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Articolo 479 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 23/02/2024]

Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici

Dispositivo dell'art. 479 Codice Penale

Il pubblico ufficiale, che ricevendo o formando un atto(1) nell'esercizio delle sue funzioni(2), attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell'art. 476 [487, 493](3).

Note

(1) La dottrina maggioritaria ritiene che la nozione di atto pubblico debba qui intendersi in senso più ampio rispetto a quello civilistico, ovvero comprensivo di tutti quei documenti che vengono redatti da pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni. Quindi vi rientrano anche gli atti preparatori, gli atti interni d'ufficio e gli atti di corrispondenza tra uffici.
(2) L'espressione "nell'esercizio delle sue funzioni" deve intendersi in senso ampio ovvero rileva qualsiasi collegamento della condotta con la sfera di competenza funzionale del pubblico ufficiale. Diversamente risponde come privato ex art. 483.
(3) Dato il rinvio al regime delle pene di cui all'art. 476, si ritiene che venga ad applicarsi in tale sede anche la circostanza aggravante in tale disposizione prevista nel caso di falsità di atti c.d. fidefacenti.

Ratio Legis

La norma è diretta a tutelare la fiducia dei consociati nei riguardi degli atti pubblici, specificatamente in ordine alla garanzia di veridicità delle attestazioni.

Spiegazione dell'art. 479 Codice Penale

I delitti di falsità in atti sono caratterizzati, nonostante qualche opinione dissenziente, da una natura plurioffensiva.

Essi, infatti, in via immediata e diretta tutelano il bene giuridico della fede pubblica, da individuarsi nella fiducia che la collettività ripone nella verità e genuinità di determinati documenti e nella speditezza e certezza della loro circolazione, mentre, in via medita ed indiretta, viene altresì tutelato l'interesse specifico che il documento genuino, quanto alla provenienza, e veridico nel suo contenuto, garantisce.

A differenza di quanto previsto dal delitto di falsità materiale, che punisce la falsa formazione di un atto o l'alterazione di un atto vero, il delitto in esame punisce la falsità ideologica, ovvero la falsa attestazione, da parte del pubblico ufficiale, dei fatti avvenuti in sua presenza, delle dichiarazioni raccolte o dei dì fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità.

Così, più in generale, si ha falsità materiale quando sussista una divergenza tra autore apparente ed autore materiale del documento o quando il documento sia stato alterato dopo la sua formazione, mentre si ha l'opposta figura del falso ideologico quando nell'atto sono contenute attestazioni o dichiarazioni non vere o non accadute nella realtà fenomenica.

Quanto alla nozione di atto pubblico, è stato chiarito che tale concetto è più ampio di quello abbracciato in sede civilistica dall'articolo 2699 c.c., venendo a ricomprendersi non solo quei documenti redatti con le prescritte modalità da un notaio o da un pubblico ufficiale autorizzato a dar loro pubblica fede, ma anche quei documenti formati dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio nell'esercizio delle proprie funzioni, attestanti fatti da lui compiuti o avvenuti in sua presenza ed aventi attitudine ad assumere rilevanza giuridica. La falsità deve dunque investire un atto che abbia la potenzialità di assumere giuridica rilevanza.

Nel concetto di atto pubblico vengono altresì ricondotti gli atti interni della p.a., che siano destinati, tramite un apporto conoscitivo o valutativo, a far parte del procedimento amministrativo.

Trattasi inoltre di reato di pericolo astratto, non essendo necessario alcun evento dannoso in senso naturalisticamente inteso, né un particolare accertamento circa la pericolosità concreta dell'atto.

Integrano gli estremi del reato in esame solamente la false o le omesse attestazioni del pubblico ufficiale che abbiano ad oggetto fatti da lui compiuti o caduti sotto la sua diretta e personale percezione. Restano pertanto fuori dalla previsione tutte le manifestazioni di giudizio, a condizione, però, che esse non richiamino espressamente o non postulino, implicitamente ma in modo inequivoco, attività che si assume esser stata realizzata dal pubblico ufficiale che procede alla formazione dell'atto.

Da ultimo, si ritiene non configurabile il tentativo, dato che il processo esecutivo postula l'esistenza di un atto pubblico e si realizza contestualmente o posteriormente alla sua formazione.

Tuttavia, esso appare configurabile nel caso in cui il p.u. firmi in bianco un'attestazione, delegando ad altri il riempimento dell'atto, e tale riempimento poi non abbia luogo.

Massime relative all'art. 479 Codice Penale

Cass. pen. n. 7840/2023

In tema di falso ideologico, costituisce atto pubblico di fede privilegiata quello emesso dal pubblico ufficiale investito di una speciale potestà documentatrice, attribuita dalla legge o da norme regolamentari, che conferisce all'atto una presunzione di verità assoluta, eliminabile solo con l'accoglimento della querela di falso o con sentenza penale.

Cass. pen. n. 18396/2022

Il verbale di arresto, in quanto atto pubblico, attesta la veridicità di tutti i fatti in esso esposti, sicché il delitto di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici può avere ad oggetto ogni circostanza in esso falsamente rappresentata, anche se non direttamente attinente alla funzione probatoria dell'atto - che è quella di documentare l'attività svolta dalla polizia giudiziaria in occasione dell'arresto - o connessa alla sua natura di atto irripetibile.

Cass. pen. n. 22786/2021

In tema di falso documentale, ha natura di atto pubblico dotato di fede privilegiata il verbale attestante l'intervenuta effettuazione delle operazioni di revisione di un veicolo, per la speciale potestà certificativa di cui è investito il funzionario della MCTC che lo redige e la sua valenza probatoria in ordine al superamento delle verifiche previste dalla normativa di settore ed all'idoneità del veicolo a circolare rispetto alla generalità dei consociati; costituisce, invece, certificazione amministrativa il talloncino comprovante l'avvenuta revisione del veicolo, da apporre sulla carta di circolazione, che ha natura derivativa rispetto all'atto del pubblico ufficiale.

Cass. pen. n. 23672/2021

In tema di falso in atto pubblico non può essere invocata la scriminante di cui all'art. 51 cod. pen., nella forma del principio "nemo tenetur se detegere", per aver il pubblico ufficiale estensore dell'atto attestato il falso in ordine a quanto ivi rappresentato, al fine di non far emergere la propria responsabilità, non potendo la finalità probatoria dell'atto pubblico essere sacrificata all'interesse del singolo di sottrarsi alle conseguenze di un delitto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità, in ordine al reato di cui all'art. 479 cod. pen., di un agente di polizia penitenziaria per aver attestato in una relazione di servizio che le lesioni patite da un detenuto erano dovute ad una caduta dalle scale e non dalle percosse dallo stesso infertegli).

Cass. pen. n. 25911/2021

Nel falso ideologico in atto pubblico il bene tutelato è quello dell'affidamento nella corrispondenza al vero della informazione che l'atto contiene, secondo il significato comunemente dato alle espressioni utilizzate in quel contesto, non essendo necessaria, ai fini della rilevanza penale del fatto, la determinazione di un danno ulteriore per l'amministrazione ovvero di un pregiudizio dell'interesse probatorio connesso all'oggetto materiale della condotta di falsificazione.

Cass. pen. n. 7591/2021

Integra il reato di falsità ideologica in atto pubblico la condotta del medico che attesti in moduli per prescrizioni del Servizio Sanitario Nazionale e in un certificato medico di aver visitato un paziente in data antecedente a quella effettiva, avendo la datazione della certificazione diagnostica valore fidefacente della accertata sussistenza della patologia in un determinato momento.

Cass. pen. n. 45441/2020

Integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico la condotta del carabiniere che, in sede di compilazione del memoriale di servizio giornaliero dell'Arma dei carabinieri, attesti falsamente di avere eseguito in un determinato contesto temporale attività di servizio, poiché le annotazioni di detto memoriale hanno natura di atto pubblico, ai sensi del Regolamento generale dell'Arma, che assegna a detto documento la funzione di registrare i comandi impartiti e i servizi, interni ed esterni alla caserma, assegnati ai militari dipendenti.

Cass. pen. n. 38455/2019

Ai fini della configurazione del reato di falso ideologico in atto pubblico, costituiscono atti pubblici non solo quelli destinati ad assolvere una funzione attestativa o probatoria esterna, con riflessi diretti ed immediati nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione, ma anche gli atti cosiddetti interni, cioè, sia quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, sia quelli che si collocano nel contesto di un complesso "iter" - conforme o meno allo schema tipico - ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi. (Nella specie, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice di merito che aveva ravvisato il falso ideologico in atto pubblico nella condotta del ricorrente che, in qualità di sindaco, nel contesto di una procedura di affidamento di un determinato servizio, aveva disposto la sostituzione del preventivo di spesa depositato da un'impresa con altro preventivo non protocollato, da allegare alla determina sottoscritta dal dirigente competente e dotata del visto di copertura finanziaria, ma non ancora pubblicata).

Cass. pen. n. 26616/2019

Ai fini degli artt. 476, comma secondo e 479 cod. pen., il verbale di una seduta della giunta comunale, redatto dal segretario comunale nell'esercizio delle funzioni attribuitegli dall'art. 97, comma 4, lett. a) del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, è un atto pubblico che, ai sensi dell'art. 2700 cod. civ., fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. (Fattispecie relativa ad un verbale recante la falsa attestazione dell'allontanamento, prima dell'adozione di una delibera, di un assessore che aveva invece partecipato al voto).

Cass. pen. n. 22839/2019

In tema di reati di falso, si configura l'ipotesi criminosa prevista dal combinato disposto degli artt. 48 e 479 cod. pen. quando l'attestazione, di cui l'atto pubblico è destinato a provare la verità, proviene dal pubblico ufficiale, autore immediato, in seguito ad errore determinato dall'inganno del terzo, autore mediato; mentre si configura l'ipotesi prevista dall'art. 483 cod. pen., qualora l'attestazione del privato, della quale l'atto pubblico è destinato a provare la verità, ha ad oggetto fatti che il notaio si limita a riportare nell'atto pubblico come riferiti dal privato, sicché l'attestazione del notaio è limitata soltanto all'esatta riproduzione nell'atto della dichiarazione del privato, autore immediato della falsità. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la condanna per violazione degli artt. 48-479 cod. pen., riportata dall'imputato per aver esibito, nel contesto della stipula di un atto pubblico, falsi documenti di identità che inducevano il notaio, tenuto a verificare l'identità delle parti nei modi previsti dalla legge notarile, ad una falsa attribuzione delle dichiarazioni negoziali ricevute).

Cass. pen. n. 45299/2018

Integra il reato di falso in atto pubblico la condotta del titolare di delegazione "ACI", che gestisce il cosiddetto "sportello telematico dell'automobilista" (STA), allorché attesti falsamente l'apposizione in sua presenza delle sottoscrizioni dei soggetti venditori di beni mobili registrati. (In motivazione, la Corte ha precisato che il titolare dello "STA" riveste la qualità di pubblico ufficiale, in quanto l'art. 7 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 gli attribuisce compiti di autenticazione propri della pubblica amministrazione).

Cass. pen. n. 17921/2018

Integra il delitto di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico la falsa attestazione del legale rappresentante di una società circa il possesso, da parte di quest'ultima, di un requisito indispensabile per la partecipazione alla gara per l'aggiudicazione di un appalto pubblico, non rilevando ad escludere il reato che tale attestazione sia contenuta in una autocertificazione con sottoscrizione non autenticata, ma ritualmente prodotta a corredo dell'istanza principale, unitamente alla fotocopia di un documento di identificazione, né che detti documenti siano stati inviati per via telematica (secondo lo schema legislativo previsto dagli artt. 38, comma 3, del d.P.R. n. 445 del 2000 e 15, comma 2, legge 15 maggio 1997, n. 59).

Cass. pen. n. 37971/2017

Integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico, mediante induzione in errore del pubblico ufficiale, la falsa dichiarazione resa dal paziente al medico del pronto soccorso circa l'origine causale delle lesioni lamentate e sottoposte all'esame dei sanitari. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso che le dichiarazioni relative ad inesistenti incidenti stradali possano assumere rilievo in relazione al meno grave reato di cui all'art. 483 cod. pen.).

Cass. pen. n. 25042/2017

Integra un'ipotesi di falsità in atto pubblico, e non in certificati amministrativi, la condotta di falsificazione del certificato di proprietà di un veicolo, atteso che tale documento, attestando la proprietà del veicolo stesso e registrando le eventuali iscrizioni pregiudizievoli ed i cambi di proprietario o possessore, è dotato di una propria, distinta ed autonoma efficacia giuridica, non limitata alla riproduzione degli effetti di atti preesistenti.

Cass. pen. n. 22200/2017

In tema di falso documentale, il falso ideologico per omissione è integrato allorché l'attestazione incompleta - perché priva dell'informazione su un determinato fatto - attribuisca all'atto il significato di un'attestazione non conforme ai fatti; tuttavia la condotta illecita è configurabile soltanto se sussiste un relativo obbligo giuridico di rappresentazione. (In applicazione di questo principio la S.C., rigettando il ricorso proposto dal P.M., ha confermato l'assoluzione per il reato di falso ideologico nei confronti di un notaio, il quale aveva omesso di inserire nell'atto pubblico di compravendita immobiliare delle difformità edilizie, che le parti avevano concordato di non menzionare, in quanto, nel caso di specie, il notaio non era tenuto ad indicare quegli interventi edilizi "minori", non incidenti sulla commerciabilità del bene).

Cass. pen. n. 18509/2017

Non è configurabile il delitto di falso ideologico in atto pubblico per induzione in errore del pubblico ufficiale (artt. 48 e 479 cod. pen.) nella mera redazione di un verbale di sequestro che attesti la effettiva consegna del bene da parte del titolare, non potendo essere attribuito a quanto attestato nel suddetto atto pubblico, di natura non dispositiva, un significato implicito o sottinteso di dichiarazioni non veritiere del privato circa la provenienza o l'impiego del bene stesso. (Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza del giudice di appello che aveva ritenuto sussistente il reato di falso ideologico nella annotazione della consegna di un caricatore per arma, contenuta nel verbale di sequestro, alla quale, nella ipotesi accusatoria, era stato attribuito un significato sottinteso - e non esplicitato - di attestazione che il caricatore oggetto di sequestro fosse quello inserito in una pistola ritrovata in precedenza).

Cass. pen. n. 3832/2017

Non sussiste il reato di cui agli artt. 48 e 479 cod. pen. nel caso del conservatore dei registri immobiliari che proceda alla trascrizione del certificato di successione, formato dall'Agenzia delle Entrate, fondato su di una falsa dichiarazione di successione dell'imputato, poiché in detta ipotesi il pubblico ufficiale non compie alcuna autonoma attestazione in merito alla veridicità del contenuto della dichiarazione di successione, ma si limita ad annotare un atto pubblico redatto da altro pubblico ufficiale.

Cass. pen. n. 3067/2017

I delitti contro la fede pubblica, per la loro natura plurioffensiva, tutelano non solo l'interesse pubblico alla genuinità materiale e alla veridicità ideologica di determinati atti, ma anche quello dei soggetti privati nella cui sfera giuridica l'atto sia destinato a incidere, con la conseguenza che essi sono legittimati a costituirsi parte civile. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto il comune danneggiato dal reato e legittimato a costituirsi parte civile in relazione al reato di false attestazioni contenute nella relazione di accompagnamento ad una dichiarazione di inizio di attività edilizia).

Cass. pen. n. 856/2017

Integra il delitto di cui all'art. 479 cod. pen. la condotta del componente di una commissione di concorso, il quale dichiari falsamente, nel verbale di insediamento, l'insussistenza nei suoi confronti di cause di astensione ex art. 51 cod. proc. civ., laddove, invece, rivesta il ruolo di controinteressato, ancorché non costituito, in un giudizio amministrativo instaurato da uno dei candidati.

Cass. pen. n. 50668/2016

In tema di falso documentale, è configurabile in capo al notaio - salvo ogni accertamento in ordine all'elemento soggettivo - la responsabilità penale a titolo di concorso per omesso impedimento della falsa e rilevante dichiarazione del venditore, in relazione alla attestazione, non conforme a verità, dell'esistenza di una situazione costituente il presupposto giuridico indispensabile, anche se implicito, per il compimento dell'atto dispositivo. (Fattispecie di trasferimento immobiliare, nella quale era stata falsamente attestata la sussistenza, in capo alla parte venditrice, di un diritto di proprietà esclusivo anziché di un diritto di comproprietà; in motivazione, la S.C. ha affermato che la funzione dell'atto pubblico di compravendita non si restringe unicamente a quella di provare l'avvenuta libera manifestazione di volontà dei contraenti, ma si estende anche e soprattutto a quella di provare la verità di tali manifestazioni e la giuridica disponibilità da parte del venditore del bene che egli dichiara di cedere, in quanto la prestazione d'opera, in virtù dell'art. 47 della legge notarile, non si riduce al mero accertamento della volontà delle parti, ma si estende alle attività preparatorie e successive, onde assicurare la certezza dell'atto da rogare e il conseguimento dello scopo tipico).

Cass. pen. n. 42064/2016

Integra il reato previsto dall'art. 479 cod. pen. il rilascio di autorizzazione paesaggistica, da parte del responsabile dell'ufficio tecnico competente, nella consapevolezza della falsità di quanto attestato dal richiedente circa la sussistenza dei presupposti giuridico-fattuali per l'accoglimento della relativa domanda. (In motivazione, la S.C. ha precisato che l'autorizzazione paesaggistica ha natura di atto pubblico - comprovando l'attività di esame e valutazione da parte dell'organo tecnico dei documenti prodotti dal richiedente e producendo un effetto ampliativo della sfera giuridico-patrimoniale del proprietario - il cui rilascio impone in capo all'organo competente l'obbligo giuridico di svolgere in qualunque modo, e non necessariamente con un sopralluogo, le necessarie preventive verifiche in merito alla sussistenza delle relative condizioni).

Cass. pen. n. 35556/2016

Integra il reato di cui all'art. 479 cod. pen. la falsificazione del provvedimento di autorizzazione paesaggistica, avendo questa la natura di atto pubblico, poiché destinata a comprovare l'attività di esame della documentazione prodotta dal richiedente e ad esprimere la relativa valutazione tecnica del pubblico ufficiale

Cass. pen. n. 8934/2015

Integra il delitto di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico la falsa attestazione compiuta da un militare (nella specie, un sottufficiale della Guardia di Finanza) sui fogli di servizio giornaliero con riferimento alla durata e alle modalità dell'attività svolta, qualora, per il contenuto relativo anche a manifestazione esterna della volontà e dell'azione della P.A., il documento dispieghi un oggettivo rilievo e un interesse eccedente l'area del mero rapporto di impiego tra ente pubblico e dipendente.

Cass. pen. n. 5635/2015

In tema di falso documentale, la falsità in atto pubblico può integrare il falso per omissione allorché l'attestazione incompleta - perché priva dell'informazione su un determinato fatto - attribuisca al tenore dell'atto un senso diverso, così che l'enunciato descrittivo venga ad assumere nel suo complesso un significato contrario al vero. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza di assoluzione di un sanitario, che non aveva annotato nella cartella clinica del paziente alcuni eventi significativi, in quanto il suo comportamento complessivo non lasciava trasparire alcuna volontà omissiva, atteso che alcuni esami erano stati richiesti per via telematica e il loro esito era stato trascritto dagli infermieri nel loro diario).

Cass. pen. n. 2511/2015

I delitti contro la fede pubblica, per la loro natura plurioffensiva, tutelano direttamente non solo l'interesse pubblico alla genuinità materiale e alla veridicità ideologica di determinati atti, ma anche quello dei soggetti privati sulla cui sfera giuridica l'atto sia destinato a incidere concretamente, con la conseguenza che essi, in tal caso, sono legittimati a costituirsi parte civile. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto danneggiati dal reato e legittimati a costituirsi parte civile gli abitanti residenti in un quartiere che, in conseguenza delle false attestazioni del dirigente comunale, avevano subito un peggioramento della qualità della vita e delle condizioni di vivibilità dell'intera zona a causa della eliminazione di una area adibita a verde attrezzato).

Cass. pen. n. 44369/2014

Integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 cod. pen.) la condotta di chi, nella veste di legale rappresentante di una società, attesta falsamente ad un notaio che il capitale sociale è interamente versato e che l'aumento di capitale da deliberare è stato parimenti versato nelle casse sociali. (Fattispecie in cui la Corte, annullando senza rinvio la sentenza impugnata, ha escluso la riconducibilità del fatto al reato di falso ideologico in atto pubblico mediante induzione del pubblico ufficiale, posto che l'attestazione compiuta dal notaio non riguardava l'effettivo avvenuto versamento o aumento di capitale ma solo la formalizzazione in sua presenza delle dichiarazioni relative a tale accadimento).

Cass. pen. n. 37240/2014

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 479 c.p., sono qualificabili come ideologicamente falsi il verbale di seduta di laurea e lo stesso diploma quando gli stessi sono stati formati o emessi sulla base di documenti e certificati concernenti esami di profitto viziati da falsità materiale e/o ideologica, in quanto relativi a prove di esame mai sostenute. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che il verbale e il diploma di laurea, pur essendo atti dispositivi, fanno tuttavia riferimento all'adempimento da parte del candidato di tutte le condizioni stabilite dal regolamento universitario, e quindi attestano l'esistenza di una situazione di fatto costituente il presupposto per il loro compimento; con la conseguenza che i componenti la commissione di laurea in buona fede sono autori immediati del reato di falso ideologico, in quanto tratti in inganno dal relativo "statino", anch'esso falso, attestante la piena regolarità del percorso universitario).

Cass. pen. n. 32951/2014

Integra il reato di falso ideologico in atto pubblico la condotta del pubblico ufficiale che, formando una relazione di servizio, espone una parziale rappresentazione di quanto accaduto, tacendo dati la cui omissione, non ultronea nell'economia dell'atto, produce il risultato di una documentazione incompleta e comunque contraria, anche se parzialmente, al vero. (Fattispecie in cui un comandante di tenenza della guardia di finanza aveva attestato su un foglio di servizio l'avvenuto svolgimento di un'attività compiuta da alcuni militari in un determinato territorio, senza, tuttavia, aggiungere che altra attività era stata compiuta dai medesimi finanzieri quello stesso giorno in altro comune).

Cass. pen. n. 32759/2014

Integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico, mediante induzione in errore del pubblico ufficiale (artt. 48 e 479 c.p.), la condotta di colui che, presentandosi al punto di pronto soccorso di un ospedale, rende dichiarazioni non veritiere, idonee a trarre in inganno i sanitari, che, confidando nella verità di quanto loro esposto, redigono certificati medici falsi. (Fattispecie relativa a certificati di malattia relativi a sinistri mai verificatisi).

Cass. pen. n. 5861/2014

La falsità ideologica è configurabile anche rispetto ad una manifestazione di giudizio, quale è la sentenza, sia pure con riferimento alla sussistenza di alcuni presupposti necessari per l'adozione dell'atto, fra i quali rientra la legittimazione del difensore a compiere attività processuali, fondata sull'esistenza di una valida procura "ad litem", in mancanza della quale il giudice sarebbe tenuto a dichiarare la inammissibilità dell'azione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile il delitto di falso ideologico indotto nel comportamento di alcuni avvocati che, falsificando le firme di soggetti ignari sui mandati "ad litem", avevano iniziato numerosissimi contenziosi giudiziari per richiedere la restituzione delle spese di spedizione e/o dei canoni di abbonamento ad una società di gestione telefonica, ottenendo sentenze di accoglimento della domanda).

Cass. pen. n. 5546/2014

Sussiste il concorso materiale e non l'assorbimento tra il reato di falso ideologico in atto pubblico e quello di abuso d'ufficio, in quanto offendono beni giuridici distinti; il primo, infatti, mira a garantire la genuinità degli atti pubblici, il secondo tutela l'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione. Pertanto, mentre tra gli stessi ben può sussistere nesso teleologico (in quanto il falso può essere consumato per commettere il delitto di cui all'art. 323 cod. pen.), la condotta dell'abuso d'ufficio certamente non si esaurisce in quella del delitto di falso in atto pubblico né coincide con essa.

Cass. pen. n. 9086/2013

Ha natura di atto pubblico il certificato di morte redatto dal medico operante in una struttura pubblica, in ordine al momento, al luogo ed alle cause del decesso. (Fattispecie in tema di falsità ideologica).

Cass. pen. n. 6388/2013

In tema di falso ideologico per induzione in errore (artt. 48 e 479 c.p.), la responsabilità dell’autore mediato della falsità posta in essere dal pubblico ufficiale presuppone che l’atto da quest’ultimo redatto debba essere da lui formato sulla base di un’attestazione di fatti dichiarati da un terzo e dei quali egli non abbia diretta conoscenza, esulando, quindi, detta responsabilità qualora sia stato il pubblico ufficiale, al di fuori di ogni previsione normativa, ad essersi incautamente avvalso delle dichiarazioni del terzo, rivelatesi mendaci, in luogo di prendere diretta conoscenza dei fatti oggetto di attestazione. (Nella specie, in applicazione di tale principio, trattandosi di un caso in cui, nel verbale di una delibera adottata dalla giunta di un comune, in presenza del segretario comunale cui esclusivamente spettava attestarne la conformità al vero, era stata inserita la falsa indicazione del nome di un professionista come quello al quale sarebbe stato da conferire l’incarico di progettare alcune opere pubbliche, la Corte ha escluso che potesse incorrere in responsabilità quale autore mediato di detta falsità il sindaco che, su richiesta degli impiegati incaricati di mettere in bella copia il verbale in questione, nella cui bozza il nome del professionista designato era rimasto in bianco perché, sul punto, non vi era stato accordo, aveva fornito la summenzionata indicazione).

Cass. pen. n. 1417/2013

In tema di falso ideologico in atto pubblico, nel caso in cui il pubblico ufficiale, chiamato ad esprimere un giudizio, sia libero anche nella scelta dei criteri di valutazione, la sua attività è assolutamente discrezionale e, come tale, il documento che contiene il giudizio non è destinato a provare la verità di alcun fatto. Diversamente, se l'atto da compiere fa riferimento anche implicito a previsioni normative che dettano criteri di valutazione si è in presenza di un esercizio di discrezionalità tecnica, che vincola la valutazione ad una verifica di conformità della situazione fattuale a parametri predeterminati, sicché l'atto potrà risultare falso se detto giudizio di conformità non sarà rispondente ai parametri cui esso è implicitamente vincolato.

Cass. pen. n. 32856/2011

Ai fini della configurabilità dell'elemento soggettivo del reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (nella specie consulente del P.M.), il giudice di merito deve attentamente vagliare se la condotta di infedeltà sia determinata da consapevole intenzione di rendere una falsa rappresentazione della realtà (nella specie relativa allo svolgimento di attività di autopsia e alla inutilità della rinnovazione della consulenza) oppure sia il risultato di imperizia e di colposa incapacità professionale, con la conseguenza che, a tal fine, occorre acquisire il dato certo su ciò che può essere considerato il movente del comportamento ascritto come mendace al soggetto agente.

Cass. pen. n. 30195/2011

Integra il reato di cui agli artt. 476 e 479 c.p. (falsità materiale e ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici) - e non quello di cui all'art. 480 c.p. che ricorre soltanto nel caso in cui l'attestata veridicità della sottoscrizione sia priva della menzione di attività dal notaio compiute o percepite personalmente - il notaio che attesti falsamente di avere presenziato - nel proprio studio - alla firma apposta in calce ad un contratto di compravendita di un automobile e, quindi, alla personale identificazione della stessa.

Cass. pen. n. 24917/2011

Integra il reato di falso ideologico la formazione, da parte di membri di una Commissione di concorso per funzionario pubblico, di un "elenco di voti" delle prove scritte dei candidati ammessi alle prove orali, pubblicato sul sito internet della locale provincia e trasmesso agli organi competenti, in assenza dei verbali attestanti lo svolgimento delle prove del concorso, solo successivamente predisposti, così determinando lo stravolgimento delle scansioni temporali del procedimento caratterizzato da progressività. (La Corte ha precisato che "l'elenco dei voti" presuppone l'esistenza dei verbali dai quali deve essere tratto, sicché la previa formazione e pubblicazione di tale elenco e successivamente la formazione e pubblicazione dei verbali che tali voti indicano costituisce una procedura obiettivamente falsa).

Cass. pen. n. 16857/2011

Il medico specializzando riveste la qualità di pubblico ufficiale ed ha, per conseguenza, natura di atto pubblico il cosiddetto foglio di obiettività facente parte della cartella clinica, da questi compilato, considerato che egli gode di un'autonomia vincolata nell'esercizio delle attività teoriche e pratiche previste dagli ordinamenti e regolamenti didattici, svolgendo la sua attività sotto la guida e le direttive di un tutore, sicché l'atto medico da esso compiuto e il documento amministrativo che lo attesta devono considerarsi come il portato di una partecipazione congiunta del medico in formazione e del "tutor", che attribuisce al documento il carattere dell'atto pubblico. Ne consegue che la sottrazione del predetto foglio di obiettività dalla cartella clinica e la sua sostituzione con altro recante data falsa e annotazioni in parte diverse da quelle originariamente apposte, integrano i reati di falsità materiale e ideologica in atto pubblico.

Cass. pen. n. 16368/2011

Integra il reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.), la condotta di colui che, in qualità di medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, attesti falsamente la sussistenza di turbe comportamentali e psichiche tali da richiedere un trattamento sanitario obbligatorio, trattandosi di pubblico ufficiale che concorre a formare la volontà della P.A. in materia sanitaria, esercitando per conto di quest'ultima poteri certificativi.

Cass. pen. n. 14486/2011

Rientrano nella nozione di atto pubblico rilevante ai fini dell'integrazione del reato di falso ideologico in atto pubblico, anche gli atti cosiddetti interni, ovvero quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, nonché quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale - conforme o meno allo schema tipico - ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi. (In applicazione del principio la Corte ha riconosciuto la natura di atto pubblico al modulo utilizzato per il censimento della popolazione).

Cass. pen. n. 6182/2011

Integra il reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.), la condotta del pubblico ufficiale che fornisca in sede di relazione di servizio una parziale rappresentazione dei fatti caduti sotto la sua diretta percezione, considerato che la relazione di servizio costituisce atto pubblico e che, ai fini dell'elemento soggettivo, è sufficiente il dolo generico, consistente nella rappresentazione e nella volontà dell'"immutatio veri", mentre non è richiesto l'"animus nocendi" né l'"animus decipiendi", con la conseguenza che il delitto sussiste non solo quando la falsità sia compiuta senza l'intenzione di nuocere ma anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno. (Nella specie, il pubblico ufficiale, ispettore di polizia penitenziaria, aveva attestato il rinvenimento di soli due ovuli contenenti sostanza stupefacente omettendo di riferire sul rinvenimento di ulteriori trenta ovuli di droga).

Cass. pen. n. 35088/2010

In tema di reati contro la fede pubblica, il contratto di nomina del direttore generale di un Comune ai sensi dell'art. 108, D.L.vo. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) ha natura di atto pubblico, in quanto, pur se destinato a regolare un rapporto privatistico di prestazione d'opera a tempo determinato, costituisce il momento terminale di una sequenza procedimentale di diritto pubblico, il cui completo svolgimento è attestato dal pubblico ufficiale stipulante nell'esercizio delle corrispondenti funzioni pubbliche. (In motivazione, la Corte ha escluso che l'atto in questione abbia natura di certificazione amministrativa).

Cass. pen. n. 26181/2010

Integra il reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico (art. 479 c.p.), la condotta di colui che, in qualità di comandante dei vigili urbani, attesti falsamente - a seguito di sopralluogo - la conformità di una casa di riposo (cosiddetta "casa protetta") ai requisiti di legge ai fini dell'esercizio dell'attività.

Cass. pen. n. 24015/2010

Integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico la falsificazione delle cedole che documentano la vendita da parte del curatore delle armi esistenti nell'attivo fallimentare, perché hanno natura di atto pubblico.

Cass. pen. n. 11952/2010

Non integra il reato di falso ideologico in atto pubblico per induzione in errore del pubblico ufficiale l'allegazione alla domanda di rinnovo di un provvedimento concessorio di un falso documento che non abbia spiegato alcun effetto, in quanto privo di valenza probatoria, sull'esito della procedura amministrativa attivata. (Fattispecie relativa a rinnovo di una concessione mineraria).

Cass. pen. n. 3993/2010

Commette il reato di falso ideologico in atto pubblico mediante induzione in errore del pubblico ufficiale colui il quale riferisce o comunque indica all'ufficiale notificante circostanze non vere, in tal modo determinando un'errata relazione di notifica. (Fattispecie relativa alla dolosa predisposizione di false targhette sui citofoni delle abitazioni con il fine di indurre l'ufficiale giudiziario ad attestare di aver omesso la notifica per assenza degli interessati).

Cass. pen. n. 19/2010

Integra il delitto di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico la falsa attestazione della durata e delle modalità dell'impiego di dipendenti di un ente pubblico, qualora, per il contenuto relativo anche a manifestazione esterna della volontà e dell'azione della P.A., il documento dispieghi un oggettivo rilievo e un interesse eccedente l'area del mero rapporto di impiego tra ente pubblico e dipendente. (Fattispecie concernente relazioni redatte da appartenente alla polizia provinciale e attestanti interventi mai effettuati).

Cass. pen. n. 48054/2009

Non sussiste rapporto di specialità tra l'illecito amministrativo di cui all'art. 303, comma primo, D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 e il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico contestato all'importatore che abbia dichiarato nella bolletta doganale compilata merce diversa da quella effettivamente ricevuta.

Cass. pen. n. 38332/2009

In tema di falsità in atti, la scheda tecnica relativa ad edificio da costruire redatta dal funzionario dell'ufficio tecnico comunale ha natura di atto pubblico, in quanto ha la funzione di accertare la corrispondenza del progetto allo strumento urbanistico.

Cass. pen. n. 25894/2009

Integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico la condotta del notaio che apponga, in calce ad una dichiarazione di vendita di un'automobile, una falsa autentica di firma, attestando così falsamente che firma e data sono apposte in sua presenza, da soggetti che egli ha previamente identificato.

Cass. pen. n. 25664/2009

Integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico la falsa attestazione, contenuta nella relazione finale redatta dal responsabile di un centro di riabilitazione convenzionato, in ordine alle prestazioni sanitarie e ai cicli terapeutici effettuati nei confronti di determinati pazienti, necessaria per il conseguimento dei rispettivi rimborsi da parte del servizio sanitario nazionale.

Cass. pen. n. 24057/2009

Integra il reato di falso ideologico in atto pubblico la condotta del medico specialista ambulatoriale dell'Unità Sanitaria Locale, il quale, esercitando funzioni di pubblico ufficiale, attesti falsamente di avere effettuato una visita medica all'esito della quale sarebbero state accertate lesioni personali, rivelatesi in realtà inesistenti.

Cass. pen. n. 18191/2009

L'incompletezza di una attestazione dà luogo ad una falsità ideologica qualora il contesto espositivo dell'atto sia tale da far assumere all'omissione dell'informazione, relativa ad un determinato fatto, il significato di negazione della sua esistenza.

Cass. pen. n. 16895/2009

In tema di falso documentale, costituiscono atti pubblici i verbali di conferimento di incarico ai consulenti del pubblico ministero; ne deriva che integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico il magistrato del P.M. che sottoscriva gli incarichi di consulenza aventi ad oggetto, nella specie, la trascrizione delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, affidandoli 'in bianco' all'ufficiale di polizia giudiziaria per il successivo completamento e, quindi, attestando falsamente di avere provveduto personalmente a detta doverosa attività svolgendo i necessari controlli, ivi compresi quelli relativi alla sussistenza dei requisiti tecnici di capacità e preparazione del consulente.

Cass. pen. n. 4694/2009

Integra il reato di falsità ideologica in atto pubblico la condotta del notaio che, nell'atto di ricevere un testamento in forma pubblica - atto solenne, caratterizzato da massimo rigore pubblicistico, che postula la piena capacità del testatore di esprimere la sua volontà e di comprendere successivamente la lettura della scheda testamentaria predisposta dal notaio per controllarne la corrispondenza alla propria effettiva volontà - attesti di avere ricevuto dichiarazioni di ultima volontà liberamente e spontaneamente espresse dal testatore che, invece, versi in stato di grave semincoscienza per il suo stato di salute (nella specie, coma diabetico) attribuendo la mancata sottoscrizione dell'atto a grave debolezza della mano anziché alle predette condizioni fisiche. (Fattispecie in cui si è ritenuto che il notaio ha il dovere di accertare la capacità del testatore per la sussistenza della quale non è sufficiente che questi si limiti a segni del capo o movimenti corporei, nella specie liberamente interpretati da soggetto che gli stia accanto e del quale si ometta di attestarne la presenza, e che, d'altro canto, lo stato di salute mentale, ancorché dichiarato dal notaio rogante, può essere, anche in sede civile, ai fini della validità del testamento pubblico, contestato con ogni mezzo di prova, senza neanche bisogno di proporre querela di falso).

Cass. pen. n. 38714/2008

Integra il delitto di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici la dichiarazione del notaio di avere raggiunto la certezza in ordine all'identità della persona comparsa, qualora tale dichiarazione, in assenza di una compiuta attività di controllo degli elementi di riscontro dell'identità personale, sia basata esclusivamente sull'esibizione di un documento di identità apparentemente genuino e successivamente rivelatosi falso. (In motivazione, la S.C. ha altresì osservato che l'accertamento del notaio non può essere fondato sulle mere garanzie fornite, in ordine all'identità della persona comparsa, dalle altre persone interessate all'atto).

Cass. pen. n. 38226/2008

Il permesso di soggiorno rilasciato a cittadini extracomunitari costituisce un atto pubblico, per cui è configurabile il reato di tentato falso ideologico in atto pubblico per induzione nel caso in cui taluno tenti di ottenere la concessione del permesso mediante false dichiarazioni o attestazioni.

Cass. pen. n. 35839/2008

È configurabile il reato previsto dall'art. 479 c.p. in relazione alla formazione di carte di circolazione ad opera di un dipendente della Motorizzazione civile, addetto ad altro servizio di certificazione, attraverso l'accesso al sistema informatico della Direzione generale della M.C.T.C.

Cass. pen. n. 30314/2008

Integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p. ) la condotta del pubblico ufficiale che renda un'attestazione difforme dalla realtà nell'esercizio di una potestà certificativa inerente all'esercizio delle funzioni istituzionalmente attribuitegli. Ne deriva che ai fini della configurabilità del delitto in questione occorre che l'attestazione resa dal pubblico ufficiale (nella specie apposizione del timbro datario ) rientri tra le attribuzioni proprie del profilo professionale di sua pertinenza, nell'ambito dell'ufficio di appartenenza. (In applicazione di questo principio la S.C. ha censurato la decisione con cui il giudice di appello ha confermato l'affermazione di responsabilità in ordine al delitto di cui all'art. 479 c.p., nei confronti di un dirigente tecnico regionale in servizio presso l'ufficio di gabinetto del Presidente della Regione per avere, su istigazione di altro dipendente regionale, apposto timbri d'ufficio e averli siglati, in modo da non far risultare pervenute in data successiva due istanze di aspettativa e di annullamento di timbrature di presenza, al fine di non far apparire sussistente la causa di ineleggibilità dipendente dall'inosservanza della richiesta di aspettativa con il prescritto anticipo senza verificare se l'apposizione del timbro datario rientrasse tra le attribuzioni professionali di pertinenza dell'imputato, nell'ambito dell'ufficio di gabinetto del Presidente della Regione, e senza verificare le funzioni che egli esercitava in concreto e i rapporti istituzionali tra l'esercizio di tali funzioni e quelle proprie dell'ufficio di protocollo).

Cass. pen. n. 28753/2008

Il privato che rediga materialmente una sentenza concorre nel reato di falso ideologico commesso dal giudice che attesti, con la sua sottoscrizione, la paternità del provvedimento.

Cass. pen. n. 22203/2008

Integra il delitto di falsità ideologica in atto pubblico commessa dal pubblico ufficiale (art. 479 c.p. ), la condotta di colui che, in qualità di procuratore della Repubblica, ancorché sospeso da tali funzioni, appone una data anteriore a quella reale a un provvedimento di delega al compimento di indagini ; né rileva, a tal fine, la non attualità della pubblica funzione, considerato che la previsione di cui all'art. 360 c.p. per la quale quando la qualità di pubblico ufficiale è elemento costitutivo di un reato, la cessazione di tale qualità, nel momento in cui il reato è commesso, non esclude l'esistenza di questo pone un principio di carattere generale applicabile in ogni caso in cui sia ravvisabile un rapporto funzionale tra la pur cessata qualità di pubblico ufficiale e la commissione del reato. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha ritenuto la sussistenza della responsabilità dell'imputato, affermando che nella specie l'illecito perpetrato si era potuto realizzare solo e proprio attraverso l'indebito perpetuarsi dell'esercizio di una pubblica funzione, in una data (dissimulata dalla falsità dell'attestazione ) in cui essa era già venuta meno in capo all'agente ).

Cass. pen. n. 21839/2008

Integra il delitto di falso ideologico del pubblico ufficiale in atto pubblico e non quello di cui all'art. 480 c.p. (falso ideologico in autorizzazioni amministrative ) la condotta dell'assistente dell'ufficio sanitario locale, il quale formi falsi libretti di idoneità sanitari destinati a marittimi in procinto di imbarcarsi, apponendovi le firme contraffatte dei medici e attestando falsamente la sottoposizione dei richiedenti alla visita medica e agli esami clinici preordinati al rilascio del medesimo libretto, considerato che l'autorità sanitaria competente al rilascio, in tal caso, non si limita a riprodurre attestazioni già documentate ma compie un'autonoma valutazione sullo stato di salute del richiedente ; né assume rilievo, ai fini dell'esclusione dell'integrazione del delitto in questione, il fatto che il soggetto attivo non rivesta la qualità di funzionario ma quella di semplice assistente, in quanto, ai sensi del novellato disposto di cui all'art. 357 c.p., ciò che rileva è lo svolgimento in concreto della pubblica funzione, prescindendo dal rapporto di dipendenza del soggetto con l'ente pubblico e dalle sue caratteristiche. (Nella fattispecie il soggetto agente era addetto all'ufficio competente al rilascio del libretto sanitario con funzioni di compilatore materiale dei libretti e spesso di dirigente in assenza del titolare ).

Cass. pen. n. 14256/2008

Integra gli estremi del reato di falsità ideologica in atto pubblico la condotta di colui che, in qualità di proprietario, amministratore o collaboratore di un'officina autorizzata alla revisione delle auto, attesti falsamente sul libretto di circolazione l'avvenuta revisione delle auto, in quanto contiene l'attestazione del pubblico ufficiale di un'attività direttamente compiuta o di un fatto avvenuto alla sua presenza; si tratta, infatti, di attività della P.A. disciplinata da norme di diritto pubblico (art. 80, commi primo — sedicesimo, c.s.) di guisa che a coloro che la svolgono è riservata la qualifica di pubblici ufficiali in quanto formano o concorrono a formare la volontà della P.A. per mezzo dei poteri certificativi ad essi conferiti dalla legge.

Cass. pen. n. 13558/2008

Integra il concorso di persone nel reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 110 e 479 c.p. ) e non quello di tentativo di induzione in inganno del pubblico ufficiale, autore del falso la condotta del destinatario di un provvedimento di abbattimento di animale che dichiari falsamente il decesso del bovino infetto, al veterinario della ASL, il quale, a sua volta, attesti falsamente, senza i dovuti controlli, l'esecuzione del provvedimento di abbattimento, in quanto il consapevole comportamento del privato concorre con efficacia causale nel determinare il reato di falso.

Cass. pen. n. 10774/2008

Integra il reato di falso ideologico in atto pubblico per induzione (artt. 48 e 479 c.p.) — e non quello di falsità ideologica in certificati per induzione (artt. 480 c.p.) — la condotta di colui che dichiari falsamente l'avvenuta prestazione di giornate lavorative necessarie per beneficiare di prestazioni previdenziali, in quanto gli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli, previsti dalla L. n. 264 del 1949, da compilarsi a cura della commissione comunale per la manodopera agricola, sono atti pubblici che si distinguono dai certificati amministrativi poiché costituiscono documentazione di attività compiuta dal pubblico ufficiale alla quale la legge attribuisce valore costitutivo di diritti e di obblighi. (Nella specie, la Corte ha rilevato che dalla iscrizione in detti elenchi, che postula la verifica di determinate condizioni, deriva per gli iscritti il diritto a beneficiare di tutta la previdenza ed assistenza prevista dalle relative norme in materia di assegni familiari, assistenza sanitaria, indennità di disoccupazione e analoghe provvidenze).

Cass. pen. n. 4451/2008

Integra il reato di falsità ideologica commessa dal p.u. in atto pubblico (art. 479 c.p.) — e non quello di falsità ideologica commessa dal p.u. in certificati o autorizzazioni amministrative (art. 480 c.p.) — la condotta del medico di base che rediga una proposta di trattamento sanitario obbligatorio nei confronti di un paziente del quale attesti falsamente l'alterazione psichica, senza sottoporlo a visita, considerato che il provvedimento che dispone il t.s.o. di un infermo di mente è adottato dal sindaco su proposta motivata di un medico, convalidata da un altro medico della struttura sanitaria pubblica, che si inserisce nell'attività della P.A. disciplinata dalla legge n. 180 del 1978 quale atto di impulso di natura costrittiva (derivando da esso l'obbligatoria soggezione del paziente ad ulteriori visite) di un procedimento amministrativo.

Cass. pen. n. 3557/2008

La relazione di servizio dell'agente di polizia giudiziaria (nella specie, un appartenente al Corpo della Guardia di Finanza) è atto pubblico fidefaciente pur quando è redatta in riferimento ad un episodio accaduto fuori dell'orario di servizio, sicché eventuali falsità del contenuto sono penalmente rilevanti senza che possa essere invocato, quale esimente, la regola del nemo tenetur se detegere per avere l'autore attestato il falso, al fine di non fare emergere la sua penale responsabilità in riferimento all'episodio oggetto della relazione di servizio.

Cass. pen. n. 42009/2007

Integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico la condotta di coloro che, in qualità rispettivamente di Presidente e di membro della Commissione speciale di cui all'art. 14 della L. n. 219 del 1981 — che assorbe le competenze della Commissione edilizia e che è preordinata alla determinazione e all'assegnazione, tramite il Sindaco, dei contributi previsti dalla suddetta legge per la ricostruzione e riparazione delle unità immobiliari colpite dall'evento sismico — autorizzino varianti in corso d'opera, attestando la presenza di presupposti la cui inesistenza emerga dai grafici progettuali presentati con la domanda, contrastanti con la normativa urbanistica e la autorizzazione stessa.

Cass. pen. n. 46982/2007

I delitti contro la fede pubblica tutelano direttamente non solo l'interesse pubblico alla genuinità materiale e alla veridicità ideologica di determinati atti, ma anche quello del soggetto privato sulla cui sfera giuridica l'atto sia destinato a incidere concretamente, con la conseguenza che egli, in tal caso, riveste la qualità di persona offesa dal reato e, in quanto tale, è legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione.

Cass. pen. n. 37568/2007

Integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico per induzione in errore del pubblico ufficiale (art. 48 e 479 c.p.), la condotta di colui che produca al pubblico ufficiale un falso contrassegno di assicurazione, per ottenere la restituzione dell'autovettura sequestratagli, considerato che, in tal caso, il pubblico ufficiale non si limita a prendere atto delle dichiarazioni del soggetto privato ma compie un accertamento autonomo, ancorché, nella specie, fondato sulla falsa documentazione esibitagli a fondamento della copertura assicurativa.

Cass. pen. n. 35488/2007

Il falso ideologico in documenti a contenuto dispositivo può investire le attestazioni, anche implicite, contenute nell'atto e i presupposti di fatto giuridicamente rilevanti ai fini della parte dispositiva dell'atto medesimo, che concernano fatti compiuti o conosciuti direttamente dal pubblico ufficiale, ovvero altri fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità.

Cass. pen. n. 20550/2007

È configurabile il delitto di falso ideologico in un atto pubblico a contenuto dispositivo nella cui parte descrittiva, che costituisce presupposto necessario alle susseguenti determinazioni, si afferma volutamente l'esistenza di una situazione di fatto contraria al vero, anche quando tale atto dispositivo sia un provvedimento giurisdizionale, purché la falsità della conclusione dispositiva assunta dal giudice dipenda non dalla invalidità delle argomentazioni, ma dalla falsità delle premesse fattuali dalle quali tali argomentazioni muovono.

Cass. pen. n. 15773/2007

Ha natura di atto pubblico la attestazione di eseguita visita medico-oculistica e la conseguente diagnosi compiuta dal medico ospedaliero nell'esercizio delle sue funzioni. (Fattispecie nella quale il certificato medico rilasciato all'esito della visita ed attestante che il paziente aveva un visus naturale di 10 su 10 era funzionale al conseguimento dell'attestato di idoneità, necessario alla assunzione del richiedente la visita come vigile urbano).

In tema di falso ideologico in atto pubblico, con riferimento alle diagnosi ed alle valutazioni compiute dal medico, va ritenuto che anche tali giudizi di valore, al pari degli enunciati in fatto, possono essere non veritieri. Sicché, nell'ambito di contesti che implichino l'accettazione di parametri valutativi normativamente determinati o tecnicamente indiscussi, le valutazioni formulate da soggetti cui la legge riconosce una determinata perizia possono non solo configurarsi come errate, ma possono rientrare altresì nella categoria della falsità ideologica allorché il giudizio faccia riferimento a criteri predeterminati in modo da rappresentare la realtà al pari di una descrizione o di una constatazione. Ne consegue che è ideologicamente falsa la valutazione che contraddica criteri indiscussi o indiscutibili e sia fondata su premesse contenenti false attestazioni (Fattispecie in tema di misurazione della vista compiuta da medico ospedaliero nell'esercizio delle sue funzioni, con successivo rilascio di certificato medico attestante, contrariamente al vero, che il paziente visitato aveva un « visus» naturale di 10 su 10, certificato poi utilizzato per ottenere l'attestato di idoneità necessario all'assunzione quale vigile urbano).

Cass. pen. n. 13779/2007

Nel reato determinato dall'altrui inganno, non è configurabile, in capo all'autore mediato, la falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico, allorché la dichiarazione sulla cui base l'atto è formato debba essere sottoposta a controllo e valutazione da parte della P.A., il cui eventuale errore non può farsi ricadere sul privato che non abbia compiuto alcuna alterazione della realtà fattuale. (Fattispecie relativa a pretesa falsità ideologica per induzione in errore, addebitata, in riferimento a domanda di trasferimento da docente, nella quale l'istante aveva dichiarato il possesso di titolo di precedenza, allegando il relativo documento giustificativo, sulla cui rilevanza ai fini dichiarati l'ufficio aveva omesso di esercitare i dovuti controlli).

Cass. pen. n. 7638/2007

In tema di appalti pubblici, integra il delitto di falso ideologico previsto dall'art. 479 c.p. l'attestazione, totalmente o parzialmente non veritiera, redatta dal direttore dei lavori circa il loro stato di avanzamento, per conto della committenza pubblica.

Cass. pen. n. 7636/2007

Integra il delitto di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico — e non quello di falsità ideologica commessa dal P.U. in certificati o in autorizzazioni amministrative — la condotta di colui che, nella qualità di funzionario della ex USL, attesta falsamente, in una relazione inviata al Sindaco del Comune di pertinenza, di avere eseguito un sopralluogo presso il locale impianto fognario e di averne constatato la totale inefficienza, considerato che la falsa attestazione ha per oggetto un atto pubblico — non già un certificato amministrativo — ed, a tal fine, non ha rilievo la sua natura di atto interno inserito in un determinato iter procedurale, posto che può rivestire natura di atto pubblico allorché abbia rilevanza giuridica.

Cass. pen. n. 4950/2007

La bolletta doganale di importazione ha natura di atto pubblico e costituisce fattispecie documentale a formazione progressiva in quanto trae origine dalla dichiarazione dell'importatore e si perfeziona, dopo i dovuti controlli, con l'attestazione, da parte del pubblico ufficiale, della conformità delle dichiarazioni documentali alla situazione riscontrata. Ne consegue che ricorre il delitto di cui agli articoli 48 e 479 c.p. ogni qualvolta la falsità delle attestazioni compiute dal funzionario dell'amministrazione doganale sia dovuta all'induzione in errore operata dal privato. (Nella specie le bollette doganali, relative all'importazione di banane da Paesi extracomunitari, riportavano falsamente come importatore non il nominativo del reale destinatario della merce, ma quello dell'intestatario del certificato di importazione, al fine di consentire al primo di godere del dazio di importazione agevolato spettante solo al secondo).

Cass. pen. n. 545/2007

Integra gli estremi del reato di falso ideologico per induzione in atto pubblico (art. 48 e 479 c.p.), la condotta di colui che, in qualità di direttore dei lavori, appaltati dal comune, attesta, nei primi stati di avanzamento, erroneamente — per induzione del privato (nella specie imprenditore) e del geometra dello stesso Comune, in qualità di assistente di cantiere — l'avvenuta esecuzione di opere in realtà mai realizzate, considerato che, in tal caso, il predetto direttore dei lavori, basandosi sulle misurazioni e sui rilievi dell'assistente di cantiere, ha rappresentato una situazione di fatto più ampia di quella riportata in tali documenti, attestando l'effettiva corrispondenza al contratto dei lavori eseguiti dall'impresa appaltatrice, sicché la falsa dichiarazione del mentitore è solo uno degli elementi che determina la falsa attestazione del soggetto ingannato.

Cass. pen. n. 38153/2006

Integra il reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.) la condotta del dipendente comunale che, in qualità di tecnico municipale e di direttore dei lavori, attesti falsamente l'ultimazione e l'esecuzione dei lavori in conformità alle prescrizioni contrattuali, considerato che dette attestazioni non costituiscono giudizio di valore, puramente soggettivo, ma giudizi del tutto oggettivi e tecnici vincolati al progetto approvato e preordinati a controllarne la regolare e fedele esecuzione, con la conseguenza che la valutazione, pur sussistente, presuppone un'inevitabile attività di constatazione.

Cass. pen. n. 32009/2006

Integra il reato di falsità ideologica in atto pubblico (art. 479 c.p.) la condotta del difensore che documenta e poi utilizza processualmente le informazioni delle persone in grado di riferire circostanze utili alla attività investigativa, verbalizzate in modo incompleto o non fedele, in quanto l'atto ha la stessa natura e gli stessi effetti processuali del corrispondente verbale redatto dal pubblico ministero.

Cass. pen. n. 29860/2006

La falsa attestazione sullo svolgimento di attività lavorativa in Italia da parte di cittadino extracomunitario, assunta a presupposto di fatto per il rilascio del permesso di soggiorno da parte del pubblico ufficiale che forma l'atto, integra la fattispecie di cui agli artt. 48 e 479 c.p. e non quella di cui all'art. 495 c.p. in quanto la dichiarazione stessa non ha alcun rilievo autonomo ma è destinata a confluire nell'atto pubblico e rappresenta uno degli elementi che concorrono all'attestazione del pubblico ufficiale, alla quale si perviene mediante false notizie e informazioni ricevute dal privato.

Cass. pen. n. 25028/2006

Integra il delitto di cui all'art. 479 c.p. (falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico) — e non quello di cui all'art. 480 c.p. (falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative), la condotta del pubblico ufficiale che, in qualità di ispettore del lavoro, attesti falsamente in verbali della USL di avere effettuato ispezioni presso la sede di alcune ditte, considerato che tali verbali hanno natura di atto pubblico, in quanto attestano attività direttamente compiute dal pubblico ufficiale o comprovano atti o fatti che abbiano luogo alla sua presenza e che, come tali, non rientrano nella nozione di certificato amministrativo, comprensiva di attività originali di verità o di scienza.

Cass. pen. n. 16497/2006

Poiché l'art. 49 legge 16 febbraio 1913 n. 89 sull'ordinamento del notariato non esige che la conoscenza della identità della parte sia personale, cioè anteriore all'attestazione, ma consente al notaio di raggiungere tale certezza «anche al momento dell'attestazione, valutando tutti gli elementi atti a formare il suo convincimento» non può senz'altro affermarsi la falsità dell'attestazione di certezza allorquando il notaio abbia eseguito l'identificazione attraverso un falso documento esibito dalla parte interessata. (Nell'annullare con rinvio la sentenza affermativa di responsabilità, la Corte ha rilevato che il reato di falsità ideologica può però sussistere ove, in punto di fatto, restino accertate caratteristiche proprie del documento o altre circostanze idonee a far sorgere quantomeno il sospetto che si trattasse di documento falso).

Cass. pen. n. 15983/2006

Non integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico la falsa attestazione del pubblico dipendente circa la sua presenza in ufficio riportata nei cartellini marcatempo o nei fogli di presenza, in quanto documenti che non hanno natura di atto pubblico, ma di mera attestazione del dipendente inerente al rapporto di lavoro, soggetto a disciplina privatistica, documenti che, peraltro, non contengono manifestazioni dichiarative o di volontà riferibili alla P.A. (Fattispecie in cui gli imputati, pubblici dipendenti, si erano allontanati dal luogo di lavoro senza far risultare tale allontanamento, non dovuto a ragioni di servizio, attraverso la prescritta marcatura del cartellino).

Cass. pen. n. 13249/2006

In tema di falsità ideologica, l'inganno da cui deriva la responsabilità ex art. 48 c.p. può consistere, in qualunque artificio o altro comportamento atto a sorprendere l'altrui buona fede, attraverso il quale l'autore mediato induca in errore l'autore immediato del delitto. A tal fine possono rilevare, accanto a condotte descrittive o constatative volte a rappresentare una distorta realtà fattuale, anche condotte di natura puramente valutativa ovvero prospettazioni fatte in assenza di parametri normativi predeterminati, quando le stesse provengano da soggetti la cui posizione istituzionale o le cui qualità professionali siano tali da suscitare ragionevole affidamento nel pubblico ufficiale. (Fattispecie di falso ideologico, nella quale la Corte ha ritenuto idonea per la configurabilità del reato la attestazione contraria a verità resa dal titolare dell'ufficio tecnico comunale circa l'esistenza di una «progettazione esecutiva» di lavori pubblici — la cui nozione all'epoca dei fatti non risultava ancora normativamente determinata — alla quale era seguita la relativa approvazione da parte del consiglio comunale).

Cass. pen. n. 12693/2006

Integra il delitto di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico (art. 479 c.p.) la condotta del notaio che provveda ad autenticare sottoscrizioni non apposte in sua presenza relative alla dichiarazione di vendita di un veicolo.

Cass. pen. n. 10377/2006

In materia di reati elettorali, la condotta del pubblico ufficiale (nella specie cancelliere presso il locale tribunale) che attesti falsamente l'autenticità delle firme contenute nella presentazione della lista dei candidati per le elezioni provinciali, integra il reato — derubricato in contravvenzione dall'art. 1 della L. n. 61 del 2004 — previsto dall'art. 90 del D.P.R. n. 570 del 1960, che sanziona le ipotesi di falso concernenti le sottoscrizioni delle liste elettorali e delle candidature con riguardo alle elezioni degli organi delle amministrazioni comunali, a cui rinvia l'art. 8, comma secondo, L. n. 122 del 1951, relativo all'elezione del Consiglio provinciale; pertanto, non è applicabile a tale condotta la disciplina codicistica, nella specie l'art. 479 c.p.

Cass. pen. n. 9793/2006

In tema di falso documentale, integra il reato di falso ideologico (art. 479 c.p.), la condotta del docente di un centro studi, legalmente riconosciuto, che attesti falsamente la regolare frequenza di studenti di altri istituti privati alle lezioni — frequenza che consentiva di presentarsi agli esami finali per il conseguimento del diploma di Stato come alunni interni del predetto centro studi, in quanto tali esenti dall'esame preliminare su tutte le materie del corso —, mediante omessa indicazione delle assenze nei registri di classe, considerato che il professore di un istituto legalmente riconosciuto riveste la qualità di pubblico ufficiale, in quanto l'insegnamento è pubblica funzione e le scuole secondarie private sono equiparate alle scuole pubbliche dalla legge 19 gennaio 1942, n. 86 e i registri di classe di una scuola legalmente riconosciuta rivestono parimenti natura di atto pubblico.

Cass. pen. n. 4695/2006

È configurabile il reato di falsità ideologica in atto pubblico nella condotta di un sottufficiale della Guardia di finanza che, in calce all'inventario fornito dalla ditta in sede di verifica fiscale, attesti, falsamente, l'avvenuta distruzione della merce, in quanto si tratta di attestazione fidefaciente, proveniente da un pubblico ufficiale ed attestante un fatto avvenuto sotto la diretta percezione, o del quale si certifica, comunque, l'avvenuta realizzazione: di conseguenza, la giurisdizione spetta al giudice ordinario.

Cass. pen. n. 1491/2006

Integra il reato di falso ideologico in atto pubblico, ai sensi dell'art. 479 c.p. (e non quello in certificato amministrativo di cui all'art. 480 c.p.), la condotta del funzionario sanitario regionale che, nell'esercizio delle sue funzioni preordinate a controllare la regolarità tecnico-sanitaria delle richieste di rimborso presentate dalle cliniche convenzionate, ne attesti falsamente la regolarità, in quanto il visto di regolarità apposto su dette richieste è atto pubblico e non certificato amministrativo, considerato che esso non riproduce attestazioni già documentate ma attesta il risultato di un accertamento effettuato dal detto funzionario, che, pertanto riveste una propria autonoma efficacia giuridica, cui consegue la liquidazione del compenso al richiedente.

Sussiste il concorso materiale e non l'assorbimento tra il reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.) e quello di abuso d'ufficio (art. 323 c.p.) nel caso in cui la condotta del delitto di abuso d'ufficio non si esaurisca in quella del delitto di cui all'art. 479 c.p. ma vi siano due distinte condotte; ne deriva che tale concorso sussiste nel caso di false attestazioni in ordine alla regolarità di richieste di rimborso inoltrate da cliniche convenzionate cui consegua l'erogazione di indebiti compensi, in quanto, in tal caso, il falso è destinato ad occultare l'abuso.

Cass. pen. n. 45295/2005

Integra il delitto di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico (art. 479 c.p.) la condotta del notaio che proceda ad autenticare in calce ad una procura speciale sottoscrizioni non apposte in sua presenza, in quanto detta attestazione — riconducendo tali sottoscrizioni ai rispettivi autori apparenti — comprova l'esistenza di un fatto in realtà inesistente, vulnerando la funzione autenticativa e certificativa propria del notaio e ledendo il bene giuridico della pubblica fede e dell'affidamento dei terzi; né, al riguardo, rileva il fatto che si tratti di atto nullo, considerato che solo l'inesistenza giuridica, e non la mera nullità del documento, fa venire meno la tutela penale nel caso di falso documentale.

Cass. pen. n. 45225/2005

Integra solo la condotta di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.) e non anche quella di abuso d'ufficio (art. 323 c.p.), la condotta del pubblico ufficiale che, in qualità di vigile urbano, compili, in distinte occasioni, verbali di contravvenzione, contenenti attestazioni ideologicamente false, in quanto il carattere sussidiario e residuale del reato di abuso d'ufficio — desumibile dalla esplicita riserva «salvo che il fatto non costituisca più grave reato» contenuta anche nella nuova formulazione dell'art. 323 c.p., dovuta alla legge n. 234 del 1997 — implica che, qualora la condotta addebitata si esaurisca nella commissione di un fatto qualificabile come falso ideologico in atto pubblico, solo di tale reato l'agente deve rispondere e non anche dell'abuso d'ufficio, da considerare assorbito nell'altro, a nulla rilevando, in contrario, la diversità dei beni giuridici protetti dalle due norme incriminatrici.

Cass. pen. n. 44308/2005

Integra il reato di falso ideologico in atto pubblico la condotta del tecnico comunale che, in esito all'accertamento tecnico, ometta di indicare nelle certificazioni rilasciate al privato l'esistenza, nella zona interessata dalla costruzione, di vincoli ambientali o paesaggistici.

Cass. pen. n. 44020/2005

È atto pubblico la proposta di delibera formulata dal sindaco, posto che proviene, pur come atto interno, da un organo che opera sulla base della specifica competenza funzionale e concorre a realizzare l'atto conclusivo, costituente la manifestazione del potere pubblicistico.

Cass. pen. n. 38965/2005

Integra il reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.) e non quello di cui all'art. 480 c.p. (falso ideologico in certificati o autorizzazioni amministrative), la condotta del tecnico comunale, il quale attesti, apponendo il timbro della Commissione edilizia, il deposito di elaborati progettuali relativi alla edificazione di una stazione radio, rappresentando così falsamente che detti elaborati sono stati sottoposti al controllo della Commissione, le cui attestazioni sono idonee ad influire sulla conoscenza e sulle determinazioni della P.A., con la conseguenza che esse rivestono autonoma rilevanza penalistica, indipendentemente dalla circostanza che possano portare ad un provvedimento finale avente natura di mera autorizzazione.

Cass. pen. n. 38083/2005

In tema di atto pubblico, è tale il verbale che attesti lo svolgimento della seduta di un organo della P.A. (In motivazione la Corte ha rilevato che è inconferente il fatto che il contenuto del verbale non fosse destinato ad essere riprodotto in atti diversi o che l'organo amministrativo di cui si era attestata falsamente la riunione — nella specie, la giunta esecutiva di un istituto professionale — fosse privo di poteri decisori).

Integra il reato di falsità materiale, assorbente quello di falsità ideologica, la formazione di un verbale attestante l'espletamento di una riunione non svolta. (Fattispecie relativa alla condotta del funzionario amministrativo di un Istituto scolastico consistita nel concorrere a formare un verbale in cui era stata fatta apparire come tenuta una riunione della giunta esecutiva dell'Istituto medesimo. La Corte ha osservato che l'operatività dell'art. 479 c.p., nella specie della «attestazione falsa di fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità», presuppone la necessità della formazione grafica del documento e cioè che si sia effettivamente svolta la attività dell'organo della P.A. da attestare a verbale).

Cass. pen. n. 34333/2005

In tema di falsità ideologica,l'ambito attestativo di un atto pubblico non è circoscritto alla sua formulazione espressa, ma si estende anche ai suoi presupposti necessari (cosiddette attestazioni implicite), tutte le volte in cui una determinata attività del pubblico ufficiale, non menzionata nell'atto, costituisce indefettibile presupposto di fatto o condizione normativa della attestazione, poiché in tal caso occorre legalmente fare riferimento al contenuto o tenore implicito necessario dell'atto stesso. (Fattispecie riguardante la attestazione, sul registro di classe, della assenza di alcuni alunni, dalla quale è stata ricavata la implicita attestazione della preventiva verifica della presenza degli altri e conseguentemente, data la falsità di tale ultima evenienza, la sussistenza del reato di cui all'art. 479 c.p.).

Cass. pen. n. 24872/2005

È tuttora configurabile il reato di falso ideologico in atto pubblico nel caso di falsa attestazione, da parte del pubblico ufficiale, dell'avvenuta apposizione, in sua presenza, della firma dell'interessato in calce ad una dichiarazione sostitutiva di certificazione, nulla rilevando in contrario che, in base all'attuale normativa, detta firma non necessiti di autenticazione.

In tema di falsità in atti, l'abrogazione delle disposizioni contenute nella legge 4 gennaio 1968 n. 15 (attuata in via generale, da ultimo, dall'art. 77 del D.L.vo 28 dicembre 2000 n. 445), in seguito alla quale la sottoscrizione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio non deve più essere autenticata dal pubblico ufficiale, non comporta l'inutilità del falso eventualmente compiuto mediante l'autenticazione, in quanto quest'ultima, ancorché non più richiesta, può potenziare l'efficacia probatoria di cui l'atto è dotato. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito che aveva ravvisato la sussistenza del reato di cui all'art. 479 c.p. in relazione alla falsa attestazione della presenza davanti al notaio del richiedente, in sede di autentica della sottoscrizione e della fotografia apposte sulla domanda di rinnovo del passaporto).

Cass. pen. n. 22694/2005

Non è innocua la falsità ideologica consistente nella omessa attestazione, sulla cartella clinica, di un prelievo ematico che abbia preceduto l'amniocentesi, posto che la cartella è atto pubblico che esplica la funzione di diario dell'intervento medico ed anche dei relativi fatti clinici rilevanti.

Cass. pen. n. 22672/2005

Posto che la relazione di servizio di un agente di polizia giudiziaria è atto pubblico per il quale si configura, in caso di falsità ideologica, il reato di cui all'art. 479 c.p., deve escludersi che la rilevanza penale del fatto possa venir meno in applicazione del principio nemo tenetur se detegere posto che la finalità dell'atto pubblico, da individuarsi nella veridicità erga omnes di quanto attestato dal pubblico ufficiale, non può essere sacrificata all'interesse del singolo di sottrarsi ai rigori della legge penale. (Fattispecie in cui la Corte ha riconosciuto la utilizzabilità di una relazione di servizio in cui l'agente aveva ricostruito, in modo difforme dal vero, circostanze di un incidente mortale che in seguito gli era stato addebitato, assieme alla falsità ideologica, a titolo di omicidio volontario).

Cass. pen. n. 19924/2005

Il permesso di soggiorno rilasciato a cittadini extracomunitari è un atto pubblico; ne deriva che commette il reato di cui agli artt. 48 e 479 c.p. il soggetto che alleghi dati non corrispondenti al vero, inducendo in errore con l'inganno il pubblico ufficiale, per ottenere la concessione del permesso.

Cass. pen. n. 16503/2005

In tema di reati contro la fede pubblica, la falsa attestazione sui fogli di presenza da parte di un dipendente di ente pubblico circa la propria presenza in ufficio integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico. (Ribadendo il principio la Corte ha rigettato il ricorso dell'imputato e ha precisato, relativamente alla dedotta circostanza difensiva che l'allontanamento dal lavoro era finalizzato allo svolgimento di altre funzioni istituzionali, che non può ritenersi sussistere nella specie l'ipotesi del falso innocuo, posto che, indipendentemente da tali altre funzioni, il pubblico dipendente continua a percepire la retribuzione anche durante il periodo di abbandono del servizio).

Cass. pen. n. 16010/2005

In tema di falsità ideologica, l'incompetenza relativa del pubblico ufficiale — ravvisabile allorché l'atto sia compiuto da un pubblico ufficiale facente parte dell'organo cui la norma attribuisce il relativo potere, ma privo di specifiche attribuzioni, come nel caso in cui sia addetto a funzioni diverse ovvero ad un diverso ufficio territoriale — non determina l'inesistenza dell'atto pubblico (come nell'ipotesi di incompetenza assoluta) ma semplicemente la sua annullabilità, con la conseguenza che, fino alla pronuncia di annullamento, l'atto esiste ed è produttivo di effetti e non viene meno la tutela penale avente ad oggetto l'attitudine probatoria del documento. (In applicazione di tale principio la S.C. ha ravvisato il delitto di falsità ideologica nei confronti di un dipendente comunale, con funzioni di capo settore dell'ufficio tecnico del Comune — per avere falsamente attestato che era stato apposto un manifesto, con il quale l'autorità comunale aveva espresso l'intenzione di acquisire locali idonei al funzionamento di una scuola elementare e che l'offerta più confacente alle esigenze dell'amministrazione era quella avanzata da una data impresa —, considerando priva di rilievo la circostanza che l'atto incriminato rientrasse nella competenza specifica del segretario generale del Comune, essendo l'imputato estraneo al settore dei contratti, trattandosi, comunque, di incompetenza relativa).

Cass. pen. n. 15271/2005

In tema di falsità documentali, il pubblico dipendente che chieda il rimborso delle spese di missione non agisce neppure indirettamente per conto della P.A., ma opera come mero soggetto privato del rapporto contrattuale che lo lega all'amministrazione di appartenenza; ne deriva che, in tal caso, egli non esprime la volontà o la conoscenza della P.A. ma rappresenta esclusivamente un proprio interesse privato, senza attestare alcunché in ordine all'attività della P.A., e, quindi, non redige un atto pubblico ma un atto privato, con la conseguenza che non rientra nell'area del falso punibile la condotta del pubblico dipendente che, avendo effettivamente compiuto una missione fuori sede, chieda il rimborso delle spese in misura superiore a quelle sostenute.

Cass. pen. n. 12827/2005

Integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.) la falsa attestazione effettuata dal responsabile di un laboratorio convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, sui prospetti riepilogativi delle analisi eseguite, trasmessi mensilmente alla Unità sanitaria locale (ora A.S.L.), in quanto il medico convenzionato — concorrendo a formare la volontà della P.A. in materia di assistenza sanitaria ed esercitando in sua vece poteri autoritativi e certificativi — è un pubblico ufficiale ed i predetti prospetti riepilogativi — essendo destinati ad attestare il regolare espletamento di accertamenti sanitari e costituendo, nel contempo, titolo in forza del quale sorge, in favore del titolare della convenzione, il diritto al pagamento delle prestazioni documentate — hanno la natura di atti pubblici.

Cass. pen. n. 11669/2005

I delitti contro la fede pubblica offendono direttamente e specificamente l'interesse pubblico, costituito dalla tutela della genuinità materiale e della veridicità ideologica di certi documenti e solo di riflesso ledono l'interesse del singolo, il quale non riveste perciò la qualità di persona offesa dal reato e non è perciò legittimato ad opporsi alla richiesta di archiviazione del P.M.

Cass. pen. n. 5676/2005

Il pubblico dipendente che eserciti una pubblica funzione amministrativa che, sui fogli di presenza in ufficio, faccia falsamente risultare l'osservanza di un determinato orario di entrata o di uscita dal lavoro, risponde del reato di falsità ideologica in atto pubblico.

Cass. pen. n. 48283/2004

L'attestazione di invalidità civile totale o di una sua percentuale che non sia rispondente alla realtà, ove non fondata su un metodo di accertamento scientifico incontroverso, costituisce condotta rilevante come falsità ideologica in atto pubblico, in quanto l'atto in questione opera una qualificazione rilevante nei rapporti giuridici ed è perciò vincolato a parametri al cui rispetto è ancorata la tutela della pubblica fede. (Fattispecie nella quale la Commissione per l'accertamento degli stati di invalidità civile aveva attestato un grado di riduzione permanente della invalidità superiore a quello poi risultato effettivo, senza previa analisi strumentale e supporto documentale sanitario ossia senza aver fatto riferimento a parametri di legge o ad una prassi clinica incontroversa, cosicché la Corte ha affermato che i responsabili di tale scelta avevano accettato il rischio di non rispondenza al vero di quanto attestato).

Cass. pen. n. 44687/2004

Nonostante la mancata previsione che la relazione di notifica fa fede sino a querela di falso, il giudice non può liberamente valutare tale atto, il quale conserva la qualità di atto pubblico con carattere fidefaciente. Ne consegue che la parte che vuole addurre la falsità delle modalità di notificazione attestate dall'ufficiale notificatore non può provarla se non dimostrando rigorosamente che il pubblico ufficiale è incorso nel reato di cui all'art. 479 c.p.

Cass. pen. n. 44288/2004

Non costituisce il reato di falso ideologico per omissione la mancata timbratura, da parte del dipendente, del cartellino segnatempo in occasione di brevi allontanamenti dal luogo di lavoro, atteso che tale strumento di verifica della presenza nell'orario di lavoro non può essere considerato rappresentativo di un unitario atto di attestazione del periodo di tempo complessivamente speso in ufficio dal dipendente, bensì di distinti atti di attestazione, ciascuno relativo alle ore di ingresso e di uscita dall'ufficio.

Cass. pen. n. 43844/2004

Agli effetti della tutela penale, il cartellino, i fogli di presenza o le schede magnetiche concernenti l'attività lavorativa di un dipendente di un ente pubblico costituiscono «atti pubblici» in senso lato a norma degli articoli 476 e 479 c.p. in quanto posti in essere da soggetti muniti di poteri certificatori e destinati a produrre effetti per la P.A. Ne consegue che ogni falsa attestazione o alterazione di tali atti rende configurabili i delitti previsti dai citati articoli 476 e 479 c.p.

Cass. pen. n. 42245/2004

In tema di falsità ideologica, configura il reato di cui all'art. 479 c.p. la falsa attestazione di aver prestato servizio compiuta dal dipendente di un'azienda sanitaria locale (nella fattispecie: tecnico di radiologia alle dipendenze dell'Azienda di Alta specializzazione della Regione Sicilia) sottoscrivendo il foglio di presenza e facendo timbrare il proprio cartellino da terzi, attesa la funzione pubblica esercitata dall'imputato (non esclusa dal rapporto privatistico di lavoro) e in ragione del carattere di atti pubblici di tali documenti finalizzati anche a consentire il controllo sulle modalità in cui si esplica l'assistenza sanitaria, funzione essenziale dello Stato e della Regione.

Cass. pen. n. 40827/2004

In tema di errore determinato da altrui inganno, il privato non risponde dell'atto ideologicamente falso costituito dal pubblico ufficiale il quale dia per certa una certa qualificazione edificatoria della zona sulla base di quanto sottopostogli dal privato medesimo, allorché quest'ultimo si sia limitato esclusivamente ad allegare un grafico informale dell'area a corredo della propria istanza di concessione edilizia: il privato può ritenersi infatti autore mediato del delitto solo a condizione che abbia dolosamente indotto in equivoco (eludendone le possibilità di controllo) il pubblico ufficiale, a questi, in ogni altro caso, spettando il potere-dovere di verificare la corrispondenza tra la rappresentazione data dal richiedente e il piano regolatore dell'area.

Cass. pen. n. 32445/2004

La sottoscrizione, da parte del dirigente di un ufficio pubblico (nella specie Conservatoria del Registro — Archivio Notarile), dei fogli di presenza dei dipendenti, effettuata in assenza di un effettivo controllo del personale in ufficio, non integra il reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.), posto che il momento perfezionativo dell'atto pubblico costituito dal foglio di presenza coincide con la sottoscrizione dell'interessato, il quale autocertifica un fatto produttivo di effetti giuridici rilevanti, sul versante sia dei rapporti interni che di quelli esterni, mentre non sussiste alcun obbligo di controllo, positivamente sancito, che gravi sul dirigente in ordine all'apposizione della firma dei dipendenti in sua presenza, con la conseguenza che egli si limita ad una mera attestazione della regolarità estrinseca dell'atto, assolvendo così ad un onere procedimentale che è presupposto ai fini della liquidazione delle competenze retributive.

Cass. pen. n. 27770/2004

In tema di falso ideologico in atto pubblico, pur essendo richiesto, sotto il profilo psicologico, per la configurabilità di detto reato, il solo dolo generico, deve tuttavia escludersi che esso possa ritenersi sussistente per il solo fatto che l'atto contenga un asserto obiettivamente non veritiero, dovendosi invece verificare, anche in tal caso, che la falsità non sia dovuta ad una leggerezza dell'agente come pure ad una incompleta conoscenza e/o errata interpretazione di disposizioni normative o, ancora, alla negligente applicazione di una prassi amministrativa. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato senza rinvio, ritenendo che il fatto non costituisse reato, la sentenza di merito con la quale era stata affermata la penale responsabilità del presidente e di taluni componenti del comitato di gestione di una USL per avere essi attestato, in una delibera, che il comando presso detta USL di una dipendente inserita nell'organico di altra USL era stato « regolarmente prorogato» laddove un formale provvedimento di proroga non vi era stato, pur avendo sempre continuato, la dipendente, a prestare servizio presso la sede cui era stata comandata, con periodica rinnovazione della richiesta di comando, corredata dei favorevoli pareri dei due organismi interessati, senza che ciò avesse dato luogo ad alcuna manifestazione di contrarietà da parte dei competenti organi regionali).

Cass. pen. n. 27509/2004

Agli effetti della tutela penale, vanno considerati atti pubblici i fogli di presenza ed i «marcatempo» dei pubblici dipendenti e, in genere, di tutti i soggetti che esercitano una pubblica funzione, pur se legati all'ente pubblico da un rapporto di tipo convenzionale. Ne deriva che ogni falsa attestazione contenuta negli atti summenzionati rende configurabile, a carico del suo autore, il reato di falso ideologico di cui all'art. 479 c.p. (principio affermato, nella specie, con riguardo a false attestazioni circa l'orario di ingresso nel luogo di lavoro da parte di un dipendente comunale, legato all'ente da un contratto definito di natura pubblicistica).

Cass. pen. n. 23320/2004

In tema di appalto di opere pubbliche, il verbale di consegna dei lavori di cui all'art. 10 D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 costituisce l'atto con cui la P.A. pone l'appaltatore in condizione di dare inizio all'opera, postulando pertanto l'effettiva messa a disposizione da parte del committente delle aree su cui l'opera deve essere eseguita. Ne consegue che un'inveritiera attestazione di consegna, anche solo in relazione a taluno degli immobili oggetto del contratto, realizza l'ipotesi di falso in atto pubblico di cui all'art. 479 c.p.

Cass. pen. n. 23176/2004

Concorre nel delitto di falso ideologico in atto pubblico, proprio del pubblico ufficiale, anche il privato che abbia agito per il medesimo fine, sia intervenendo all'atto, sia istigando il pubblico ufficiale o rafforzandone il proposito delittuoso.

Cass. pen. n. 21083/2004

Integra gli estremi della falsità ideologica in atto pubblico (artt. 48 e 479 c.p.), la condotta del privato che — avendo chiesto alla Regione l'erogazione di un contributo straordinario per l'abbattimento di tutti i bovini affetti da brucellosi — ne occulti alcuni alla visita degli ispettori, così da ottenere dal veterinario ufficiale la certificazione contenente l'attestazione che l'intero allevamento era indenne da tubercolosi e brucellosi, fondata sulla falsa premessa che tutti gli animali erano stati visitati e quelli infetti abbattuti.

Cass. pen. n. 26041/2004

Il falso ideologico postula necessariamente l'occultamento della situazione reale: ne consegue che commette il reato il pubblico ufficiale il quale, nell'ambito della competenza specifica del proprio ufficio, rediga un parere tecnico volontariamente non corrispondente al vero, e sulla base del quale la P.A. assuma la decisione di concedere una variante alla concessione edilizia rilasciata ad un privato. (Nella fattispecie nel parere si attestava che la richiesta variante avrebbe implicato una diversa distribuzione interna dei piani dell'edificio, mentre dagli atti era poi emerso che la variante avrebbe in realtà comportato una diversa destinazione d'uso dei locali).

Cass. pen. n. 16690/2004

In tema di falso ideologico, non integra la fattispecie criminosa di cui all'art. 479 c.p. la condotta del direttore dei lavori che falsifichi, in concorso con il geometra dell'Ufficio tecnico comunale, i verbali di sopralluogo necessari per il conseguimento dell'autorizzazione di agibilità o abitabilità dell'immobile, attestandone falsamente la conformità alle previsioni progettuali, qualora egli sia stato incaricato, in qualità di professionista privato, di presiedere allo svolgimento delle opere, al fine dei necessari controlli sulla loro esecuzione a carico dell'appaltatore, in quanto la qualifica di pubblico ufficiale compete solo al direttore dei lavori di un'opera pubblica che, per conto di una pubblica committenza, attesti l'effettiva esecuzione dei lavori realizzati e la loro corrispondenza quantitativa ai capitolati.

Cass. pen. n. 15001/2004

La fattispecie criminosa di cui all'art. 100 del Testo unico delle leggi elettorali n. 361 del 1957 (formazione di liste false di elettori o candidati e di altri atti destinati alle operazioni elettorali) si pone, a ragione dell'enunciata caratteristica dell'atto oggetto del falso, in rapporto di specialità con le fattispecie di relative alla falsità previste nel codice penale; non è pertanto ammissibile alcun concorso formale tra detto reato ed il reato di falso ideologico ex art. 479 c.p. in relazione alla condotta di un cancelliere che abbia falsamente attestato l'autenticità delle firme degli elettori nella presentazione della lista dei candidati, in quanto tale falsa autenticazione comporta la falsità della lista elettorale, punita dal citato art. 100 del Testo unico in materia elettorale.

Cass. pen. n. 9696/2004

I fogli di presenza del personale pubblico (pubblici dipendenti e soggetti che esercitano una pubblica funzione, anche se legati all'ente pubblico da un rapporto convenzionale), sono da considerare atti pubblici, in quanto documentativi di attività direttamente compiuta dal pubblico ufficiale e volti alla produzione di effetti giuridici nell'ambito di situazioni soggettive aventi rilievo pubblicistico. (Nella specie, in applicazione di tale principio, è stato ritenuto configurabile il reato di falso ideologico in atto pubblico a carico di un medico convenzionato con una struttura sanitaria pubblica per aver egli indicato, nei fogli di presenza, un orario di inizio del proprio servizio anticipato di circa venti minuti rispetto a quello effettivo).

Cass. pen. n. 7329/2004

In tema di falso ideologico, il libretto delle misure e gli stati di avanzamento dei lavori pubblici sono atti pubblici, con la conseguenza che la condotta del geometra presso l'ufficio tecnico comunale che abbia apposto in essi false attestazioni, indicando come eseguiti lavori non eseguiti o solo parzialmente eseguiti o, comunque, eseguiti in modo difforme dalle previsioni, inducendo in errore il direttore dei lavori, integra gli estremi del reato di cui agli art. 48 e 479 c.p.

Cass. pen. n. 6250/2004

In tema di immigrazione clandestina, nella previsione di cui all'art. 12, comma primo, D.L.vo n. 286 del 1998 (favoreggiamento dell'immigrazione clandestina), l'inciso «salvo che il fatto non costituisca più grave reato» presuppone, perché operi il meccanismo dell'assorbimento, che il reato più grave sia posto a tutela del medesimo interesse. Ne consegue che il delitto di cui all'art. 12 D.L.vo n. 286 del 1998 non può essere assorbito dal più grave reato di falso, in quanto il primo sanziona il compimento di attività dirette a favorire l'ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato in difetto dei presupposti di legge, mentre il falso in atto pubblico è reato contro la fede pubblica.

Cass. pen. n. 6246/2004

In tema di falsità ideologica in atto pubblico (art. 479 c.p.), ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo è sufficiente il dolo generico, e cioè la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione, mentre non è richiesto né l'animus nocendi né l'animus decipiendi, in quanto il delitto è perfetto non solo quando la falsità sia compiuta senza l'intenzione di nuocere, ma addirittura anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno.

Integra il delitto di falsità ideologica in atto pubblico l'ipotesi in cui il pubblico ufficiale attesti falsamente, in sede di protocollo, la data di adozione del decreto di congedo ordinario di un dipendente pubblico, a prescindere dalla mancanza di effetti pregiudizievoli per quest'ultimo, considerato che le falsità inerenti all'atto di protocollo sono strettamente attinenti alla sua funzione, che è quella di attestare i dati in esso indicati, sì che ad esso rimane estranea la fattispecie del falso innocuo.

Cass. pen. n. 6125/2004

Integra il reato di cui agli articoli 48 e 479 c.p. (falso ideologico in atto pubblico), la falsa attestazione dei requisiti necessari, e, in particolare, di recapiti e referenti in Italia, al fine di ottenere permessi di soggiorno provvisori per fini umanitari, indicazioni queste richieste dall'Autorità amministrativa, in forza dell'art. 1, comma quinto, del D.L. n. 416 del 1989, convertito in legge n. 39 del 1990, vigente all'epoca dei fatti, con la conseguenza che l'attestazione viene assunta dal pubblico ufficiale a presupposto di fatto dell'atto pubblico, del quale l'atto è destinato a provare la verità.

Cass. pen. n. 4618/2004

Sono atti pubblici gli atti redatti dalla commissione c.d. di prequalificazione, istituita su incarico della Giunta municipale, in quanto, ai fini del delitto di cui all'art. 479 c.p., non ha rilievo la distinzione tra atti con efficacia interna e atti destinati a spiegare effetti esterni, in quanto anche i primi possono avere valenza probatoria in relazione all'attività espletata dalla P.A., nè rileva il fatto che il documento contenente la falsa attestazione non sia previsto da un'espressa norma che ne indichi i requisiti di forma, nè che esso debba essere riprodotto in atti diversi e successivi, posto che anche gli atti atipici possono rientrare nella categoria dell'atto pubblico. (Nella specie la falsa attestazione è consistita nella sottoscrizione di un verbale nel quale si assume, contrariamente al vero, la presenza di tutti i componenti della commissione).

Cass. pen. n. 2577/2004

Il verbale di riunione del collegio dei docenti rappresenta un atto autonomo e giuridicamente perfetto, a prescindere dalla cosiddetta approvazione, ed integra — ove contenga false attestazioni — il delitto di cui all'art. 479 c.p. (falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici).

Cass. pen. n. 49417/2003

Ai fini della configurazione del reato di falso ideologico in atto pubblico, la nozione di atto pubblico comprende non solo gli atti destinati ad assolvere una funzione attestativa o probatoria esterna, con riflessi diretti ed immediati nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione, ma anche gli atti c.d. interni. Tali devono intendersi sia quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, che quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale — conforme o meno allo schema tipico — ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto corretta la valutazione del giudice di merito che aveva qualificato come atto pubblico la richiesta di un parere, rivolta dal responsabile dell'ufficio tecnico comunale a quello legale, in merito ad una concessione edilizia, in quanto tale atto proveniva da un pubblico ufficiale e investiva un'altra unità operativa comunale del compito di esprimere una valutazione legale, rilevante e decisiva ai fini dell'emanazione del provvedimento di concessione edilizia).

Cass. pen. n. 39065/2003

In tema di reati contro la fede pubblica, anche a seguito del D.L.vo 3 febbraio 1993, n. 29 che ha “privatizzato” il rapporto di pubblico impiego, il cartellino orario e la scheda magnetica che attestano l'attività prestata dai medici nel presidio ospedaliero — equiparabili al foglio di presenza sottoscritto dal pubblico dipendente — costituiscono a tutti gli effetti atto pubblico, in quanto rientrano nell'attività certificativa che determina effetti rilevanti per la Pubblica Amministrazione, sia per quel che concerne la prova della presenza del sanitario sul posto di lavoro, sia in ordine al controllo dell'attività di assistenza sanitaria fornita dall'ente ospedaliero, preordinato a garantire un grado sufficiente di prestazioni sanitarie, quale espressione di una funzione considerata essenziale dallo Stato e dalla Regione. Ne consegue che integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.) la condotta del medico ospedaliero che — facendo timbrare o “smarcando” le schede marcatempo — abbia attestato di essere presente in ospedale in orari in cui, invece, era assente.

Cass. pen. n. 26994/2003

In tema di falsità documentale, la condotta del pubblico ufficiale che autentichi la sottoscrizione apposta su un foglio bianco, riempito solo successivamente da altri inserendovi una scrittura tra privati, integra il delitto di cui all'art. 479 c.p. (oltreché l'eventuale concorso nel reato di cui all'art. 486 c.p., quando la scrittura inserita sia diversa da quella pattuita), in quanto viene falsamente certificata la relazione della sottoscrizione con una determinata scrittura, in realtà non ancora venuta ad esistenza. (Sulla base di tale principio la Corte ha ritenuto che riguardi un reato procedibile d'ufficio, e risulti dunque punibile indipendentemente dalla proposizione di querela per i fatti attribuiti al calunniato, la falsa accusa, rivolta ad un notaio, d'avere autenticato una sottoscrizione su foglio in bianco, solo in seguito abusivamente riempito da terzi).

Cass. pen. n. 22021/2003

In caso di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, che, ai fini del conseguimento di una concessione in sanatoria, attesti falsamente la data di ultimazione delle opere edilizie eseguite, il dichiarante si rende autore diretto di falso, ai sensi dell'art. 483 c.p., ma non può, al tempo stesso, ritenersi, a norma degli artt. 48 e 480 (o 479) c.p., autore indiretto o mediato della falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale che rilasci la concessione in sanatoria sul presupposto di quella falsa attestazione. Ed infatti, salvo autonomo accertamento, a cura del sindaco, della verità del fatto dichiarato dal privato, la concessione anzidetta è intesa ad accertare l'esistenza non già di quello stesso fatto, bensì dell'atto pubblico nel quale sia stata trasfusa la dichiarazione sostitutiva allegata alla richiesta del privato. (Nel caso di specie, la S.C. ha annullato senza rinvio la sentenza di appello che, riformando la pronuncia assolutoria del primo giudice, aveva condannato l'imputato sia per il reato di cui all'art. 483 che per quello di cui agli artt. 48-479 c.p.)

Cass. pen. n. 21355/2003

La bolletta doganale di importazione ha natura di atto pubblico e costituisce fattispecie documentale a formazione progressiva in quanto trae origine dalla dichiarazione di parte — formata dall'interessato e presentata nei modi e alle condizioni di legge (art. 56 e 57 D.P.R. n. 43 del 1973), a cura dello spedizioniere doganale o da un suo procuratore — e si perfeziona, dopo i dovuti controlli, con l'attestazione da parte del pubblico ufficiale — il quale non si limita a recepire le indicazioni del privato, ma effettua sulle stesse una verifica della quale dà atto specificamente — della conformità delle dichiarazioni documentali alla situazione riscontrata. Ne consegue che ricorre il delitto di cui agli articoli 48 e 479 c.p. ogni qualvolta la falsità delle attestazioni compiute dal funzionario dell'amministrazione doganale sia dovuta all'induzione in errore operata dal privato.

Cass. pen. n. 20073/2003

Ricorre il reato di falso ideologico in atto pubblico nell'ipotesi di atto a contenuto dispositivo nel quale la parte descrittiva, nel documentare una certa realtà, quale necessario presupposto delle relative determinazioni, attesta l'esistenza di una situazione di fatto o di diritto contraria al vero; in tal modo, si genera su di essa l'affidamento dei terzi, in quanto si tratta di attestazione fidefacente proveniente da un pubblico ufficiale (nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato le statuizioni penali di condanna a carico di alcuni componenti di una giunta comunale che avevano disposto la proroga del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sul presupposto giustificativo che la relativa discarica avesse raggiunto un soddisfacente grado di efficienza, benché le condizioni di grave precarietà della stessa fossero state già riscontrate in sede amministrativa e giudiziaria).

Cass. pen. n. 12789/2003

A seguito della privatizzazione del pubblico impiego, i fogli di presenza per attestare l'orario d'inizio e di fine dell'attività lavorativa e il registro dei permessi non possono essere considerati atti pubblici, in quanto documentano una tipologia di dati che rilevano in via diretta ed immediata unicamente ai fini della retribuzione ovvero del regolare svolgimento della prestazione di lavoro e solo indirettamente perseguono finalità pubblicistiche di controllo sul regolare svolgimento del servizio nel suo complesso; ne consegue che, nel caso di false annotazioni su tali documenti, deve escludersi la sussistenza del reato di falsità ideologica di cui all'art. 479 c.p. (nell'affermare tale principio, la Corte ha precisato che la privatizzazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti — nella specie si trattava di due impiegati dell'ufficio delle imposte dirette — impone di distinguere gli atti che sono espressione della pubblica funzione o del pubblico servizio, direttamente strumentali al conseguimento degli obiettivi dell'ente pubblico, da quelli strettamente attinenti alla prestazione lavorativa, rilevanti esclusivamente sul piano contrattuale).

Cass. pen. n. 7390/2003

La falsa dichiarazione resa dal privato al funzionario doganale, in relazione alla merce trasportata, configura il reato di falso ideologico di cui agli artt. 48 e 479 c.p., non solo nell'ipotesi in cui sia stata omessa l'ispezione, ma anche nel caso in cui il funzionario abbia proceduto ad una visita parziale delle merci, a seguito della quale abbia rilasciato la dichiarazione di conformità in relazione alla merce non ispezionata e risultata, successivamente, non conforme al dichiarato, trattandosi di una condotta diretta a provocare il rilascio di una falsa attestazione del pubblico ufficiale, in conseguenza dell'induzione in errore provocata dalla falsa dichiarazione dell'interessato.

Cass. pen. n. 5391/2003

È configurabile il reato di falsità ideologica, previsto dall'art. 479 c.p., nella condotta del pubblico impiegato che inserisca la scheda magnetica (c.d. badge) di un altro dipendente nell'apposita apparecchiatura elettronica predisposta dall'amministrazione di appartenenza per la rilevazione ed il controllo dell'entrata nel luogo di lavoro, attestando in tal modo falsamente l'orario di ingresso e la durata della prestazione lavorativa svolta.

Cass. pen. n. 3942/2003

Le relazioni di servizio formate dagli ufficiali od agenti di polizia giudiziaria, poiché destinate ad attestare che il pubblico ufficiale ha espletato una certa attività, o che determinate circostanze sono cadute nella sua diretta percezione, costituiscono agli effetti della legge penale atti pubblici fidefacienti.

Cass. pen. n. 2024/2003

In tema di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.), costituisce atto pubblico il documento redatto dal sanitario di guardia medica di emergenza territoriale che, intervenuto su richiesta del privato, descriva le operazioni compiute, quale mandatario della struttura pubblica.

Cass. pen. n. 38846/2002

È atto pubblico, nel caso di opere commissionate dalla pubblica amministrazione, il registro contabile dei lavori di appalto, in quanto documento tenuto dal direttore dei lavori circa i fatti di cui forma attestazione in vista del conto finale e dunque della regolazione del credito dell'appaltatore nei confronti dell'amministrazione.

Cass. pen. n. 31696/2001

Ai fini della configurabilità del delitto di falso in atto pubblico di cui all'art. 479 c.p., il registro cronologico degli effetti cambiari dell'ufficiale giudiziario costituisce atto pubblico, anche se difetta della sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale, poiché questa non è requisito essenziale del documento e l'atto è pacificamente riferibile al pubblico ufficiale da cui è formato. (Fattispecie in tema di registro cronologico degli effetti cambiari — c.a. mod. «D» — informatizzato).

Cass. pen. n. 13623/2001

A seguito della abrogazione dell'art. 2 della legge 4 gennaio 1968, n. 15 (disposta dall'art. 3, comma 10 della legge 15 maggio 1997, n. 127), la sottoscrizione della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà non necessita più di autenticazione; ne consegue che il venir meno della antigiuridicità del fatto trasforma il falso punibile in falso innocuo, in quanto inidoneo a vulnerare l'interesse tutelato dalla genuinità del documento e non più idoneo a conseguire uno scopo antigiuridico, nonché irrilevante ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza con la quale un notaio era stato condannato per il delitto ex art. 479 c.p. per avere falsamente attestato essere avvenuta in sua presenza la sottoscrizione in calce a richiesta di rilascio di un passaporto).

Cass. pen. n. 12685/2000

Configura il reato ex art. 479 c.p. la realizzazione di opere pubbliche difformi da quelle indicate nella descrizione di «stato di avanzamento dei lavori», il quale riveste natura di atto pubblico, anche qualora si sia agito nella convinzione che la variante relativa alle opere difformi sarebbe stata approvata ed anche qualora si sia provveduto alla contabilizzazione degli importi relativi allo stato di avanzamento in «partita provvisoria». (Nel caso di specie la Corte ha rigettato i ricorsi degli imputati, direttori dei lavori di un complesso sportivo comunale polivalente, i quali procedevano alla realizzazione dei lavori contemplati in un progetto di variante da loro presentato e successivamente rigettato dal Coreco, omettendo di provvedere ad alcune opere previste nell'originario progetto).

Cass. pen. n. 11230/2000

Il reato di falsità ideologica in atti pubblici è configurabile anche con riguardo ad atti dispositivi o negoziali della pubblica amministrazione qualora questi, oltre a contenere una manifestazione di volontà, si riferiscono ad una precisa situazione, della cui esistenza fanno indirettamente fede. Tale situazione è necessariamente presupposta quando il provvedimento non può essere emanato senza la sua ricorrenza: l'atto stesso allora di per sè rigenera un affidamento su quest'ultima. Quando invece l'adozione del provvedimento risulta rimessa della legge ad apprezzamento così discrezionale per cui non sono state determinate preventivamente le situazioni che possono causarlo, occorre che testualmente l'atto enunci il presupposto della sua emanazione onde fare pubblicamente fede dell'esistenza di tale presupposto. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto che si dovesse ravvisare il falso ideologico in atti pubblici nella delibera con cui i funzionari di una Usl avevano stipulato un contratto di leasing di macchine fotocopiatrici sulla base di offerte contraffatte).

Cass. pen. n. 10543/2000

Il pubblico ufficiale, che nell'esercizio delle sue funzioni forma uno o più atti falsi, utilizzando, a tale scopo, mezzi della pubblica amministrazione (materiale cartaceo, stampante, sigillo) risponde del solo delitto di falsità in atto pubblico perché il nucleo essenziale della sua condotta si esaurisce in ciò. Non è configurabile anche il delitto di peculato, in relazione al materiale e agli strumenti di cui illecitamente si è servito, difettando, a quest'ultimo proposito, o gli estremi dell'appropriazione, intesa come sottrazione della cosa alla possibilità di godimento e di disposizione da parte della stessa pubblica amministrazione, o l'oggetto stesso della appropriazione, a causa della totale mancanza o della estrema esiguità del valore della cosa.

Cass. pen. n. 8377/2000

Le false attestazioni integranti il falso ideologico ex art. 479 c.p., qualora recepite in un ulteriore atto, non sono addebitabili ex art. 48 c.p. all'autore delle stesse in quanto la condotta di quest'ultimo, ormai consumata, rimane immutata, né si realizza diversa offesa al bene tutelato dall'art. 479 c.p., posto che il falso in atto pubblico è punito a prescindere dall'uso che di quest'ultimo possa essere fatto.

Cass. pen. n. 4894/2000

Il notaio che falsamente attesti che la firma è stata apposta da colui che appare esserne l'autore, previa identificazione, risponde del delitto di cui all'art. 479 c.p.; egli si rende colpevole del reato di falso ideologico in certificato, di cui all'art. 480 c.p., se falsamente attesta la veridicità della sottoscrizione, senza fare menzione di attività da lui compiute o percepite.

Cass. pen. n. 3760/2000

Il giudizio di percentualizzazione del grado di invalidità del paziente, emesso da una commissione medica, consistendo in un atto di valutazione cui l'esaminatore perviene attingendo alle sue conoscenze scientifiche e tecniche, non può essere affetto da falsità ideologica ai sensi dell'art. 479 c.p. (Nella fattispecie, la Corte, rilevando che ai componenti della commissione veniva contestata la non corretta determinazione del grado di invalidità, e non la assoluta insussistenza della stessa, ha osservato che ad essi non poteva essere mosso il rimprovero di avere disatteso criteri di accertamento e valutazione normativamente predeterminati, ma quello di avere classificato la menomazione del paziente in un livello più elevato rispetto a quello effettivo. Tale comportamento, eventualmente riconducibile, a seconda dei casi, ad altre fattispecie criminose, quali quella ex artt. 321 o 319 c.p., non rientra nei ridotti confini del paradigma normativo di cui all'art. 479 c.p.).

Cass. pen. n. 3349/2000

Il delitto di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico e quello di abuso d'ufficio offendono beni giuridici distinti; il primo, infatti, mira a garantire la genuinità degli atti pubblici, il secondo tutela l'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione. Pertanto, mentre tra gli stessi ben può sussistere nesso teleologico (in quanto il falso può essere consumato per commettere il delitto di cui all'art. 323 c.p.), la condotta dell'abuso d'ufficio certamente non si esaurisce in quella del delitto di falso in atto pubblico né coincide con essa.

Cass. pen. n. 209/2000

L'ingegnere esercente la libera professione nominato collaudatore dell'opera in virtù della legge della Regione Campania n. 9 del 1983 svolge una funzione pubblica preordinata alla formazione della volontà della Pubblica Amministrazione. Ne consegue che la falsa attestazione, nel certificato di collaudo, della conformità dei lavori di riparazione di un edificio alla normativa antisismica configura l'ipotesi criminosa di cui all'art. 479 c.p.

Cass. pen. n. 1963/2000

Il dolo nel delitto di falso in atto pubblico non è “in re ipsa”. Esso, al contrario, va sempre rigorosamente provato e va escluso tutte le volte in cui la falsità risulti essere oltre o contro l'intenzione dell'agente, come quando risulti essere semplicemente dovuta ad una leggerezza o ad una negligenza, non essendo previsto nel vigente sistema la figura del falso documentale colposo. (Nella specie la Corte ha ritenuto trattarsi di una negligente applicazione di una prassi amministrativa erronea, e non di falso, la condotta di un tecnico comunale che in più occasioni compilava un atto di consistenza con l'attestazione, non corrispondente al vero, della presenza del Sindaco).

Cass. pen. n. 1938/2000

È configurabile il reato di falsità ideologica in atto pubblico a carico del pubblico dipendente che attesti nei fogli di presenza soltanto l'ora di ingresso e quella di uscita dall'ufficio senza far menzione delle assenze intermedie, atteso che detta attestazione può far erroneamente ritenere che vi sia stata la presenza continuativa in ufficio per tutte le ore di servizio dovute.

Cass. pen. n. 1004/2000

Gli atti redatti da una commissione medica incaricata di accertare lo stato di invalidità civile eventualmente presente nelle persone sottoposte al suo esame, in quanto provenienti da pubblico ufficiale, attestano i risultati degli accertamenti da lui compiuti e possono integrare delitto di falsità ideologica, ex art. 479 c.p. Non ha infatti rilievo il fatto che si tratti di diagnosi implicanti valutazioni, dal momento che, anche la valutazione, quando rappresenti falsamente la realtà, può esser falsa.

Cass. pen. n. 14731/1999

Integra il delitto di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici la falsa attestazione contenuta in uno stato avanzamento lavori (qualora detti lavori siano stati appaltati da un ente pubblico); invero, da un lato, il predetto documento indica il computo metrico dei lavori eseguiti, ad un dato momento, dall'appaltatore ed è pertanto idoneo a costituire prova dei fatti, sulla base della quale gli organi competenti emettono i relativi mandati di pagamento; dall'altro, è indubbia la qualifica di pubblico ufficiale del direttore dei lavori di un'opera pubblica, soggetto che, sottoscrivendo lo stato avanzamento lavori, non solo attesta fatti avvenuti in sua presenza, ma, certifica, comunque il compimento di una attività e la realizzazione di opere eseguite sotto il suo diretto controllo.

Cass. pen. n. 14718/1999

In tema di falso documentale, le attestazioni contenute nel «memoriale di servizio giornaliero» dell'Arma dei Carabinieri, rivestendo il significato di ordine di servizio, ed essendo, successivamente, destinate ad attestare la effettiva esecuzione del predetto ordine da parte del militare cui esso è rivolto, hanno natura di atto pubblico. Devono infatti essere considerati tali, non solo gli atti destinati a spiegare efficacia nei confronti dei terzi, ma anche quelli meramente interni, formati dal pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, al fine di documentare fatti inerenti all'attività da lui svolta ed alla regolarità delle operazioni amministrative cui egli è addetto.

Cass. pen. n. 14283/1999

In tema di falso ideologico in atto pubblico, l'art. 479 c.p. va interpretato nel senso che se il P.U., chiamato ad esprimere un giudizio, è libero anche nella scelta dei criteri di valutazione, la sua attività è assolutamente discrezionale e, come tale, il documento che lo rappresenta non è destinato a provare la verità di alcun fatto. Diversamente se l'atto da compiere fa riferimento implicito a previsioni normative, che dettano criteri di valutazione, si è in presenza di quella che, in sede amministrativa, si denomina discrezionalità tecnica, la quale vincola la valutazione ad una verifica. In tal caso il P.U. esprime pur sempre un giudizio, ma l'atto potrà essere obiettivamente falso se il giudizio di conformità, non sarà rispondente ai parametri cui il giudizio stesso è implicitamente vincolato.

Cass. pen. n. 13939/1999

Non rientra nello schema tipico della falsità ideologica il comportamento di dipendenti dell'Ute consistente nella apposizione del timbro dell'ufficio, con data e numero progressivo, su moduli in bianco di domande di voltura catastale firmate da professionisti roganti, moduli di cui detti dipendenti abbiano fatto scorta per provvedere alla loro attività di «agenzia di fatto», riempendoli di volta in volta a seconda delle esigenze. Tale comportamento non integra neppure la figura del tentativo stante l'assoluta incompletezza del documento, e quindi la sua inidoneità attuale a fare pubblica fede di alcunché; difetta, inoltre, la direzione inequivoca della condotta, tale da denotare oggettivamente un'attitudine dei singoli moduli a realizzare un falso individuato.

Cass. pen. n. 7655/1999

In tema di falso ideologico, quando al pubblico ufficiale che deve redigere l'atto è richiesta dalla norma extrapenale l'affermazione di un risultato, e cioè una manifestazione di giudizio secondo parametri prestabiliti, oggetto dell'attestazione non è il risultato, ma la rispondenza dell'accertamento ad un protocollo o ad una prassi riconosciuta. Pertanto, l'attestazione, contraria al vero, che tale risultato è conseguito sulla base di elementi rispondenti a protocollo o a prassi consolidata, ed in quanto tali adeguati all'applicazione del parametro, integra gli estremi del reato di falso in atto pubblico previsto dall'art. 479 c.p.; se, invece, pur essendo gli elementi valutati rispondenti alla prassi, la diagnosi-prognosi è pervenuta ad un risultato in sé inattendibile, ciò non è indice sufficiente di falsità, pur essendo la divergenza del giudizio espresso da ordinarie aspettative sintomo di falso ideologico, da integrare però con altri indizi concordanti ai fini dell'affermazione di responsabilità. (Fattispecie di annullamento con rinvio in relazione a falsa attestazione del grado di invalidità di un soggetto ed alla sua riconducibilità all'art. 479; la Corte ha chiarito, tra l'altro, che l'attestazione è contraria al vero ad es. nel caso di attestazione compiuta sulla base di radiografia non leggibile, oppure relativa ad altra persona, o non recente o che attesti una menomazione diversa da quella in contestazione).

Cass. pen. n. 7587/1999

In tema di falsità documentale, costituisce atto pubblico ogni documento, anche se non sottoscritto, che contenga attestazioni di verità, suscettibili di produrre effetti giuridici per la pubblica amministrazione, purché ne sia agevolmente identificabile il soggetto che lo ha formato. Pertanto, poiché con l'inserimento nella apposita apparecchiatura della scheda magnetica in sua dotazione, il dipendente attesta attività di natura pubblicistica, direttamente da lui compiuta (ingresso nel luogo di lavoro), hanno sicuramente natura di atto pubblico tanto la suddetta scheda, quanto il tabulato riportante il risultato delle rilevazioni elettroniche del contenuto delle predette schede.

Cass. pen. n. 7581/1999

Il delitto di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico e quello di abuso di ufficio offendono beni giudici distinti; il primo, infatti, mira a garantire la genuinità degli atti pubblici, il secondo tutela la imparzialità ed il buon andamento della pubblica amministrazione. Pertanto, mentre tra gli stessi ben può sussistere nesso teleologico (in quanto il falso può essere consumato per commettere il delitto di cui all'art. 323 c.p.) la condotta dell'abuso di ufficio certamente non si esaurisce in quella del delitto di cui all'art. 479 c.p., né coincide con essa. (Fattispecie in cui la falsa attestazione da parte del tecnico comunale in ordine alla sussistenza dei presupposti legittimanti l'assunzione di lavori di somma urgenza, aveva reso possibile il conferimento dell'incarico a ben determinati soggetti privati, con loro vantaggio patrimoniale e con vantaggio non patrimoniale per gli amministratori, consistente nell'allargamento del consenso elettorale).

Cass. pen. n. 4386/1999

In tema di falsità ideologica in atti pubblici, poiché, tanto il verbale di seduta di laurea, quanto lo stesso diploma di laurea sono atti dispositivi che tuttavia fanno riferimento all'adempimento da parte del candidato di tutte le condizioni stabilite dal regolamento universitario, gli stessi devono ritenersi attestanti l'esistenza di una situazione di fatto costituente il presupposto per il compimento dell'atto stesso; pertanto, nel caso in cui essi siano stati formati o emessi sulla base di documenti e certificati concernenti esami di profitto viziati da falsità materiale e/o ideologica (in quanto relativi a prove di esame mai sostenute), gli stessi vanno definiti ideologicamente falsi.

Cass. pen. n. 4385/1999

In tema di falsità ideologica in atto pubblico, l'elemento soggettivo consiste nel dolo generico, vale a dire nella volontarietà e consapevolezza della falsa attestazione, non essendo richiesto né l'animus nocendi, né l'animus decipiendi, in quanto il delitto è perfetto non solo quando la falsità sia compiuta senza l'intenzione di nuocere, ma addirittura anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno.

Cass. pen. n. 292/1999

L'art. 483 c.p. prevede l'ipotesi in cui il pubblico ufficiale si limita a trasfondere nell'atto la dichiarazione ricevuta, della cui verità risponde il dichiarante in relazione a un preesistente obbligo giuridico di affermare il vero, mentre il pubblico ufficiale risponde soltanto della conformità dell'atto alla dichiarazione ricevuta. Nell'ipotesi, invece, di cui agli artt. 48 e 479 c.p. la falsa dichiarazione viene assunta a presupposto di fatto dell'atto pubblico da parte del pubblico ufficiale che quest'ultimo forma, sicché la dichiarazione stessa non ha alcun rilievo autonomo, in quanto confluisce nell'atto pubblico e integra uno degli elementi che concorrono all'attestazione del pubblico ufficiale, alla quale si perviene mediante false notizie e informazioni ricevute dal privato. (La Corte Suprema ha ritenuto la configurabilità del reato di cui agli artt. 48 e 479 c.p. in una fattispecie in cui era stata presentata al pubblico ufficiale la falsa attestazione sullo svolgimento di attività lavorativa in Italia da parte di cittadino extracomunitario, essendo tale attività lavorativa presupposto di fatto per il rilascio del permesso di soggiorno).

Cass. pen. n. 3552/1999

In tema di falso ideologico in atto pubblico, con riferimento alle diagnosi ed alle valutazioni compiute dal medico, va ritenuto che anche tali giudizi di valore, al pari degli enunciati in fatto, possono essere falsi. Sicché, nell'ambito di contesti che implichino l'accettazione di parametri valutativi normativamente determinati o tecnicamente indiscussi, le valutazioni formulate da soggetti cui la legge riconosce una determinata perizia possono non solo configurarsi come errate, ma possono rientrare altresì nella categoria della falsità: ciò in quanto, laddove il giudizio faccia riferimento a criteri predeterminati, esso è un modo di rappresentare la realtà analogo alla descrizione o alla constatazione (enunciati pacificamente falsificabili, quantunque, rispetto a tali categorie della conoscenza logica, esso dipende in maggior misura dal grado di specificità dei criteri di relazione). Ne consegue, pertanto, che può dirsi falso l'enunciato valutativo che contraddica criteri indiscussi o indiscutibili e sia fondato su premesse contenenti false attestazioni.

Cass. pen. n. 6383/1999

È qualificabile come atto pubblico, ai fini penalistici, il permesso di soggiorno rilasciato allo straniero dalla competente autorità italiana. Ne consegue che risponde di falso ideologico in atto pubblico, ai sensi del combinato disposto degli artt. 48 e 479 c.p., il privato che, mediante false dichiarazioni di disponibilità ad assumere come dipendenti cittadini stranieri extracomunitari, faccia sì che i competenti organi della pubblica amministrazione, in tal modo tratti in inganno circa la sussistenza della condizione prevista dalla legge, costituita dall'esistenza di valide prospettive di lavoro, rilascino indebitamente il permesso in questione.

Cass. pen. n. 1399/1999

In tema di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici, poiché l'accertamento del contenuto della attestazione, riguarda non solo la formulazione espressa (a volte «neutra» a volte «ambigua») ma anche i suoi presupposti necessari, e cioè le c.d. attestazioni implicite, quando una determinata attività del P.U., non menzionata nell'atto, costituisce indefettibile presupposto di fatto o condizione normativa dell'attestazione, deve logicamente farsi riferimento al contenuto o tenore implicito necessario dell'atto stesso. Ne consegue che nell'ipotesi in cui il notaio falsamente attesti che il soggetto stipulante possiede i requisiti di legge in termini di capacità mentale è configurabile il delitto di falsità ideologica non con riferimento a questa dichiarazione, ma all'implicita attestazione, non rispondente al vero, di avere preventivamente svolto un'attività di accertamento o di controllo con le modalità previste dalla legge.

Cass. pen. n. 1051/1999

Ai reati di falso sono estranee le nozioni di danno e di profitto, bastando al perfezionarsi del reato il mero pericolo che dalla contraffazione o dall'alterazione possa derivare alla fede pubblica, che è l'unico bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice. Pertanto a nulla rileva ai fini della sussistenza del reato che la immutatio veri sia stata commessa non solo senza l'animus nocendi vel decipiendi ma anche con la certezza di non produrre alcun danno, essendo sufficiente che la falsificazione sia avvenuta consapevolmente e volontariamente. (Fattispecie in tema di falso ideologico realizzato in una relazione di perizia da parte del responsabile di un ufficio tecnico comunale).

Cass. pen. n. 6890/1998

I rendiconti dei custodi giudiziari, nei quali si attesta falsamente il compimento di sopralluoghi ai fini del rimborso spese, costituiscono atti pubblici originali in quanto tendono alla rilevazione e alla dimostrazione del risultato di una gestione e non semplici attestati, come nella parte in cui sinteticamente attestano il contenuto degli atti ad essi allegati.

Cass. pen. n. 6871/1998

Il certificato di morte rilasciato dal sanitario, in virtù del regolamento di polizia mortuaria, è un atto pubblico, perché è espressione della funzione attestatrice dell'accertamento diretto del sanitario ed ha, nel contempo, una funzione costitutiva, perché preordinata al rilascio dell'autorizzazione alla sepoltura, autorizzazione che è a sua volta subordinata non solo all'accertamento della morte, ma anche alla verifica dell'inesistenza di condizioni che potrebbero giustificare interventi dell'Autorità sanitaria ovvero di quella giudiziaria.

Cass. pen. n. 2956/1998

Integra il delitto di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico (art. 479 c.p.) la falsa attestazione effettuata dal responsabile di un laboratorio convenzionato con il S.S.N. sui prospetti riepilogativi delle analisi eseguite trasmessi mensilmente alla U.S.L.; il medico convenzionato è infatti un pubblico ufficiale, perché concorre a formare la volontà della pubblica amministrazione in materia di assistenza sanitaria, esercitando in sua vece poteri autoritativi e certificativi, ed i prospetti riepilogativi predetti hanno la natura di atti pubblici, essendo destinati ad attestare il regolare espletamento di accertamenti sanitari e costituendo, nel contempo, titolo in forza del quale sorge in favore del titolare della convenzione il diritto al pagamento delle prestazioni documentate.

Cass. pen. n. 1575/1998

Costituisce atto pubblico la lettera con la quale il sindaco risponde ad una formale richiesta di informazioni rivolta all'ufficio comunale, quando essa comporti una attività valutativa e ricognitiva da parte del pubblico ufficiale redigente. (Affermando il principio di cui in massima la Corte ha ritenuto integrato il reato di falso nelle non veritiere informazioni date in risposta al privato sulla conformità di un manufatto alle prescrizioni in materia urbanistica. La Corte ha escluso che tale risposta potesse essere considerata alla stregua di un atto privato o anche di un certificato amministrativo, implicando non una mera attività di consultazione di atti preesistenti, ma una attività valutativa e ricognitiva realizzata, nel caso di specie, anche tramite un sopralluogo).

Cass. pen. n. 4325/1998

Il delitto di falso ideologico (art. 479 c.p.) è astrattamente configurabile anche negli atti dispositivi, allorché l'attestazione di sussistenza di una determinata situazione di fatto non sia conforme a verità e pertanto è ipotizzabile anche con riferimento al rilascio di una patente di guida con riguardo all'attestazione, contraria al vero, dell'avvenuto regolare superamento dell'esame teorico, pur non menzionato nell'atto ma costituente indefettibile verifica demandata al pubblico ufficiale. (Fattispecie in tema di sequestro probatorio della patente di guida quale corpo di reato).

Cass. pen. n. 11867/1997

L'autenticazione di firma è atto tipico del notaio o altro P.U., disciplinato dall'art. 2703 c.c., quale sostitutivo del suo riconoscimento da parte dell'autore. Essa, secondo quanto previsto dal secondo comma dell'art. citato, consiste nella attestazione da parte del P.U. che la sottoscrizione di un atto è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità del sottoscrivente. Compie perciò falso ideologico punibile a norma dell'art. 479 c.p. il notaio che, ricevendo l'atto per cui è richiesta l'autenticazione della firma, attesti contrariamente al vero che la firma è stata apposta in sua presenza, da persona della cui identità si è fatto certo. Solo la falsità in attestazione atipica, e cioè non consistente nell'attestazione di cui all'art. 2703 c.c., potrebbe integrare la più lieve ipotesi prevista dall'art. 480 c.p., relativa solo alla provenienza della sottoscrizione.

Cass. pen. n. 7295/1997

In materia di responsabilità degli amministratori (in senso lato) degli enti pubblici economici, occorre accertare, di volta in volta, se gli atti sono stati posti in essere nell'ambito della gestione privatistica dell'attività imprenditoriale ovvero quali indicazioni di esercizio di poteri autoritativi di autorganizzazione ovvero di funzioni pubbliche svolte in sostituzione dell'amministrazione dello Stato o di pubbliche potestà. (Nella fattispecie, relative a false attestazioni da parte del direttore generale delle Ferrovie dello Stato, la Corte ha precisato che, per la corretta individuazione della nozione di atto pubblico, ai fini della configurabilità del reato di falso ideologico di cui all'art. 479 c.p., non ha rilevanza la distinzione tra atti per uso interno ed atti destinati a spiegare efficacia nei confronti del pubblico, perché anche i primi possono avere valenza probatoria in relazione all'attività compiuta dal pubblico ufficiale, attività che si pone come necessario passaggio di un più complesso ed articolato iter amministrativo. Infatti, costituisce atto pubblico e, quindi, tutelato come tale, qualunque documento proveniente da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni e destinato ad inserirsi con contributo di conoscenza o di determinazione in un procedimento della pubblica amministrazione).

Cass. pen. n. 6793/1997

La falsità realizzata mediante l'indicazione, sul foglio di presenza del personale di una pubblica amministrazione, di una determinata ora di cessazione dal servizio diversa da quella reale, ancorché relativa ad una divergenza di soli quindici minuti, non può essere considerata inutile o innocua, perché è finalizzata a far apparire la presenza di un soggetto sul luogo di lavoro in un momento in cui lo stesso se ne è già allontanato; non può avere alcun rilievo, infatti, ai fini della configurabilità del reato, la maggiore o minore ampiezza temporale della falsità e cioè della divergenza tra la prestazione lavorativa reale e quella apparente, a meno che tale divergenza non si traduca in una insignificante ed inconsistente entità temporale, non suscettibile di seria valutazione ed inidonea a ledere o a mettere in pericolo l'interesse alla veridicità del mezzo di prova. (Nella specie la Corte ha precisato che la divergenza di quindici minuti postula di per sé, proprio perché si traduce in un'apprezzabile frazione dell'ora, un danno o un pericolo di danno tale da non escludere la falsa rappresentazione della realtà, che può rilevare non solo nei rapporti interni fra ente pubblico e dipendente ma anche in quelli esterni).

Cass. pen. n. 5495/1997

Perché sia configurabile un falso ideologico, è necessario che l'attestazione provenga dal suo autore apparente, sia cioè genuina, in quanto è irrilevante se sia veridico o meno un atto materialmente falso.

Cass. pen. n. 5322/1997

In tema di falso ideologico, se il fatto denunziato non è vero, e dunque la denunzia è falsa, tale falsità si trasmette all'attestazione di ricezione, destinata a provare la verità di una genuina denunzia di reato in relazione ai possibili rapporti conseguenziali anche nei confronti dei terzi; pertanto la consapevolezza, da parte del pubblico ufficiale ricevente, di quella originaria falsità (perché orchestrata insieme al denunciante) comporta il perfezionamento, sotto il profilo soggettivo, dell'astratta fattispecie del reato proprio ipotizzato dall'art. 479 c.p., con il concorso dell'estraneo.

Cass. pen. n. 433/1997

L'attestazione notarile di autentica di una firma nella quale il notaio dichiari di conoscere di persona la persona presente è falsa se tale dichiarazione è basata esclusivamente sulla produzione al notaio del documento di identità e quindi questi deve rispondere del reato di falso ideologico.

Cass. pen. n. 2529/1997

Le attestazioni della concessione edilizia in ordine allo stato dei luoghi interessati dall'edificazione rappresentano un elemento essenziale della stessa, nel cui contenuto vengono incorporate, trattandosi di un presupposto indispensabile per l'emanazione dell'atto. Pertanto, qualora venga allegata, a corredo di una richiesta di concessione edilizia, una planimetria redatta da un professionista qualificato, che assolva alla funzione di fornire alla pubblica amministrazione un'esatta informazione sulla natura del terreno concernente l'erigendo manufatto, la medesima non potrà che essere ritenuta parte integrante dell'atto pubblico costitutivo del diritto di edificare; ne deriva che qualora detta planimetria rappresenti falsamente lo stato dei luoghi e l'amministrazione competente sia indotta in errore in ordine a tale situazione di fatto che, se fosse stata attestata conformemente al vero, avrebbe rappresentato un impedimento all'accoglimento della richiesta di concessione, il privato istante deve ritenersi punibile ai sensi dell'art. 479 c.p. in relazione all'art. 48 c.p.

Cass. pen. n. 790/1997

Ha natura di atto pubblico il registro di classe, che, pur non identificandosi con il registro del professore, costituisce dotazione obbligatoria in ciascuna classe ed è destinato a fornire la prova di fatti giuridicamente rilevanti e a documentare avvenimenti relativi all'amministrazione scolastica e in particolare a far fede erga omnes, quale attestazione di verità, dell'attività svolta in classe dall'insegnante. (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto corretta la configurabilità del delitto di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, ex art. 479 c.p., in un caso in cui il registro di classe attestava che l'insegnamento di diritto e scienza delle finanze era stato tenuto da un insegnante diverso da quello che lo aveva effettivamente tenuto).

Cass. pen. n. 4132/1997

Il reato di falso ideologico postula che il documento, attestante l'immutatio veri, sia perfetto nel suo tenore letterale, giuridico e nella sua funzione probatoria. Un atto incompleto, firmato in bianco o non contenente tutte le indicazioni richieste per produrre effetti giuridici, necessarie ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio, è privo di contenuto, del cosiddetto tenore di documento e non è suscettibile di apprezzamento penale per la non concludente indeterminatezza delle manifestazioni di verità. Venendo in considerazione, peraltro, un reato istantaneo di pericolo, che non ammette un iter criminis, non è configurabile il tentativo neppure nella consegna dell'atto da parte del pubblico ufficiale al privato, in quanto la possibilità di agevole completamento è un'evenienza di consumazione che non serve a rendere penalmente rilevanti, sub specie di falso, gli atti preparatori anteriori. Questi atti possono essere apprezzati, però, se inquadrati nel delitto previsto dall'art. 323 c.p. che punisce l'attività commissiva o omissiva del pubblico ufficiale e dell'incaricato di pubblico servizio che, avvalendosi illegittimamente dei mezzi messigli a disposizione dalla pubblica amministrazione e delle facoltà attribuitegli dall'ordinamento giuridico, viola i principi di legalità e di buona amministrazione e strumentalizza l'ufficio o il servizio, a proprio vantaggio non patrimoniale oppure a vantaggio patrimoniale altrui, con atti e comportamenti diretti oggettivamente a superare, frustrare o alterare le finalità funzionali perseguite dalla norma. In conseguenza, va qualificato, non come falso ideologico, ma come abuso di ufficio, per la parte che ha autonoma compiutezza storica e giuridica, il fatto del medico veterinario dell'unità sanitaria locale che, dovendo istituzionalmente eseguire controlli sulla carne commercializzata da un'azienda, sottoscrive e consegna all'imprenditore i moduli predisposti per le verifiche, senza data e senza indicazione dell'ora e del giorno del controllo e della qualità e quantità del bene da controllare, di guisa che il privato abbia la possibilità, in un momento successivo, specificando ad nutum le indicazioni genericamente riportate negli stampati, di fare apparire reali e positive le verifiche mai effettuate in ordine allo stato di conservazione della carne trasportata.

Cass. pen. n. 10031/1996

Il reato di falsità ideologica in atti pubblici è configurabile anche con riguardo ad atti dispositivi o negoziali della pubblica amministrazione qualora questi, oltre a contenere una manifestazione di volontà, si riferiscono ad una precisa situazione, della cui esistenza fanno indirettamente fede. Tale situazione è necessariamente presupposta quando il provvedimento non può essere emanato senza la sua ricorrenza: l'atto stesso allora di per sé rigenera un affidamento su quest'ultima. Quando invece l'adozione del provvedimento risulta rimessa dalla legge ad apprezzamento così discrezionale per cui non sono state determinate preventivamente le situazioni che possono causarlo, occorre che testualmente l'atto enunci il presupposto della sua emanazione onde fare pubblicamente fede dell'esistenza di tale presupposto. (Affermando siffatti principi la Cassazione ha escluso la ricorrenza del reato di falso ideologico in una delibera comunale di variazione degli indici di fabbricabilità nella quale non si attesta alcuna mendace situazione atta a suffragarla, non essendo d'altro canto lo stesso condizionato dalla legge alla ricorrenza di specifici determinati presupposti. Nella fattispecie in questione l'assenza di interessi pubblici atti a legittimare la variazione è stata ritenuta rilevante ai fini della ricorrenza del reato di abuso di ufficio).

Cass. pen. n. 9950/1996

Nel falso ideologico in atto pubblico il bene tutelato è quello dell'affidamento che chi prende cognizione dell'atto fa nella corrispondenza al vero della informazione che l'atto contiene, secondo il significato comunemente dato alle espressioni utilizzate in quel determinato contesto. Non è perciò necessario, perché il falso assuma rilevanza penale, né la determinazione di un danno ulteriore per l'amministrazione né il pregiudizio derivante dalla lesione dell'interesse probatorio connesso all'oggetto materiale della condotta di falsificazione. Deve perciò rispondere di tale reato il responsabile di un consorzio autonomo di porto che attesti falsamente, sottoscrivendo lo stato di avanzamento di lavori inerenti al porto e aggiudicati con la procedura degli appalti pubblici, che sono stati eseguiti dalla ditta appaltatrice lavori in effetti già realizzati in precedenza da altra ditta indipendentemente dall'appalto in essere anche se da tale falsa attestazione non sia derivato in concreto alcun danno patrimoniale per l'amministrazione.

Cass. pen. n. 9192/1996

Il reato di falso ideologico per omissione non può riguardare l'atto nella sua interezza assumendo rilevanza l'omissione che riguardi un singolo enunciato significativo di un atto che tuttavia, nel suo complesso, deve essere formato. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha escluso che costituisse falso ideologico per omissione la mancata timbratura, da parte di un medico di una struttura pubblica, del cartellino segnatempo in occasione di temporanei allontanamenti dall'ospedale dovendosi ritenere ogni singola annotazione sul cartellino atto autonomo e non parte di un atto complessivo attestante la ininterrotta permanenza in ospedale del sanitario).

Cass. pen. n. 7719/1996

In materia di falsità ideologica, il cartellino segnatempo, non può essere considerato un documento rappresentativo di un unitario atto di attestazione delle ore di effettiva presenza del pubblico funzionario in ufficio. Deve piuttosto ritenersi che il documento rappresenti tanti distinti atti di attestazione, ciascuno relativo alle ore di ingresso e di uscita dall'ufficio, come dimostra il fatto che in alcuni pubblici uffici il funzionario è tenuto a compilare periodicamente schede riepilogative nelle quali attesta ex novo le ore di lavoro complessivamente prestate. Ne consegue che la mancata timbratura del cartellino in occasione di un temporaneo allontanamento del funzionario non dà luogo alla reticente formulazione di un atto pubblico unitario, tale da tradursi in una falsa rappresentazione della realtà; ma è semplicemente l'omissione del compimento dell'atto, l'omissione di una delle molteplici autonome attestazioni che debbono essere documentate nel cartellino segnatempo.

Cass. pen. n. 2725/1996

Il reato di falsità ideologica in atto pubblico è configurabile anche con riguardo ad un atto dispositivo legittimato da determinate condizioni, qualora queste ultime vengano falsamente attestate. Né rileva che il presupposto del documento possa essere altrimenti provato; invero l'art. 479 c.p. non postula che l'atto debba costituire prova esclusiva e non superabile del fatto attestato e neppure che la finalità in questione sia quella primaria ed unica dell'atto stesso.

Cass. pen. n. 2222/1996

I delitti di falso sono reati di pericolo in ordine all'interesse, alla genuinità ed alla veridicità del documento nel quale si sostanzia l'interesse probatorio e non in relazione ad eventuali danni patrimoniali; ne consegue che, anche nel caso in cui l'interesse alla veridicità di un documento e la sua funzione probatoria sottendono o sono funzionali ad aspettative economiche o patrimoniali od a prospettive di vantaggio, non per questo il delitto di falso si snatura e diventa reato contro il patrimonio. (Nella fattispecie si trattava di falso ideologico nel registro cronologico per i protesti cambiari, e la Suprema Corte ha ribadito la natura di atto pubblico di tale documento).

Cass. pen. n. 6004/1996

Per la corretta individuazione della nozione di atto pubblico ai fini della configurabilità del reato di falso ideologico di cui all'art. 479 c.p. non ha rilevanza la distinzione tra atti per uso interno ed atti destinati a spiegare efficacia nei confronti del pubblico, perché anche i primi possono avere valenza probatoria in relazione all'attività compiuta dal pubblico ufficiale, la quale si pone come necessario passaggio di un più complesso ed articolato iter amministrativo.

Cass. pen. n. 147/1996

Risponde del delitto di falso ideologico in atto pubblico il notaio che attesti falsamente nel verbale dell'assemblea di una società cooperativa a responsabilità limitata che la proposta di chiudere l'assemblea stessa era stata approvata all'unanimità, mentre otto soci avevano votato contro. (Fattispecie relativa al verbale di assemblea dei soci della Cassa rurale e artigiana di Riano).

Cass. pen. n. 10508/1995

È atto pubblico quello caratterizzato (in via congiuntiva o alternativa) dalla produttività di effetti costitutivi, traslativi, dispositivi, modificativi o estintivi di situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicitaria; o caratterizzato anche dall'attestazione di attività direttamente compiute dal pubblico ufficiale che redige l'atto, o comunque dall'attestazione di fatti avvenuti in sua presenza o da lui percepiti. In tal senso, la cosiddetta «nota di missione» — presupposto imprescindibile per il riconoscimento del diritto all'indennità — costituisce atto pubblico, poiché con essa il pubblico ufficiale (o il pubblico impiegato incaricato di un pubblico servizio, ai sensi dell'art. 493 c.p.), nell'esercizio delle sue funzioni o attribuzioni — tra le quali quella di richiedere l'indennità per missioni effettuate — attesta attività direttamente da lui compiute. (Fattispecie in tema di falsa attestazione compiuta da impiegati dell'Anas, sul modello cat. 5, di aver effettuato missioni mentre invece erano assenti dal servizio per malattia, licenza ordinaria o permesso).

Cass. pen. n. 2091/1995

In tema di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.), sussistono i gravi indizi di colpevolezza di cui all'art. 273 c.p.p., che consentono l'adozione delle misure cautelari, quando taluni funzionari comunali, per bilanciare le anticipazioni di cassa fatte per il pagamento di debiti fuori bilancio riconosciuti, iscrivano nel bilancio preventivo e nel conto consuntivo crediti inesistenti, quali quelli relativi ad immobili di cui sia stata deliberata l'alienabilità, ma che non siano ancora stati venduti. (Fattispecie relativa alla sospensione dall'ufficio adottata nei confronti del ragioniere generale e del dirigente responsabile dell'ufficio «bilancio» del Comune di Potenza, che avevano tenuto la condotta suindicata, designata anche quale «uso improprio» dei cosiddetti residui attivi, ossia di quelle somme accertate e non riscosse entro il termine dell'esercizio).

Cass. pen. n. 9927/1995

In tema di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale o impiegato in atto pubblico (artt. 479 e 493 c.p.), non danno luogo a successioni di leggi penali i mutamenti di regime giuridico che hanno via via interessato l'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, trasformandola dapprima in ente Ferrovie dello Stato (L. n. 210/1985) e poi in società per azioni (delibera CIPE 12 agosto 1992, in esecuzione della L. n. 35/1992 e L. n. 359/1992). L'applicazione del principio di retroattività della legge penale più favorevole, sancito dall'art. 2, comma 3, c.p., presuppone una modifica in via generale - e non in via particolare, riferita al caso concreto - della fattispecie incriminatrice, cioè di quelle norme che definiscono il reato nella sua struttura essenziale e circostanziata, comprese le norme extrapenali che la integrano. Esula quindi dall'istituto la successione di atti o fatti amministrativi che, pure influendo sulla punibilità o meno di determinate condotte, non implica una modifica della norma incriminatrice anche integrativa. Le trasformazioni che hanno interessato l'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato non hanno modificato la fattispecie incriminatrice descritta negli artt. 479 e 493 c.p.

Cass. pen. n. 7898/1995

Risponde del delitto di cui all'art. 479 c.p. il geometra dell'ufficio tecnico comunale che compili ed invii alla Regione una «scheda di controllo paesistico» nella quale, oltre ad indicare una dimensione inferiore a quella reale dell'edificio progettato, ometta di segnalare che sono stati già espressi altri pareri su quel progetto e che la zona interessata dalla costruzione è demaniale e soggetta a vincolo idrogeologico e forestale.

Cass. pen. n. 4169/1995

Deve essere qualificato come tentativo di falsità ideologica il comportamento del pubblico ufficiale che firmi in bianco un'attestazione, delegando altri al riempimento del relativo modulo, qualora siffatto riempimento non abbia avuto luogo.

Cass. pen. n. 2207/1995

In tema di reati di falso, dalla categoria degli atti pubblici — cioè di quegli atti provenienti da coloro ai quali la legge attribuisce pubbliche funzioni, redatti nell'esercizio di tali attribuzioni e destinati, sin dall'origine, a far prova nei rapporti giuridici — vanno distinti i certificati e le autorizzazioni amministrative, per i quali il legislatore ha previsto, in caso di falsificazione, autonome figure di reato. In particolare, i certificati sono atti che, pur provenendo da pubblici funzionari e pur essendo destinati anch'essi alla prova, o hanno natura di documenti «secondari» o «derivati», perché contengono dichiarazioni di scienza (cioè l'attestazione di fatti e dati che sono noti al pubblico ufficiale in quanto provengono da altri documenti ufficiali o dalle sue conoscenze tecniche), ovvero implicano giudizi e valutazioni che, come tali, non possono essere oggetto di documentazione fidefaciente. Le autorizzazioni amministrative, invece, sono atti che documentano quei negozi di diritto pubblico i quali rimuovono, temporaneamente o permanentemente, i limiti imposti dalla legge all'esercizio di un diritto soggettivo o a determinate attività dei singoli. (Fattispecie relativa a certificato rilasciato da medico convenzionato con Usl, riconosciuto titolare di pubbliche funzioni nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, sia pure in virtù di negozio di natura privatistica. Tale certificato riveste qualità di atto pubblico per quelle parti concernenti la provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato e le attestazioni relative all'attività svolta — visita medica — nonché ai fatti avvenuti in sua presenza — presentazione del paziente — o da lui rilevati — eventuali sintomi — ma non anche per la parte relativa al giudizio diagnostico e prognostico, che ha natura di certificato, sia perché è basato sulle conoscenze scientifiche del pubblico ufficiale, sia perché costituisce una valutazione dei fatti accertati, insuscettibile di documentazione fidefaciente. Alla stregua di queste considerazioni, la Suprema Corte ha ritenuto che l'eventuale falsità della diagnosi medica è sussumibile nella figura di reato di cui all'art. 480 c.p. e non in quella di cui all'art. 479 stesso codice).

Cass. pen. n. 1827/1995

Anche nell'atto dispositivo — che consiste in una manifestazione di volontà e non nella rappresentazione o descrizione di un fatto — è configurabile la falsità ideologica in relazione alla parte «descrittiva» in esso contenuta e, più precisamente, in relazione all'attestazione, non conforme a verità, dell'esistenza di una data situazione di fatto costituente il presupposto indispensabile per il compimento dell'atto, a nulla rilevando che tale attestazione non risulti esplicitamente dal suo tenore formale, poiché, quando una determinata attività del pubblico ufficiale, non menzionata nell'atto, costituisce indefettibile presupposto di fatto o condizione normativa dell'attestazione, deve logicamente farsi riferimento al contenuto o tenore implicito necessario dell'atto stesso, con la conseguente irrilevanza dell'omessa menzione (talora scaltramente preordinata) ai fini della sussistenza della falsità ideologica. (Fattispecie relativa a verbale di esame di laurea e a rilascio di diploma di laurea, entrambi atti dispositivi, siccome contenenti l'approvazione del candidato e la sua proclamazione di «dottore», che, facendo riferimento all'adempimento, da parte del candidato stesso, di tutte le condizioni stabilite dal regolamento universitario, sono stati ritenuti ideologicamente falsi in relazione all'attestazione implicita di «verità» di documenti e certificati concernenti esami di profitto viziati di falsità, materiale e/o ideologica, non essendo stati i relativi esami mai sostenuti, pur risultando regolarmente superati).

Cass. pen. n. 9317/1994

È configurabile il reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.) a carico del notaio che consapevolmente ometta di indagare la reale volontà delle parti che compiono un atto di disposizione. Ciò perché l'art. 47, comma 3 della legge notarile 16 febbraio 1913, n. 89 impone siffatta indagine, quale indefettibile presupposto di fatto o condizione normativa dell'attestazione poi effettuata dal notaio, indipendentemente dalla menzione che questi faccia nell'atto dell'indagine stessa. (Fattispecie nella quale una persona novantenne aveva stipulato la cessione di quota ereditaria, essendo convinta di prestare il consenso per una fideiussione).

Cass. pen. n. 8996/1994

Il privato può commettere il reato di cui all'art. 479 c.p. (falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici) solo quale concorrente del pubblico ufficiale, ex art. 117 c.p., ovvero inducendolo in errore, ex art. 48 c.p. Tale ultima ipotesi ricorre soltanto ove le false dichiarazioni del privato siano integrate da un'attestazione del pubblico ufficiale sulla loro intrinseca rispondenza al vero, rientrandosi, invece nell'ambito delle fattispecie previste dagli artt. 483 o 495 c.p. quando la falsa dichiarazione riguarda fatti o qualità personali che il pubblico ufficiale si limita a riportare nell'atto pubblico, senza che rientri nelle sue funzioni di attestarne la veridicità.

L'art. 479 c.p. configura un falso ideologico del pubblico ufficiale a fattispecie multipla e a condotte tipiche. Tutte le ipotesi delittuose dalla norma previste si riferiscono all'attività di attestazione del pubblico ufficiale, ivi compresa la fattispecie relativa alla falsa attestazione di fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, che riguarda fatti diversi da quelli compiuti dal pubblico ufficiale o avvenuti in sua presenza, ma in relazione ai quali rientra nella funzione del pubblico ufficiale di attestare la verità.

Cass. pen. n. 6381/1994

In tema di falsità, costituiscono atti pubblici le attestazioni di riconoscimento di debiti effettuati dal coordinatore sanitario di un'Unità sanitaria locale. (Fattispecie ex art. 479 c.p., nella quale la Suprema Corte ha evidenziato che è innegabile l'efficacia probatoria delle attestazioni compiute dal dirigente dell'Usl, in virtù delle quali il presidente del tribunale, a seguito di ricorso, aveva emesso decreto ingiuntivo nei confronti della stessa Usl).

Cass. pen. n. 5193/1994

Il verbale d'esame di una commissione esaminatrice costituisce atto pubblico di fede privilegiata, poiché forma la prova del rapporto intersoggettivo svolto fra i pubblici ufficiali, quali esaminatori, e lo studente, quale esaminato. Integra, pertanto, il delitto di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.) la sottoscrizione apposta al suddetto verbale da docenti che non abbiano assistito alla prova d'esame. (Fattispecie relativa ad esame presso facoltà universitaria).

Cass. pen. n. 4532/1994

Perché sussista la falsità ideologica occorre che un enunciato sia idoneo ad assumere un significato descrittivo o constatativo difforme dalla realtà storica. Ma il significato stesso degli enunciati e delle parole dipende dall'uso che se ne fa, dalle azioni che con il parlare si compiono e dal contesto normativo dell'agire. Non risponde, pertanto, del delitto di cui all'art. 479 c.p. l'ufficiale giudiziario che, senza il verificare la circostanza, attesti di aver trovato chiuso un appartamento presso il quale doveva eseguire un ordine di rilascio a favore del proprietario, desumendone l'esigenza del rinvio del procedimento. Tale attestazione, infatti, non implica necessariamente il riferimento a specifici accertamenti del pubblico ufficiale e ad un'indebita assenza dell'esecutato. (Fattispecie nella quale l'attestazione suddetta era stata formulata dall'ufficiale giudiziario dopo aver constatato la mancanza di luce dall'esterno e la chiusura della porta d'ingresso dell'appartamento attraverso il portone a vetri dello stabile. La Suprema Corte ha proceduto all'annullamento senza rinvio della sentenza di condanna, perché il fatto non sussiste).

Cass. pen. n. 11506/1993

In tema di falso documentale, il certificato amministrativo si caratterizza per il contenuto meramente dichiarativo di atti pubblici preesistenti o di fatti non conosciuti direttamente dal pubblico ufficiale per non essersi verificati alla sua presenza, laddove l'atto pubblico è un documento originale, avente valore costitutivo, diretto a provare l'attività compiuta dal pubblico ufficiale che lo ha redatto. Appartengono, pertanto, alla categoria degli atti pubblici le bolle della pesatura pubblica formate dall'impiegato comunale, inerenti alla verifica ed alla certificazione del peso effettivo di determinate cose e fatti (la pesatura) dallo stesso conosciuti in maniera diretta. (Fattispecie relativa al delitto ipotizzato dall'art. 479 c.p.).

Cass. pen. n. 11497/1993

In tema di falso documentale, la falsità non è punibile solo quando si riveli in concreto inidonea a ledere l'interesse tutelato dalla genuinità del documento, vale a dire quando non abbia la capacità di conseguire uno scopo antigiuridico ed appaia del tutto irrilevante ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio.

Le «relazioni di servizio» sottoscritte dagli ufficiali e dagli agenti di P.S. sono atti pubblici fidefacenti: con esse, infatti, il pubblico ufficiale attesta, nell'esercizio delle sue funzioni, una certa attività da lui espletata, ovvero che determinate circostanze sono cadute sotto la sua diretta percezione e vengono così rievocate. Pertanto deve essere ritenuto responsabile del reato di falso ideologico in atto pubblico fidefacente l'agente di P.S. che attesta falsamente in una relazione di servizio circostanze non vere.

Cass. pen. n. 8845/1993

Il registro cronologico del notaio riveste natura di atto pubblico, la cui autonomia funzionale è espressa dalla finalità di consacrare in esso il numero e la qualificazione degli atti trascritti, così documentandosi la corrispondenza a verità del loro compimento; la registrazione — dovuta — in esso di un atto falsificato non comporta, pertanto, un ulteriore reato di falso.

Cass. pen. n. 8471/1993

Poiché la norma che punisce la falsità ideologica in atti pubblici è diretta a tutelare la veridicità in astratto degli atti stessi, è irrilevante che il singolo atto affetto da falsità abbia determinato o meno un danno in concreto.

Cass. pen. n. 7783/1993

Risponde di falsità ideologica in atto pubblico, ai sensi degli artt. 48 e 479 c.p., chi, nei formulari in codice a corredo della domanda di iscrizione nelle liste di avviamento al lavoro abbia fornito indicazioni non rispondenti al vero su dati rilevanti ai fini della formazione della graduatoria, inducendo così gli organi preposti a formare una graduatoria falsa, a nulla rilevando la possibilità di controllo delle anzidette indicazioni da parte di tali organi.

Cass. pen. n. 6426/1993

Nell'ipotesi ex art. 483 c.p., il pubblico ufficiale si limita a trasfondere nell'atto la dichiarazione ricevuta, della cui verità risponde il dichiarante in relazione a un preesistente obbligo giuridico di affermare il vero, mentre il pubblico ufficiale risponde soltanto della conformità dell'atto alla dichiarazione ricevuta; invece, nell'ipotesi ex artt. 48 e 479 c.p. la falsa dichiarazione viene assunta a presupposto di fatto dell'atto pubblico da parte del pubblico ufficiale, che forma quest'ultimo, sicché essa non ha alcun rilievo autonomo in quanto conferisce nell'atto pubblico e integra uno degli elementi che concorrono all'attestazione del pubblico ufficiale, con la conseguenza che la stessa promana dal pubblico ufficiale anche se questo vi sia pervenuto mediante false notizie e indicazioni ricevute dal privato. (Alla stregua di tale principio è stato ritenuto colpevole del delitto previsto dagli artt. 48 e 479 c.p., colui che nella domanda di iscrizione nelle liste di collocamento aveva reso una mendace dichiarazione in ordine al proprio reddito familiare, sì da indurre i componenti dell'apposita commissione a redigere una falsa graduatoria delle persone da avviare al lavoro).

Cass. pen. n. 5328/1993

Il certificato di idoneità alla guida rilasciato dai sanitari indicati dall'art. 81 c.s. costituisce atto di esercizio di una pubblica funzione, per cui le falsità ad esso relative sono perseguite ai sensi degli artt. 476 e 479 c.p.

Cass. pen. n. 2629/1993

Il principio secondo il quale, in tema di falso, la valutazione della inidoneità assoluta dell'azione, che dà luogo al reato impossibile dev'essere fatta ex ante, vale a dire sulla base delle circostanze di fatto conosciute al momento in cui l'azione viene posta in essere, indipendentemente dai risultati, e non ex post, riguarda i casi in cui il falso sia stato scoperto e si discuta se lo stesso fosse così grossolano da dover essere riconoscibile ictu oculi per la generalità delle persone ovvero sia stato scoperto per effetto di particolari cognizioni o per la diligenza di determinati soggetti. Il suddetto principio non riguarda invece i casi in cui il falso non sia stato scoperto ed abbia prodotto l'effetto di trarre in inganno; e nei quali, quindi, la realizzazione dell'evento giuridico esclude in radice l'impossibilità dell'evento dannoso o pericoloso di cui all'art. 49 c.p. (Sulla base del principio suesposto la Suprema Corte ha escluso la sussistenza del vizio di violazione di legge in riferimento agli artt. 49 e 479 c.p.).

Cass. pen. n. 865/1993

Il reato di falsità ideologica in atto pubblico sussiste anche quando il pubblico ufficiale attesti, contrariamente al vero, fatti di cui la legge non prescrive espressamente la menzione, purché l'attestazione non sia superflua nell'economia dell'atto e sia rilevante ai fini dell'emissione dell'atto finale del procedimento.

Cass. pen. n. 834/1993

Quando l'autore della falsità è lo stesso soggetto che deve formare l'atto, non vi può essere falsificazione ideologica o alterazione materiale punibile fino a quando l'atto rimane nell'ambito della facoltà di disposizione dell'agente, il quale, come autore dell'atto, può apportare ad esso tutte quelle modificazioni o aggiunte che ritiene possibili o, addirittura, può non far venire alla luce l'atto lasciandolo allo stadio di mero proposito. Se l'atto - nella specie modulo in bianco recante la sola firma dell'imputato autocertificatrice della prestazione del lavoro straordinario ancora da eseguire - è rimasto nella disponibilità dell'imputato e non è affiorato nel mondo esteriore per conseguire gli effetti di cui sarebbe capace, ogni ipotesi di incriminazione viene meno, non essendosi realizzato l'evento: la soglia del momento consumativo sarebbe varcata solo se il foglio, dopo la firma, entrasse comunque nella disponibilità della pubblica amministrazione di cui l'imputato è dipendente.

Cass. pen. n. 11747/1992

Ai fini del delitto di cui all'art. 479 c.p., è atto pubblico ogni documento redatto dal P.U. per uno scopo inerente alla sua funzione, purché dotato, nel suo intrinseco contenuto, della capacità rappresentativa dell'attività svolta o percepita. Non rileva che il documento contenente la falsa attestazione non sia previsto da un'espressa norma che ne indichi i requisiti di forma, né che esso debba essere riprodotto in atti diversi e successivi. (Nella fattispecie sono stati ritenuti atti pubblici i processi verbali nei quali erano documentate, per ciascuna seduta, le molteplici attività svolte da una commissione di concorso, pur se riprodotti successivamente in un apposito registro, integralmente o per estratto).

Cass. pen. n. 3131/1992

L'approvazione all'unanimità di un atto amministrativo collegiale affetto da falsità ideologica non presuppone necessariamente la consapevolezza di detta falsità da parte di tutti i componenti dell'organo collegiale, né tale coscienza può desumersi da ipotesi o illazioni. (Nella specie l'indizio di colpevolezza dell'indagato era stato tratto dalla circostanza che questi, in quanto navigato uomo politico ed esponente particolarmente qualificato del proprio partito, non poteva prestare cieca fiducia negli attestati di legittimità apposti dai dirigenti amministrativi del comune).

Cass. pen. n. 8261/1992

Agli effetti della tutela penale, i fogli di presenza del personale pubblico, in quanto consistono nella documentazione di attività direttamente compiute dal pubblico ufficiale e volte alla produzione di effetti giuridici nell'ambito di situazioni soggettive aventi rilievo pubblicistico, sono atti pubblici. (Applicazione in tema di falsa attestazione di presenza in ospedale da parte di medico ospedaliero).

Cass. pen. n. 7958/1992

Deve essere considerato atto pubblico, in quanto esplicazione di potere certificativo e partecipe della natura pubblica dell'attività sanitaria cui si riferisce, non solo la cartella clinica tenuta da una struttura pubblica ospedaliera, ma anche, in virtù della delega di pubbliche funzioni conferita al soggetto privato dal servizio sanitario nazionale, quella tenuta da una casa di cura convenzionata con detto servizio. (Fattispecie in tema di falsità ideologica commessa da medici in una cartella clinica tenuta da una casa di cura convenzionata).

Cass. pen. n. 7492/1992

La falsa attestazione, contenuta nella concessione edilizia, del parere favorevole dell'ufficiale sanitario, non può essere ritenuta autonoma certificazione, rappresentando un elemento essenziale della concessione edilizia, nel cui contenuto viene necessariamente rifusa ed incorporata. (Nella specie, relativa a ritenuta sussistenza del reato di falsità ideologica in atti pubblici, il ricorrente assumeva che, essendo la concessione edilizia un atto amministrativo complesso, costituito da componenti ricognitive ed autorizzative, le falsità ideologiche in essa contenute erano riconducibili all'ipotesi di cui all'art. 480 c.p. e non a quella di cui all'art. 479 stesso codice).

La rilevazione dell'orario di lavoro dei medici dipendenti da enti pubblici, quando avviene a mezzo di indicazioni fornite dagli stessi interessati, dà luogo al sorgere di atti pubblici, in quanto redatti dal pubblico ufficiale, nell'esercizio delle sue funzioni, i quali, anche se marginali rispetto alle tipiche mansioni sanitarie, sono diretti a documentare l'attività direttamente compiuta dal pubblico ufficiale, nel suo aspetto temporale, e sono volti alla produzione di effetti giuridici, a nulla rilevando che si tratti di atti la cui efficacia probatoria si esaurisca nell'ambito della stessa amministrazione (cosiddetto atto interno). (Fattispecie in tema di falsità ideologica in atti pubblici).

Cass. pen. n. 7249/1992

La rilevazione dell'orario di lavoro dei medici dipendenti da enti pubblici, quando avviene a mezzo di indicazioni fornite dagli stessi interessati, dà luogo al sorgere di atti pubblici, in quanto redatti dal pubblico ufficiale, nell'esercizio delle sue funzioni, i quali, anche se marginali rispetto alle tipiche mansioni sanitarie, sono diretti a documentare l'attività direttamente compiuta dal pubblico ufficiale, nel suo aspetto temporale, e sono volti alla produzione di effetti giuridici, a nulla rilevando che si tratti di atti la cui efficacia probatoria si esaurisca nell'ambito della stessa amministrazione (cosiddetto atto interno). (Fattispecie in tema di falsità ideologica in atti pubblici).

Cass. pen. n. 6018/1992

Integrano gli estremi della falsità ideologica soltanto le false (o le omesse) attestazioni del pubblico ufficiale che abbiano ad oggetto fatti da lui compiuti o caduti sotto la sua diretta e personale percezione. Restano, pertanto, al di fuori della fattispecie criminosa di cui all'art. 479 c.p. tutte le manifestazioni di giudizio, a condizione, però, che esse non richiamino espressamente o non postulino, implicitamente ma in modo univoco, attività che si assume essere state realizzate dal pubblico ufficiale che procede alla formazione dell'atto pubblico.

Cass. pen. n. 3667/1992

In tema di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico (art. 479 c.p.), la natura giuridica dell'atto non è condizionata dal luogo nel quale il documento viene riposto o comunque conservato, anche se si tratti di spazio riservato alla sfera privata dell'impiegato. (Nella fattispecie il documento era stato rinvenuto all'interno del tiretto, chiuso a chiave, della scrivania di un pubblico dipendente, nei locali di un pubblico ufficio).

Cass. pen. n. 636/1992

Anche l'atto pubblico a contenuto «dispositivo» può essere suscettibile di falso ideologico in atto pubblico, se esso ha come necessario presupposto l'attestata (pure implicitamente) esistenza di una situazione di fatto non conforme alla realtà.

Cass. pen. n. 2888/1992

Il dolo del delitto di falso in atto pubblico non inest in re ipsa. Esso, al contrario, va sempre rigorosamente provato e va escluso tutte le volte in cui la falsità risulti essere oltre o contro l'intenzione dell'agente, come quando risulti essere semplicemente dovuta ad una leggerezza o ad una negligenza, non essendo prevista nel vigente sistema la figura del falso documentale colposo. (Fattispecie in tema di falsità ideologica).

Cass. pen. n. 2134/1992

È atto pubblico quello con cui il pubblico ufficiale attesta la conformità di un fabbricato al progetto approvato con la concessione edilizia, sia perché ha effetti costitutivi rispetto alla licenza di abitabilità cui l'accertamento della predetta conformità è preordinato, secondo l'art. 221 T.U. leggi sanitarie, sia perché documenta l'attività compiuta personalmente e direttamente dal pubblico ufficiale che redige l'atto. (Fattispecie in tema di falsità ideologica di cui all'art. 479 c.p.).

Cass. pen. n. 2128/1992

In tema di falsità documentale, il silenzio mantenuto sopra una determinata realtà, concomitante al fatto regolarmente attestato, integra una reticenza non perseguibile penalmente ai sensi dell'art. 479 c.p. quando, attraverso il silenzio medesimo, si dà luogo ad una dichiarazione incompleta, come tale non incidente sull'essenza del documento e non lesiva della funzione probatoria dell'atto in relazione allo specifico contenuto per cui esso è stato formato.

Cass. pen. n. 1489/1992

L'atto con il quale un geometra addetto ad un ufficio tecnico comunale — pubblico ufficiale — attesta la conformità di un progetto di costruzione allo stato dei luoghi, non solo contiene un giudizio tecnico sulla concreta realizzabilità dell'opera, ma evoca il compimento di un'attività di accertamento che non può eseguirsi se non con l'accesso sul luogo nel quale la costruzione dovrà sorgere. Pertanto nel caso in cui costui attesti, contrariamente al vero, che la compiuta ispezione consente di esprimere il richiesto giudizio di conformità, deve ritenersi integrato il delitto di cui all'art. 479 c.p., atteso che qualsiasi falsa attestazione in relazione al compimento di una attività devoluta alla competenza del pubblico ufficiale integra il reato di falso ideologico in atto pubblico.

Cass. pen. n. 1476/1992

Commette il delitto di falso ideologico, punito dall'art. 479 c.p., il pubblico funzionario incaricato della registrazione degli atti che, violando il disposto degli artt. 16 e 52 D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 (disciplina dell'imposta di registro), in presenza di richiesta di registrazione di un atto non accompagnata dal pagamento dell'imposta, poi versata il giorno successivo, esegua la registrazione con la data del giorno prima di quello del pagamento dell'imposta. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Cassazione ha rilevato che in forza delle disposizioni sull'imposta di registro — la cui disciplina è rimasta sostanzialmente invariata anche nel T.U. approvato con il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 — il momento perfezionativo della registrazione dell'atto coincide con quello del pagamento dell'imposta, di tal che, nel caso in cui la relativa richiesta non venga accompagnata dal pagamento dell'imposta liquidata dall'ufficio, la registrazione non può essere effettuata, ed ha evidenziato altresì, con riferimento al caso di specie in cui venivano in rilievo atti rogati da un notaio, che il comportamento dell'incaricato della registrazione aveva leso oltre alla fede pubblica, anche la veridicità della registrazione, con compromissione della pretesa fiscale dello Stato in ordine alle sanzioni e soprattasse conseguenti a ritardo da parte del notaio nella registrazione degli atti).

Cass. pen. n. 834/1992

Nel rapporto di pubblico impiego, la prova dell'esecuzione della prestazione lavorativa può consistere in un atto formato dallo stesso dipendente pubblico mediante la sottoscrizione del foglio di presenza: con la firma del foglio il dipendente autocertifica un fatto produttivo di rilevanti effetti giuridici ai fini della retribuzione e di altri diritti a questa connessi. L'eventuale firma, in calce al foglio di presenza, anche del capo ufficio o di un preposto alla vigilanza, non può avere alcuna incidenza sul documento già formato con la sola sottoscrizione del dipendente.

Cass. pen. n. 870/1992

Anche un semplice visto espresso con una firma può assumere di per sé la veste di atto: la mera firma, allorché risulti destinata ab initio alla prova di determinate attività di controllo demandate ad un pubblico dipendente nell'esercizio dei suoi compiti, costituisce atto autonomo e completo quantunque manchi la materialità di una dichiarazione scritta dall'autore della firma stessa; alla dichiarazione supplisce l'esistenza di una connessione che intercorre con l'attività dovuta del pubblico dipendente ed il significato che al visto è convenzionalmente e per logica necessità attribuito. (Nella specie, relativa a ritenuta sussistenza di falso ideologico in atto pubblico, accertata la finalizzazione del visto alla successiva emissione di mandati di pagamento, la S.C. ha osservato che non assume alcuna rilevanza che la stampigliatura, che esplicitava l'attività di verifica attestata con il visto, fosse apposta prima o dopo l'apposizione della firma).

Cass. pen. n. 11409/1991

Le iscrizioni anagrafiche non sono rappresentative di una mera dichiarazione di volontà, ma hanno invece natura di attestazioni, dovendo considerarsi comprese nella categoria delle registrazioni, posto che consistono nell'annotazione in registri conservati in pubblici uffici di notizie concernenti fatti desunti da dichiarazioni degli interessati e da accertamenti della pubblica autorità. Più precisamente, le iscrizioni documentano la residenza anagrafica degli interessati, quale risulta accertata, indipendentemente dalla sua coincidenza con quella effettiva, sulla base delle loro dichiarazioni e dei controlli degli organi comunali o anche eventualmente sulla base delle sole indagini disposte di ufficio. L'attestazione, inoltre, anche se materialmente eseguita da altri, è un atto del sindaco, appunto perché egli è l'organo che, in quanto ufficiale dell'anagrafe, è obbligato a provvedere alla regolare formazione e tenuta dei registri della popolazione. (La Cassazione ha altresì evidenziato la natura di atti pubblici degli atti anagrafici in virtù del disposto dell'art. 1 legge n. 1228 del 1954 e, con riferimento al caso di specie, ha sostenuto che rettamente i giudici di merito avevano ritenuto responsabile del delitto di cui all'art. 479 c.p. un sindaco che aveva disposto, con propri ordini, la materiale esecuzione di iscrizioni anagrafiche false).

Cass. pen. n. 8080/1991

In tema di falsità ideologica prevista e punita dall'art. 479 c.p., ha natura di atto pubblico il foglio di presenza compilato dal medico operante in regime di convenzione con l'unità sanitaria locale. (Nella specie è stato ritenuto il delitto di cui all'art. 479 c.p. in attestazioni relative all'orario di servizio sul foglio di presenza non corrispondenti al vero).

Cass. pen. n. 6004/1991

Ai fini dell'esatta qualificazione in tema dei delitti di falso, i contratti tra il comune e i cittadini per la concessione di tombe non sono né autorizzazioni amministrative né scritture private, ma atti pubblici perché costituiscono nei concessionari nuovi diritti e facoltà relativi alla sfera giuridica della P.A. mediante un atto unilaterale (deliberazione o decreto) diretto ad accertare la sussistenza dell'interesse pubblico e un atto bilaterale (convenzione) con cui vengono regolati i diritti e gli obblighi delle parti e le altre modalità della concessione.

Cass. pen. n. 5482/1991

Il nulla-osta per l'avviamento al lavoro ha natura di autorizzazione amministrativa, e pertanto risponde del delitto di cui all'art. 480 c.p., e non di quello previsto dall'art. 479 stesso codice, il funzionario dell'ufficio di collocamento che attribuisca, in detto atto, una falsa qualifica lavorativa all'aspirante lavoratore.

Cass. pen. n. 4385/1991

Il falso ideologico presuppone necessariamente l'occultamento della situazione reale. La condotta criminosa, costituita dalla falsa attestazione, è scindibile in due momenti: l'attestazione del fatto non vero e l'occultamento di quello vero. Quando l'attestazione (pur incompleta o «minimizzata») consente di pervenire all'individuazione del fatto vero, essa non può essere ritenuta falsa.

Cass. pen. n. 11495/1990

Sono atti pubblici anche i cosiddetti atti interni, destinati ad inserirsi con un contributo di conoscenza o di determinazione nel procedimento amministrativo. Tra gli atti interni vanno annoverati anche i pareri espressi per iscritto da un organo della pubblica amministrazione nell'ambito della competenza specifica del proprio ufficio, tra i quali rientrano i pareri del tecnico comunale su un progetto edilizio (fattispecie in tema di falsità ideologica in atto pubblico).

Cass. pen. n. 10159/1990

Costituisce falso ideologico in atto pubblico l'attestazione rilasciata dal presidente di commissione d'esame di maturità di non aver impartito lezioni private ai candidati, anche quando egli abbia svolto non la diretta attività didattica, ma il ruolo di direttore e di organizzatore dei corsi.

Cass. pen. n. 16308/1989

Conforme, Cass. pen., sez. III, 16 ottobre 2009, n. 40194 (ud. 29 settembre 2009), Puccio e altri.
Il reato di cui all'art. 479 c.p. e quello di cui all'art. 483 c.p. si differenziano tra loro con riguardo alla provenienza dell'attestazione falsa, con la conseguenza che la falsità ideologica di cui all'art. 479 c.p. è ravvisabile soltanto in relazione a ciò che attesta nel documento, per sua iniziativa o per propria scienza, il pubblico funzionario che ne è l'autore, mentre, con riferimento a quanto assevera, per il tramite della documentazione del pubblico ufficiale, il soggetto dichiarante, è configurabile, in caso di falsità, il reato previsto dall'art. 483 c.p. (Nel caso di specie, relativo ad un verbale di assemblea consortile nel quale era stata falsamente attestata la partecipazione dei rappresentanti di tutte le consorziate, la Cassazione ha ritenuto integrato il delitto di cui all'art. 483 c.p., sul rilievo che in tema di verbale delle assemblee societarie o consortili spetta comunque al presidente dell'assemblea il compito di dare le informazioni indicate ed al verbalizzante di registrarle e di descrivere quindi lo svolgimento dell'adunanza).

Il fatto del presidente di un'assemblea straordinaria di un consorzio tra imprese, il quale falsamente dichiari nel processo verbale redatto da un notaio, che sono presenti o rappresentati per delega tutti i consorziati e che l'assemblea è validamente costituita, integra il reato previsto dall'art. 483 c.p. e non quello di cui all'art. 479 c.p., in quanto in tal caso la falsa attestazione attiene esclusivamente al contenuto della dichiarazione resa dal privato al pubblico ufficiale e non all'attività riconducibile a quest'ultimo, senza che peraltro abbia rilievo, una volta accertata la fedele riproduzione di quanto dichiarato, l'omessa indicazione di ulteriori dati circa le modalità di convocazione dell'assemblea e l'individuazione dei presenti.

Cass. pen. n. 12879/1989

Agli effetti della tutela penale, sono atti pubblici sia il cartellino-orario del pubblico dipendente sia il riepilogo mensile delle presenze redatto dalla P.A. sulla base delle indicazioni contenute nel primo.

Cass. pen. n. 11364/1989

Il certificato di collaudo, con il quale si attesta la conformità di un fabbricato al progetto approvato, costituisce atto pubblico, sia perché ha effetti costitutivi rispetto alla licenza di abitabilità cui l'accertamento è preordinato, sia perché documenta l'attività di accertamento direttamente compiuta dal pubblico ufficiale.

Cass. pen. n. 9073/1989

Il certificato di morte rilasciato dal sanitario delegato a questo specifico accertamento è atto pubblico. Esso è diretta espressione della funzione attestatrice dell'attività di accertamento compiuta dal sanitario ed ha, nel contempo, una funzione costitutiva, perché preordinato al rilascio dell'autorizzazione alla sepoltura, autorizzazione subordinata all'accertamento tecnico della morte ed alla verifica della inesistenza di condizioni che potrebbero giustificare, di fronte ad una sospetta causa di decesso, l'intervento dell'autorità giudiziaria. Sotto tale profilo, il riconoscimento del carattere strumentale non ne comprime l'autonomia funzionale rispetto all'atto finale al quale è predisposto (redazione dell'atto di morte da parte dell'ufficiale di stato civile) distinguendosi da questo sia soggettivamente che oggettivamente.

Cass. pen. n. 5402/1989

I registri cronologici che debbono essere tenuti dagli ufficiali giudiziari devono contenere esclusivamente le indicazioni previste dall'art. 118, D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229 (ordinamento degli ufficiali giudiziari e degli aiutanti ufficiali giudiziari), né è in alcun modo richiesto l'esito dell'atto, che risulta, invece, dal relativo verbale e che non assume nel cronologico alcuna rilevanza, nemmeno ai fini della liquidazione dei proventi e delle indennità, spettanti indipendentemente dall'esito medesimo. Pertanto, l'aggiunta dell'esito non ha alcuna rilevanza giuridica, sicché le eventuali false dichiarazioni ad esso relative non costituiscono reato. Fattispecie relativa a ritenuta insussistenza di falso in atto pubblico a carico di ufficiale giudiziario che nel registro cronologico mod. C aveva aggiunto neg. (negativo) alla semplice originaria indicazione del pignoramento (pig).

Cass. pen. n. 2316/1989

Le deliberazioni delle giunte municipali debbono indicare la causale che legittima l'erogazione del pubblico denaro, di tal che il falso sulla causa addotta a sostegno della spesa finisce con il permeare tutto il procedimento di formazione della volontà dell'organo e della sua manifestazione all'esterno, proiettandosi in maniera inscindibile sull'atto dispositivo di autorizzazione, che è attestazione unitaria della volontà della P.A. di consentire ad una data spesa per una determinata causa.

Cass. pen. n. 9590/1988

Il verbale delle commissioni di esami di Stato, sono da considerarsi atti pubblici, in quanto in essi i pubblici ufficiali componenti della commissione attestano la verità di atti da loro compiuti, o in loro presenza avvenuti. Per tali ragioni, la dichiarazione con la quale il componente di una commissione di esame di maturità falsamente attesti fatti di cui l'atto è destinato a provare la verità, integra il reato p.p. dell'art. 479 c.p. (Nella specie l'imputato aveva, contrariamente al vero, dichiarato di non aver impartito lezioni private ai candidati esaminandi).

Cass. pen. n. 9556/1988

Ai fini della sussistenza del reato di falso ideologico in atto pubblico, a nulla rileva la circostanza che la immutatio veri sia stata commessa non solo senza l'animus nocendi o decipiendi, ma anche con la certezza di non produrre alcun danno, essendo sufficiente che la falsificazione sia avvenuta consapevolmente e volontariamente.

Cass. pen. n. 8992/1988

La falsità delle attestazioni contenute nel registro delle raccomandate postali e nella ricevuta delle raccomandate stesse integra gli estremi del falso ideologico del pubblico ufficiale in atti pubblici e non in certificazioni amministrative.

Cass. pen. n. 7319/1988

È atto pubblico agli effetti dell'art. 479 c.p. qualsiasi documento formato dal pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, contenente l'attestazione di fatti giuridici dei quali è destinato a fornire la prova. Ne consegue che il verbale di consegna dei lavori effettuati è atto pubblico perché proveniente, nei contratti di appalto di opere pubbliche, da funzionari della P.A., in quanto esso deve contenere attestazioni chiaramente specificate dalle norme che lo disciplinano.

Cass. pen. n. 4520/1988

Il delitto di falsità documentale viene meno soltanto quando l'atto, indipendentemente dal falso, sia giuridicamente inesistente, poiché se è nullo o annullabile è oggetto di tutela penale fino alla dichiarazione di nullità.

Cass. pen. n. 4722/1988

Integra il delitto di falsità ideologica in atto pubblico e non in certificato amministrativo la falsa attestazione, nell'apposito modello ds 56, che spetta a un determinato lavoratore l'indennità di disoccupazione, trattandosi di un atto costitutivo di diritti per il privato e di obblighi per l'amministrazione e non di un atto contenente semplicemente una dichiarazione di scienza o di verità.

Cass. pen. n. 1526/1988

L'atto previsto negli artt. 477 e 479 c.p. è pubblico allorché è caratterizzato dalla produttività di effetti costitutivi, traslativi, dispositivi, modificativi o estintivi rispetto a situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica, nonché, in via congiuntiva o anche solo alternativa, dalla documentazione di un'attività compiuta dal pubblico ufficiale che lo redige o da lui percepiti. Ne consegue che è atto rispondente ai requisiti prescritti nelle suindicate norme una «lettera» indirizzata ad un privato e sottoscritta dal responsabile interinale di un ufficio della pubblica amministrazione che contenga la proposta di modificare alcune clausole contrattuale, che siano state inserite in un contratto tra un privato e la stessa pubblica amministrazione e che per le sue caratteristiche, soggettive e contenutistiche, rientra tra i contratti ad evidenza pubblica.

Cass. pen. n. 5990/1985

Perché possa ad un atto essere riconosciuta la qualifica di atto pubblico e perché possa configurarsi, in conseguenza, il reato di falsità ideologica non è rilevante la qualifica di pubblico dipendente del suo autore, bastando il fatto oggettivo dell'attività funzionale pubblica del soggetto che la compie, anche se esplicata in modo occasionale. Il limite è costituito solo dall'inesistenza dell'atto posto in essere dall'occasionale collaboratore; inesistenza che deve essere derivante dall'incompetenza assoluta ed oggettiva, che ricorre allorché l'organo o l'ente, in cui il soggetto estraneo ha operato, sia del tutto sfornito del potere di emettere l'atto. (Applicazione in tema di falsa attestazione di conformità di un fabbricato alle prescrizioni della legge-ponte da parte di un libero professionista all'uopo incaricato dal sindaco).

Cass. pen. n. 5507/1985

Risponde il privato, ai sensi degli artt. 48 e 479 c.p., del falso ideologico in atto pubblico compiuto materialmente dal pubblico ufficiale, qualora si accerti che i mezzi usati dal primo siano idonei a trarre in inganno l'autore materiale, tenuto conto anche degli elementi soggettivi tra cui la qualità rivestita, da quest'ultimo.

Cass. pen. n. 7299/1984

Ai fini della configurabilità del delitto di falsità ideologica in atto pubblico, è irrilevante l'omessa menzione nell'atto medesimo del compimento da parte del pubblico ufficiale della attività di accertamento che costituisce indefettibile presupposto dell'attestazione. Risponde, pertanto, del reato di cui all'art. 479 c.p. e non del reato di cui all'art. 480 c.p. il pubblico ufficiale, il quale attesti, assumendo il falso, la conformità di un fabbricato al progetto approvato con la concessione edilizia senza fare espresso riferimento all'attività ispettiva di accertamento.

Con la norma che punisce il falso ideologico in atto pubblico non viene tutelato l'affidamento dell'immediato destinatario di tale atto, che può anche essere a conoscenza della falsità o concorrere nella sua commissione: trattandosi di reato contro la fede pubblica, l'interesse protetto è la fiducia che la generalità dei consociati ripone negli atti pubblici e — per quanto in particolare riguarda il falso ideologico — la garanzia di veridicità degli atti stessi. (Applicazione in tema di falsa attestazione di conformità di un fabbricato al progetto approvato con la concessione edilizia).

Cass. pen. n. 802/1984

Anche in tema di falso ideologico in atto pubblico può configurarsi l'ipotesi del reato impossibile per assoluta inidoneità dell'azione.

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relative all'articolo 479 Codice Penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

R. C. chiede
mercoledì 25/10/2023
“Sono un ex dipendente di una ditta commerciale, ho prestato servizio per 6 anni con varie problematiche inerenti alla mancata erogazione di otto stipendi dovuti e mancata consegna dei prospetti paga degli stessi.
Dopo lamentele verbali e scritte non trovo nessun riscontro, decido quindi a gennaio 2023 di presentare una richiesta di intervento ispettivo presso l'ufficio territoriale dell'Ispettorato del lavoro.
Nei mesi successivi la situazione lavorativa peggiora ulteriormente pertanto in data 18 maggio 2023 presento le dimissioni per giusta causa presso l'ufficio territoriale del'Ispettorato del lavoro.
Successivamente, con documentazione alla mano, mi presento presso il centro dell'impiego di zona per segnalare lo stato di disoccupato; durante l'iscrizione si riscontrano problematiche in quanto il mio ex datore di lavoro non aveva comunicato la cessazione di lavoro entro il termine previsto di 5 giorni.
Nei giorni seguenti vengo contattato dal suddetto CPI dove mi viene aggiornata la scheda anagrafica e dove mi viene consigliato di presentare la domanda naspi in quanto avente diritto poiché le mie dimissioni erano dovute a un grave inadempimento contrattuale da parte del mio ex datore.
Pertanto ho presentato domanda NASPI tramite patronato. L 'Inps ha accolto la richiesta e nei mesi successivi mi è stato erogato regolarmente il bonifico di disoccupazione. Nel mese di ottobre, avendo riscontrato la mancata erogazione NASPI relativo al mese di settembre contatto l'Inps per avere delucidazioni a riguardo. L'INPS mi comunica verbalmente che l'erogazione della NASPI è stata sospesa perchè il mio ex titolare, tramite il suo commercialista, ha comunicato sia a l'INPS che al CPI il mio licenziamento in data 14 settembre 2023 con motivazione per giusta causa.
Tengo a precisare che il sottoscritto non ha ricevuto alcuna notifica del suddetto licenziamento. Mi viene palesata la possibilità che io debba restituire le somme di NASPI ricevute. Ad oggi mi ritrovo disoccupato da maggio, senza aver ricevuto gli stipendi arretrati e Tfr e credo di dover restituire le somme erogate dall'INPS, il tutto causato da una falsa dichiarazione depositata dal commercialista dell'azienda per la quale lavoravo. In sostanza, dopo 4 mesi dalle mie dimissioni per giusta causa, depositate all'ispettorato del lavoro e mai contestate dal mio ex datore, quest'ultimo dichiara agli enti preposti di avermi licenziato lui e pure per giusta causa.
Dopo questa lunga e mi auguro esaustiva esposizione vi pongo il mio quesito: la falsa dichiarazione del commercialista per conto del mio ex datore di lavoro subentra nella fattispecie di illecito perseguibile per danni economici e morali?
Eventualmente nel mio caso chi sarebbe perseguibile il commercialista, il datore di lavoro, o entrambi?
In attesa di una vostra risposta vi ringrazio e vi saluto.”
Consulenza legale i 29/10/2023
Nel caso di specie si chiede di valutare la rilevanza penale della condotta del datore di lavoro che, tramite il suo commercialista, dichiara falsamente all’INPS di aver licenziato il dipendente per giusta causa.

Nel caso di specie, non essendo a conoscenza dei dettagli e soprattutto del contenuto del documento, è possibile ipotizzare due tipologie di reati:
- l’ipotesi di falso per induzione di cui al combinato disposto dell’ art. 48 del c.p. e art. 479 del c.p.;
- l’ipotesi di truffa prevista dall’ art. 640 del c.p..

Nel primo caso è possibile ipotizzare un falso ideologico commesso dall’INPS a causa delle informazioni erronee trasmesse dal datore di lavoro.

Nel secondo caso la truffa potrebbe sussistere nel caso in cui il datore di lavoro, tramite l’artificio e il raggiro susseguenti dalla produzione del documento falso, abbiano effettivamente indotto in errore l’INPS sulla realtà lavorativa del dipendente, il quale è stato successivamente danneggiato a seguito dell’omessa percezione della NASPI.

Prescindendo dal reato (su cui è necessario approfondire a seguito di una conoscenza dettagliata dei fatti), in entrambi i casi è chiaro che il lavoratore ha subito un danno di cui si potrà chiedere il risarcimento esercitando l’azione civile in sede penale mediante la costituzione di parte civile.

Quanto ai soggetti perseguibili, valga quanto segue.
Se il commercialista si è solo limitato a trasmettere il documento falso del datore di lavoro e di tale falsità non era a conoscenza, allora sarà punibile solo il datore. Se invece il commercialista ha attivamente collaborato col datore ed era dunque a conoscenza del falso posto in essere, saranno entrambi punibili in concorso ex art. 110 del c.p..

M. G. chiede
sabato 07/01/2023 - Piemonte
“Apporre la firma falsa su un contratto tra un'azienda e un professionista ed usarlo per ottenere il pagamento di fatture vere, contabilizzate, e giustificate dal lavoro sottostante veramente eseguito è reato? e se è reato quali rischi si corrono? Specifico nuovamente che il lavoro che ha portato alla emissione delle fatture è reale e vi sono prove visive e testimoniali dell'esecuzione dello stesso.
Grazie”
Consulenza legale i 12/01/2023
Dal punto di vista penal-tributario non dovrebbero esservi ripercussioni.
Se infatti, come si afferma, le operazioni sottostanti all’emissione – e utilizzo – delle fatture sono effettive, allora non si corre il rischio di incappare né nel reato di cui all’ art. 2 della legge reati tributari né nel reato di cui all’ art. 8 della legge reati tributari.
In questi casi, invero, la sanzione penale viene predisposta solo in caso di inesistenza – soggettiva o oggettiva – delle operazioni sottostanti alle fatture e a nulla rileva l’ipotetica falsità del titolo da cui nasce l’obbligazione.

Più complesso è lo scenario sotto il profilo penale generale.
Non può escludersi, infatti, che la sottoscrizione fasulla del contratto possa integrare un’ipotesi di truffa ex art. 640 del c.p. nei confronti del privato controparte e/o di falso per induzione ex art. 479 del c.p. in combinato disposto con l’ art. 48 del c.p. laddove il contratto falsamente sottoscritto venga utilizzato in giudizio per ottenere un decreto ingiuntivo funzionale al recupero del credito.

Eppure, in entrambi i casi vi sarebbe più di un dubbio sulla fondatezza dell’accusa penale atteso che, la condotta penale potrebbe essere inoffensiva nella misura in cui la firma, alla fin fine, non incide più di tanto sulla realtà sostanziale del caso, che vede entrambe le parti consce dell’esistenza del contratto e dell’effettività delle operazioni svolte e dei pagamenti conseguenti.

Nonostante questo, si sconsiglia comunque di apporre la firma proprio onde evitare di offrire alla controparte un elemento per strumentalizzare la situazione e volgerla a suo vantaggio.

Piuttosto, sarebbe bene riflettere sul fatto che, anche secondo la giurisprudenza civile, ai fini della prova dell’intervenuta contrattualizzazione di un rapporto, non è necessariamente obbligatorio che lo stesso sia sottoscritto (si ricordi che è ormai prevalente la tesi della libertà delle forme contrattuali a meno che una forma specifica non sia espressamente prescritta dalla legge) potendo la prova essere resa anche attraverso la produzione di un documento completo che cristallizzi in modo compiuto il rapporto tra le parti.
Stando a quanto detto, dunque, ai fini del recupero del credito e della dimostrazione della conclusione del contratto potrebbe non essere indispensabile l’apposizione della firma – falsa – evitando così di incorrere in inutili rischi penali.

C. V. chiede
martedì 08/11/2022 - Lombardia
“Persona fisica ( A) viene denunciata per insolvenza fraudolenta da persona giuridica (B).
(A) viene condannato penalmente con rimando al civile per quantificare il danno.
(A) viene condannato al risarcimento e sottoscrive recentissimamente un transazione con (B) pagando la 1° rata.
(A) ora nel riordinare le carte si accorge che in entrambi i procedimenti (penale/civile) la persona giuridica (B) ha presentato documenti non corrispondenti agli originali con cancellazione delle date degli ordini e relativi riferimenti alle date di pagamento.
Nessuno mai aveva notato ciò in entrambi i procedimenti.
La persona fisica (A) ora vorrebbe presentare un esposto (con facoltà di querela se la magistratura dovesse aprire un procedimento su (B) Con quali RIFERIMENTI DI LEGGE o Sentenze di cassazione dovrebbe esplicitare A su questo esposto?
Grazie
Saluti”
Consulenza legale i 09/11/2022
Per rispondere al quesito occorre prima di tutto fare un po’ di chiarezza sul concetto di denuncia, querela e esposto.

Va rilevato in primo luogo che la denuncia e la querela sono, in buona sostanza, due istanze punitive attraverso le quali un determinato soggetto chiede al Pubblico Ministero di procedere per determinati reati rispetto ai quali il soggetto medesimo è persona offesa o danneggiata.

La differenza è che:
- la querela va fatta per reati procedibili solo – appunto – a querela di parte. Se questa manca il magistrato nulla può fare;
- la denuncia può esser fatta per reati procedibili d’ufficio e per i quali, quindi, il PM non ha assoluta necessità, per procedere, dell’istanza punitiva della persona offesa.

L’esposto è altro.
L’esposto è una semplice segnalazione che viene fatta da un determinato soggetto per porre al vaglio dell’autorità giudiziaria un determinato fatto, onde verificare se è stato commesso un determinato reato.
L’esposto ha una efficacia persuasiva molto limitata e viene non di rado ignorato.

Ora, dal parere sembra evincersi che l’intenzione del soggetto condannato sia non tanto quella di allertare l’autorità giudiziaria su una determinata situazione, quanto proprio quella di sottoporre al vaglio del PM un fatto che si ritiene essere reato.
Ciò che va depositato, dunque, è una denuncia-querela, non già un esposto.
Si noti, a tal riguardo, che la differenza sembra sottile in teoria, ma è di non poco conto nella pratica allorché la denuncia-querela ha una forma e una ritualità molto diversa dall’esposto.

Fermo quanto su detto, occorre capire se, nel caso di specie, vi sono i presupposti per depositare un atto del genere. In poche parole occorre capire se il deposito di documenti “falsi” nel corso di una causa civile o penale è sussumibile nell’alveo di una fattispecie penale.

Il tema è, a dire il vero, estremamente complesso ed è stato oggetto di diverse sentenze della Cassazione.
In estrema sintesi, secondo la giurisprudenza di legittimità il deposito di atti falsi nel corso del giudizio civile o penale può effettivamente avere rilevanza penale configurandosi, nello specifico, la fattispecie di falso ideologico per induzione, di cui al combinato disposto dell’ art. 48 del c.p. e dell’ art. 479 del c.p..
Tuttavia, secondo le argomentazioni della Suprema Corte, il deposito di un atto falso ha rilievo penale solo laddove lo stesso sia stato determinante o comunque estremamente rilevante ai fini della decisione del giudice e, dunque, dell’emanazione della sentenza.
In questi casi, in buona sostanza, è la sentenza stessa ad essere falsa e di tale falsità, essendo indotta dalle produzioni documentali viziate, risponde – ovviamente – non già il giudice ma il soggetto che ha determinato il giudice predetto a commetterla, ovvero il soggetto “colpevole” dei depositi non autentici.
Una delle primissime sentenze ad aver statuito quanto su detto è Corte di Cassazione Sezione 5 Penale Sentenza del 9 febbraio 2010, n. 5353, cui sono seguite numerose sentenze conformi.

Si noti, tuttavia, che il tema del falso per induzione è estremamente complesso e delicato e, pertanto, prima di fare riferimento all’autorità giudiziaria si consiglia un confronto con un avvocato penalista competente che, scandagliati bene i fatti, li sappia correttamente inquadrare in diritto.

GASPARRI G. chiede
giovedì 17/12/2020 - Marche
“Ho in corso una pratica per contributo sima 2016 depositata all'USR Marche. L'ingegnere strutturista da me incaricato ha combinato guai seri, per uscirne indenne ha consegnato all'USR e di conseguenza trasmesso al Comune una richiesta di variante in cui assevera che i danni sono stati causati da un terremoto inesistente (!), nel fascicoletto ha inserito la relazione "geotecnica e sulle fondazioni" di un geologo, scelto da lui, attribuisce i danni allo stesso terremoto mai accaduto in zona. La richiesta di variante è stata respinta per mancanza di calcoli strutturali e con altra motivazione che puzza di pietas fra professionisti. L'ingegnere, anziché presentare i calcoli richiesti, ha lasciato morire la cosa. Preciso che i due signori non sono scalzacani ma professionisti di ottima reputazione ed entrambi CTU in due diversi tribunali, quindi sapevano perfettamente che cosa facevano. Domande: 1) l'ingegnere è incaricato di pubblico servizio?; 2 il geologo?; 3) il fatto che la richiesta di variante sia stata respinta può configurare un falso inutile anche se l'ingegnere non ha risposto all'invito dell'USR di dare spiegazioni? Io committente ho firmato in buonafede tutti i documenti che mi sono stati sottoposti può crearmi problemi? devo tutelarmi? Per mio conto vorrei contestare il falso a entrambi i professionisti e chiedere in via privata il risarcimento dei danni? In caso contrario, una causa civile? Grazie, cordialità
Consulenza legale i 29/12/2020
Procediamo con ordine.

Le pratiche sisma del 2016 sono state approntate dallo Stato italiano per convogliare in modo coerente le risorse finanziarie messe a disposizione per ripianare i danni del sisma del 2016/2017.
La procedura delle stesse è relativamente semplice e presuppone che il soggetto richiedente dimostri che un determinato immobile abbia subito danni al 100% o al 50% dai terremoti predetti.

Per tale attestazione, naturalmente, la procedura prevede che il richiedente si serva di un professionista (ingegnere e/o simili) abilitato o iscritto nell’elenco speciale di cui all’art. 34 del D.L. 189/2016 e ss.mm.ii.
Orbene, quanto alla qualifica pubblicistica dell’ingegnere e del geologo incaricati nel caso di specie, la stessa non sembra essere sussistente.
Senza entrare in inutili tecnicismi giuridici, per vero molto complessi se si parla dei requisiti che deve avere una figura per essere ritenuta pubblico ufficiale ( 357 c.p. ) o persona incaricata di un pubblico servizio ( 358 c.p.), nel caso di specie basta sottolineare che i due tecnici sono stati incaricati dal privato e, sebbene questi avrebbero dovuto redigere un atto che sarebbe stato convogliato nelle mani della pubblica amministrazione, nello svolgimento di quella particolare funzione non stavano, di fatto, eseguendo alcuna mansione che fosse espressione del volere pubblicistico.

Quanto, invece, alla condotta posta in essere dai professionisti incaricati, va detto che la stessa potrebbe, stando a quanto narrato nel quesito, costituire un tentativo di falso indotto, come da combinato disposto degli articoli 48 e 479 del codice penale.

E’, infatti, fuor di dubbio che, qualora il tecnico incaricato dell’USR avesse recepito le false dichiarazioni dei professionisti e avesse dato seguito alla pratica, avrebbe dato vita ad un atto pubblico ideologicamente falso in quanto, nello stesso, sarebbero state attestate circostanze non veritiere (relative, appunto, ai terremoti mai avvenuti). Di tale falso, tuttavia, avrebbero risposto i tecnici incaricati in quanto, stando al predetto articolo 48 c.p., se taluno viene ingannato e, per tale ragione, commette un reato, sarà responsabile solo il soggetto ingannatore.

Nel caso di specie, tuttavia, ciò non è fortunatamente avvenuto in quanto i commessi pubblici, per una ragione o per un’altra, non hanno dato seguito alle istanze del richiedente respingendole con motivazioni che sembrano essere state date intenzionalmente per “coprire” lo strafalcione commesso.

Stando così le cose, prima di iniziare una qualsivoglia azione penale o civile nel caso di specie, si suggerisce particolare cautela.
Sul fronte penale, invero, non è così scontato il principio secondo il quale il proprietario di un immobile non debba essere ritenuto responsabile degli errori commessi dai tecnici nell’istruzione di una qualsivoglia pratica edilizia; ciò in quanto, secondo la Cassazione, il proprietario (o il committente) non è esonerato dall’esercitare sui professionisti incaricati una opera di controllo, seppur sommaria, del loro operato in mancanza della quale potrebbe essere imputato, in concorso ex art. 110 c.p., coi tecnici incaricati del reato da questi commesso.

Per tale ragione, si raccomanda caldamente di sottoporre quanto accaduto ad un avvocato penalista che, una volta visionati tutti i documenti, sarà di certo in grado di illustrare la strada da percorrere, considerati anche il rapporto rischi/benefici del caso particolare.

Domenico C. chiede
giovedì 05/03/2020 - Puglia
“Buongiorno. Al termine di un procedimento di separazione coniugale durato ben 7 anni, ho avuto una sentenza totalmente sfavorevole da parte del Giudice. A supporto della sua sentenza egli cita più volte fatti assolutamente falsi, addirittura ripresi tali e quali (con la tecnica del "copia e incolla") dalla falsa narrazione riportata negli atti di controparte, non considerando che la veridicità dei fatti narrati era stata più volte contestata da parte del mio legale. In alcuni casi il Giudice cita vicende la cui falsità era stata documentatamente dimostrata.
Per meglio inquadrare la vicenda, devo aggiungere che nel corso del procedimento, sempre a senso unico fin dalle prime battute, sono ricorse tali e tante violazioni disciplinari per le quali, col supporto del Prof. Paolo Cendon, nell'agosto scorso ho presentato un esposto al C.S.M. Di tale esposto il Giudice ne era a conoscenza (avendo io informato il presidente del Tribunale richiedendo la sostituzione del Giudice; presidente che, a sua volta, ha informato il Giudice). La sensazione generale, anche all'interno del Tribunale, è che il Giudice abbia costruito la sentenza volendosi "vendicare" dell'esposto presentato.
Per quanto riguarda la sentenza, il mio legale ha appena presentato ricorso in Corte di Appello.
Il mio quesito adesso è: posso io procedere a duplice denuncia?
- Prima denuncia per falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici;
- Seconda denuncia per omissione di atti d'ufficio.
Questa seconda denuncia in quanto il mio legale aveva presentato al Giudice un ricorso ex 709 ter cui il Giudice ha risposto chiedendo alle parti note autorizzate ma non dando poi alcun seguito, pur in presenza di denunce ben circostanziate di fatti gravissimi. Di tutti i fatti citati (e documentati) nell' ex 709 ter non vi è alcun accenno in sentenza.
Per ora mi limito a questo. Disponibile a rimettervi tutta la documentazione che eventualmente vorrete chiedermi.”
Consulenza legale i 25/03/2020
Rispondiamo ai quesiti singolarmente.

Il primo è relativo alla possibilità di denunciare il giudice che ha emesso la sentenza nell’ambito del procedimento di separazione coniugale, per il reato di falso ideologico previsto e punito dall’art. 479 del codice penale, perché, in buona sostanza, per suffragare il provvedimento conclusivo del giudizio avrebbe indicato fatti dei quali sarebbe stata dimostrata la falsità.

Orbene, per rispondere al quesito occorre in primo luogo partire dal dettato del delitto di falso ideologico che punisce “il pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”.

La fattispecie di falso, senza entrare nel tecnicismo – molto complesso – dei reati che offendono la fede pubblica, ha il fine precipuo di censurare tutte quelle condotte che “contaminano” il contenuto di un documento che deve essere redatto da chi, essendo pubblico ufficiale e in virtù dei poteri che allo stesso sono stati conferiti dalla legge, ha l’obbligo di attestare il vero.
Tale obbligo si estrinseca, appunto, attraverso l’osservanza delle condotte che vengono enucleate dall’art. 479 c.p.

Ora, è sin troppo semplice rilevare che, nel caso di specie, il giudicante non ha posto in essere alcuno dei comportamenti censurati dall’articolo predetto. Il giudice non ha attestato che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto in sua presenza, non ha attestato falsamente di aver ricevuto dichiarazioni mai avvenute e/o ne ha omesse altre. Ma, soprattutto, il giudice, nel redigere la sentenza, non è in alcun modo tenuto a formare un atto che è oggettivamente vero.

La differenza tra una sentenza (magari discutibile) e un atto che deve essere vero (si pensi, ad esempio, a un atto notarile) riposa nel fatto che la sentenza ha ad oggetto la verità processuale (quella emersa dal contraddittorio tra le parti) che non può essere oggettivamente vera per il solo fatto che presuppone una ricostruzione degli eventi di cui il giudice non è testimone. E’ dunque ovvio che la sentenza non può essere priva di una componente valutativa del giudicante, che è l’ovvio corollario del gioco del contraddittorio.

Per tale ragione, si sconsiglia fortemente di denunciare per falso ideologico il giudicante nella misura in cui:
- lo stesso non ha compiuto alcuna delle condotte previste dall’art. 479 c.p.;
- la sentenza stessa non può essere definita un atto “destinato a provare la verità” per le ragioni esposte in precedenza. Diversamente ragionando – e se, dunque, si partisse dal presupposto che la sentenza contiene fatti oggettivamente veri - non dovrebbe neanche essere concesso al soggetto soccombente di impugnarla.

Quanto al secondo tema, valga quanto segue.

Innanzi tutto, sembra davvero difficile pensare che il giudice abbia potuto omettere tout court di emettere un provvedimento in seguito alla proposizione di un ricorso ex art. [[n709ter]] c.p.c. E’ più probabile, invece, che lo stesso abbia dichiarato la cessazione della materia del contendere in quanto il provvedimento che avrebbe dovuto emettere in seguito al ricorso ex art. 709 ter c.p.c. sia stato “inglobato” nella sentenza di separazione (laddove ha verosimilmente disposto sull’affidamento dei figli).

Anche in questo caso, tuttavia, l’ipotesi di esperire una denuncia per il reato di cui all’art. 328 del codice penale non sembra percorribile per diverse ragioni.

Prima tra tutte, il fatto che il rifiuto e l’omissione dell’atto d’ufficio postula una situazione di urgenza (nel codice, invero, si dice “senza ritardo”) che non è assolutamente adattabile ai provvedimenti giudiziali che soggiacciono solamente alle scadenze individuate dal rispettivo codice di rito. Per la medesima ragione, non potrebbe configurarsi neanche il comma secondo, che pone un “termine” di 30 giorni.

In via generale, non si può fare a meno di rilevare che l’art. 328 nasce per censurare l’inerzia di coloro i quali sono preposti a rappresentare la pubblica amministrazione a fronte delle esigenze manifestate dal cittadino (es. l’agente di polizia giudiziaria che ha l’obbligo di denunciare fatti che possono costituire reato) e non già quale strumento per coartare la condotta dei giudici.

Per tale ragione, si sconsiglia di esperire azioni penali nei confronti del giudice. Piuttosto, sarebbe meglio proporre un atto d’impugnazione molto forte in cui, tra le altre cose, si sottolineano e si lamentano le valutazioni erronee in cui è incorso il giudicante.

Vincenzo B. chiede
lunedì 11/03/2019 - Basilicata
“Per evento del 21.02.2007, sono stato rinviato a giudizio, per falso ideologico aggravato. Solo dopo 10 anni il P.M. ha chiesto l'aggravante. A tutt'oggi il processo è ancora in atto dovrei il prossimo mese di giugno essere interrogato dal tribunale collegiale. Desidero conoscere,quando si prescrive questo reato. Grazie.”
Consulenza legale i 13/03/2019
Assumendo che il reato in considerazione sia il falso ideologico di cui all’articolo 479 c.p., va prima di tutto detto che la fattispecie in questione, quanto alla pena, richiama l’art. 476 c.p., secondo cui il falso è punito con la reclusione da uno a sei anni per l’ipotesi di cui al primo comma; mentre per l’ipotesi di cui al secondo comma la pena è da tre a dieci anni.

Con specifico riferimento al tema di cui al quesito specifico, l’articolo art. 157 del c.p. stabilisce che il tempo necessario ai fini della prescrizione è uguale al massimo della pena edittale per lo stesso prevista.

Ciò a meno che non vi siano degli atti, tecnicamente detti “sospensivi” o “interruttivi”, che, di fatto, dilatano leggermente il termine di prescrizione: in sostanza, in caso di sospensione della prescrizione, per calcolare il termine andranno via via aumentati i periodi di sospensione a quelli già decorsi. Se invece è intervenuta l’ interruzione della prescrizione, il termine comincerà a decorrere ex novo dal momento di verificazione dell’atto interruttivo.
In ogni caso, come afferma l’art. 161 del codice penale, in nessun caso gli atti interruttivi e sospensivi possono protrarre il termine di prescrizione per più di un quarto del tempo necessario affinché il reato si prescriva.

I termini di prescrizione di cui all’art. 157 sono definiti intermedi mentre quelli di cui all’art. 161 sono detti massimi.

Orbene, nel caso di specie, ai sensi dell’art. 157 del codice penale, il termine di prescrizione sarebbe di 6 anni nel caso di cui al primo comma dell’art. 476 c.p. e di 10 anni nel caso di cui al secondo comma del medesimo articolo.

Tuttavia, non essendo al corrente degli atti interruttivi e sospensivi verificatisi nel corso del procedimento penale, per sapere il termine ultimo di prescrizione del reato nel caso specifico, bisogna far riferimento ai termini massimi di prescrizione.
Termini massimi che sarebbero di 7 anni e mezzo nel caso di cui al primo comma dell’art. 476 e di 12 anni e mezzo nel caso di cui al secondo comma del medesimo articolo.

In conclusione:
  • Il reato è di certo prescritto se l’ipotesi contestata è quella di cui al primo comma dell’articolo 476 c.p.;
  • Nel caso in cui, invece, l’ipotesi contestata faccia riferimento al secondo comma dell’articolo predetto, il reato non risulta ancora prescritto ma è verosimile che la prescrizione scatterà quantomeno nella pendenza dell’eventuale appello in caso di condanna nel corso del primo grado (sempre qualora il primo grado di giudizio non dovesse protrarsi tanto da superare il termine di prescrizione).

Rosanna G. chiede
mercoledì 06/02/2019 - Estero
“Si tratta di un atto di compravendita del 1981 redatto da un notaio in Italia per la vendita di un immobile situato in Italia. I venditori erano cittadini italiani. Il compratore cittadino U.S.A. residente in Italia. Il valore allora era di 2 milioni di lire. L'accusa è che la firma di uno dei venditori sia falsa. Nell'atto il notaio ha scritto "detti comparenti, della cui identità personale mi fanno fede i testimoni suddetti che assumo anche quali fidefacienti". Domanda: ammesso che la firma sia davvero falsa, questo reato è estinguibile? In quanti anni va in prescrizione? Ammesso che non ci sia prescrizione, chi è punibile? Il compratore? Il notaio? I testimoni che hanno testimoniato il falso? E di che pena si parla? Il notaio ora non esercita più. Di tutti i comparenti, resta in vita la persona che accusa la contraffazione della firma, e uno dei testimoni. L'immobile ora appartiene agli eredi del compratore deceduto nel 1985.”
Consulenza legale i 12/02/2019
Nel caso di specie rileva il reato di cui all’articolo 479 del codice penale che punisce la falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico.

Il reato in questione si prescrive nel massimo di 10 anni ed è dunque ovvio che nel caso di specie sarebbe già estinto da tempo.

Rispondiamo altresì ai restanti quesiti posti.

Qualora il resto non si fosse estinto, i responsabili sarebbero tutti i soggetti che hanno partecipato all’atto trattandosi di un’ipotesi di concorso ex art. 110. L’articolo predetto del codice penale stabilisce infatti che quando più persone concorrono nel reato ciascuno soggiace alla pena per questo stabilita. Nel diritto penale il concorso di persone può essere sia materiale che morale. E’ materiale laddove uno dei soggetti ponga in essere un atto indispensabile al fine di commettere il delitto; il concorso è invece morale allorché un soggetto istighi o determini altri a commettere il fatto.

Ora, che nel caso di specie vi sia un concorso da parte dei soggetti che hanno partecipato all’atto pubblico è evidente.
Il notaio è il soggetto che ha predisposto l’atto e che, per legge, avrebbe dovuto garantirne la validità e la veridicità e il soggetto che ha apposto la firma falsa è indubbiamente concorrente materiale giacché senza la sua sottoscrizione non si sarebbe potuto consumare il reato.
Quanto ai testimoni, sembra davvero improbabile ritenere che questi non fossero d’accordo sul programma criminoso e/o che abbiano potuto ritenere del tutto legittimo quanto accadeva difronte a loro atteso che l’illegittimità di un atto in cui è stata apposta una firma falsa è evento immediatamente percepibile e non necessita di particolari cognizioni tecniche.

Certo occorrerebbe poi verificare che tutte le parti fossero a conoscenza del progetto criminoso ma, anche in questo caso, la palese illegittimità di quanto ipoteticamente posto in essere non sembra lasciare spazio a molti dubbi in ordine alla concreta consapevolezza di tutti della perpetrazione di un reato.

Anonimo chiede
mercoledì 11/10/2017 - Puglia
“Sono accusato unitamente ad altri due soggetti, della violazione degli art. 110-479, per fatti commessi in data 24.02.2007. Detta accusa mi viene rubricata nel mentre mi trovavo in malattia e non ero il comandante del reparto, tanto meno ebbi a firmare gli atti da ove scaturisce il falso.
Bene a distanza di anni 10 e mezzo, lo stesso p.m. ha chiesto al Tribunale, durante un'udienza, di inserire le aggravanti previste dall'art. 479.
Preciso che dall'inizio del processo, non vi sono state sospensioni-interruzioni, ma qualche rinvio per sciopero avvocati e cambio composizione dei giudici a latere.
Ciò premesso,desidero sapere se la richiesta del p.m. potrà essere accettata e nel caso positivo, quando il processo cadrà in prescrizione?
Grazie.”
Consulenza legale i 12/10/2017
La risposta al primo quesito proposto è contenuta nell’art. 517 del c.p.p. secondo il quale “Qualora nel corso dell'istruzione dibattimentale emerga un reato connesso a norma dell'articolo 12 comma 1 lettera b) ovvero una circostanza aggravante e non ve ne sia menzione nel decreto che dispone il giudizio, il pubblico ministero contesta all'imputato il reato o la circostanza, purché la cognizione non appartenga alla competenza di un giudice superiore”.

Siccome la contestazione della circostanza aggravante di cui al secondo comma dell’art. art. 479 del c.p. del c.p. non comporta la competenza di un giudice diverso si può concludere, in breve, che la scelta del P.M. è legittima.

Circa la seconda domanda, si osserva che il tempo necessario a prescrivere un reato aumenta proporzionalmente alla gravità del reato preso in considerazione, cioè aumenta con l’aumentare della pena edittale prevista per quel determinato reato.

L’art. art. 157 del c.p., come modificato dalla legge 5.12.2005 n. 215, stabilisce che la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto, e a quattro anni se si tratta di contravvenzioni, anche se puniti con la sola pena pecuniaria.

L’ipotesi criminosa descritta nel quesito è un delitto punito con una pena che varia da tre a dieci anni, quindi nel caso di specie il termine ordinario di prescrizione è di anni dieci.

L’art. 160 del c.p. indica le cause di interruzione della prescrizione (in tali casi il corso della prescrizione si interrompe e comincia a decorrere un nuovo tempo di prescrizione dal giorno dell’interruzione):
- la sentenza di condanna;
- decreto penale di condanna;
- l'ordinanza che applica le misure cautelari personali e quella di convalida del fermo o dell'arresto;
- l'interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o al giudice;
- l'invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l'interrogatorio;
- il provvedimento del giudice di fissazione dell'udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione;
- la richiesta di rinvio a giudizio;
- il decreto di fissazione della udienza preliminare;
- l'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato;
- il decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena;
- la presentazione o la citazione per il giudizio direttissimo;
- il decreto che dispone il giudizio immediato;
- il decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a giudizio.

La richiesta di rinvio a giudizio, quindi, nel caso di specie, ha interrotto la prescrizione.

Per completezza, ai sensi dell’art. art. 161 del c.p., tuttavia, l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento fino a:
- un quarto del tempo necessario a prescrivere nei casi ordinari;
- la metà del tempo necessario a prescrivere nei casi di recidiva specifica (art. art. 99 del c.p. c.p. II comma);
- i due terzi del tempo necessario a prescrivere nel caso in cui il recidivo commetta altro delitto non colposo (art. art. 99 del c.p. c.p. IV comma);
- l’aumento del doppio del tempo necessario nel caso in cui a commetterlo sia il delinquente abituale (Artt. art. 102 del c.p. e [[103]] c.p.), oppure il delinquente di professione (Art. art. 105 del c.p. c.p.).

Nel caso di specie, in presenza di atti interruttivi, la prescrizione aumenta da dieci anni fino a dodici anni e mezzo.

Nel caso in cui la S.V. sia stato dichiarato recidivo, tale termina aumenterebbe come sopra indicato.

Anonimo chiede
sabato 29/04/2017 - Campania
“Buon giorno gentile redazione.
Vi spiego in breve il mio quesito.
Sono un professore di ruolo e anni fa insegnando in una scuola paritaria legalmente riconosciuta siamo stati accusati io e alcuni colleghi di falso ideologico e falso materiale x aver attestato delle false presenze sul registro di classe.Dopo 5 anni il processo ancora deve Iniziare.La mia domanda è questa: la falsificazione del registro di classe rientra nel comma 1 o comma 2? questo perchè nel primo caso sarebbe certa la prescrizione ,visto il minor tempo a prescrivere il reato. non vi nascondo che sono molto preoccupato e aspetto con ansia una risposta sperando che sia positiva.
saluti.
p.s. in caso di condanna ci sarebbe il licenziamento ?”
Consulenza legale i 04/05/2017
La falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, di cui all’art. 479 punisce varie condotte del pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, riceve o forma un atto pubblico.
In particolare:

1) L’attestazione falsa che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza;
2) L’attestazione di aver ricevuto dichiarazioni a lui non rese;
3) L’omissione o l’alterazione di dichiarazioni da lui non ricevute;
4) L’attestazione falsa di fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.

Il richiamo all’art. 476 comporta che il delitto de quo è aggravato se la falsità riguarda un atto o parte che faccia fede fino a querela di falso.
Il caso di specie è sussumibile senza dubbio nella fattispecie astratta disciplinata dall’art. 479 c.p.. La Giurisprudenza della Suprema Corte conforta tale tesi. “In tema di reati contro la fede pubblica costituisce atto pubblico il registro di classe di una scuola legalmente riconosciuta, con conseguente configurabilità del reato di cui all’art. 479 c.p. in caso di false annotazioni di assenza o di presenza degli alunni in tale registro”. (Cass. Pen. sez. V n. 34333 del 26 settembre 2005).

Circa il secondo aspetto della domanda, ovvero se ricorra l’ipotesi di cui al primo oppure al secondo comma dell’[[art479]], si segnala che un atto pubblico è fidefacente se:

- proviene da un pubblico ufficiale cui sia riconosciuta la potestà certificatrice;
- rappresenti quanto detto al pubblico ufficiale o quanto da lui attestato come detto o avvenuto;
- sia redatto nel rispetto delle forme prescritte dalla legge.

La Corte di Cassazione, con la sentenza, sez. V, n. 34333 del 26 settembre 2005 ha stabilito che il registro di classe è un atto pubblico che fa fede fino a querela di falso.

A.P. chiede
sabato 19/11/2016 - Sardegna
“Ricevo dall’Agenzia delle Entrate un accertamento IRPEF per l’anno 2011, basato su dati gravemente sbagliati, riferiti a:

- un contratto di locazione che viene erroneamente considerato corrispondere ad un importo di 6 volte superiore a quello reale,
e
- una quota di mia spettanza dei proventi da detto contratto pari al 25% anziché una quota del 20%, come compare nello stesso contratto e come, del resto, corrisponde alla parte di mia proprietà dell’immobile locato.

Posseggo l’originale del contratto, regolarmente registrato, e mi accingo a presentare all’Ufficio una istanza di riesame.

Vorrei, però, fare in modo che da tale istanza apparisse chiaro che l’Ufficio commetterebbe un falso (in atto pubblico?) qualora lo stesso Ufficio persistesse nelle sue pretese e procedesse con gli atti esecutivi, ignorando quanto da me segnalato nella mia istanza e comprovato dal contratto di locazione che ad essa allegherò.

Potreste dirmi se è possibile fare ciò ? In caso positivo, potreste suggerirmi la formula che potrei adottare per essere efficace nella mia azione di diffida e, allo stesso tempo, per essere protetto dal punto di vista penale?

Preciso che vorrei prendere tale atteggiamento rigido perché vorrei evitare il Ricorso/Reclamo alla Commissione Tributaria. Ciò produrrebbe comunque danno e spese legali a mio carico, giacché la somma in gioco supera il limite per la difesa in proprio, e non mi pare giusto spendere del tempo e dei soldi per errori dell’Agenzia delle Entrate.”
Consulenza legale i 25/11/2016
Ad avviso di chi scrive è del tutto sconsigliabile presentare un’istanza di riesame (più correttamente chiamata “istanza di autotutela”) nella quale far presente che esiste una falsità in atti pubblici e che la mancata revisione degli stessi comporterà una denuncia penale in tal senso.

Ciò perché, in effetti, il reato di falso ideologico (art. 479 c.p.) – che è la fattispecie di reato da considerare nell’ipotesi, come quella in esame, di errori nel contenuto dell’atto, che si rivela quindi falso in relazione a ciò che esprime/attesta – non si ritiene ravvisabile nel caso di specie.

Accade di frequente, infatti, che l’esito degli accertamenti fiscali condotti dall’Agenzia delle Entrate presenti degli errori, i quali possono dipendere da svariati motivi, spesso al contribuente sconosciuti.
E’ proprio per questo motivo, ovvero per consentire a quest’ultimo di intervenire e sollecitare un riesame della posizione fiscale, che sono stati predisposti dal legislatore i due strumenti dell’autotutela, appunto, da una parte e del ricorso alle Commissioni Tributarie dall’altro.

All’autotutela si ricorre, in genere, proprio nei caso di errore: di persona, logico o di calcolo, sul presupposto dell’imposta; oppure ancora nei casi di doppia imposizione, mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti, mancanza di documentazione successivamente presentata (non oltre i termini di decadenza), sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati; errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione.
L’istanza di autotutela, com’è noto, non sospende i termini per la presentazione del ricorso tributario (60 gg dalla notifica della cartella) e può anche concludersi con il silenzio (da intendersi come silenzio-rifiuto e non silenzio-assenso). A tale ultimo proposito si evidenzia che, riguardo ai tempi di risposta dell’Amministrazione, essi non sono fissati dalla legge; una direttiva della Direzione Regionale della Lombardia (la n.11/28093 del 7/4/2000) ipotizza che la decisione venga comunicata al contribuente entro un periodo massimo di 120 giorni dal ricevimento dell'istanza, salvo casi particolari in cui sia necessario un esame particolarmente approfondito.

Sotto il profilo del possibile reato penale di falso ideologico, va detto poi che per la configurazione del medesimo occorre il dolo “generico”, ovvero la volontà di dichiarare il falso e la consapevolezza del carattere inveritiero dell’atto stesso.
A tal proposito, la Corte di Cassazione ha statuito: “In tema di falsità documentali, ai fini dell'integrazione del delitto di falsità, materiale o ideologica, in atto pubblico, l'elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, il quale, tuttavia, non può essere considerato in "re ipsa", in quanto deve essere rigorosamente provato, dovendosi escludere il reato quando risulti che il falso deriva da una semplice leggerezza ovvero da una negligenza dell'agente, poiché il sistema vigente non incrimina il falso documentale colposo” (Cassazione penale, sez. III, 14/05/2015, n. 30862).
In buona sostanza, qualora il contribuente volesse denunciare la P.A. per falsità in atti, avrebbe l’onere della prova, ovvero dovrebbe dimostrare in giudizio il dolo, consistente nell’intenzione e/o volontà della P.A. stessa di affermare il falso nel documento pubblico da questa formato.
Si tratta di prova molto difficile per il contribuente, il quale non conosce le circostanze specifiche dell’accertamento eseguito dall’Agenzia delle Entrate che precedono la notifica dell’avviso: nel caso di specie, per tornare al quesito specifico, occorrerebbe che il contribuente già conoscesse, nel momento in cui si appresta a redigere l’istanza di autotutela ed a evidenziare il possibile reato, gli elementi di fatto e le circostanze che comprovano un dolo nella redazione dell’avviso di accertamento in capo a chi ha formato il documento.

In effetti, pare a chi scrive – lo si ribadisce – che non sia questo il caso ma che si tratti di un comune caso di errore accertativo, “facilmente” emendabile attraverso l’autotutela o, nella peggiore delle ipotesi, attraverso il ricorso giudiziale.

Lorenzo Maria L. chiede
lunedì 09/05/2016 - Puglia
“C)ARTT. 110-479 C. P perchè in concorso fra loro e nell’esercizio delle loro rispettive funzioni il M. di Comandante la Stazione Carabinieri di V.,il mar. ord. T. ed il v. brig. P. di militari in servizio presso la Stazione CC formando il verbale di arresto nella flagranza del reato di cui agli artt.81-110 C.P.e art. 73 D.P.R.309/90 nei confronti di:Omiss. vi inserivano false circostanze relative alle fasi precedenti al controllo e alla perquisizione a carico degli arrestati tal da avvalorare l’ipotesi di illecita detenzione di stupefacenti finalizzata alla cessione/vendita,in particolare attestando il P. (che materialmente,su consiglio ed indicazioni del Locatelli, formava l’atto poi scritto da S. che vi apponeva la propria firma pur consapevole delle falsità contenutevi per aver coadiuvato il primo nelle operazioni di controllo) che durante la fase antecedente i tre arrestati,mentre si trovavano fermi a bordo della loro autovettura,erano stati”… avvicinati da due centauri,i qual si allontanavano subito velocemente a bordo di motociclo di colore scuro e di cui non si era in grado di rilevare il numero di targa e tipo della moto e che indossavano il casco protettivo integrale”.
Ciò premesso,puntualizzando comunque che in quel periodo il sottoscritto non era il comandante in quanto in aspettativa pertanto assente per gravi motivi di salute e non ebbe a firmare alcun atto di p.g., oltre ad altre inesattezze gravi riportate nella enucleazione della contestazione da parte del P.M.,gradirei conoscere quando il delitto di cui trattasi si prescrive tenuto conto che la data della presunta consumazione è:24.02.2007.Ringrazio.”
Consulenza legale i 16/05/2016
Con il presente quesito viene richiesto in quanti anni si prescrive il reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, previsto dall'art. 479 del c.p.
L'art. 479 del codice penale stabilisce che:
"[I]. Il pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell'esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell'articolo 476".
L'art. 476 del c.p., richiamato dall'art. 479 del c.p., stabilisce che:
"[I]. Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni.
[II]. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a dieci anni".
Al fine del calcolo della eventuale prescrizione, occorre fare riferimento al dettato di cui all'art. 157, comma 1, del c.p., il quale stabilisce che:
"[I]. La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria".
Pertanto, poiché l'art. 479 del c.p. richiama le pene stabilite dall'art. 476 del c.p., si ritiene che, in generale, il termine di prescrizione è di sei anni in relazione al 1° comma dell’art. 476 c.p. ed, invece, di dieci anni in relazione al 2° comma dell’art. 476 c.p., con decorrenza dal 24 febbraio 2007 (data indicata nella formulazione del quesito quale momento di consumazione del reato).

Stefania E. chiede
venerdì 19/06/2015 - Lombardia
“Egregi Avvocati,
vorrei cortesemente sapere
(1) se la mancata o la tardiva (es. da 24 ore fino a qualche mese) compilazione nell'apposito registro operatorio di una procedura chirurgica costituisca reato penale;
(2) se il medico che deve dimettere un paziente nella cui cartella sia assente il verbale operatorio commetta reato penale;
(3) se costituisca un eventuale aggravante la comparsa di una complicanza a carattere chirurgico in un paziente in cui non sia stata scritta la procedura chirurgica per il quale è stato operato inizialmente.
In particolare, si tratterebbe di casi in cui non è stato verbalizzato un intervento chirurgico in diversi pazienti che poi hanno sofferto di una complicanza post-operatoria che in alcuni casi ha comportato la necessità di un reintervento.
Vorrei riportare due articoli del codice penale e due sentenze della cassazione su cui ragionare. Il mio quesito in particolare sarebbe attinente con i seguenti 3 punti:

(1) Il ritardo nella compilazione o la mancata compilazione possono costituire l'elemento materiale del reato di omissione di atti d'ufficio, sanzionato dall' art.328 cp.

(2) a Corte Suprema: “La cartella clinica, della cui regolare compilazione è responsabile il primario, adempie la funzione di diario del decorso della malattia e di altri fatti clinici rilevanti, attesta la sua funzione di diario, i fatti devono essere annotati contestualmente al loro verificarsi: Ne consegue che l’annotazione postuma di un fatto clinico rilevante integra il reato di falso materiale in atto pubblico di cui all’art. 476 c.p.” (Cassazione, sez V, 21.04.1983). Lorenzo Isoppo. La consulenza Medico Legale.

(3) L'annotazione postuma di un fatto clinico rilevante violerebbe l'obbligo di contestualità della compilazione (Cassazione 9623/1983 e Cassazione 227/1990).

Se riusciste cortesemente ad essere esemplificativo ed a definire esattamente se:

IL CHIRURGO CHE NON COMPILA UN VERBALE OPERATORIO SIA O MENO SANZIONABILE PENALMENTE ANDANDO IL FATTO A COSTITUIRE UN REATO COME DA ARTICOLI SOPRAESPOSTI.

Un cordiale saluto”
Consulenza legale i 23/06/2015
La cartella clinica è costituita dall'insieme ordinato dei dati clinici (anamnestici, obiettivi, specialistici, strumentali e documentali) che il personale sanitario deve collezionare e registrare in relazione alla persona malata, nel corso della degenza ospedaliera.
Sotto il profilo giuridico, essa ha efficacia probatoria rispetto alle attività eseguite dai sanitari ed attesta il consenso informato.

In particolare, ai fini penali, la cartella clinica rientra nella categoria degli atti pubblici, ove sia redatta dal medico di un ospedale pubblico o di una struttura convenzionata, essendo caratterizzata dalla produttività di effetti costitutivi, traslativi, modificativi o estintivi rispetto a situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica, nonché dalla documentazione di attività compiute dal pubblico ufficiale che redige l'atto. Come anticipato nel quesito, la cartella clinica, secondo la giurisprudenza, esplica la funzione di "diario del decorso della malattia e di altri fatti clinici rilevanti".

La sentenza della Corte di Cassazione, sez. V penale, 21 aprile 1983, ha sancito con chiarezza che l’annotazione postuma di un fatto clinico rilevante integra il reato di falso materiale in atto pubblico, in quanto i fatti clinici devono essere annotati contestualmente al loro verificarsi.

Si tratta di un indirizzo giurisprudenziale pacifico, ripreso da più pronunce successive (ad es., Cass. pen., 20 gennaio 1987, "Ne consegue che (all’infuori della correzione di meri errori materiali) le modifiche e le aggiunte integrano un falso punibile, anche se il soggetto abbia agito per ristabilire la verità, perché violano le garanzie di certezza accordate agli atti pubblici"; Cass. pen., 26 novembre 1997, "Trattasi di atto pubblico che esplica la funzione di diario del decorso della malattia sicché i fatti devono essere annotati contestualmente al loro verificarsi [...] tutte le aggiunte, alterazioni e cancellazioni integrano falsità in atto pubblico, punibili in quanto tali”).

Più recentemente, leggiamo Cass. pen. 23.3.2004, n. 13989: "La cartella clinica, della cui regolare compilazione è responsabile il primario, adempie alla funzione di diario della malattia e di altri fatti clinici rilevanti, la cui annotazione deve quindi avvenire contestualmente al loro verificarsi, uscendo al tempo stesso dalla disponibilità del suo autore ed acquistando carattere di definitività, per cui tutte le successive modifiche, aggiunte, alterazioni e cancellazioni integrano falsità in atto pubblico".

La Suprema Corte ha anche precisato che è irrilevante che l'aggiunta posteriore di fatti clinici sia stata effettuata dal sanitario per ristabilire la verità dei fatti, perché il bene giuridico protetto dalla norma penale è la fede pubblica, che risulta lesa anche quando manchi una corrispondenza tra l'effettivo iter di formazione dell'atto e quello che appare dal suo aspetto grafico (v. Cass. pen., 30.9.2005).

Per venire al caso specifico proposto, in cui il medico ha omesso di inserire nella cartella clinica il verbale operatorio, può affermarsi certamente che tale omissione configuri reato, nel senso specificato dalla giurisprudenza sopra richiamata.

Si avrà innanzitutto una condotta materiale propria del falso ideologico per omissione (art. 479 del c.p.), trattandosi di omessa indicazione di un momento essenziale del fatto rappresentato, i fini del soddisfacimento di quelle esigenze di pubblica fede cui in precedenza si è fatto riferimento (v. Cass. pen., sez. V, 31.5.2013, n. 23732). La giurisprudenza ha escluso la rilevanza penale delle sole omissioni che non incidano sulla funzione probatoria dell'atto in relazione allo specifico contenuto per cui esso è stato formato (si è ad esempio ritenuto rilevante - e quindi sanzionabile penalmente - che il sanitario abbia omesso di annotare nella cartella clinica che un'amniocentesi era stata eseguita una prima volta con risultato "ematico", scrivendo solo la seconda operazione, andata a buon fine, cfr. Cass. pen., sez. V, 19.10.2005 n. 22694).

Inoltre, se la cartella è stata successivamente - ma tardivamente - "aggiornata", si avrà falsità materiale, integrata dall'attività manipolatoria del registro operatorio, commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico, ai sensi dell'art. 476 del c.p.

Gianluigi G. chiede
lunedì 29/12/2014 - Marche
“Buongiorno. Telegraficamente: un responsabile di Servizio Tecnico Comunale settore edilizia privata, nonché sindaco pro-tempore ha letteralmente "risuscitato" nel 2013 un permesso edilizio in sanatoria di cui alla legge 47/85 che era stato dichiarato falso in tutti e tre i gradi di giudizio (Gup 2008 - appello 2012 - cassazione 2013) con relativa annotazione sul documento falso e sul permesso edilizio in sanatoria fin dal 2008. Qual è con esattezza il reato contestabile: abuso in atti di ufficio, falso in atti di ufficio, tutti e due insieme o nessuno dei due? grazie, cordialità
Consulenza legale i 13/01/2015
Premesso che per poter rispondere con precisione al quesito sarebbe necessario analizzare compiutamente tutti i fatti di causa nonché i relativi documenti, anche giudiziali, è possibile in questa sede offrire alcuni chiarimenti circa i reati di abuso di atti d'ufficio e di falso in atti di ufficio.

Quanto al falso in atti di ufficio, l'art. 476 del c.p. dice che il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni.
La falsità materiale si ha quando l’atto non è genuino, cioè quando vi è divergenza tra l’autore apparente e l’autore reale dello stesso, oppure quando l’atto è contraffatto o alterato.

L’art. 479 del c.p. punisce invece “il pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”.
In questo caso di tratta di falsità ideologica, che concerne l’atto nel suo contenuto ideale, il quale risulta così non veritiero.

Per quanto riguarda, invece, l'abuso di atti d'ufficio, è l'art. 323 del c.p. a stabilire che il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procurino a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale siano puniti con la reclusione da uno a quattro anni: l'articolo si apre con una importante clausola di riserva, che recita "salvo che il fatto non costituisca un più grave reato". Tale clausola fa soccombere la norma di cui all'art. 323 nel concorso apparente rispetto ai reati più gravi, a prescindere dal principio di specialità.
Ciò è stato più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha stabilito che il carattere sussidiario e residuale del reato di abuso d’ufficio, desumibile proprio dalla esplicita riserva “salvo che il fatto non costituisca più grave reato” contenuta anche nella nuova formulazione dell’art. 323 c.p. (dopo la L. n. 234 del 1997), implica che, "qualora la condotta addebitata si esaurisca nella commissione di un fatto qualificabile come falso ideologico in atto pubblico, solo di tale reato l’agente deve rispondere e non anche dell’abuso d’ufficio, da considerare assorbito nell’altro, a nulla rilevando, in contrario, la diversità dei beni giuridici protetti dalle due norme incriminatici" (Cass. Pen., Sez. V, 9.11.2005).
Ancora, si può citare Cass. pen., sez. V, 21.06.2004 n. 27778, che ha ritenuto che l'agente dovesse rispondere solo del reato di falso ideologico in atto pubblico, e non anche dell'abuso d'ufficio, da considerare assorbito nell'altro ("Questa Corte (Cass. n. 12226/98) difatti, aveva ritenuto che, nel limite in cui l'abuso è commesso con la stessa condotta di falso in atto pubblico, che integra reato più grave, vi è assorbimento e non concorso formale di reati. E, per contro, aveva osservato che vi è concorso di reati se, oltre alla condotta in cui consiste l'abuso nell'esercizio della potestà di attestazione, nello stesso atto del p.u. si ravvisi anche altra azione abusiva, contestuale ma distinta, per esempio di rilascio connesso non dovuto di autorizzazione").

Alla luce della normativa e della giurisprudenza, laddove il responsabile tecnico comunale, nonché sindaco pro tempore, dovesse rispondere di falso in atto pubblico (materiale o ideologico), trattandosi di reati più gravi dell'abuso d'ufficio, risponderebbe solo di quelli e non anche - in concorso - del delitto di cui all'art. 323 c.p.

Non essendo conosciuti i fatti di causa e soprattutto la ragione per cui venne dichiarato giudizialmente falso il permesso edilizio in sanatoria, non è possibile indicare con precisione il reato commesso dall'agente nel "riportare in vita" quel permesso. In generale, si può dire che qualora persista la causa di falsità del provvedimento - causa di cui l'agente è a perfetta conoscenza - il delitto di falsità ideologica potrebbe sembrare configurabile: tuttavia, si ripete, la mancata conoscenza dei dettagli del caso non consente di stabilire se vi siano i presupposti di un reato di falso.

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