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Articolo 684 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Distruzione del testamento olografo

Dispositivo dell'art. 684 Codice Civile

Il testamento olografo [602 c.c.] distrutto, lacerato o cancellato(1), in tutto o in parte(2), si considera in tutto o in parte revocato, a meno che si provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, ovvero si provi che il testatore non ebbe l'intenzione di revocarlo(3) [463 n. 5 c.c.].

Note

(1) L'elencazione si ritiene tassativa. Non determina, pertanto, la revoca del testamento olografo la cattiva conservazione di esso, l'appallottolamento, ecc.
(2) In caso di distruzione, lacerazione o cancellazione di singole disposizioni, la revoca riguarderà soltanto queste.
(3) L'onere di provare che la distruzione del testamento sia stata opera di un terzo o del testatore senza che sussistesse, tuttavia, la volontà di revocare l'atto di ultima volontà spetta a chi intende far valere il testamento.
Raggiunta la prova della volontarietà della distruzione, alcuni ritengono inammissibile la dimostrazione di un diverso intento del testatore rispetto alla revoca, altri la ritengono possibile (es: la distruzione del testamento per riscriverlo in una forma migliore).

Ratio Legis

La norma tutela la volontà testamentaria ricollegando alla distruzione del testamento olografo l'intenzione di farne venir meno gli effetti.

Brocardi

Quae in testamento tegi possunt, et inconsulto deleta et inducta, nihilominus valent; consulto, non valent

Spiegazione dell'art. 684 Codice Civile

L’art. 284 non ha precedenti nel vecchio codice del 1865, ma risolve una questione che si era dibattuta in dottrina e in giurisprudenza: quella relativa agli effetti della distruzione o laceramento totale o parziale della scheda testamentaria, o della cancellazione di tutte o di alcune delle disposizioni in essa contenute.
È stato osservato che in questi casi impropriamente si parlerebbe di revoca perché, con la revoca, il testamento cessa di avere efficacia giuridica, per la contrapposizione di una volontà contraria, pur conservando la sua esistenza di fatto e la sua validità formale, mentre la distruzione ne annienta l’esistenza in fatto e in diritto, restituendo le cose nello stato in cui si sarebbero trovate qualora il testamento non fosse mai esistito. Ma ciò non sembra convincente, perché: per quanto attiene all’esistenza materiale, non è impossibile ricostruire un documento lacerato; per quanto attiene all’esistenza giuridica (del negozio), non è il fatto materiale della distruzione, lacerazione o cancellazione, ma la (tacita o presunta) volontà del testatore che si prende a base della revoca.
In astratto, dunque, quello in esame si può profilare come un caso di revoca tacita oppure presunta: tacita, in quanto il fatto stesso del laceramento, distruzione o cancellazione si consideri come factum concludente che lascia desumere la volontà di revocare le disposizioni testamentarie (in tutto o in parte) in esso contenute; presunta, in quanto la legge, anche prescindendo dall'esistenza di una volontà effettiva del testatore, o piuttosto dall’accertamento di essa, consideri come obiettivo equipollente della volontà di revoca il fatto materiale della distruzione, del laceramento o della cancellazione.
Nel sistema dell’art. 684, si può parlare piuttosto di revoca tacita, poiché la disposizione in esso contenuta gravita intorno all’intenzione del testatore. Soltanto la legge ricorre alla presunzione (semplice) come mezzo di prova, o meglio come mezzo di inversione dell’onere della prova.
Stabilisce, infatti, una duplice presunzione: a) che il testamento sia stato distrutto, lacerato o cancellato dal testatore; b) che il testatore abbia avuto l’intenzione di revocare.
Si ammette, però, la controparte a provare: a) che il testamento sia stato distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore; b) che il testatore non abbia avuto l’intenzione di revocare. Ed è chiaro che basterà raggiungere l’una o l’ altra prova, perché la revoca debba ritenersi esclusa.
Quello che la legge dice per la distruzione, per il laceramento o per la cancellazione, non vale, naturalmente, per qualunque sorta di alterazione o manomissione della scheda testamentaria. Infatti, contrariamente a quanto fu detto, i termini adoperati dal legislatore non comprendono ogni fatto che alteri la materiale consistenza della scheda: così, non comprendono l’appallottolamento (che non è lacerazione, né distruzione); non comprendono l’aggiunzione di fregi, ghirigori e simili (che non è cancellazione); non comprendono, insomma, tutte le alterazioni o manomissioni che non compromettono l’unità materiale del documento o del testo scritto.

La disposizione in oggetto va interpretata, anche per la sua natura, restrittivamente, mediante la precisa determinazione del significato da attribuirsi ai termini distruzione, laceramento e cancellazione relativa agli effetti del ritiro del testamento olografo.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

326 A prescindere dai rilievi di natura formale, che sono stati tutti accolti, due punti di questa sezione hanno dato luogo a osservazioni: la norma sulla distruzione del testamento olografo e quella sulla trasformazione della cosa legata. In ordine al primo punto il progetto definitivo (art. 221) stabiliva che «se il testatore distrugge, cancella o lacera in tutto o in parte il testamento olografo, questo si considera in tutto o in parte revocato, salvo che l'intenzione di revocarlo resti esclusa». Ma è stato rilevato che la norma così come era formulata poneva, come presupposto pacifico, il fatto che fosse stato il testatore a distruggere, a cancellare o a lacerare la scheda testamentaria: in tal modo restava insoluto il problema pratico più importante che può presentarsi nell'ipotesi in cui si rinvenga nelle carte del defunto un testamento cancellato o lacerato, senza che si sappia a priori se la cancellazione o la lacerazione sia opera del testatore o cli terzi. Si tratta, cioè, di stabilire se l'onere di provare che il testamento è stato lacerato o cancellato dal testatore spetti a chi invoca l'inefficacia del testamento o se piuttosto l'onere di provare che la scheda è stata distrutta da terzi incomba a chi vuol giovarsi del testamento stesso. Seguendo la prima soluzione, il testamento cancellato o lacerato produrrà i suoi effetti fintanto che non venga provato che la lacerazione o la cancellazione è stata opera del testatore. Seguendo, invece, la seconda, il testamento lacerato o cancellato dovrà ritenersi revocato, salvo che si provi che la lacerazione o la cancellazione è stata opera di terzi. I pareri si sono divisi in favore dell'una e dell'altra soluzione. Di fronte a questa incertezza era stata suggerita la soppressione dell'articolo, nell'intesa di lasciare all'apprezzamento del magistrato la valutazione delle svariate e imprevedibili forme con cui il testatore può con atti materiali mostrare la sua volontà di porre nel nulla il suo precedente testamento. Ho creduto di dover dissentire dalla proposta di soppressione per non lasciare senza disciplina un punto così delicato, che ha dato luogo a tante incertezze sotto l'impero del codice del 1865. Ma, conservando la norma, ho voluto risolvere i dubbi circa il problema dell'onere della prova. Al riguardo ho considerato che il testamento olografo distrutto o lacerato o cancellato si presenta indiscutibilmente in condizioni così anormali da non potersi dispensare chi ne invoca l'efficacia dal dare la prova specifica che la volontà espressa nel testamento è rimasta ferma fino al momento della morte del testatore, nonostante la cancellatura o la lacerazione o la distruzione della scheda. A questi concetti si ispira l'art. 684 del c.c., disponendo che il testamento distrutto, lacerato o ,cancellato, in tutto o in parte, si considera in tutto o in parte revocato, a meno che si provi che il testamento fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, ovvero si provi che il testatore, pur distruggendo, cancellando o lacerando, non ebbe l'intenzione di revocare il testamento.

Massime relative all'art. 684 Codice Civile

Cass. civ. n. 22191/2020

L'irreperibilità del testamento olografo, di cui si provi l'esistenza in un certo tempo, mediante la produzione di una copia informale, è equiparabile alla sua distruzione e, pertanto, ingenera una presunzione di revoca dello stesso, non scalfita dal mancato disconoscimento della conformità all'originale - rilevante solo una volta che sia superata la detta presunzione -, rispetto alla quale grava su chi vi ha interesse l'onere di provare che esso "fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore" oppure che costui "non ebbe intenzione di revocarlo". Tale prova, salvo che la scomparsa sia dovuta a chi agisce per la ricostruzione del testamento medesimo, può essere data con ogni mezzo, dimostrando l'esistenza dell'olografo al momento della morte ovvero che esso, seppur scomparso prima della morte del testatore, sia stato distrutto da un terzo o sia andato perduto fortuitamente o, comunque, senza alcun concorso della volontà del testatore ovvero, ancora, che la distruzione del testamento da parte di costui non era accompagnata dall'intenzione di togliere efficacia alle disposizioni ivi contenute.

Cass. civ. n. 10847/2019

La distruzione del testamento olografo costituisce, ai sensi dell'art. 684 c.c., un comportamento concludente avente valore legale in ordine sia alla riconducibilità della distruzione al testatore sia all'intenzione di quest'ultimo di revocare il testamento medesimo, salva la prova contraria dell'assenza di un'effettiva volontà di revoca. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 27/06/2014).

Cass. civ. n. 17237/2011

Il mancato reperimento di un testamento olografo giustifica la presunzione che il "de cuius" lo abbia revocato distruggendolo deliberatamente, con la conseguenza che la parte che intenda ricostruire mediante prove testimoniali, a norma degli artt. 2724, n. 3, e 2725 cod. civ., un testamento di cui si assuma la perdita incolpevole per smarrimento o per distruzione, deve fornire la prova dell'esistenza del documento al momento dell'apertura della successione. (Rigetta, App. Palermo, 02/03/2010).

Cass. civ. n. 918/2010

In materia testamentaria, ove l'istituito produca in giudizio una fotocopia di un frammento dell'originale della scheda, strappato in una sua parte in modo tale che non sia possibile ricostruirne l'esatto contenuto, deve ritenersi ammissibile la prova per testimoni finalizzata, da un lato, a dimostrare - ai sensi dell'art. 684 c.c. - che la distruzione o cancellazione parziale del testamento non costituisce espressione di un'effettiva volontà di revoca e, dall'altro, che il mancato reperimento dell'originale della scheda non è addebitabile - ai fini di cui agli artt. 2724, n. 3), e 2725 c.c. - a responsabilità dell'istituito medesimo.

Cass. civ. n. 27395/2009

A norma dell'art. 684 c.c., la distruzione del testamento olografo si configura come un comportamento concludente avente valore legale, sia in ordine alla riconducibilità della distruzione al testatore, sia in ordine all'intenzione di quest'ultimo di revocare il testamento, salva la prova contraria in ordine all'assenza di un'effettiva volontà di revoca; ove, peraltro, il testamento olografo sia stato redatto in due originali, la distruzione, da parte del testatore, di uno solo di essi - comportando la permanenza di un originale non distrutto - non rientra nell'ambito di operatività dell'art. 684 c.c. e non consente di applicare la relativa presunzione, potendo la distruzione verificarsi indipendentemente da qualsiasi intento di revoca.

Cass. civ. n. 12098/1995

Poiché il testamento olografo può essere revocato dal testatore anche mediante distruzione o lacerazione (art. 684 c.c.), il suo mancato reperimento giustifica la presunzione che il de cuius lo abbia revocato, distruggendolo deliberatamente, con la conseguenza che per vincere tale presunzione occorre provare o che la scheda testamentaria esisteva ancora al momento dell'apertura della successione e che quindi la sua irreperibilità non può farsi risalire al testatore, oppure che quest'ultimo, benché autore materiale della distruzione, non era animato da volontà di revoca.

Cass. civ. n. 10/1973

L'art. 684 c.c. — secondo cui il testamento olografo distrutto, lacerato o cancellato, in tutto o in parte, si considera in tutto o in parte revocato, a meno che si provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, ovvero si provi che il testatore non ebbe l'intenzione di revocarlo — configura una fattispecie di revoca del testamento a struttura negoziale, in cui la volontà del testatore di revocare il testamento è presunta al verificarsi di alcuno degli eventi (distruzione, lacerazione, cancellazione) tassativamente indicati dalla norma. Tale presunzione di volontà, essendo fondata sulla considerazione che gli eventi anzidetti sono normalmente riconducibili all'attività materiale ed all'intento del testatore di revocare il testamento, viene meno quando i medesimi eventi trovino la loro causa in un fatto naturale. La prova di quest'ultimo deve essere fornita da chi intende avvalersi del testamento. L'ipotesi della lacerazione del testamento olografo — posto all'art. 684 c.c. a fondamento della presunzione della volontà del testatore di revocare il testamento lacerato — ricorre solo se siano venute meno le normali caratteristiche di integrità con cui suole presentarsi la scheda testamentaria dum fragmenta supersint e prescinde dalle multiformi accidentalità che possono accompagnare la disintegrazione della scheda medesima. Se, peraltro, nel modo di presentarsi di quest'ultima si ravvisino elementi tali da escludere la congruenza della lacerazione con la volontà del testatore di revocare il testamento, il giudice del merito può tenerne conto nel quadro della prova contraria alla presunzione legale. (Nella specie, il foglio sul quale era scritto il testamento olografo si presentava diviso a metà nel senso perpendicolare allo scritto ed aveva una linea di frattura, non comportante il distacco totale, in senso parallelo allo scritto stesso. I consulenti tecnici d'ufficio avevano espresso l'avviso che, secondo un giudizio «di massima probabilità, i fenomeni riscontrati erano caratteristici di un foglio piegato in quattro e tenuto addosso per lungo tempo in tale condizione». I giudici del merito - fondandosi sul parere dei consulenti e sulla considerazione che il testatore, qualora avesse prescelto una così anormale modalità di attuazione dei proprio intento di revoca, ben difficilmente avrebbe perpetuato le ragioni di equivoco in essa insite, continuando a conservare e custodire la scheda disintegrata - avevano ritenuto raggiunta la prova che la lacerazione fosse stata causata da un fatto naturale. La C.S., nel ritenere tale convincimento correttamente e sufficientemente motivato, ha enunciato il principio massimato).

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