di esigere il taglio dei rami degli alberi del vicino che si protendono sul proprio fondo e di tagliare le radici che vi si addentrano può esercitarsi in qualunque tempo. In questa materia è lasciato però ampio campo di applicazione, oltre che ai regolamenti, agli usi locali, e ciò per tutte le specie arboree, in quanto si è soppressa l'inopportuna limitazione del codice del 1865 (art. 582), che gli usi richiamava soltanto per gli ulivi. A proposito dei rami che si protendono dal fondo del vicino, il secondo comma dell'art. 896 risolve un'annosa questione, e cioè se i frutti naturalmente caduti da tali rami appartengano al proprietario dell'albero che li ha prodotti ovvero al proprietario del fondo su cui sono caduti. Facendo salvi gli usi locali, è sembrato preferibile adottare la seconda soluzione.

Massime relative all'art. 894 Codice Civile

Cass. civ. n. 18284/2015

In tema di distanze degli alberi dal confine, in un giudizio instaurato per lo sradicamento di alberi posti a dimora dal confinante proprietario a distanza inferiore a quella legale non costituisce domanda nuova quella, proposta nel corso dello stesso giudizio, volta a mantenere le piante ad altezza non eccedente la sommità del muro di cinta, ai sensi dell'art. 892, comma 4, c.c., trattandosi di una diversa articolazione di minor contenuto della medesima ed unica pretesa all'osservanza del distacco previsto dalla legge.

Cass. civ. n. 26418/2014

Ai fini dell'usucapione del diritto a tenere alberi a distanza dal confine inferiore a quella di legge, il termine decorre dalla data del piantamento, perché è da tale momento che ha inizio la situazione di fatto idonea a determinare, nel concorso delle altre circostanze richieste, l'acquisto del diritto per decorso del tempo, come è desumibile dall'art. 892, terzo comma, cod. civ., che fa riferimento, ai fini della misurazione della distanza di un albero dal confine, alla base esterna del tronco "nel tempo della piantagione".

Cass. civ. n. 15236/2008

In base all'interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 892, 893 e 894 c.c., il proprietario del fondo può chiedere l'estirpazione degli alberi posti nel fondo del vicino a distanza minore di quella di legge, a prescindere dalla valutazione dell'esistenza di un'effettiva turbativa; la finalità delle citate norme, infatti, è quella di salvaguardare il fondo in sé, indipendentemente dalle sue particolari caratteristiche o esigenze, sicché il compito del giudice di merito è limitato alla verifica del rispetto della distanza prescritta, senza doversi estendere a indagare la concreta esistenza del danno.

Cass. civ. n. 14455/1999

Chi pianti alberi in violazione delle distanze dal confine previste dall'art. 892 c.c. non può invocare, per impedire la loro estirpazione, le leggi speciali che tutelano, nell'interesse pubblico, il paesaggio e l'ambiente, perché il relativo vincolo è volto a proteggere una determinata zona nel suo complesso, non già un determinato tipo di piante, né tanto meno gli alberi impiantati in un determinato fondo.

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Consulenze legali
relative all'articolo 894 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

P. M. chiede
mercoledì 01/12/2021 - Sardegna
“Buongiorno avrei bisogno di una consulenza legale riguardo l'argomento di "Alberi a distanza non legale ".
Nel 2011 abbiamo acquistato un immobile sito in XXX, località YYY, confinante con un altro immobile. In origine detti immobili costituivano un'unica villa con un unico proprietario. Successivamente, frazionate in due unità abitative indipendenti sono state alienate nello stato di fatto e di diritto nelle quali si trovavano, ivi comprese le servitù del "buon padre di famiglia "già esistenti all'atto della compravendita e come scritto nell atto notarile.
L'immobile di nostra proprietà è costituito da un appartamento al piano terra e da un giardino dove è presente un albero di alto fusto (Ficus Benjamin) piantato 25/30 anni fa dall'unico proprietario della villa e che a seguito del frazionamento successivo risulta ad essere a distanza non legale dall altra proprietà.
Il vicino che ha acquistato l immobile adiacente al nostro tre anni dopo ,a distanza di otto anni di buona convivenza e a seguito di futili motivi ci chiede l abbattimento del suddetto albero in quanto non a distanza regolamentare e perché le foglie con il vento svolazzano nel suo giardino nonostante la pianta venga regolarmente portata e I rami non pretendono nella sua proprietà.
Vorrei sapere se ci possiamo avvalere della legge del "buon padre di famiglia "come altre servitù acquisite (luci, fogna) o avvalerci dell usucapione o del fatto che l immobile è sottoposto a zona con Vincolo Paesaggistico in quanto dista cento metri dalla spiaggia.
Oppure se dobbiamo soccombere a questa richiesta e abbattere queste meravigliose piante che abbelliscono tra l altro la zona marina.
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 09/12/2021
Non vi è alcuna ragione giuridica per soccombere alle richieste del vicino.
La disciplina che il codice civile detta nella Sezione VI del Libro III, dedicata appunto alle distanze da osservare nelle costruzioni, piantagioni e scavi, nonché per i muri, fossi e siepi interposti tra i fondi, è molto chiara al riguardo.
Evidentemente il vicino, nell’avanzare una simile pretesa, si è fermato a leggere soltanto quanto disposto dall’art. 894 c.c., norma che in effetti consente al proprietario di un fondo di esigere che il confinante estirpi gli alberi e le siepi che sono piantati o nascono a distanza minore di quelle indicate dagli articoli precedenti (in particolare, il n. 1 dell’art. 892 del c.c. impone che per gli alberi di alto fusto sia osservata la distanza di metri 3 dal confine).

Tuttavia, la norma sopra citata deve essere letta in combinato disposto con le altre norme contenute nella medesima sezione del codice civile, ed in particolare con gli artt. 895 e 896 c.c.
La prima di tali norme riconosce espressamente la possibilità che si acquisti il diritto di tenere alberi a distanza minore di quelle previste all’art. 892 c.c.
In particolare, afferma Cass. N. 2555/1980 che il diritto di tenere alberi a distanza inferiore a quella legale costituisce una vera e propria servitù affermativa, la quale può acquistarsi per convenzione o per usucapione ventennale ovvero per destinazione del padre di famiglia.
La fattispecie prevista dal caso in esame integra proprio un’ipotesi di costituzione di detta servitù per destinazione del padre di famiglia, essendosi venuta a costituire per effetto della divisione in più unità di un fondo appartenente ad unico proprietario, il quale ha lasciato immutata la situazione di entrambi i fondi, senza che sia stato nulla convenuto in ordine alla distanza dell’albero in questione.

Stando così le cose, il confinante sarà tenuto a sopportare l’albero a distanza inferiore a quella legale, seppure si tratti di albero di alto fusto, potendo questi reclamare un solo potenziale diritto, ossia quello riconosciutogli dalla seconda parte dello stesso primo comma dell’art. 895 del c.c., nella parte in cui è detto che se l’albero viene meno per qualsiasi motivo (frana, incendio, fulmine, taglio, morte naturale e non provocata dall’uomo ed in particolare dal vicino!), lo stesso non potrà essere ripiantato.
Occorre a quest’ultimo proposito precisare che non si considera “venuto meno” l’albero che rigermoglia, il che significa che sarà lecito conservare alla precedente distanza i suoi polloni.

Infatti, secondo Cass. N. 10192 del 30/04/2013 “Il diritto di tenere alberi a distanza minore di quella legale si mantiene, ai sensi dell’art. 895 secondo comma c.c. anche in base all’esistenza delle ceppaie e dei polloni, atteso che le piante di nuova germogliazione sono la continuazione vegetativa delle precedenti, sia come singoli individui sia nella “universias rerum” in cui si concretizza il filare”
Ed ancora precisa Cass. N. 1035 del 22/04/1966:
Il diritto di tenere alberi a distanza minore di quella legale comprende, per il suo oggetto e per le sue finalità economico-giuridiche, anche il diritto di recidere l’albero, conservandone la ceppaia, e di mantenere e allevare i polloni che ne germogliano. La disposizione dell’art. 895 c.c. – secondo cui, quando l’albero muore o viene abbattuto o reciso, questo non può essere sostituito se non con l’osservanza della distanza legale – importando deroga ai principi sul modo di estinzione della servitù, non è suscettiva di estensione oltre lo schema della particolare ipotesi da essa espressamente prevista. Pertanto, agli effetti previsti dal citato art. 895 c.c. il concetto di recisione non può valere per quegli alberi il cui uso consiste nel taglio periodico, senza svellere le ceppaie da cui sorgono i nuovi germogli.”

Occorre, infine, precisare che il vicino non è del tutto privo di tutela, in quanto può esercitare le facoltà che gli sono riconosciute dall’art. 896 del c.c., e precisamente:
a) costringere il confinante a tagliare in qualunque momento i rami dei suoi alberi che si protendono sul proprio fondo;
b) tagliare anche autonomamente le radici che si addentrano nel proprio fondo.
Stando a quanto viene riferito, però, non sembra che vi siano i presupposti per avvalersi delle suddette facoltà, in quanto nel quesito viene detto che la pianta viene regolarmente potata e che non vi sono rami che protendono nel suo giardino.

Nicolo' M. chiede
mercoledì 03/06/2020 - Lombardia
“buongiorno, con la presente richiediamo cortesemente un vostro parere riguardo la seguente questione:
nell’inverno 2016 ho acquistato un immobile come seconda casa di villeggiatura sito nel comune di Taleggio (BG) . L'immobile era una ex stalla da noi acquistata già ristrutturata dai precedenti proprietari che a loro volta l'avevano acquistata nello stato da riattare, è indipendente e libera su 4 lati con giardino in contesto di villette di villeggianti.
Su un lato confina con un'altra proprietà con un'area apparentemente boschiva (non siamo in possesso di una visura camerale per sapere se è prato o altro ) su cui è ubicata l'abitazione e diversi alberi di alto fusto e di età e altezza avanzata ( 30 / 40 metri o più tra tigli e robinie e presumiamo abbiamo 30 anni ) su terreno scosceso e di pendenza 45 gradi e mai manutesi come del resto tutta la proprietà.
Alcuni di questi alberi in questione, si trovano ubicati esattamente sulla recinzione di confine con la nostra proprietà, mentre il resto degli alberi (sempre di altissimo fusto ) si trovano ad una distanza massima di circa 10 metri dal confine.
Precisiamo che la nostra abitazione si trova anch’essa a circa un metro dal confine quindi pressoché sormontata dagli alberi del vicino. Ci teniamo ulteriormente a precisare per dovere di cronaca che la nostra scelta di acquistare questo immobile è stato dettato anche dal contesto in cui si trovava, non sapevamo però che avremmo avuto un vicino al quanto “particolare” ( è una di quelle che non fa tagliare nemmeno l’edera che invade l’abitazione arrivando fino al tetto) e contraria a qualsiasi potatura per non ferire le piante.
A tal proposito vi segnaliamo che in data 09/2017 abbiamo inviato la prima raccomandata alla proprietaria chiedendo un intervento di messa in sicurezza. Quest’ultima nella primavera del 2018 si è presentata presso la sua l’abitazione ( è li che ai noi l’abbiamo conosciuta ) per sovraintendere i lavori dei boscaioli da lei incaricati, che pensavamo fossero intervenuti per mettere in sicurezza gli alberi, in realtà si sono limitati, sotto vigile controllo della proprietaria, a spuntare solo delle piccole fronde ( tra l’altro neanche tutti perché i boscaioli non avevano il cestello abbastanza alto ) che sovrastavano il nostro tetto e che entravano nella nostra proprietà e senza minimamente intervenire sulle altezze tramite cimatura.
In data 02 giugno ’20 abbiamo inviato la seconda raccomandata richiedendo nuovamente un intervento da parte sua.
Fatta questa doverosa premessa, la questione che vi sottoponiamo è di sapere quali sono i nostri diritti circa:
1. chiedere la messa in sicurezza degli alberi tramite capitozzatura fino a livello del nostro tetto che rappresentano un pericolo oggettivo per la nostra proprietà (soluzione auspicabile)
2. Chiedere la rimozione (soluzione estrema che non piacerebbe neanche a noi) degli alberi a distanza inferiore a tre metri dal nostro confine anche se non risolverebbe la pericolosità dei restanti alberi.
3. Sapere se è possibile che in mancanza di rimostranze da parte dei proprietari precedenti di cui non siamo a conoscenza, possa essere intervenuto per usucapione il diritto di mantenere le piante nello stato in cui si trovano e senza la benché minima manutenzione.
Ringraziando anticipatamente per l’attenzione e rimanendo in attesa di una vostra cortese risposta, distintamente salutiamo.
n.b. se volete possiamo fornirvi anche documentazione fotografica”
Consulenza legale i 09/06/2020
Dal punto di vista civilistico, in merito alle responsabilità del confinante possiamo osservare quanto segue.
In base all’art. 892 c.c. gli alberi di alto fusto (come quelli della presente vicenda) devono essere collocati ad una distanza non inferiore a tre metri dal confine (a meno che non vi sia un muro divisorio che, nel caso che ci occupa, non è presente essendovi una mera recinzione).
Tuttavia, anche le costruzioni devono rispettare una distanza dal confine. In base all’art. 873 c.c. infatti esse devono essere tenute ad una distanza non minore di tre metri, salvo che i regolamenti locali prevedano delle distanze maggiori.

Nella presente vicenda, tali distanze non sono state rispettate (a parte per gli alberi che si trovano a dieci metri) né per quanto riguarda gli alberi del vicino né per quanto riguarda la vostra costruzione che leggiamo essere (e lo si vede anche dalle foto prodotte) soltanto ad un metro dal confine.
Tuttavia, considerato quanto specificato nel quesito possiamo legittimamente ritenere che sia intervenuta l’usucapione sia per quanto riguarda le distanze degli alberi dal confine (che leggiamo avere 30 anni) sia probabilmente per quanto riguarda la vostra costruzione.
Con riguardo quest’ultimo aspetto, come ha osservato la Suprema Corte nella sentenza n. 14916 del 2015 “è ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici, anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell'ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso ad usucapionem (Cass. n. 3979 del 2013)”. Mentre per quanto riguarda l’aspetto della distanza degli alberi dal confine, la Corte di Cassazione con sentenza n.26418 del 2014 ha ribadito che: “Ai fini dell'usucapione del diritto a tenere alberi a distanza dal confine inferiore a quella di legge, il termine decorre dalla data del piantamento, perché è da tale momento che ha inizio la situazione di fatto idonea a determinare, nel concorso delle altre circostanze richieste, l'acquisto del diritto per decorso del tempo, come è desumibile dall'art. 892, terzo comma, cod. civ., che fa riferimento, ai fini della misurazione della distanza di un albero dal confine, alla base esterna del tronco "nel tempo della piantagione".

Ciò posto a prescindere che gli alberi siano piantati o meno a distanza legale, in ogni caso è possibile richiedere al vicino di tagliare i rami che si protendono oltre il confine. Se si tratta invece di radici che si addentrano all’interno della proprietà confinante, è possibile provvedere direttamente al taglio.
Ciò in conformità a quanto disposto dall’art. 896 del codice civile ( e salvo regolamenti o usi locali più restrittivi). Come ha infatti sottolineato la Suprema Corte: “La servitù consistente nel diritto di mantenere i rami di un albero protesi per un metro all'interno del fondo del vicino non osta all'esercizio da parte del proprietario confinante del suo diritto, a norma dell'art. 896 cod. civ., di costringere il proprietario degli alberi a tagliare i rami che si protendono sul suo fondo per la parte eccedente.“ (Cass. Civ. 28348 del 2013).

Tutto ciò premesso, in risposta alle domande contenute nel quesito, sotto il profilo civilistico possiamo rispondere quanto segue.

Se gli alberi sono effettivamente pericolosi (chi lo ha detto? Un perito del settore?) può essere richiesto il taglio dei rami pericolanti a cura e spese del vicino.
In ogni caso, anche se non vi sia alcun pericolo, come sopra specificato può essere richiesto il taglio dei rami che si protendono oltre il confine. Laddove il vicino non provveda ci si potrà rivolgere al giudice.
La rimozione degli alberi per il mancato rispetto delle distanze legali, essendo probabilmente intervenuta l’usucapione, non può invece essere chiesta.
Tuttavia, anche in tal caso laddove vi fosse una concreta pericolosità per persone e/o cose (rischio caduta dell’albero) a prescindere dall’usucapione, potrebbe essere richiesto il taglio degli alberi pericolanti.
Per inciso, si specifica che a fronte di un pericolo di danno grave e prossimo, la tutela giurisdizionale di cui sopra potrebbe essere richiesta anche tramite l’azione di cui all’art. 1172 c.c. in caso di persistente inerzia del vicino. Tuttavia, occorre tenere presente che un tale tipo di azione presuppone appunto l’esistenza di un pericolo grave ed imminente.

Per quanto riguarda i poteri del Comune, invece, le norme che in astratto possono venire in rilievo nel presente caso sono l’art. 29, D. Lgs. n. 285/1992 (Codice della strada) e l’art. 54, D. Lgs. n. 267/2000 (Testo Unico Enti locali). Il primo dei summenzionati articoli impone, a pena di sanzione pecuniaria, ai proprietari di fondi confinanti con vie pubbliche di tagliare i rami delle piante che si protendono oltre il confine stradale e che nascondono la segnaletica o che ne compromettono comunque la leggibilità (comma 1), nonché di rimuovere a propria cura e spese gli alberi caduti sul piano stradale per effetto di intemperie o per qualsiasi altra causa (comma 2).
Il testo della norma è chiaro e non necessita di particolari spiegazioni, ma va comunque precisato che, in relazione al primo comma, è necessario che le fronde costituiscano un ostacolo concreto ed attuale alla percorribilità della strada o alla visibilità della segnaletica, e che, per quanto riguarda il secondo comma, al proprietario è richiesto di intervenire in un momento successivo alla caduta degli alberi e non in via preventiva alla loro messa in sicurezza.
Secondo la descrizione dei luoghi fatta nel quesito e sulla base delle fotografie allegate, quindi, non sembrano ad oggi ricorrere gli elementi per sollecitare il Comune ad irrogare la sanzione in discorso, posto che le piante si trovano sul confine tra le due proprietà private e che vi è solo un ipotetico rischio di caduta. Ovviamente, se tale rischio dovesse avverarsi, la vicina dovrebbe sostenere le spese per la rimozione degli alberi caduti e dovrebbe pagare anche la relativa sanzione pecuniaria, nonché il risarcimento di eventuali danni a terzi.
L’art. 54, D. Lgs. n. 267/2000, invece, per quanto qui ci occupa, attribuisce al Sindaco il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica, ossia l'integrità fisica della popolazione.
In generale, si ritiene che per legittimare l'esercizio di tale potere debbano ricorrere i seguenti diversi e concorrenti presupposti:
a) la necessità di intervenire nelle materie espressamente previste;
b) necessità dell'intervento nell'attualità e/o nell'imminenza di un fatto eccezionale, quale causa da rimuovere con urgenza mediante l’imposizione di obblighi di fare o di non fare a carico del privato;
c) il previo accertamento, da parte degli organi competenti, della situazione di pericolo o di danno che si intende fronteggiare;
d) la mancanza di strumenti alternativi previsti dall'ordinamento, stante il carattere extra ordinem del potere sindacale di ordinanza (ex multis, T.A.R. Napoli, sez. V, 02 marzo 2020, n. 971; T.A.R. Aosta, sez. I, 20 febbraio 2020, n. 7).
In particolare, ai fini della legittimità dell’ordinanza è indispensabile che il Comune acquisisca e ed espliciti gli elementi istruttori e di motivazione in grado di rappresentare un’effettiva situazione di grave pericolo e di minaccia l'incolumità dei cittadini (Consiglio di Stato, sez. V, 22 marzo 2016, n. 1189; T.A.R. Napoli, sez. V, 03 febbraio 2015, n. 678; T.A.R. Parma, sez. I, 29 gennaio 2015, n. 23; T.A.R. Roma, sez. II, 02 ottobre 2013, n. 8555, relative proprio ad ordinanze contingibili ed urgenti in punto abbattimento di alberi ritenuti a rischio di crollo).
Visto quanto sopra, è abbastanza difficile ottenere un intervento del Sindaco ex art. 54, D. Lgs. n. 267/2000, posto che nella fattispecie sembra mancare la concretezza ed attualità del pericolo per l’incolumità dei cittadini, che è presupposto indispensabile per l’esercizio del potere di ordinanza. L’unica possibilità nei confronti del Comune potrebbe essere quella di verificare l’esistenza di norme regolamentari in tema di verde privato, segnalare la mancata manutenzione degli alberi presenti nella proprietà della vicina e invitare l’Ente all’esercizio degli ordinari poteri di polizia urbana.
Perché tale istanza possa avere l’effetto sperato, tuttavia, non è sufficiente inviare per conoscenza al Comune le lettere dirette alla confinante, ma è necessario rivolgersi direttamente all’Ente con una segnalazione documentata e puntuale.
Non sembra, infine, che sussista allo stato alcuna fondata possibilità di chiedere il ristoro di eventuali danni al Comune, sia perché ancora non si è verificato alcun concreto danno, sia perché si tratta di una controversia prettamente di vicinato priva di profili pubblicistici.

Fabrizio D. chiede
venerdì 08/05/2020 - Lazio
“Salve.
Sono proprietario di un terreno in zona agricola di circa 4000 mq, ubicata a Bolsena in provincia di vt
Mi divide dal mio vicino una recinzione metallica alta circa m 1.80, il quale tiene ad una distanza di circa m 1.5 dal confine degli ulivi molto vecchi, le cui fronde arrivano dentro la mia proprietà.
La mia domanda è questa : posso chiedere di farli togliere e mettere alla giusta distanza di 3 m?
Aggiungo che il terreno è di mia proprietà da circa 5 anni e ovviamente ho trovato tutto così.
Grazie in anticipo”
Consulenza legale i 13/05/2020
In base all’art. 892 del codice civile gli alberi di alto fusto devono essere piantati ad una distanza non inferiore a tre metri dal confine, salvo che il regolamento locale preveda una distanza maggiore.
Le piante di ulivo, soprattutto se molto vecchie come nel Suo caso, sono considerate di alto fusto.
Sul punto, si cita anche una sentenza di merito del tribunale di Perugia (la n.1249 del 2014).

La predetta distanza, per espressa previsione normativa del sopra citato articolo, non deve essere rispettata se “sul confine esiste un muro divisorio, proprio o comune, purché le piante siano tenute ad altezza che non ecceda la sommità del muro.” La nozione di muro divisorio, come evidenziato dalla corte di Cassazione anche nella ordinanza n.18439 del 12 luglio 2018 , “ai sensi dell'art. 892, comma 4, c.c., al fine dell'esenzione dalle prescrizioni relative alle distanze legali degli alberi e delle piante dal confine, coincide con quella di cui all'art. 881 c.c., costituendo muro, a tali effetti, solo quel manufatto che impedisca al vicino di vedere le piante altrui.”
Nella presente vicenda leggiamo invece che vi è soltanto una rete metallica e non quindi un muro divisorio.

In base all’art.894 c.c. il vicino può pretendere che si estirpino gli alberi piantati o nati ad una distanza inferiore di quella prevista dall’art. 892 c.c.
Tuttavia, prima di avanzare qualsiasi pretesa, occorre verificare se il vicino abbia già acquisito o meno il diritto di tenere gli olivi a distanza minore di quella legale.
Tale diritto, infatti, costituisce una vera e propria servitù che può essere stata acquisita per contratto, o per “destinazione del padre di famiglia” oppure per usucapione ventennale.

Quanto ai rami che si protendono oltre il confine, a prescindere dall’acquisto o meno della predetta servitù, ai sensi del successivo art. 896 c.c. il vicino può “in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali.”
Ciò significa che si può chiedere al vicino di tagliare i rami e tagliare invece direttamente le eventuali radici che invadano il fondo oltre il confine.

Tutto ciò premesso, in risposta al quesito possiamo dunque affermare che:

- prima di chiedere al vicino di estirpare gli alberi dovrebbe verificare se questi abbia o meno già acquisito il diritto di servitù di tenere gli alberi ad una distanza inferiore a quella legale;

- in ogni caso, può chiedere al vicino di tagliare le fronde che invadono la Sua proprietà.


DOMENICA D. chiede
lunedì 16/07/2018 - Piemonte
“Nell’anno 1997 ho ristrutturato ed ampliato un rudere nelle montagne piemontesi (2^ casa) ed è stato classificato da fabbricato rurale a “casa di civile abitazione categoria A/3”. Si tratta di una casa indipendente libera su 3 lati, immersa nel bosco (no centro abitato). Il quarto lato è confinante con altro rudere di altra proprietà.
La mia casa ha un giardino al piano terra, è formata da due piani; al piano primo sono distribuiti, sui tre lati, un terrazzino e due balconi..
La mia casa ha anche un piccola porzione di terreno di proprietà verso valle, confinante (senza muro e/o recinzione) con il fondo molto più ampio di un vicino (che a catasto risulta essere un frutteto ma oggi è un ammasso di alberi altissimi senza alcuna manutenzione); la vegetazione a suo tempo, pur essendo fitta, consentiva di godere di un bellissimo panorama sulle montagne in quanto gli alberi erano ad una giusta altezza (dimostrabile da foto dell’epoca).
L’anno successivo purtroppo mio marito è deceduto ed io rimasi sola con due bimbe piccole; ciò mi ha portato a frequentare la casa saltuariamente permettendomi di occuparmi solamente delle “urgenze” fino a pochi mesi fa.
In tutti questi anni gli alberi del fondo del vicino sono cresciuti a dismisura in altezza (sono diventati molto più alti della mia casa di due piani) impedendomi oggi di vedere il panorama del 1997, non godo più di aria e luce solare ed alcuni addirittura hanno i rami che arrivano all’interno del mio terreno...poi non si contano le foglie cadenti sul mio terreno che io devo raccogliere e smaltire, foglie non mie; in questi anni sono altresì cresciuti alberi nuovi in quanto il proprietario del fondo non ha mai mantenuto il controllo della vegetazione, in abbandono. Non si tratta neanche di alberi pregiati (faggi, castagni..).
Ho contattato il proprietario di questo fondo chiedendo l’abbattimento degli alberi e dei rami protesi non a distanza legale e la cimatura per quelli che sono cresciuti impedendomi il diritto al panorama; purtroppo la risposta è stata negativa, ho fatto scrivere dal mio legale ed è seguito il silenzio.
Vorrei rivolgermi ad un organismo di mediazione ma mi farebbe piacere ricevere prima il vostro suggerimento sulla questione: secondo voi, dimostrando con fotografie lo stato del panorama nel 1997 e confrontandolo con oggi, dimostrando che dal 1997 la mia casa ha un giardino, un terrazzo e due balconi distribuiti sui tre lati della casa, ci sono i presupposti da parte mia per ottenere “una condanna” del vicino?
Ringrazio anticipatamente per l’attenzione e, in attesa di cortese riscontro, porgo cordiali saluti

Consulenza legale i 21/07/2018
Si ritiene che sussistano i presupposti per ottenere la condanna del vicino relativamente a:
  1. estirpazione degli alberi a distanza non legale (art. 894 c.c.)
  2. recisione dei rami che si protendono nel proprio fondo (art. 896 c.c.)
Dei dubbi, invece, sussistono in ordine al riconoscimento giurisdizionale del preteso diritto al panorama, e ciò per le ragioni che di seguito si esporranno.

Iniziamo dal prendere in esame il diritto di chiedere l’estirpazione degli alberi a distanza non legale.
Trattasi di un potere inerente al diritto di proprietà, come tale imprescrittibile, salva l’ipotesi in cui il confinante abbia acquistato regolarmente la servitù di tenere gli alberi a distanza inferiore, servitù che, essendo apparente, può anche costituirsi, nel concorso con le altre circostanze richieste, per usucapione.
A tale riguardo la giurisprudenza sembra ormai concorde nel ritenere che il termine per l’usucapione deve farsi decorrere dalla data della messa a dimora della pianta (sia che avvenga in modo spontaneo o per opera dell’uomo), in quanto è proprio da tale momento che inizia la situazione di fatto idonea a determinare l’acquisto del diritto per decorso del tempo (così Cass. 21855 del 2007).
Ciò significa che, qualora si riesca a dimostrare che il piantamento degli alberi o il loro sorgere spontaneo sia avvenuto in un periodo di tempo inferiore a venti anni (tale è il tempo previsto dall’art. 1158 del c.c. ai fini dell’acquisto del diritto per usucapione), si potrà senza alcun dubbio agire in giudizio per vedersi riconosciuto il diritto di pretendere che il vicino estirpi gli alberi che sorgono a distanza dal confine inferiore a quella stabilita dall’art. 892 del c.c..

Nell’ipotesi in cui, invece, si abbia certezza che si sia maturato il termine ventennale per l’usucapione di quel diritto, si ritiene opportuno agire in giudizio soltanto per far valere il diritto alla recisione dei rami che si protendono sul proprio fondo, e ciò ex art. 896 del c.c..
A tal riguardo, infatti, la giurisprudenza ha in più occasioni precisato che la servitù di tenere alberi a distanza inferiore a quella legale e la servitù di farne protendere i rami sul fondo del vicino sono ben distinte tra loro, nel senso che l’una non implica necessariamente l’altra.
Conseguentemente, è stato riconosciuto al proprietario danneggiato il diritto di costringere in qualunque momento il vicino al taglio dei rami protesi che si addentrano nel suo fondo (o di tagliare egli stesso le eventuali radici che si trovano sul suo fondo) pur nel caso di sussistenza di una servitù di tenere gli alberi a distanza inferiore a quella legale (così Giudice di Pace di Perugia sent. 08.08.2000; Cass. sent. 01.10.1958 n. 3062).

Per quanto concerne il riconoscimento di una lesione del diritto al panorama e la tutela dalla caduta di fogliame e scorie provenienti dagli alberi del vicino, come accennato all’inizio, si rende opportuno fare delle precisazioni.
Relativamente al secondo problema (fogliame), un implicito orientamento negativo può trarsi dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 54 del 23 febbraio 1994, in cui si afferma che la tutela apprestata dagli artt. 894 e 896 c.c. vale ad escludere sulla medesima materia una eventuale tutela reclamabile ex art. 844 del c.c., norma dettata per la disciplina ed il conveniente uso delle immissioni nocive derivanti dal fondo del vicino; ciò deve intendersi nel senso che, una volta rispettati i criteri dettati dalle norme sulle distanze, nessun’altra pretesa può avanzarsi per eventuali immissioni derivanti dagli alberi sul proprio fondo.

Con riferimento più specifico al tema dell’altezza degli alberi, di tale problema la Corte di Cassazione si è occupata in caso di alberi a distanza inferiore a quella legale, imponendo al proprietario dell’albero di effettuarne la cimatura soltanto nell’ipotesi prevista dall’ultimo comma dell’art. 892 del c.c., ossia qualora esista un muro sul confine e l’altezza dell’albero superi quella del muro (così Cass. civ. Sez. II sent. N. 9280 del 9 aprile 2008).
Al di là di tale ipotesi non vi è, purtroppo, una espressa norma del codice civile che imponga dei limiti ben precisi all’altezza degli alberi, a differenza di quanto previsto per la loro distanza dal confine.
Ciò comporta la necessità di affidarsi, anche in questo caso, agli orientamenti giurisprudenziali in materia, ed una interessante sentenza si ritiene sia quella della Corte di Cassazione, Sez. II civile, n. 2973 del 27.02.2012.

In tale sentenza si lamenta proprio che due alberi di proprietà dei vicini, avevano, crescendo, raggiunto il terrazzo degli attori, recando pregiudizio al loro diritto di veduta.
Ebbene, la S.C. ha affermato che il diritto di veduta, consistente nella fruizione di un piacevole panorama, che si pretende leso dalla chioma di uno o più alberi pur piantati a distanza legale, integra e può solo qualificarsi come servitus altius non tollendi (ossia servitù di non costruire oltre una certa altezza), la quale può essere acquistata anche per usucapione.
Il problema dell’acquisizione di tale tipo di servitù, però, sta nel fatto che per la sua costituzione non serve soltanto l’esercizio ultraventennale di attività corrispondenti alla servitù, ma anche la sussistenza di opere visibili e permanenti, ulteriori rispetto a quelle che consentono la semplice veduta (ossia, non sarebbe sufficiente avere un terrazzo o un balcone).
A ciò si aggiunga che secondo quanto statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza N. 12051 del 17.05.2013, il divieto di fabbricare opere in pregiudizio dell’esercizio di una servitù di veduta, poiché presuppone una modifica dell’assetto dei luoghi richiedente un’attività costruttiva, non può estendersi alla creazione di barriere naturali (come gli alberi), a cui è applicabile la diversa disciplina dettata dagli artt. 892 e ss. c.c.

Ebbene, gli argomenti addotti dalle sentenze citate e la circostanza che quella casa è stata frequentata solo saltuariamente nel corso degli anni, inducono a consigliare di non portare avanti alcuna azione giudiziaria per far valere il diritto di veduta.
Infatti, tale diritto potrebbe pretendersi solo sotto forma di servitus altius non tollendi, servitù però che il vicino riuscirebbe facilmente a dimostrare di essersi in ogni caso estinta per mancato esercizio della stessa ex art. 1073 del c.c..

In estrema sintesi, e riprendendo quanto asserito in apertura di questa consulenza, si consiglia di:
  1. procedere per l’estirpazione degli alberi a distanza non legale solo se si è in grado di dimostrare che il loro piantamento non risale a venti anni o più;
  2. procedere in ogni caso per la recisione dei rami che si pretendono sul proprio fondo;
  3. non procedere per far valere quel diritto di veduta di cui si godeva nel 1997.

N. P. chiede
sabato 17/12/2022 - Puglia
“Ho una villa in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. Al confine con il terreno incolto del vicino ho recinzione metallica. A distanza di circa 2,50 mt. da recinzione ho siepe di cipressi di circa 30 anni e circa 5 mt. di altezza i cui rami non vanno nel terreno del vicino e che non sono stati da me piantati. È arrivato nuovo proprietario del terreno che mi chiede di eliminare i cipressi perché non a distanza di 3 metri da confine e di mettere i nuovi a distanza e ad altezza massima di 2 metri per non togliere luce a piantagione che deve fare. Come posso muovermi?”
Consulenza legale i 23/12/2022
Va premesso che, ai sensi dell’art. 892 del c.c., gli alberi di alto fusto - tra i quali la norma menziona espressamente proprio i cipressi - devono essere tenuti a distanza di almeno tre metri dal confine.
L’art. 894 del c.c. attribuisce al vicino il diritto di ottenere che vengano estirpati gli alberi e le siepi piantati o nati a distanza inferiore a quella legale.
Tuttavia, considerata l’età delle piante, occorre tenere conto del fatto che è possibile acquistare, anche per usucapione, la servitù di tenere gli alberi a distanza minore di quella di legge; sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che “ai fini dell'usucapione del diritto a tenere alberi a distanza dal confine inferiore a quella di legge, il termine decorre dalla data del piantamento, perché è da tale momento che ha inizio la situazione di fatto idonea a determinare, nel concorso delle altre circostanze richieste, l'acquisto del diritto per decorso del tempo” (Cass. Civ., Sez. II, 18/10/2007, n. 21855).

I. D. chiede
martedì 06/12/2022 - Emilia-Romagna
“Buonasera,

con al presente sono a richiedere una consulenza.
La questione e' la seguente:
ho acquistato un immobile lo scorso anno. l'immobile ha un lato confinante con un parco pubblico.
all'epoca della costruzione dell'edificio il parco ancora non esisteva e vi erano sterpaglie (ho le foto che mi ha passato il costruttore). anno di abitabilità dell' immobile 1996/97.
A circa 2m dal confine della mia proprietà' , dentro il parco, vi e' un fosso che corre lungo tutto il parco.
A ridosso di questo fosso sono cresciute spontaneamente delle piante ( credo siano aceri) su entrambe le sponde . le piante sono molto alte ( quanto la mia casa di due piani) e sono tutte entro i 5m dal confine con la mia proprietà'.
Il precedente proprietario dell' immobile, mi disse, che all'epoca, prese accordi con il comune affinché' le piante nate stonatamente venissero lasciate crescere al fine di avere piu' privacy.
a settembre ho fatto richiesta al comune di eliminare le piante o di rilasciarmi permesso per procedere con taglio al colletto delle piante, per i seguenti motivi:
- entro i 5m dalla mia proprietà'
- i rami delle piante entrano nel mio giardino ( piante infestanti comprese)
- le radici delle piante stanno alzando gli argini del fosso ( che per onor del vero l'ho sempre asciutto)
- le piante non sono pre-esistenti all'edificio.
il comune dopo 2 mesi di solleciti telefonici ha mandato una squadra a tagliare i rami che si protraevano sulla mia proprietà . il responsabile della squadra mi disse che quelle erano le disposizioni che gli erano state date.
quindi ho parlato con la dirigente , proponendomi di accollarmi io la spesa di taglio al colletto delle suddette piante.
quindi il comune mi ha mandato autorizzazione per la sola capitozzatura delle piante con diametro del tronco inferiore a 10cm ad 1m di altezza ( in questo modo una delle piante, la piu grande; rimarrebbe intatta).
ho richiamato per chiarimenti e mi hanno risposto che essendo verde pubblico:
- non si possono tagliare le piante al colletto
- che con le loro disposizioni si otterrebbe un risultato estetico piu' gradevole.
- se mi fosse concesso di tagliare le piante al colletto queste ricrescerebbero disordinate

La mia domanda e' la seguente:
posso pretendere che il comune mi autorizzi , o che provveda, al taglio al colletto di tutte le piante se non all'eradicazione delle stesse?
se si come devo procedere? fare un altra richiesta protocollata presentandogli gli articoli 892,893 e 894 del codice civile? si da in mano tutto ad un avvocato? se si di che tipo? avete un nominativo a cui posso rivolgermi?
se invece dovessi accondiscendere alla loro autorizzazione riducendo le piante a boschetto, perderei poi il diritto a richiederne la rimozione?
se poi loro non vengono a fare manutenzione su questi boschetti ( cosa molto probabile visto la situazione generale del parco) , essendo solo boschetti perderei comunque il diritto a richiederne il contenimento?”
Consulenza legale i 19/12/2022
Per rispondere ai suoi quesiti occorrerà partire dalla disciplina generale in tema di distanze dettata dal Codice Civile applicabile anche se gli alberi, posti al confine siano ricompresi, da quanto ci viene riferito, nel verde pubblico.
L’ art. 892 c.c. stabilisce quanto alle distanze tra il fondo e gli alberi che, salve le diverse distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, dagli usi locali, devono essere osservate le seguenti distanze dal confine:
1) tre metri per gli alberi di alto fusto. Rispetto alle distanze, si considerano alberi di alto fusto quelli il cui fusto, semplice o diviso in rami, sorge ad altezza notevole, come sono i noci, i castagni, le querce, i pini, i cipressi, gli olmi, i pioppi, i platani e simili;
2) un metro e mezzo per gli alberi di non alto fusto. Sono reputati tali quelli il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre metri, si diffonde in rami;
3) mezzo metro per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da frutto di altezza non maggiore di due metri e mezzo.

Quanto all’identificazione degli alberi di alto fusto, la giurisprudenza ha chiarito che “vanno identificati con riguardo alla specie della pianta, classificata in botanica coma “di alto fusto”, ovvero con riguardo allo sviluppo comunque da essa assunto in concreto, quando il tronco si ramifichi ad un’altezza superiore a tre metri” (ex multis Corte di Cassazione Civile n. 3232 del 18 febbraio 2015

Ciò posto, l’art. 894 del c.c. stabilisce che il vicino ha il diritto di domandare l’estirpazione degli alberi posti a distanza inferiore della legale, e ciò tanto nel caso che vi siano stati piantati quanto se vi siano nati spontaneamente: Il proprietario non potrebbe evitare l'estirpazione degli alberi che si trovano a distanza minore della legale offrendo di scapezzarli o di ridurli per innesto, e ciò, quand'anche si pratichi di farlo per la consuetudine locale. Il diritto di chiedere l'estirpazione degli alberi situati ad una distanza diversa da quella legale, è, inoltre, una modalità di esplicazione del diritto di proprietà, e, come tale, è imprescrittibile, fatta, in ogni caso, salva l'esistenza di una servitù contraria.
Infatti, il vicino non ha il diritto di esigere l'estirpazione degli alberi e delle siepi nati a distanza minore della legale se il proprietario, in questo caso il Comune, ha acquistato la servitù di mantenerli a tale distanza inferiore. Tale servitù può essere costituita per titolo, per destinazione del padre di famiglia o per usucapione ventennale. In altri termini, il Comune, nei modi previsti dalla legge, potrebbe aver maturato il diritto a mantenere gli alberi a distanza inferiore da quella legale.
Pertanto, occorre innanzitutto chiarire se vi sia o meno una servitù a favore del Comune a mantenere gli alberi, ancorché cresciuti spontaneamente, ad una distanza inferiore di legge con conseguente impossibilità di imporre l’estirpazione.
Quanto alla decorrenza del termine utile per l’acquisito della servitù, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire come “Ai fini dell'usucapione del diritto a tenere alberi a distanza dal confine inferiore a quella di legge, il termine decorre dalla data del piantamento ( n.d.r. dalla crescita spontanea), perché è da tale momento che ha inizio la situazione di fatto idonea a determinare, nel concorso delle altre circostanze richieste, l'acquisto del diritto per decorso del tempo, come è desumibile dall'art. 892, terzo comma, cod. civ., che fa riferimento, ai fini della misurazione della distanza di un albero dal confine, alla base esterna del tronco "nel tempo della piantagione"” (ex multis Cass. civ. n. 26418, 16 dicembre 2014).
Nel quesito proposto non è precisata la data in cui tali alberi siano cresciuti spontaneamente e, quindi, non è stato possibile determinare se sia o meno maturato tale diritto.
Ad ogni modo, nell’ipotesi in cui dovesse essere maturata la servitù in parola il vicino non è del tutto privo di tutela, in quanto può esercitare le facoltà che gli sono riconosciute dall’ art. 896 del c.c., e quindi potrà costringere il Comune a tagliare in qualunque momento i rami dei suoi alberi che si protendono sul proprio fondo e tagliare anche autonomamente le radici che sconfinano nel proprio fondo come, de resto, ci è stato riferito essere una delle motivazione che è stata portata all’attenzione del Comune.
Un ulteriore limite alla possibilità di chiedere ed ottenere il taglio degli alberi posti a distanza inferiore deriva dall’apposizione su di essi di un vincolo di natura paesaggistica o anche di altre specie, come previsto dall’ art. 866 del c.c.. Tuttavia, l’esistenza di una tale tipologia di vincolo non sembrerebbe essere stata richiamata nelle interlocuzioni avute sin ora con il Comune (che ci è stato riferito abbia indicato una mera esigenza di garantire “un risultato estetico piu' gradevole”).
Diversamente, se il diritto del Comune a mantenere una distanza legale inferiore non è maturato e non sussiste un vincolo paesaggistico di tutela, la rimozione degli alberi posti ad una distanza inferiore potrà essere ottenuta ai sensi dell’art. 894 del c.c. sia chiedendo la rimozione al Comune, in via stragiudiziale e, in assenza di adempimento spontaneo, chiedendo al Giudice di Pace, in quanto autorità giudiziaria competente, la pronuncia di una sentenza che obblighi il Comune alla rimozione.
Concludendo, in risposta ai suoi quesiti si rileva che:
  • Quanto alla possibilità di procedere autonomamente o obbligando il comune al taglio al colletto degli alberi o all’estirpazione, nel caso in cui sia maturato il diritto del Comune a mantenere le piante ad una distanza inferiore a quella legale, non sarà possibile estirpare gli alberi ma unicamente rimuovere i rami che protendono nel fondo oppure eliminare le radici sconfinanti. Diversamente, nel caso in cui non fosse maturato detto diritto, si potrebbe agire ex art. 894 del c.c..
  • Quanto alla perdita del diritto alla rimozione nel caso in cui acconsenta al taglio al colletto richiesto dal Comune, non sussiste alcuna limitazione preclusiva a chiedere ed ottenere la successiva rimozione sempre che nel frattempo non sia maturato il diritto sopra richiamato;
  • Quanto alla manutenzione sul bosco, anche in questo caso rimane fermo il diritto alla rimozione degli alberi posti a distanza inferiore nei limiti già indicati sopra.
Infine, qualora dalla crescita incontrollata di tali alberi possa derivare un danno grave e prossimo per il fondo, rimane ferma l’esperimento delle ordinarie forme di tutela petitorie previste come, ad esempio, l’azione di danno temuto di cui all’art. 1172 del c.c..
Ed inoltre, qualora detti alberi creino un pericolo per l’incolumità pubblica, così, ad esempio, nel caso in cui l’albero sia pericolante, si potrebbe valutare la possibilità di chiedere al Sindaco l’adozione di un’ordinanza contingibile ed urgente ai sensi dell’art. art. 54 del T.U.E.L. che disponga, in via d’urgenza, la rimozione degli alberi.
Si tratta, tuttavia, di un’ipotesi remota che necessita di una prova rigorosa in ordine ai profili di urgenza e di pericolosità attuale e concreta derivanti direttamente dalla presenza di detti alberi.
Si segnala, infatti ,una recente sentenza del Consiglio di Stato che, nel dichiarare illegittima una tale tipologia di ordinanza ha precisato che non esistendo un “rischio zero” nella possibile caduta degli alberi, l’ordinanza di rimozione sarebbe stata legittima “solo a fronte di una puntuale rappresentazione della situazione di grave pericolo attuale che minacci l’incolumità dei cittadini” in quanto solo in questo caso “potrebbe giustificarsi l’eccezionale deroga al principio di tipicità degli atti amministrativi ed alla disciplina vigente, attuata mediante l’utilizzazione di provvedimenti extra ordinem.” (Consiglio di Stato – sezione V – 7 ottobre 2022 - n. 9178).

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