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Articolo 26 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 01/01/2024]

Imputazione dei redditi fondiari

Dispositivo dell'art. 26 TUIR

1. I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall'articolo 30, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso. I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito, purché la mancata percezione sia comprovata dall'intimazione di sfratto per morosità o dall'ingiunzione di pagamento. Ai canoni non riscossi dal locatore nei periodi d'imposta di riferimento e percepiti in periodi d'imposta successivi si applica l'articolo 21 in relazione ai redditi di cui all'articolo 17, comma 1, lettera n-bis). Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare(1).

2. Nei casi di contitolarità della proprietà o altro diritto reale sull'immobile o di coesistenza di più diritti reali su di esso il reddito fondiario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun soggetto per la parte corrispondente al suo diritto.

3. Se il possesso dell'immobile è stato trasferito, in tutto o in parte nel corso del periodo di imposta, il reddito fondiario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun soggetto proporzionalmente alla durata del suo possesso.

Note

(1) Il D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, ha disposto, con l'art. 3 quinquies, comma 2, che la presente modifica ha effetto "per i contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2020. Per i contratti stipulati prima della data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente articolo resta fermo, per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità, il riconoscimento di un credito di imposta di pari ammontare".

Massime relative all'art. 26 TUIR

Cass. civ. n. 24444/2005

In tema di imposte sui redditi, il solo fatto della intervenuta risoluzione consensuale del contratto di locazione, unito alla circostanza del mancato pagamento dei canoni relativi a mensilità anteriori alla risoluzione, non è idoneo di per sé ad escludere che tali canoni concorrano a formare la base imponibile IRPEF, ai sensi dell'art. 23 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, salvo che non risulti la inequivoca volontà delle parti di attribuire alla risoluzione stessa efficacia retroattiva. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. L'Aquila, 28 Gennaio 2000).

Cass. civ. n. 19166/2003

In tema di imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), non va compreso fra i redditi da fabbricato quello derivante dalla locazione di un immobile stipulata da persona non proprietaria né titolare di altro diritto reale sul bene in questione. Infatti, l'art. 32 del D.P.R. n. 597 del 1973, la cui disposizione è stata sostanzialmente riprodotta dall'art. 23 del D.P.R. n. 917 del 1986, lega - con previsione insuscettibile di interpretazione estensiva - il concetto di reddito fondiario alla titolarità di un diritto reale sul bene immobile censito in catasto, a cui, per effetto di tale censimento, vengono attribuiti redditi presuntivi soggetti all'imposizione diretta, indipendentemente dalla loro effettiva percezione (Fattispecie relativa a contratto di locazione stipulato dal promissario acquirente dell'immobile). (cassa e decide nel mer., Comm. Trib. Reg. Lombardia 19 febbraio 98).

Cass. civ. n. 6911/2003

In tema di determinazione del reddito dei fabbricati, l'art. 35 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (ora art. 35 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), là dove stabilisce che "il reddito lordo effettivo è costituito dai canoni di locazione risultanti dai relativi contratti", deve essere interpretato - in conformità al principio di capacità contributiva sancito dall'art. 53 Cost. ed a quello della buona fede previsto dall'art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, i quali impongono all'amministrazione di far riferimento a dati di ricchezza reali - nel senso che esso riguarda soltanto i criteri applicabili per la revisione della rendita catastale e non può essere invocato nella diversa ipotesi di tassazione del reddito effettivo di un immobile. Ne consegue che, nel caso in cui non si debba far ricorso alla rendita catastale, i dati risultanti dal contratto di locazione forniscono solo un'indicazione presuntiva (poiché, normalmente, i proprietari percepiscono i canoni indicati nel contratto), rispetto alla quale deve ritenersi consentita la prova contraria. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Piemonte, 16 luglio 1997).

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Consulenze legali
relative all'articolo 26 TUIR

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Marcello T. chiede
sabato 25/09/2021 - Lazio
“Buongiorno
Siamo due fratelli e possediamo un locale costituito da due vani in XXX affittati a bar. L'inquilino non paga l'affitto da febbraio 2020 ad oggi. Fino al gennaio 2020 ha pagato in seguito ai numerosi accessi dell'ufficiale giudiziario derivanti dall' ordinanza di convalida di sfratto del tribunale di XXX in nostro favore datata 8/11/2016. Ad oggi è in corso la fase esecutiva che dopo il blocco degli sfratti è ripresa dal 2 luglio 2021. L'8 ottobre 2021 ci sarà il primo accesso successivo alla nuova intimazione ricevuta il 2 luglio 2021 dopo il blocco degli sfratti. Nel frattempo , come richiesto del CAF Cisl di XXX in sede di 730, abbiamo dichiarato i redditi di affitto dei locali e non abbiamo trasmesso all’Agenzia delle Entrate la sentenza del Tribunale di XXX.
Ora non pagando più l’inquilino dal gennaio 2020 siamo rimasti perplessi dalla richiesta da parte del CAF di dichiarare redditi derivanti dall’affitto come se fosse stato regolarmente percepito asserendo che bisognava pagare fin quando i locali non fossero stati occupati dal moroso.
Stando cosi le cose l'affitto lo paghiamo noi.
Abbiamo letto il DPR 917 dell’86 art. 26, come suggeritoci da funzionari delle Imposte, che tuttavia non ha saputo rispondere al nostro quesito se cioè dovevamo continuare a dichiarare l'affitto non percepito sul 730 fino a esecuzione dello sfratto o diversamente
In attesa di risposta giro a voi il quesito.”
Consulenza legale i 30/09/2021

In generale, in riferimento alla locazione di immobili ed all’imposizione dei canoni che ne derivano, occorre distinguere tra il caso in cui la locazione abbia ad oggetto un immobile ad uso abitativo e quello in cui, invece, la locazione abbia ad oggetto un immobile commerciale, come nel caso di specie.

Regola generale posta dall’art. 26 del TUIR è che il reddito che deriva dalla locazione degli immobili debba concorrere alla determinazione del reddito complessivo indipendentemente dalla percezione. Tuttavia, almeno con riferimento alla prima ipotesi, occorre tenere conto del fatto che, per effetto delle modifiche introdotte all’art. 26 del TUIR dall’art. 3-quinques del D.L. n. 34/2019 (Decreto Crescita), per i contratti stipulati a partire dal 1° gennaio 2020, se entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi è stata effettuata l’ingiunzione di pagamento o l’intimazione di sfratto per morosità, non sussiste obbligo di dichiarazione dei canoni di locazione non percepiti.

In tal caso, nella Sezione Redditi dei fabbricati del modello di dichiarazione, occorrerà indicare il codice 4, riportando in dichiarazione solo la rendita catastale, nel caso di canone totalmente non percepito; ovvero la quota di canone effettivamente percepita, nel caso di un inadempimento parziale dell’obbligo di corresponsione del canone da parte del conduttore.

La stessa disposizione ha, inoltre, previsto, per gli eventuali canoni percepiti nei periodi di imposta successivi, l’applicazione dell’art. 21, ossia della tassazione separata, ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett. n-bis del medesimo TUIR.

L’art. 6 septies del D.L. 22 marzo 2021, n. 41 ha esteso la predetta detassazione dei canoni non percepiti anche ai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati anteriormente alla data del 1° gennaio 2020. Per detti contratti, infatti, prima della predetta modifica normativa, i canoni non percepiti non concorrevano alla formazione del reddito del locatore solo dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di sfratto, con l’emissione dell’ordinanza di convalida da parte del giudice e, pertanto, i relativi canoni in tutto o in parte non percepiti non andavano dichiarati solo se il procedimento di convalida di sfratto per morosità si era concluso entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.


In definitiva, quindi, le disposizioni di cui al nuovo art. 26 del TUIR sono applicabili a tutti i canoni non percepiti a partire dal 1° gennaio 2020, indipendentemente dalla data di stipula del contratto di locazione.

Per gli immobili ad uso commerciale, o non abitativo in generale, invece, il legislatore tributario (art. 26, comma 1, primo periodo del TUIR) ha previsto la regola generale per effetto della quale i redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale indipendentemente dalla percezione. Pertanto, anche per il reddito da locazione non è richiesta, ai fini della imponibilità del canone, la materiale percezione del provento.

Il relativo canone deve, quindi, essere dichiarato, ancorché non percepito, nella misura in cui risulta dal contratto di locazione e sino a quando non intervenga una causa di risoluzione del contratto (Cass. V Sezione civile, 21621, 25.10.2015).


La giurisprudenza di merito ha affermato che il momento della risoluzione del contratto può anche coincidere con il provvedimento di convalida dello sfratto che è finalizzato sia alla risoluzione del contratto che al rilascio del bene ma l’orientamento espresso dall’amministrazione evidenzia la necessità di dichiarare i canoni di locazione, anche se non percepiti, sino al momento della risoluzione del contratto precisando che questa non si ha per effetto del semplice inadempimento posto che l’obbligo per il conduttore di pagare il canone dura fin tanto che lo stesso ha l’effettiva disponibilità del bene locato.



P.C. chiede
domenica 01/08/2021 - Piemonte
“Quesito a BROCARDI su imposte non pagate da eredi
Tizio e gli eredi di sua cognata Caia sono comproprietari al 50% di due negozi (“A” locato e “B” sfitto da tempo).
Mentre Tizio ha sempre pagato l’IMU e l’Irpef per il suo 50% dei negozi, gli eredi di Caia, dopo la sua morte, non hanno provveduto a pagare le loro parti delle stesse imposte. Preciso che alcuni degli eredi di Caia sono irreperibili all’estero.
Si chiede se il Comune ove sono ubicati i negozi e l’Agenzia delle Entrate, possano chiedere a Tizio il pagamento dei debiti fiscali (rispettivamente IMU e Irpef, per imposte non pagate, sanzioni ed interessi ed eventuali altre spese) dovuti dagli eredi di Caia.
Inoltre, possono Comune e/o Agenzia delle Entrate, mettere all’asta il 100% dei negozi e corrispondere a Tizio la sua quota (50%) del ricavato dell’asta, senza che egli possa partecipare all’asta stessa?
Preciso che Tizio incassa l’intero canone di locazione del negozio “A” in pagamento del debito che gli eredi di Caia hanno verso Tizio per spese da questi sostenute per diversi motivi (spese funerarie di Caia, spese per il suo ricovero in casa di riposo, spese per medicinali, spese condominiali dei negozi etc.)
Grazie in anticipo”
Consulenza legale i 23/08/2021
In risposta al primo quesito, inerente l’eventuale accertamento del Comune per l’omesso versamento IMU da parte degli eredi di Caia a carico di Tizio, può evidenziarsi come la norma sul punto sia assolutamente chiara.
In effetti i soggetti passivi dell’IMU, per gli anni antecedenti al 2021, sono individuati dall’[[art. 9 co. 1]] D.Lgs. 23/2011, il quale indica come tali il proprietario dell’immobile o il titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie). In tale secondo caso, il soggetto passivo IMU è il titolare del diritto reale e non il “nudo proprietario”.
Quando vi sono una pluralità di soggetti (e quindi si ha comproprietà), questi sono tutti da considerare individualmente quali soggetti passivi dell’IMU: ai sensi dell’art. 9 co. 2 del DLgs. 23/20119, infatti, l’imposta è dovuta […] “proporzionalmente alla quota” di possesso.
Ne consegue che la norma non prevede alcuna responsabilità solidale tra Tizio e gli eredi di Caia.
Tale disciplina è riproposta per gli anni a decorrere dal 2021 anche dalla legge di bilancio 2020, che al comma 743 sancisce che in presenza di più soggetti passivi con riferimento ad un medesimo immobile, ognuno è titolare di un’autonoma obbligazione tributaria e nell’applicazione dell’imposta si tiene conto degli elementi soggettivi e oggettivi riferiti ad ogni singola quota di possesso, anche nei casi di applicazione delle esenzioni o agevolazioni.
Dunque secondo la disciplina IMU ciascun comproprietario (o meglio ciascun soggetto passivo coinvolto) è responsabile autonomamente della propria obbligazione tributaria. Così, ad esempio, in caso di immobile in comproprietà tra i due coniugi o tra due fratelli, ciascuno non risponde dell’omesso o insufficiente versamento dell’IMU dovuta dall’altro comproprietario.
Esiste invece solidarietà nel caso specifico del decesso del contribuente, laddove, applicandosi per analogia il disposto dell’ art. 65 c. 1 DPR 600/1973, gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa.
Gli eredi di Caia, dunque, saranno tra loro responsabili solidalmente dell’omesso versamento imu.

Quanto invece all’irpef, imposta sul reddito delle persone fisiche, la disciplina è diversa.
L’art. 26 comma 1 DPR 917/1986 dispone, in tema di redditi fondiari delle persone fisiche, che i canoni di locazione concorrono a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso.
Inoltre, la stessa norma – al comma 2 – prevede che, in caso di contitolarità della proprietà o altro diritto reale sull’immobile o di coesistenza di più diritti reali su quest’ultimo, il reddito da locazione concorre a formare il reddito complessivo di ciascun soggetto per la parte corrispondente al suo diritto.
In altri termini e come confermato anche dall’Amministrazione finanziaria con la circolare 20/E/2012, in caso di fabbricato in comproprietà, il contratto di locazione stipulato da uno solo dei comproprietari esplica effetti anche nei confronti del comproprietario non indicato nel contratto stesso, con la conseguenza che anche quest’ultimo soggetto ai fini fiscali è tenuto a dichiarare il relativo reddito fondiario per la quota a lui imputabile. E, a conferma di ciò, il modello RLI telematico, necessario per la registrazione dei contratti di locazione, prevede – nel quadro B “Dati del locatore – Soggetti” – la sezione “Soggetto non presente in atto” che, secondo le istruzioni di compilazione, “(…) deve essere barrata se nel contratto di locazione non sono stati indicati tutti i cointestatari dell’immobile (…)”, ammettendo implicitamente la possibilità che il contratto di locazione sia concluso da un solo soggetto ma che lo stesso debba poi esplicare effetti tributari anche nei confronti degli altri eventuali contitolari dell’immobile concesso in locazione.
La Circolare AdE 20/E del 4 giugno 2012 (pagg. 9-10) recita espressamente: “Nel caso di un immobile in comproprietà, il contratto di locazione stipulato da uno solo dei comproprietari esplica effetti anche nei confronti del comproprietario non presente in atti che, pertanto, è tenuto a dichiarare, ai fini fiscali, il relativo reddito fondiario per la quota a lui imputabile”.
In sostanza
- in caso di immobile in comproprietà anche il singolo comproprietario può stipulare un contratto di locazione;
- le imposte sul canone percepito, tuttavia, andranno pagate da tutti i comproprietari, in ragione delle rispettive quote;
- in registrazione andranno indicati (nella sezione riservata ai locatori) i nominativi di tutti i comproprietari, ivi compresi quelli "non presenti in atto";
- contestualmente verrà indicata l'opzione per il regime di cedolare o IRPEF di tutti i comproprietari;
- (in caso di opzione cedolare) per questo sarebbe opportuno che i comproprietari che non hanno espresso la propria opzione in contratto (non essendo presenti in esso) inviino prima della registrazione del contratto la raccomandata ai conduttori contenente l'opzione e la conseguente rinuncia all'aggiornamento del canone
Qualora poi il canone venisse effettivamente percepito da un solo comproprietario e non da tutti il comproprietario unico percipiente del canone potrebbe essere chiamato a ristorare gli altri comproprietari ristori delle imposte versate in sua vece.
Tale posizione dell’Agenzia delle Entrate si scontrava precedentemente con la posizione della Giurispudenza che invece prevedeva l’obbligo di pagamento dell’irpef solo in capo a chi comparisse in contratto e percepisse effettivamente il reddito da locazione.
Attualmente anche la Corte di Cassazione sembra confermare la posizione dell’Agenzia delle Entrate, sostenendo l’obbligo di pagamento dell’irpef da parte di ciascun proprietario dell’immobile anche se non compare nel contratto di locazione e non percepisce il reddito fondiario. (Si veda Cassazione sent. 9 maggio 2019, n. 12332)
Naturalmente, in risposta al quesito, l’Amministrazione finanziaria non potrà agire nei confronti di Tizio per la quota di pertinenza degli eredi di Caia.
Infine, in risposta al terzo quesito, il Comune e l’Agenzia delle Entrate potrebbero affidare all’Agente della Riscossione il recupero coattivo dei debiti tributari, attivando nei confronti degli eredi di Caia tutte le azioni utili al predetto recupero, non ultimo il pignoramento immobiliare.
Il pignoramento immobiliare è tuttavia un’ipotesi remota di riscossione. Solitamente l’Agente della riscossione attiva procedure diverse, quali ad esempio i pignoramenti presso terzi, quali pignoramenti di somme su conti correnti bancari e postali o presso il datore di lavoro e solo in casi di estrema necessità provvede ad attivare il pignoramento immobiliare.
Il comproprietario può partecipare all’asta, concorrendo con gli altri creditori, oppure può rimanere inerte ed il 50% del ricavato dovrà ad esso essere devoluto.


D. P. chiede
mercoledì 30/11/2022 - Emilia-Romagna
“Buongiorno, mia moglie portoghese con cittadinanza italiana acquisita, residente in Italia, in Portogallo è parte con la sorella maggiore, che la gestisce ai sensi dell'art. 2079 del codice civile portoghese, di una Comunione ereditaria indivisa intestata al defunto padre. Le imposte irpef (affitti) e immobiliari portoghesi sono corrisposte dalla sorella quale legale rappresentante dell'eredità, con il proprio codice fiscale per l'irpef mentre le imposte immobiliari vengono versate con il codice fiscale della Comunione ereditaria. La domanda è: quali imposte sono dovute per l'Italia? Mia moglie può rientrare nei casi di esclusione dovuto al D.L. 28 giugno 1990, n. 167, art. 4, comma 3, anziché comma 1? Grazie”
Consulenza legale i 10/12/2022
Quadro normativo di riferimento
La comunione ereditaria è una particolare tipologia di comunione che si instaura a seguito della morte di una persona fisica (de cuius), allorquando vi siano più eredi i quali diventano comproprietari pro quota dei beni e contitolari dei diritti e dei debiti che fanno parte dell'eredità.
L’oggetto della comunione ereditaria può essere rappresentato da un bene immobile che, per volere dei comproprietari eredi, può essere concesso in locazione.
Il canone di locazione, concordato fra eredi locatori e il conduttore, rientra nella categoria dei frutti civili, ai sensi dell'art. 820 del c.c. e, come tale, è ripartito pro quota fra i comunisti.
Se l’immobile, rientrante nella comunione ereditaria e oggetto di locazione è sito in Italia, il canone percepito dai singoli comunisti assume rilevanza da un punto di vista fiscale, in quanto costituisce fonte di reddito da locazione, indipendentemente dalla effettiva percezione, ai sensi dell’art. 26 del T.U.I.R..
Allorquando l’unità immobiliare si trovi in altro stato e uno dei comproprietari sia residente in Italia, ai sensi dell’art. 2 del T.U.I.R., in taluni casi e in presenza di specifici presupposti, i proventi possono rilevare fiscalmente anche in Italia, in ragione del principio di imposizione su scala mondiale, di cui all'art. 3 del T.U.I.R..
I proprietari di immobili all’estero ma residenti in Italia, possono, in taluni casi, essere soggetti, dunque, al rispetto rigoroso di specifici obblighi dichiarativi e di versamento secondo l’ordinamento italiano.
Nelle ipotesi in cui tali proventi siano rilevanti fiscalmente nello stato dove è sito l’immobile e nello Stato ove il proprietario è residente si pone il problema di doppia imposizione, che, come noto, è suscettibile di disincentivare gli investimenti che riguardano gli immobili in altri Stati, diversi da quello di residenza (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 12 aprile 2018, causa – C110/17).
Al fine di eliminare o limitare il fenomeno della doppia imposizione, con riferimento al medesimo presupposto impositivo, l’Italia ha firmato con la quasi totalità di Paesi con cui intrattiene rapporti commerciali una Convenzione contro le doppie imposizioni.
Si tratta di accordi bilaterali a livello internazionale, con i quali i Paesi firmatari regolano, reciprocamente, l’esercizio della potestà impositiva con il precipuo scopo di eliminare fenomeni di doppia imposizione sui redditi e/o sul patrimonio gravanti sui soggetti economici residenti nei vari Paesi nel mondo, che sarebbero in contrasto con generali e ineludibili principi in materia di libera circolazione delle persone e dei capitali, previsto specificamente in ambito unionale.
La quasi totalità di tali accordi bilaterali “ricalca” il modello di Convenzione, approvato in sede OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).
Tale modello, all’art. 6, stabilisce che gli immobili siano tassati nello Stato in cui sono situati.
La previsione di tassabilità degli immobili nel Paese, ove è sito, affermata in ambito OCSE, non esclude l’assoggettamento a imposta anche nell’altro Stato di residenza del contribuente proprietario.
Nelle ipotesi in cui dalla Convenzione emerga che il reddito derivante da un immobile all’estero debba essere soggetto a tassazione anche in Italia, occorre individuare il regime applicabile.
Al riguardo, il riferimento normativo è contenuto nell’ar. 70 del T.U.I.R., il quale, in linea generale, distingue le ipotesi in cui il reddito derivante dal possesso di immobili di fonte estera sia assoggettato a tassazione dalla diversa ipotesi in cui i proventi non siano tassati nello Stato estero.
In particolare, ai sensi della citata norma:
· se il reddito, derivante dalla locazione dell’immobile, e soggetto a imposte sui redditi nello Stato estero, occorre indicare nella dichiarazione italiana l'ammontare dichiarato nello Stato ove e situato l'immobile; in questo caso spetta il credito per le imposte estere, in luogo della deduzione forfetaria del 15%;
· se, invece, lo Stato estero non prevede l'imposizione diretta sui canoni di locazione, il provento concorre alla formazione del reddito italiano, ridotto del 15%, senza poter fruire del credito per le imposte estere.

Obblighi dichiarativi in caso di immobili detenuti all’estero
La detenzione di un bene immobile all’estero, in taluni casi, impone il rispetto di una serie di obblighi di natura dichiarativa, quali in particolare l’adempimento di obblighi in materia di monitoraggio fiscale di cui all’art. 4, D.L. 28 giugno 1990, n. 167.
Il principale adempimento riguarda la compilazione del quadro RW del modello di dichiarazione dei redditi, nel quale i soggetti residenti, a partire dal periodo di imposta 2009, sono tenuti a indicare il valore degli immobili siti all’estero, indipendentemente dalla effettiva produzione di redditi imponibili in Italia.

Esoneri dalla compilazione del quadro RW
Ai sensi dell’art. 4, comma 3, D.L. 28 giugno 1990, n. 167, gli obblighi di monitoraggio non trovano applicazione per gli immobili affidati in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, ai fini dell’esenzione occorre un mandato con un intermediario finanziario a tutti gli effetti ed eventualmente iscritto a un apposito Albo (Agenzia delle Entrate, risoluzione 31 maggio 2011, n. 61 e 8 marzo 2012, n. 23).

Applicazione dell’IVIE
Gli immobili detenuti all’estero da persone fisiche sono soggetti a IVIE.
Si tratta di una imposta che trova applicazione nei confronti di:
· proprietari di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali per natura o per destinazione destinati ad attività d’impresa o di lavoro autonomo
· titolari dei diritti reali di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi
· concessionari, nel caso di concessione di aree demaniali
· locatari, per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria.
A partire dal periodo di imposta 2016, l’imposta non si applica al possesso degli immobili adibiti ad abitazione principale (e per le relative pertinenze), e alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, che in Italia non risultano classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.

Fattispecie concreta
Preliminarmente alla analisi dei quesiti prospettati e delle eventuali implicazioni fiscali, occorre precisare che la sussistenza del requisito della residenza in Italia in capo a Sua moglie è assunto sulla base delle informazioni fornite.
Alla luce delle considerazioni in precedenza svolte, si ritiene che, nel caso in esame, siano diversi gli obblighi di natura dichiarativa e di versamento da adempiere.
I comproprietari di beni immobili siti all’estero e concessi in locazione sono tenuti alla dichiarazione
in Italia dei proventi, derivanti dalla locazione di unità immobiliari in Portogallo. Ciò significa che Sua moglie, in qualità di comproprietaria è tenuta alla dichiarazione dei proventi derivanti dalla locazione, indipendentemente dalla effettiva percezione, come previsto dall'art. 26 del T.U.I.R..
Tali canoni configurano redditi diversi, ai sensi dell'art. 67 del T.U.I.R. assoggettati alla relativa disciplina.
Come rilevato, la tassazione del reddito in Italia dipende dalla circostanza che il governo Portoghese tassi direttamente tali canoni o li consideri esenti:
· se in Portogallo tali canoni di locazione sono direttamente tassati in Italia, bisognerà utilizzare la stessa base imponibile dello Stato estero;
· se in Portogallo tali canoni non sono direttamente tassati, il canone di locazione è ridotto del 15%.
Al riguardo, per comprendere in quale categoria si rientri nel caso specifico, occorre farsi rilasciare una attestazione da parte dell’Autorità portoghese.
Ulteriore obbligo di natura dichiarativa, che si ritiene sussistente nel caso di specie riguarda gli adempimenti in materia di monitoraggio fiscale, di cui all’art. 4, D.L. 28 giugno 1990, n. 167 (compilazione del quadro RW), per le ragioni che seguono.
Le ipotesi di esenzione di cui all’art. 4, del citato Decreto, non possono trovare applicazione, atteso che la sorella di Sua moglie, pur gestendo di fatto gli immobili, non possa rivestire la qualifica di intermediario, ai sensi della normativa sopra esposta.
Con riferimento agli obblighi di versamento, oltre a considerare i canoni di locazione come redditi diversi, ai fini delle imposte dirette complessivamente dovute a fine anno, si ritiene, infine, che Sua moglie potrebbe essere anche soggetta al pagamento dell’IVIE.