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Articolo 725 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Prelevamenti

Dispositivo dell'art. 725 Codice Civile

Se i beni donati non sono conferiti in natura [746, 750 c.c.], o se vi sono debiti da imputare alla quota di un erede a norma del secondo comma dell'articolo precedente, gli altri eredi prelevano dalla massa ereditaria beni in proporzione delle loro rispettive quote [1113 c. 4 c.c.].

I prelevamenti, per quanto è possibile, si formano con oggetti della stessa natura e qualità di quelli che non sono stati conferiti in natura(1)(2).

Note

(1) I prelevamenti hanno luogo quando i coeredi:
- sono tenuti alla collazione (v. art. 737 del c.c.) e scelgono di conferire i beni per equivalente;
- hanno debiti verso il defunto o verso gli altri coeredi.
Esempio: alla morte di Tizio succedono i figli Caio e Sempronio, ciascuno per 1/2. Il patrimonio ereditario è di 200. Se Tizio ha donato in vita un immobile a Caio del valore di 200 e questi, all'apertura della successione, sceglie di conferire il bene per equivalente, Sempronio deve prelevare una somma pari a 200.
(2) Il prelevamento ha ad oggetto beni della stessa natura e qualità di quelli che il coerede tenuto a collazione o a imputazione deve conferire o, in difetto, in denaro (v. art. 728 del c.c.).

Ratio Legis

La collazione serve ad evitare disparità di trattamento tra coeredi: nell'ipotesi in cui alcuni tra questi abbiano già ricevuto dei beni dal de cuius in vita, di tali donazioni si ritiene di doverne tener conto ai fini della formazione della quota.
L'imputazione consente, invece, di evitare che un erede riceva la propria quota e si renda, successivamente, inadempiente rispetto ai debiti che ha con la massa ereditaria.

Spiegazione dell'art. 725 Codice Civile

La disposizione in esame ha per scopo di mantenere la uguaglianza fra i coeredi non soltanto quantitativamente, ma anche qualitativamente. Per effetto di essa, il coerede cui è dovuta la collazione viene a conseguire sotto i due aspetti ciò che avrebbe avuto se la donazione fosse stata fatta anche a lui o il debito non fosse stato contratto; ciò, naturalmente, in quanto la composizione della massa lo consente.
La differenza tra l’art. #992# del codice precedente e la norma in esame consiste nel fatto che che, mentre il primo parlava solo dei prelevamenti fatti in conseguenza dei conferimenti non eseguiti in natura, il secondo comprende anche i debiti sia verso il defunto che verso la massa.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

347 E' stato osservato che l'ultimo comma dell'art. 261 del progetto, il quale faceva obbligo ai coeredi di dichiarare le liberalità soggette a collazione, era formulato in modo incerto, sì da far sorgere dubbi sul carattere giuridico di un tale obbligo. E' stato perciò proposto di modificare la formula, imponendo al notaio il dovere di ammonire i coeredi dell'obbligo che hanno di dichiarare le liberalità ricevute. Mi sono reso conto di tali dubbi, ma ho creduto (art. 724 del c.c.) più conveniente sopprimere il comma, perché superfluo. Infatti, poiché i coeredi, in base ai primi due commi dell'articolo, sono tenuti alla collazione e all'imputazione sulle loro rispettive quote delle somme dovute al defunto, l'obbligo della dichiarazione nulla aggiunge alla situazione giuridica sorgente dalle norme precedenti. Quanto all'art. 262 del progetto, concernente il ristabilimento dell'eguaglianza delle quote mediante la facoltà dei coeredi di prelevare dalla massa ereditaria i beni in proporzione delle rispettive quote, allorché un erede non conferisca in natura i beni donatigli o abbia dei debiti da imputare, ho chiarito, introducendo un emendamento propostomi nel corrispondente art. 725 del c.c., che i debiti di cui si tratta sono i debiti verso l'eredità, dei quali parla il secondo comma del precedente art. 724.

Massime relative all'art. 725 Codice Civile

Cass. civ. n. 27086/2021

Nella divisione ereditaria e in quella ordinaria, il giudice non può procedere al regolamento, sulla massa, dei debiti dipendenti dal rapporto di comunione senza che, in aggiunta alla domanda principale, sia stata anche proposta istanza di rendiconto, mentre, assolto tale presupposto, può autonomamente provvedere, anche in assenza di apposita domanda, alla liquidazione di tale regolamento col sistema dei prelevamenti ovvero con l'incremento della quota, costituendo questa autonoma attività giudiziale, ferma restando la possibilità di deroga pattizia delle norme sull'imputazione e sui prelevamenti, nonché di quelle che stabiliscono l'ordine delle operazioni divisionali.

Nello scioglimento della comunione ereditaria, al pari di quanto accade per quella ordinaria ai sensi dell'art. 1115, comma 3, c.c., il regolamento, sulla massa, dei debiti dipendenti dai rapporti di comunione, in quanto afferenti alla gestione della stessa, previsto dagli artt. 724 e 725 c.c., può essere realizzato dai compartecipi creditori attraverso il prelievo di beni dalla massa in proporzione alle rispettive quote ovvero, quando ciò non sia avvenuto o non sia possibile, attraverso l'incremento delle loro quote di concorso rispetto a quelle risultanti dal titolo della comunione. Con riguardo a quest'ultima modalità, applicabile anche in caso di unico immobile indivisibile, l'individuazione del titolare della quota maggiore si effettua con riferimento alla situazione esistente al momento della relativa pronuncia giudiziale.

Cass. civ. n. 20706/2021

In relazione ai crediti sorti in dipendenza del rapporto di comunione (quale tipicamente il credito per il godimento esclusivo della cosa comune esercitato da uno solo dei comproprietari) poiché la legge (artt. 724 e 725 c.c.) consente ai compartecipi creditori il soddisfacimento del credito al momento della divisione, mediante prelevamenti in natura dai beni comuni, il comunista creditore, il quale abbia ottenuto la revoca per frode di un atto di disposizione della quota comune compiuto dal proprio debitore, può far valere il credito nel giudizio di divisione anche nei confronti dei cessionari, i quali debbono subire l'imputazione alla quota acquistata delle somme di cui era debitore il cedente in dipendenza del rapporto di comunione. Pertanto, il comunista che abbia vittoriosamente esperito l'azione revocatoria, al quale la cosa comune sia stata assegnata per intero in esito alla divisione, è tenuto a versare ai cessionari il conguaglio ridotto e commisurato alla minor quota spettante al cedente in conseguenza dell'imputazione del debito maturato per l'occupazione dell'immobile oggetto della stessa divisione.

Cass. civ. n. 17022/2017

In tema di collazione per imputazione, la mancanza, nell'asse ereditario, di beni della stessa natura di quelli che sono stati conferiti dagli eredi donatari, non esclude il diritto al prelevamento da parte degli eredi non donatari, da effettuarsi solo per quanto possibile con oggetti della stessa natura e qualità di quelli non conferiti in natura. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che, a seguito della collazione per imputazione di un immobile ad opera del coerede donatario ed in presenza di un compendio ereditario relitto composto da partecipazioni societarie, aveva attribuito, in favore del coerede non donatario, a titolo di prelevamenti ed in mancanza di beni nell'asse ereditario omogenei a quello conferito, un determinato numero di dette quote, sì da renderne, all'esito delle operazioni divisionali, la partecipazione societaria superiore a quella del coerede donatario).

Cass. civ. n. 20041/2016

In tema di collazione, ove il "relictum" sia costituito da un unico bene, i prelevamenti devono essere effettuati stralciando dallo stesso la quota corrispondente al valore dei beni oggetto del conferimento per imputazione, atteso che la mancanza, nell'asse ereditario, di beni della stessa natura di quelli che sono stati così conferiti dagli eredi donatari non esclude il diritto degli eredi non donatari al prelevamento, che si attua, ex art. 725 c.c., solo per quanto possibile, con oggetti della stessa natura e qualità di quelli non conferiti in natura.

Cass. civ. n. 27410/2005

Ai sensi dell'art. 725 c.c. la collazione per imputazione, istituto diretto ad assicurare la par condicio degli eredi, opera immediatamente mediante il prelievo, da parte degli altri eredi, dalla massa ereditaria, di beni in proporzione delle loro rispettive quote, prelievo appunto formato — per quanto possibile — con oggetti della stessa natura e qualità di quelli che non sono stati conferiti in natura, prevedendo l'art. 726 c.c. che, fatti i prelevamenti, si proceda alla stima di quel che rimane nella massa, così da consentire la formazione di tante porzioni quanti sono gli eredi o le stirpi dei condividenti in proporzione delle quote.

Cass. civ. n. 3118/1993

Nell'ambito delle operazioni di divisione ereditaria, il sistema dei prelevamenti compensativi, a favore dei coeredi nei cui confronti altro coerede siasi reso debitore in dipendenza dei rapporti di comunione, non ha carattere obbligatorio, potendo conseguirsi un risultato analogo mediante una ripartizione proporzionale del credito ed il suo soddisfacimento in sede di formazione delle porzioni.

Cass. civ. n. 2630/1990

I beni che i coeredi non donatari possono prelevare dalla massa ereditaria a seguito della collazione per imputazione effettuata dai coeredi donatari, devono essere stimati per il valore che avevano all'epoca dell'apertura della successione e non già al momento della divisione, perché detti prelevamenti, pur costituendo una delle fasi in cui si attua la divisione, non si identificano con le operazioni divisionali vere e proprie, avendo, al pari della collazione, il prevalente scopo di assicurare la parità di trattamento fra coeredi donatari e coeredi non donatari.

Cass. civ. n. 4131/1976

Gli effetti dichiarativi della divisione ereditaria, comportanti che ciascun condividente debba considerarsi successore immediato del de cuius nei beni di cui diviene titolare, non determinano anche l'automatica attribuzione agli assegnatari dei frutti (naturali o civili) che i beni medesimi abbiano prodotto durante lo stato di comunione. Questi, ove non distribuiti fra i coeredi, in proporzione delle quote, formano una massa indivisa, sulla quale ciascun partecipante ha un diritto di natura e consistenza identiche a quelle del diritto sui beni della comunione. Ne consegue che l'acquisizione da parte di un erede di frutti maturati durante la comunione, ancorché prodotti da beni poi assegnatigli per norma dettata dal testatore (art. 733 c.c.), fa sorgere un corrispondente suo debito verso i coeredi (art. 724 secondo comma c.c.), con il diritto di questi ultimi di effettuare prelevamenti dalla massa ereditaria in proporzione delle rispettive quote (art. 725 primo comma c.c.).

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