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Articolo 38 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

(D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327)

[Aggiornato al 10/12/2023]

Determinazione dell'indennità nel caso di esproprio di un'area legittimamente edificata

Dispositivo dell'art. 38 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

1. Nel caso di espropriazione di una costruzione legittimamente edificata, l'indennità è determinata nella misura pari al valore venale.

2. Qualora la costruzione ovvero parte di essa sia stata realizzata in assenza della concessione edilizia o della autorizzazione paesistica, ovvero in difformità, l'indennità è calcolata tenendo conto della sola area di sedime in base all'articolo 37 ovvero tenendo conto della sola parte della costruzione realizzata legittimamente.

2-bis. Ove sia pendente una procedura finalizzata alla sanatoria della costruzione, l'autorità espropriante, sentito il comune, accerta la sanabilità ai soli fini della corresponsione delle indennità.

Massime relative all'art. 38 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

Cass. civ. n. 27934/2018

L'indennità di espropriazione di costruzioni legittimamente edificate - nella specie, un appartamento situato in un edificio inserito nel programma regionale di riqualificazione urbana - dev'essere commisurata al valore venale del bene, ossia al suo valore di mercato, da determinarsi attraverso indagini e sulla base dei criteri della scienza estimativa, i quali non tengono conto della maggiore spesa che l'espropriato dovrebbe sostenere per l'acquisto e la sistemazione di un altro bene conforme alle proprie esigenze abitative, trattandosi di elementi soggettivi di valutazione, forieri di disparità di trattamento tra proprietari di beni aventi caratteristiche omogenee e comunque idonei a far sorgere complicazioni nel procedimento di stima, ispirato invece a finalità di semplificazione ed accelerazione.

Cass. civ. n. 645/2018

Il diritto all'indennità, a seguito dell'esproprio, non è escluso dalla iniziale abusività dell'edificazione, se l'immobile, alla data in cui interviene l'esproprio, è stato fatto oggetto di una domanda di sanatoria che la pubblica amministrazione non abbia ancora scrutinato: in tale ipotesi occorre cioè che l'amministrazione, per i fini del riconoscimento dell'indennità, effettui una valutazione prognostica circa la formazione del silenzio assenso o circa la sua condonabilità, il cui esito, se positivo, impone di tener conto di esso nella quantificazione di quella indennità, altrimenti restando la stessa Corte di Cassazione - copia non ufficiale rapportata non già alle caratteristiche oggettive del bene sottoposto ad esproprio, ma ad una circostanza del tutto casuale ed insignificante, quale l'avere la P.A. deciso o meno sull'istanza di condono, anche se - per ipotesi- in violazione dei termini all'uopo previsti.

Cass. civ. n. 499/2017

In tema di espropriazione per pubblica utilità, l'area "edificata" presuppone che su di essa siano stati costruiti edifici ed installate attrezzature tali da avere impresso al terreno una stabile trasformazione, così da renderne attuali le originarie potenzialità edificatorie. Con riguardo, poi, alle strutture necessarie all'esercizio di attività d'impresa, il terreno è da considerare edificato solo se vi sia stata installazione di stabili manufatti, non rimuovibili se non provocando alterazione della morfologia dell'area, con modifica della destinazione urbanistica, senza alcuna possibilità di distinguere il valore delle costruzioni da quello dell'area su cui insistono. (Nella specie, la S.C. ha riconosciuto la qualificazione di area edificata ad un immobile già adibito a cinema all'aperto, in quanto tale destinazione era comprovata dai muri perimetrali intervallati da aperture finalizzate ad agevolare l'uscita del pubblico, dalla presenza di vani adibiti a biglietteria, sala di proiezione e ripostiglio, da un muro per lo schermo e da un palcoscenico in muratura).

Cass. civ. n. 25799/2013

La legittimità del manufatto danneggiato dall'opera pubblica costituisce il presupposto del pregiudizio risarcibile, consentendosi altrimenti al proprietario di trarre beneficio dalla sua illecita attività, invece preclusa, sotto ogni possibile profilo, dalla legge n. 47 del 1985. Accertato, pertanto, il carattere abusivo dell'immobile e la contestuale impossibilità per l'Amministrazione comunale di rilasciare l'istanza di concessione in sanatoria, è del tutto irrilevante la questione di costituzionalità degli artt. 16, comma 9 della legge n. 865 del 1971, e 38, comma 2, D.P.R. n. 327 del 2001, nella parte in cui consentendo di negare il risarcimento del danno nonostante la pendenza della procedura di condono, violerebbero i principi della proprietà privata tutelati degli artt. 42, commi 2 e 3, e 117, comma 1, Cost., nonché dell'art. 1 del protocollo n. 1 della CEDU.

Cass. civ. n. 24703/2007

In tema di calcolo dell'indennità di espropriazione, non ha natura di area edificata - cui si applica il parametro del valore di mercato secondo l'art. 38 D.P.R. n. 327 del 2001 e l'art. 8, comma 5, L. prov. Bolzano 15 aprile 1991 n. 10 - l'area asfaltata adibita a deposito di materiali e parcheggio a servizio di aree limitrofe occupate da impianti industriali, in quanto le pertinenze mantengono la propria individualità fisica e giuridica e sono separatamente indennizzabili, come aree edificabili, se possiedono autonome possibilità di sfruttamento edificatorio, o come aree agricole, se interessate da vincolo di inedificabilità, restandone di conseguenza esclusa l'adozione di un criterio indennitario unico, fondato sulla natura e sul valore della cosa principale. Né l'area integra un'opera di urbanizzazione - per la quale, l'indicata norma provinciale prevede l'indennità di espropriazione nel giusto prezzo - in quanto gli spazi di sosta e parcheggio che l'art. 4 L. 29 settembre 1964 n. 847 include tra tali opere, sono solo quelli aventi natura pubblica.

Cass. civ. n. 25523/2006

Ai fini della determinazione dell'indennità per l'espropriazione di terreno edificato, vigendo il principio generale, desumibile dall'art. 16, nono comma, della L. n. 865 del 1971, collegato all'art. 15 della L. n. 10 del 1977, e consistente nell'elisione di qualsiasi effetto dell'abusivismo, viene meno, in presenza di un fabbricato abusivo, il criterio della liquidazione unitaria dell'immobile, a valore venale complessivo dell'edificio e del suolo su cui il primo insista, dovendosi valutare la sola area nuda, con applicazione dell'art. 5-bis D.L. n. 333 del 1992, conv. in L. n. 359 del 1992, mentre se trattasi di porzione non autonoma, inserita in fabbricato per il resto munito dei prescritti provvedimenti autorizzatori, il suo valore deve essere detratto da quello complessivo in cui è inglobata, sì da evitare che l'abusività possa anche in tal caso concorrere ad accrescere il valore del fondo.

Cass. civ. n. 5528/2006

In tema di espropriazione per pubblico interesse, il criterio indennitario previsto per le aree edificabili, introdotto dall'art. 5-bis D.L. 11 luglio 1992 n. 333 (conv. in L. 8 agosto 1992 n. 359), non è applicabile all'area di sedime su cui insiste un fabbricato, la quale, a differenza dell'area pertinenziale, autonomamente indennizzabile, costituisce parte integrante del fabbricato stesso e fruisce, inscindibilmente, del criterio indennitario previsto dall'art. 39 L. 25 giugno 1865 n. 2359, donde l'impossibilità di valutazione separata ed autonoma dell'area occupata dal fabbricato, anche qualora questo sia costituito da complesso edificato adibito a impianti industriali.

Cass. civ. n. 2612/2006

Con riguardo all'espropriazione di area su cui insista una costruzione abusiva, l'indennità è commisurabile al valore della sola area ove per la costruzione non risulti rilasciata (anche se richiesta) la concessione in sanatoria, pur se riguardo alla costruzione non risulti disposta o eseguita la demolizione.

Cass. civ. n. 21638/2005

Il principio per cui l'indennità di espropriazione di un'area edificata va determinata in modo unitario, senza possibilità di distinguere l'area di sedime dalla costruzione, non trova applicazione quante volte il fabbricato risulti privo di autonomia funzionale o abbia scarsa consistenza economica rispetto al suolo, oppure sia in condizioni talmente fatiscenti da consigliarne la demolizione e la riedificazione (nella specie si è ritenuta esente da censure la sentenza di merito che, in base all'accertamento dell'inesistenza di manufatti, sia pure in stato di degrado, e dell'esistenza solo di ruderi, costituenti inutili ingombri, aveva liquidato l'indennità in riferimento al solo valore edificabile dell'area di sedime).

Cass. civ. n. 13001/2005

Il principio per cui, agli effetti dell'indennità di espropriazione o del risarcimento del danno da occupazione appropriativa, il valore dei fabbricati deve essere considerato in aggiunta al valore del suolo, effettuandosi la liquidazione con riferimento al valore di mercato per l'edificio (comprensivo di area di sedime, che da esso non è scindibile né autonomamente apprezzabile), senza che rilevi il fatto che il fabbricato sia destinato dall'espropriante alla demolizione, non trova applicazione quante volte il fabbricato risulti privo di autonomia funzionale o abbia scarsa consistenza economica rispetto al suolo, oppure sia in condizioni talmente fatiscenti da consigliarne la demolizione con riedificazione (nella specie si è ritenuta esente da censure la sentenza di merito che, in considerazione della precarietà di alcuni ruderi, aveva liquidato il danno da occupazione appropriativa in riferimento al solo valore edificabile dell'area di sedime).

Cass. civ. n. 12844/2005

L'edificazione del suolo, da cui consegue, in caso di espropriazione, la necessità di commisurare l'indennizzo al valore di mercato, anziché secondo il criterio della semisomma di cui all'art. 5-bis della L. n. 359 del 1992, presuppone che si tratti di un'area sulla quale siano stati costruiti edifici ed installate attrezzature tali da avere impresso al terreno su cui sorgono una stabile trasformazione, così da rendere attuali le originarie potenzialità edificatorie del terreno medesimo, e, con riguardo alle strutture necessarie all'esercizio di attività d'impresa, il terreno è da considerare edificato solo se vi sia stata installazione di stabili manufatti, non rimuovibili se non provocando alterazione della morfologia dell'area, con modifica della destinazione urbanistica, senza alcuna possibilità di distinguere il valore delle costruzioni da quello dell'area su cui insistono.

Cass. civ. n. 9372/2005

Nella determinazione dell'indennità di esproprio di un'area edificata, secondo il criterio del valore venale, il valore del sedime, diversamente dalle aree pertinenziali (che, mantenendo la propria individualità fisica e giuridica, sono separatamente indennizzabili), non è scindibile né autonomamente apprezzabile rispetto al valore della costruzione, per la quale, peraltro, l'applicazione del predetto criterio non può escludere la considerazione del corrispettivo derivante dalle possibilità di trasformazione dell'edificio (attraverso ristrutturazioni, demolizioni, riedificazioni ecc.), delle quali occorre tener conto sia in base ad un metodo sintetico-comparativo sia in base ad un metodo analitico-ricostruttivo.

Cass. civ. n. 4921/2003

Nell'ipotesi di espropriazione di un fabbricato con un'area latistante di terreno edificabile, devono adottarsi diversi criteri indennitari: quello del valore venale, ex art. 39 L. n. 2359 del 1865, per il fabbricato, e quello introdotto dall'art. 5-bis D.L. n. 333 del 1992 (conv., con modif., nella L. n. 359 del 1992) per la menzionata area, senza che abbia rilievo il vincolo pertinenziale, o comunque di accessorietà, di quest'ultima, posto che le pertinenze, ancorché funzionalmente collegate con la cosa principale, conservano la propria individualità fisica e giuridica, con conseguente applicabilità della disciplina ad esse inerente, se diversa da quella della cosa cui accedono; detto vincolo rileva, invece, ai fini della determinazione in concreto del valore dell'area in relazione al "quantum" di edificabilità possibile.

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