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Articolo 1568 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Esclusiva a favore dell'avente diritto alla somministrazione

Dispositivo dell'art. 1568 Codice Civile

Se la clausola di esclusiva è pattuita a favore dell'avente diritto alla somministrazione, il somministrante non può compiere nella zona per cui l'esclusiva è concessa e per la durata del contratto, né direttamente né indirettamente, prestazioni della stessa natura di quelle che formano oggetto del contratto(1).

L'avente diritto alla somministrazione, che assume l'obbligo di promuovere, nella zona assegnatagli, la vendita [1470] delle cose di cui ha l'esclusiva(2), risponde dei danni [1223] in caso di inadempimento a tale obbligo, anche se ha eseguito il contratto rispetto al quantitativo minimo che sia stato fissato [1743](3).

Note

(1) Poiché la clausola determina una restrizione nella libertà contrattuale del somministrante, si ritiene debba essere approvata specificamente per iscritto (1341 comma 2 c.c.).
(2) Ad esempio, il barista che ha assunto l'obbligo di vendere una data bibita di cui riceve la somministrazione in esclusiva: si tratta di un obbligo che si affianca al patto di esclusiva.
(3) Il fatto che abbia eseguito il contratto, anche se solo per il quantitativo minimo, pone la questione della risolubilità dello stesso (1453 c.c.).

Ratio Legis

Con tale clausola il somministrato acquista un vantaggio economico dato dal possesso esclusivo di un certo bene in un dato luogo (ad esempio, il bar che vende in esclusiva una certa bibita).

Spiegazione dell'art. 1568 Codice Civile

Esclusiva a favore del somministrato

La più importante e la più diffusa clausola nel campo commerciale, è quella di esclusiva a favore del somministrato, di cui tratta l'art. 1568.
Trattasi qui, evidentemente, di somministrazioni per lo smercio, di forniture a ditte commerciali dettaglianti da parte di produttori o di grossisti, nei quali casi soltanto può sorgere un effettivo interesse od assicurarsi una situazione di monopolio, per eliminare la concorrenza aliena per lo spaccio delle stesse merci su di un dato mercato, o per vincere quella di prodotti similari in concorrenza mediante la garanzia della disponibilità esclusiva di un prodotto più ricercato e migliore.

Nelle somministrazioni per consumo o per use diretto questo interesse non può profilarsi se non nel senso di aver assicurata costantemente una fornitura adeguata ai propri bisogni, la qual cosa potrebbe essere pregiudicata — in ipotesi — dalla dispersione dei prodotti anche in altre forniture aliene; ma trattasi di un pericolo relativo, che viene meno non appena l'organizzazione del somministrante si presenti tale da poter adeguatamente assicurare il soddisfacimento dei bisogni del somministrato, se pur congiuntamente ad altre forniture o smerci, onde la clausola apparirebbe come una inutile vessazione per l'attività del somministrante.
Nel campo commerciale vero e proprio, invece, — dell'acquisto per rivendere, o per locare, o per utilizzazione in prodotti destinati alla vendita — non è chi non veda quanto utile possa tornare al somministrato, od in genere al commerciante, il costituirsi, attraverso un congruo periodo di tempo, una privilegiata posizione di esclusiva per dati prodotti, entro una zona più o meno vasta. Ne deriva invero, quasi automaticamente, la sicurezza del collocamento delle merci ed a prezzi adeguati remunerativi, che possono essere fissati uniformemente in base ai costi e con equo margine di guadagno, senza la preoccupazione dell'accaparramento della clientela coi comuni mezzi allettativi della concorrenza .
E, d'altro canto, anche il somministrante può avere interesse alla inclusione della clausola nel contratto, in relazione ai maggiori prezzi che può ottenere dal somministrato così favorito nella propria attività di rivendita, alla semplificazione di poter collocare la propria produzione presso un unico cliente senza necessità di ricercare altri sbocchi, al maggior accreditamento che ne risulta anche per la propria attività di produzione per effetto del concentramento in una unica bene attrezzata ed introdotta organizzazione di smercio, e così via.

Perché, tuttavia, la clausola non si risolva in una eccessiva, intollerabile restrizione per l'attività produttiva commerciale del somministrante, occorre sia mantenuta ancor essa in limiti razionali, nel quadro del principio generale posto nell'art. 2596; onde la prescrizione, espressa nell'articolo in esame, che la clausola abbia ad operare solo in una determinata zona e con riferimento oggettivo a prestazioni della stessa natura di quelle dedotte nel contratto. La legge non precisa quale possa essere l'ampiezza di questa zona, in relazione agli elementi di relatività che possono aver rilevanza per delimitarla, a seconda dell'importanza del prodotto, della sua diffusione, delle esigenze del consumo, ecc.. È pertanto la giurisprudenza che deve apprezzare caso per caso la rispondenza della delimitazione ai fini razionali della legge: nel senso che con l'eccessiva latitudine della zona concessa non si pervenga ad eluderne indirettamente il precetto, creando monopoli dannosi anche per gli interessi della economia nazionale e per il pubblico. Ma, nello stesso tempo, la giurisprudenza deve vigilare perché la clausola non venga con espedienti indiretti — interposizione di persona, camuffamento nella presentazione dei prodotti, ecc. — elusa dal somministrante a danno del somministrato.

D'altro canto, perché l'esclusiva si mantenga aderente alle finalità connaturali del rapporto e non si risolva in un pregiudizio per il somministrante — oltreché per lo stesso somministrato — occorre che questo ultimo collabori attivamente per una adeguata rivendita o collocazione (di smercio) del prodotto nella zona. E, anzi, in questa collaborazione che si manifesta quell'organicità, interfunzionale delle due aziende che vedemmo essere caratteristica o presupposto del rapporto di somministrazione. Collaborazione che diventa più intima, necessariamente, quando il legame assume l'intensità di una concessione di esclusiva, per cui il somministrato diventa quasi un dipendente del somministrante, con mandato di tutelarne gli interessi e di incrementarne la produzione o il commercio nella zona assegnatagli. Trattasi, pertanto, di un elemento naturale della clausola, che si dovrebbe senz'altro presupporre, ancorché non enunciato. Tuttavia ciò non esclude che il detto compito di collaborazione, di adoperamento per la rivendita, possa formar oggetto di speciale patto, a fini ad es., di intensificazione, per accollare al somministrato anche l'obbligo della pubblicità, della diffusione nel pubblico, ecc. Ed in tali casi la legge si è preoccupata di precisare che l'obbligo assunto debba avere la sua integrale osservanza per l'incremento dello smercio anche oltre il limite minimo pattuito per la fornitura, laonde il somministrato non potrebbe esimersene o giustificarsi col solo ritiro del detto quantitativo, quando possa provarsi che con una maggiore attività avrebbe potuto superarlo, attuando in sostanza almeno quello smercio che altrimenti il produttore avrebbe potuto ottenere mediante la libera concessione del prodotto alla concorrenza.
Trattasi, dunque, di tutta una regolamentazione che lascia largo margine di relatività per l'adattamento contingente razionale ai casi concreti, mediante l'elaborazione giurisprudenziale.
Di una regolamentazione poi che, proiettandosi fuori del campo tipico della somministrazione, può essere utilizzata analogicamente anche per situazioni affini: come in quelle del contratto estimatorio, della rappresentanza, della vendita a consegne ripartite, delle licenze di fabbricazione, ecc.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1568 Codice Civile

Cass. civ. n. 6819/1994

Nel contratto di concessione di vendita — che per la sua struttura e funzione economico-sociale è un contratto atipico di scambio, che, escludendo profili di cooperazione, si colloca in un'area di affinità con i contratti di somministrazione o di commissione, ma non con quello di agenzia — l'attribuzione del diritto di esclusiva al concessionario, costituendo un elemento accidentale e non essenziale del contratto, non può ricavarsi implicitamente dalla predeterminazione di una «zona» al concessionario medesimo, non essendovi alcun necessario collegamento tra zona ed esclusiva.

Cass. civ. n. 1696/1976

A differenza del contratto di agenzia con rappresentanza, rientrante nello schema del mandato ed estrinsecantesi in una locatio operis, il contratto di somministrazione con esclusiva costituisce una specie differenziata di vendita, in cui all'obbligazione dell'avente diritto alla somministrazione di rivendere per proprio conto ed in una zona determinata la merce fornitagli corrisponde quella del somministrante di non rivendere le merci ad altri nella stessa zona; in tale ipotesi, con il passaggio a carico dell'acquirente dei rischi inerenti alle merci ed alle successive operazioni commerciali, resta escluso il rapporto di agenzia, in cui le prestazioni dell'agente si esauriscono nella conclusione, per suo tramite, di contratti per conto e in rappresentanza del preponente, e prende vita, invece, un rapporto di somministrazione, nel quale l'obbligo dell'acquisto e della rivendita delle merci prodotte da una parte viene assunto dall'altra, per nulla mutando codesto nomen juris anche se al rapporto principale seguano accordi fiduciari tra le parti di stretta collaborazione, con l'obbligo di propaganda e diffusione del prodotto.

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Lorenzo L.C. chiede
sabato 04/03/2017 - Campania
“Salve, ho un negozio di abbigliamento Sportwear. Ogni 6 mesi faccio un ordine stagionale (aut/inv e prima/estate) ad un famoso Brand italiano della moda.
L'ordine (contratto di acquisto con condizioni generali di vendite prestampate dal fornitore e da me sottoscritte) viene effettuato 5-6 mesi prima della effettiva consegna.
Mi sono accorto questo fine anno che il fornitore offre gli stessi prodotti direttamente al consumatore finale anche nel mio paese.
Lo fa inviando delle comunicazioni mail attraverso le quali invita il consumatore finale ad acquistare direttamente da loro attraverso il loro sito internet.
In occasione dell'inizio dei saldi la mattina del 5 gennaio (1° giorno di saldi) il fornitore ha inviato una mail al consumatore finale (anche i miei clienti del mio paese) annunciando l'inizio dei saldi sul loro sito con sconto del 30%, mentre io avevo iniziato con il 20%....
Dopo diversi giorni hanno inviato una nuova mail annunciando i loro saldi al 40%, mentre io ero passato al 30%... ed infine dopo un mese hanno annunciato il 50%, mentre io ero passato al 40%....
Quesiti:
- se gli acquisti da me effettuati dall'agente regionale del fornitore con la sottoscrizione dei fogli di ordine e delle condizioni generali di vendita costituiscono un "contratto"...posso sostenere che il fornitore ha violato gli obblighi di "correttezza e buona fede" previsti dalla legge giacché lui stesso ha impedito o limitato le mie vendite?
- il fornitore ha commesso atti di concorrenza sleale ed ha abusato della sua posizione dominante giacché 1) mi ha imposto unilateralmente ogni condizione contrattuale - vietandomi fra l'altro di vendere la merce attraverso internet - e mi ha anche fornito un listino prezzi da applicare nelle vendite al consumatore finale ?
- ha condizionato e limitato di fatto le mie vendite offrendo direttamente ai miei clienti del mio paese la possibilità di acquistarlo direttamente da lui anziché da me ed ha addirittura praticato sconti maggiori di quelli che potevo praticare io ?
- il mio fornitore (Brand della moda di primaria importanza nazionale ed internazionale) può fornire il mio negozio (assicurandomi fra l'altro attraverso l'agente, come consuetudine consolidata nel settore, di non fornire altri negozio nel mio stesso paese) e contemporaneamente fare concorrenza al suo stesso cliente professionale (il mio negozio) offrendo gli stessi prodotti direttamente ai miei stessi clienti ? Se io ho comprato il prodotto per venderlo nel mio paese...come può il fornitore impedirmi di farlo facendomi lui stesso concorrenza e sviando la mia clientela a proprio favore?
Grazie per una risposta (è molto importante perché non si tratta di un solo fornitore....) e cordiali saluti.”
Consulenza legale i 30/03/2017
Per prima cosa occorre individuare la disciplina applicabile la caso di specie.
Sotto questo profilo, si può senz’altro affermare che si tratta di “concessione di vendita”, contratto atipico (ovvero non trova una sua disciplina specifica nel codice civile, per cui ad esso si applicano una serie di norme diverse, in parte codicistiche ed in parte specialistiche).

E’ un contratto di scambio, che si colloca nell’area dei contratti di somministrazione (articoli 1559 e seguenti del cod. civ.) e si caratterizza per la circostanza di svolgere una funzione sia di scambio che di collaborazione. Infatti, oltre all’obbligo di ricevere continuativamente o periodicamente i prodotti del concedente, il concessionario è tenuto a promuoverne la vendita, normalmente in regime di esclusiva.

Questi tipi di contratto prevedono clausole che consentono al produttore/fornitore una penetrante ingerenza nella sfera decisionale dei propri rivenditori ed un coordinamento unitario della rete distributiva. Nel contempo, e come contropartita delle limitazioni della libertà decisionale, ai rivenditori sono offerte più sicure possibilità di guadagno attraverso la concessione di una posizione di privilegio, di regola costituita dall’esclusiva di rivendita per una certa zona.

L’esclusiva, però, non è elemento naturale del contratto, per cui le parti possono anche non prevederla.
L’art. 1568, 1° comma, del cod. civ., stabilisce in proposito: “Se la clausola di esclusiva è pattuita a favore dell'avente diritto alla somministrazione, il somministrante non può compiere nella zona per cui la esclusiva è concessa e per la durata del contratto, né direttamente né indirettamente, prestazioni della stessa natura di quelle che formano oggetto del contratto.(…..)” e la giurisprudenza chiarisce: “Il patto di esclusiva comporta, con riferimento alla zona contemplata e per la durata del contratto in cui è inserito, il divieto di compiere non solo direttamente, ma anche indirettamente, prestazioni della stessa natura di quelle formanti oggetto del contratto” (Cassazione civile, sez. I, 09/04/1997, n. 3076).
Pertanto, se ne ricava – a contrario – che se, come nel caso che ci occupa, non ci sono clausole di esclusiva, è ammessa, purtroppo, la concorrenza del concedente/fornitore sul medesimo territorio con i medesimi prodotti.

Tuttavia, per quanto riguarda i prezzi, il concedente ha la facoltà di suggerire il prezzo di rivendita al concessionario, sia mediante l’indicazione di un prezzo raccomandato di rivendita ovvero tramite l’indicazione di una banda di prezzo con limiti massimi e minimi, attribuendo al concessionario un più o meno limitato margine di discrezionalità. Tale limite alla facoltà di imporre un prezzo di rivendita è dovuto alle prescrizioni della normativa comunitaria in materia di concorrenza (articolo 4 lett. a del Regolamento CE 2790/99).

Per quanto riguarda, poi, il divieto di vendere on line, va detto che da tempo (dall'1 giugno 2010) è in vigore il regolamento UE 330/2010 di esenzione relativo agli accordi verticali tra imprese per l’acquisto o la vendita di beni e servizi: esso si applica, in buona sostanza, agli accordi conclusi tra due o più imprese che operano ciascuna a un livello differente della filiera e riguardano le condizioni di acquisto, vendita o rivendita di beni o servizi, tra cui, accordi di distribuzione, fornitura, franchising, ed è finalizzato ad evitare divieti e limitazioni imposte dai produttori alla rivendita on line dei loro distributori perché potrebbero costituire restrizioni gravi della concorrenza.

In base al predetto regolamento, negli accordi tra produttore/concedente e distributore/fornitore è vietato – come già detto poc’anzi - imporre prezzi di rivendita fissi o minimi (è consentito indicare prezzi massimi o raccomandati) nonché impedire al distributore di promuovere e rivendere on line tramite il suo sito web.

Per concludere, quindi, il fornitore può fare concorrenza, anche “stretta”, al suo rivenditore se nel contratto manca l’esclusiva a favore di quest’ultimo; tuttavia, in base alla normativa comunitaria, non potrà imporre un prezzo fisso per i prodotti, ma solo consigliato (oppure suggerire un minimo ed un massimo), né vietare le vendite on line sul sito aziendale.

Alessio chiede
sabato 26/05/2012 - Liguria
“Buon giorno a Voi,
ricevo un incarico in esclusiva per la vendita di un immobile. prima di ricevere io l'incarico, una altra agenzia aveva le chiavi della proprietà.
organizzo al meglio possibile la comunicazione per la pubblicità anche con l' affissione di due grandi striscioni vinilici sulla recinzione del parco di proprietà.
Svolgendo le visite per i miei rilievi, spesso trovo la casa in condizioni diverse da quelle in cui l' ho lasciata (luci accese, suppellettili spostate). una mattina (oggi) una mia dipendente dopo avere fissato un appuntamento con una famiglia di potenziali acquirenti, arrivati alla proprietà trovano un altro agente immobiliare di una altra agenzia all' interno della casa mentre svolge una visita per la vendita.
DOMANDA: ho diritto di chiedere al proprietario (cosciente ed acconsenziente del fatto accaduto)il risarcimento per il mancato rispetto dell' esclusiva? se si posso avvalermi di un giudice di pace o per la tutela del cittadino?”
Consulenza legale i 27/05/2012

L'incarico in esclusiva prevede che il venditore si impegni a non conferire incarichi ad altre agenzie immobiliari. La violazione dell'obbligo di esclusività, sia in caso di conferimento di incarico di altre agenzie sia di vendita direttamente effettuata dal proprietario comporta il pagamento da parte di quest'ultimo di una penale, che non dovrà mai superare l'ammontare della provvigione dovuta all'agente immobiliare. Qualora tale regola non venga rispettata l'agente avrà la possibilità di rivolgersi alle competenti autorità per far valere il suo buon diritto.