Cass. civ. n. 15162/2018
                                      In  materia  urbanistica,  qualora  il  Comune  rimanga inerte  a  seguito  della  situazione  di  provvisoria inedificabilità  dovuta  alla  scadenza  del  vincolo  di destinazione di piano preordinato all'esproprio (cd. vuoto urbanistico),  senza  provvedere  alla reiterazione  del vincolo (con  previsione  di  indennizzo)  o,  in  alternativa, all'integrazione dello strumento pianificatorio stabilendo la nuova  destinazione  dell'area  interessata,  la  situazione conseguente  non  è  equiparabile  alla  compressione  del diritto  dominicale  provocata  dai  vincoli  preordinati all'esproprio,  né  è  definibile  come  espropriazione  di valore,  attesa  la  provvisorietà  del  regime  urbanistico  di salvaguardia, ma il proprietario non resta senza tutela, ben potendo  promuovere  gli  interventi  sostitutivi  della Regione, oppure reagire attraverso la procedura di messa in mora per far accertare l'illegittimità del silenzio, sicché solo  in  caso  di  persistente  inerzia  della  P.A.  può configurarsi la  lesione  del  bene  della  vita  identificabile nell'interesse alla certezza circa la possibilità di razionale e adeguata utilizzazione della proprietà, con conseguente diritto del privato al risarcimento del danno.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 12468/2018
                                      Ai fini dell'accoglimento della domanda di indennità per reiterazione  di  un  vincolo  preordinato all'esproprio, il  proprietario  può  limitarsi  al  generico assunto  di  non  potere  più  liberamente  commerciare l'area,  senza  dover  allegare  il  fallimento  di  trattative intercorse  con  aspiranti  compratori,  o  l'impossibilità  di coltivarle.
                                          
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                                                          Ai sensi dell'art. 39 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, il  Comune  che  reiteri  vincoli  preordinati  all'esproprio  è tenuto  a  svolgere  d'ufficio  una  specifica  ed  esaustiva indagine sulle aree incise, al fine di determinare nell'atto medesimo  un indennizzo  in  misura  non  simbolica, tenendo  conto  delle  loro  caratteristiche  in  concreto, per compensare il proprietario della diminuzione del valore  di  mercato  o  della  impossibilità  di  utilizzo dell'area  rispetto  agli  usi  o  alle  destinazioni  ai  quali essa era concretamente o anche solo potenzialmente vocata; a tali accertamenti provvede la Corte d'Appello se l'amministrazione  non  abbia  provveduto  o  abbia provveduto in termini contestati dal proprietario.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 25320/2017
                                      In  materia  di  espropriazione  per  pubblica  utilità,  il vincolo  particolare  imposto  dalla  variante  al  piano regolatore  generale che  incida  su  beni  determinati,  in funzione non già di una generale destinazione di zona ma della localizzazione  di  un'opera  pubblica  la  cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata, va qualificato come preordinato alla relativa espropriazione  e  da  esso  deve,  dunque,  prescindersi nella  qualificazione  dell'area.  (Nella  specie,  la  S.C.  ha confermato  la  sentenza  di  merito  che  aveva  ritenuto  la natura  ablatoria  del  vincolo  apposto  su  un  complesso industriale da  lungo  tempo degradato  e  da  destinare  "al servizio  della  città",  facendo  riferimento  per  la determinazione dell'indennità di esproprio alla previgente destinazione  del  piano  regolatore  generale).
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 2627/2010
                                      Ai  sensi  dell'art.  39  comma  1,  t.u.  sugli  espropri, approvato con D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, il principio della  spettanza  di  un  indennizzo  al  proprietario  nel caso  di  reiterazione  o  di  tempestiva  proroga  del vincolo  preordinato  all'esproprio  non  rileva  per  la verifica della legittimità dei provvedimenti, che hanno disposto l'approvazione dello strumento urbanistico con la conseguente  reiterazione  o  proroga  del  vincolo,  atteso che i profili attinenti alla spettanza o meno dell'indennizzo e al suo pagamento non attengono alla legittimità del procedimento, ma  riguardano  questioni di  carattere patrimoniale,  che  presuppongono  la  conclusione  del procedimento  di  pianificazione  e  sono  devolute  alla cognizione  della  giurisdizione  ordinaria.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 9302/2010
                                      In materia urbanistica, qualora l'atto di reiterazione di  un  vincolo  di  inedificabilità  sostanzialmente espropriativo sia stato annullato dal Capo dello Stato - adito con ricorso straordinario, ai sensi dell'art. 8 D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 - con l'affermazione del diritto all'indennizzo, appartiene alla giurisdizione amministrativa  la  domanda  con  cui  l'interessato chieda la determinazione dell'indennizzo stesso, per il periodo di vigenza del vincolo, ed il risarcimento del danno, per il periodo successivo, in quanto: a) il diritto al  pagamento  dell'indennità  di  cui  all'art.  39  D.P.R.  8 giugno  2001  n.  327  e  la  conseguente  giurisdizione ordinaria  sulle  relative  controversie,  ai  sensi  del successivo  art.  53,  comma  3,  presuppongono  un  valido ed efficace atto di reiterazione del vincolo; b) quando sia in  questione  la  legittimità  di  tale  atto,  è  proponibile  la domanda di  risarcimento  del  danno  da  illegittima reiterazione, appartenente alla giurisdizione amministrativa, ai sensi dell'art. 35 D.Lgs. 31 marzo 1998 n.  80,  sia  essa  proposta  congiuntmente  all'azione demolitoria,  od  in  via  autonoma;  c)  l'annullamento travolge  l'intera  situazione  indotta  dall'adozione  del vincolo,  facendo  venir meno  il  presupposto  della pronuncia  del  giudice  ordinario  sulla  domanda indennitaria  e  lasciando  spazio alla  sola  domanda risarcitoria;  d)  costituisce  questione  afferente  il  merito della cognizione  del  giudice  dotato di  potestas  iudicandi la  valutazione  di  ammissibilità  innanzi  al  giudice amministrativo  della  domanda,  così  come  proposta,  alla luce del principio di alternatività tra ricorso giurisdizionale e  ricorso  straordinario  al  Capo  dello  Stato.
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 6936/2009
                                      L'art.  39  t.u.  n.  327  del  2001,  avente  natura ricognitiva del preesistente quadro normativo, evidenzia che  l'ordinamento  non  impone  l'indicazione  di  un indennizzo  nel  caso  di  reiterazione  del  vincolo preordinato  all'esproprio (e,  dunque,  la  relativa copertura finanziaria), poiché la sua spettanza o meno è del tutto eventuale e va accertata (solo quando il vincolo sia  stato  effettivamente  reiterato)  sulla  base  dell'istanza dell'interessato,  che  può  attivare  un  procedimento  nel corso del  quale  ha  l'onere  di  dare  prova  del  pregiudizio concretamente  ricevuto  dagli  atti  amministrativi.
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 4765/2008
                                      Sebbene  il  t.u.  in  materia  di  espropriazione  per pubblica  utilità  (D.P.R.  8  giugno  2001  n.  327)  non  sia - formalmente - applicabile alle fattispecie anteriori alla sua entrata  in vigore, ai principi desumibili dal medesimo va  riconosciuto  un  valore  ricognitivo  di  quelli fondanti  il  quadro  normativo  vigente  al  momento della  sua  approvazione. Di  conseguenza,  per  la decisione  delle fattispecie anteriori all'entrata  in vigore del  t.u.  cit.,  ben  può  essere  valutata  la  coerenza  delle relative soluzioni con i principi ora esplicitamente accolti nell'ordinamento,  peraltro  già  enucleabili  dal  precedente tessuto normativo.
                                                        
                 
                            
                  Corte cost. n. 314/2007
                                      È costituzionalmente  illegittimo  il  combinato disposto  dell'art.  10,  comma 9, L.R. Camp. 13  agosto 1998  n.  16,  e  dell'art.  77,  comma  2,  L.R.  Camp.  11 agosto  2001  n.  10,  nella  parte  in  cui  proroga  per  un triennio  i  piani  regolatori  dei  nuclei  e  delle  aree industriali  già  scaduti. La  generalità  dell'intervento  di proroga  dei  piani  Asi  (che  incidono  direttamente  sulle proprietà  interessate,  esponendole  al  procedimento espropriativo cui è prodromica la dichiarazione di pubblica utilità  in  essi  implicita),  infatti,  non  consente  il bilanciamento dell'interesse pubblico con gli interessi dei proprietari  destinatari  del  vincolo.
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 7/2007
                                      Secondo il quadro normativo vigente antecedentemente al testo unico sugli espropri approvato con  il  D.P.R.  n.  327  del  2001,  valeva  il  principio  che,  in caso  di  atti  di reiterazione  dei  vincoli  preordinati all'esproprio,  imponeva  l'obbligo  di  un'adeguata motivazione (poi  espressamente  disposto  dall'art.  9 comma  4,  D.P.R.  cit.),  nella  quale  l'amministrazione doveva  indicare  la  ragione  che  l'avevano  indotta  a scegliere  nuovamente  proprio  l'area  sulla  quale  la precedente  scelta  si  era  appuntata,  evidenziando, a  tal fine, l'attualità dell'interesse pubblico da soddisfare, ciò in quanto  tale  specie  di  determinazione  è  destinata  ad incidere sulla sfera giuridica di un proprietario che già per un quinquennio è stato titolare di un bene suscettibile di dichiarazione  di  pubblica  utilità  e  successivamente  di esproprio
                                          
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                                                          Si ha  adeguato  supporto  motivazionale dell'atto  di  reiterazione  del  vincolo  preordinato all'esproprio qualora  l'amministrazione,  nell'evidenziare  l'attualità  dell'interesse  pubblico  da  soddisfare, abbia a seguito di specifica istruttoria, tenuto conto delle seguenti circostanze: 1) in caso di reiterazione disposta con  riguardo  o  meno  una  pluralità  di  aree,  nell'ambito dell'adozione  di  una  variante  generale  o  comunque riguardante una consistente parte del territorio comunale, si  devono  distinguere  le  ipotesi  in cui  la reiterazione del vincolo  riguardi  un'area  ben  specificata  (per  realizzare una  singola  opera  pubblica  o  per  soddisfare  i  prescritti standard sui servizi pubblici o sul verde pubblico) e quelle in cui la reiterazione riguardi una pluralità di aree per una consistente parte del territorio comunale, a seguito della decadenza  di  uno  strumento  urbanistico  generale  che abbia  disposto  una  molteplicità  di  vincoli  preordinati all'esproprio  (necessari  per  l'adeguamento  degli standard,  a  seguito  della  realizzazione  di  ulteriori manufatti).  Tale  distinzione  ha  ragion  d'essere  perché solo  nell'ipotesi  in  cui  vengono  reiterati  «in  blocco»  i vincoli  decaduti,  già  riguardanti  una  pluralità  di  aree,  la sussistenza  di  un  attuale  specifico  interesse  pubblico risulta dalla perdurante constatata insufficienza delle aree destinate  a standard (indispensabili per  la vivibilità degli abitati),  mentre  l'assenza  di  un  intento  vessatorio  si evince  dalla  parità  di  trattamento  che  hanno  tutti  i destinatari  dei  precedenti  vincoli  decaduti;  2)  in  caso  di reiterazione disposta con riguardo solo ad una parte delle aree già incise dai vincoli decaduti, mentre per l'altra parte non è disposta la reiterazione in quanto il vincolo venga impresso  su  nuovi  terreni.  Tale  scelta,  pur  costituendo senz'altro  un'anomalia  della  funzione  pubblica,  deve fondarsi,  pena  il  profilarsi  di  un  intento  vessatorio  nei confronti  dei  proprietari  delle aree  riassoggettate  a vincolo, su una motivazione da cui emergano le ragioni di interesse pubblico che giustifichino il vantaggio di chi non è  più  coinvolto nelle  determinazioni di  reperimento  degli standard,  a  scapito  di  chi  lo  diventa,  pur  non  essendo stato  destinatario  di  un  precedente  vincolo  preordinato all'esproprio;  3)  in  caso di  reiterazione  disposta  per  la prima  volta,  può  ritenersi  giustificato  il  richiamo  alle originarie  valutazioni;  di  converso,  quando  il  rinnovato vincolo  sia  a  sua  volta  decaduto,  l'autorità  urbanistica deve  procedere  con  una  ponderata  valutazione  degli interessi coinvolti, evidenziano le ragioni, con riferimento al rispetto degli standard, alle esigenze della spesa, agli specifici accadimenti riguardanti  le  precedenti  fasi procedimentali,  che  diano  conto  dell'attuale  sussistenza dell'interesse  pubblico.
                                          
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                                                          La Plenaria n. 7/2007 rappresenta l'ultimo approdo di  una  lunga  evoluzione  giurisprudenziale  e normativa  in  tema  di  varianti  urbanistiche  generali reiterative  di  vincoli  a  contenuto  espropriativo ed  in particolare in ordine all'ambito motivazionale delle stesse. Il  Supremo  Consesso  ricostruisce  i  principi  generali operanti per la particolare fattispecie, anche attraverso la disamina dei contenuti normativi T.U. espropriazioni cui è riconosciuto  valore  ricognitivo  di  principi  previgenti,  e restituisce innegabilmente margini di certezza all'interprete declinando il quomodo della motivazione con riferimento  ad  una  serie  di  profili  tra  i  quali  il  tempo trascorso e la sovrapponibilità, o meno, della reiterazione con i vincoli decaduti. Per l'effetto sembra stabilire un'area di sostanziale franchigia motivazionale per l'amministrazione  (prima  reiterazione)  che  finisce  per dilatare  surrettiziamente  la  durata  normale  dei  vincoli, impregiudicato  restando  il  diritto  all'indennizzo,  e residualmente  indirizzare  alla  stessa  una  conseguente moratoria per le reiterazioni successive alla prima. Il favor per  l'amministrazione  (in  sede  di  prima  reiterazione) è amplificato  da  giustificazioni  di  carattere  economico  e trova un  temperamento  solo  nell'esigenza  di  evitare disparità di trattamento nel caso di reiterazione avvenuta "non  in  blocco".  Infine  la  previsione  dell'indennizzo,  a differenza di quanto affermato dalla Plenaria n. 24/99 ed in linea con l'evoluzione normativa, è considerato aspetto non  incidente,  neppure  "in  parte  qua",  sulla  legittimità dell'atto, costituendo questione patrimoniale da regolarsi eventualmente  dinanzi  al  giudice  civile.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 1754/2007
                                      Il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo non è individuabile nell'imposizione originaria di un vincolo di inedificabilità, e neppure nella protrazione di fatto del medesimo dopo la sua decadenza - giacché in tal caso ben può il proprietario sollecitare l'esercizio del potere pianificatorio attraverso la procedura di messa in mora, e far accertare, di risulta, l'illegittimità del silenzio - bensì nell'atto che esplicitamente lo reitera.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 1741/2007
                                      La competenza  a  conoscere  delle controversie concernenti  il  riconoscimento del  diritto all'indennizzo  per  reiterazione  di  vincoli  di inedificabilità assoluta sostanzialmente espropriativi, nella ricorrenza dei presupposti indicati dalla Corte Cost. n. 179 del 1999, appartiene al tribunale e non alla Corte d'appello, come previsto dall'art. 39 del D.P.R. n. 327 del  2001,  quando  gli atti  di  rinnovo  del  vincolo espropriativo  sono  anteriori  al  30  giugno  2003,  data di entrata in vigore del decreto citato.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 10803/2006
                                      A  prescindere  dalla  configurabilità  di  un  diritto  al risarcimento del danno o all'indennizzo (art. 15, comma 3, L. n.  394 del  1991)  in  favore  dell'attività  di acquacoltura,  per  la  proliferazione  di  uccelli  ittiofagi  a seguito  dell'istituzione  di  parco  naturale  (nella  specie,  il parco  del  fiume  Sile)  in  cui  sono  collocati  gli  impianti aziendali, non  è  dovuta  alcuna  indennità  per  il  solo fatto  dell'inclusione  dei  fondi  all'interno  del  parco naturale, né  in  base  alla  normativa  comunitaria,  che prevede un regime di aiuti finalizzati a sostenere le attività agricole per l'impiego di metodi di produzione compatibili con le esigenze di tutela ambientale, né in base all'art. 15, comma 2, della legge quadro sulle aree protette (n. 394 del  1991),  qualora  il  Ministero  dell'ambiente  non  abbia esercitato  il  potere  discrezionale  di  regolamentare  e concedere  provvidenze  a  carattere  equitativo,  pur previste dalla norma citata, al fine di indennizzare i vincoli conseguenti all'istituzione del parco, né alla stregua della natura  espropriativa  di  detti  vincoli,  atteso  che l'espropriazione  di  valore  è  in  genere  ravvisabile  ove  si privi il diritto dominicale dello ius aedificandi (mentre nella specie si  tratta  di  terreni  indubbiamente  agricoli), e che, inoltre,  la  finalità  ambientale  del  vincolo  ne  giustifica  la natura  conformativa,  non  indennizzabile,  e  comporta  la manifesta infondatezza della q.l.c. della legge istitutiva del parco.
                                                        
                 
                            
                  Corte cost. n. 397/2002
                                      È manifestamente  infondata, in  riferimento  all'art. 42 comma 3 Cost., la q.l.c. degli artt. 36, comma 1, 37, 38 e  39  L.R.  Friuli  Venezia  Giulia  19  novembre  1991  n.  52, nella parte in cui consentirebbero all'amministrazione la  reiterazione  di  vincoli urbanistici  scaduti, preordinati  alla  espropriazione  o  che  comportino l'inedificabilità,  senza  la previsione di un  indennizzo secondo  modalità  legislativamente  previste,  in quanto il  presupposto  interpretativo da  cui muove il giudice  rimettente  nel  formulare  la  questione  è erroneo: egli,  infatti,  in  base  all'art.  64  dello  statuto speciale  della  regione  Friuli  Venezia  Giulia,  approvato con L.  Cost.  31  gennaio  1963  n.  1,  avrebbe  dovuto applicare  i  principi  già  esistenti  nell'ordinamento  e  fare riferimento al quadro normativo statale, quale risultante a seguito  della  sentenza  n.  179  del  1999.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 15519/2001
                                      Premesso che il piano regolatore generale contiene di regola il programma generale di sviluppo urbanistico, e che  le  previsioni,  necessariamente  generiche,  in  esso contenute, sono condizionate dalle caratteristiche fisico-geografiche  del  territorio  comunale, la  destinazione  di parti  del  territorio  a  determinati  usi,  pur  preludendo ad  una  possibile  acquisizione  pubblica  dei  suoli necessari,  resta  estranea  alla  vicenda  espropriativa, di modo  che, pur  non  potendosi  escludere,  in particolari casi,  che  la  destinazione  di  singole  aree,  in  genere rimessa alle previsioni dello strumento di attuazione, sia direttamente  indicata  dal  piano  generale,  l'indicazione delle opere di viabilità nel piano regolatore generale (art. 7,  comma  2,  n.  1  L. 17  agosto  1942  n.  1150),  pur comportando  un  vincolo di  inedificabilità  delle  parti  del territorio  interessate,  con  le  relative  conseguenze  nella scelta  del  criterio  di  determinazione  dell'indennità  di esproprio  nel  sistema  dell'art.  5-bis  L.  8  agosto  1992  n. 359,  basato  sulla  edificabilità  o  meno  dei  suoli,  non concreta un vincolo preordinato ad esproprio, a meno che tale destinazione non sia assimilabile all'indicazione delle reti stradali all'interno e a servizio delle singole zone (art. 13  L.  n.  1150  del  1942),  di  regola  rimesse  allo strumento di attuazione, e come tali riconducibili a vincoli imposti  a  titolo  particolare,  a  carattere  espropriativo.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 173/2001
                                      Ai fini  indennitari e  della  previa  qualificazione  dei suoli espropriati alla stregua delle correlative "possibilità legali"  di  edificazione  al momento  dell'apposizione  del vincolo preordinato  all'espropriazione,  ai sensi dell'art.  5-bis, comma 3, della L. n. 359 del 1992, le prescrizioni ed  i  vincoli  stabiliti  dagli  strumenti  urbanistici  di secondo livello - influenti di regola su tale qualificazione, per il contenuto conformativo della proprietà che ad essi deriva  dalla  loro  funzione  di  definire,  per  zone,  in  via astratta e generale, le possibilità edificatorie connesse al diritto dominicale - possono, in via eccezionale, avere anche portata e contenuto direttamente ablatori (che ne escludono l'incidenza sulla liquidazione dell'indennità) ove  si  tratti  di  vincoli  particolari,  incidenti  su  beni determinati  in  funzione  di  localizzazione  dell'opera, implicante di per sé la necessaria traslazione di quei beni all'ente pubblico.
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 585/2001
                                      La  decadenza  dei  vincoli  urbanistici  che comportano  l'inedificabilità  assoluta  ovvero  che privano  il  diritto  di  proprietà  del  suo  sostanziale valore  economico,  determinata  dall'inutile  decorso del termine quinquennale di cui all'art. 2 comma 1 L. 19 novembre 1968 n. 1187, decorrente dall'approvazione  del  P.R.G.,  obbliga  il  comune  a procedere alla nuova pianificazione dell'area rimasta priva di disciplina urbanistica. Tale obbligo può essere assolto  sia  attraverso  una  variante  specifica,  sia attraverso  una  variante  generale,  che  sono  gli  unici strumenti  che  consentono  all'amministrazione  comunale di verificare la persistente compatibilità delle destinazioni già  impresse  ad  aree  situate  nelle  zone  più  diverse  del territorio  comunale  rispetto  ai  principi  informatori  della vigente  disciplina  del  piano  regolatore  ed  alle  nuove esigenze  di  pubblico  interesse.
                                          
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                                                          Il  semplice  avvio  del  procedimento  di  revisione  del P.R.G. comunale non costituisce adempimento da parte del comune all'obbligo di conferire la riqualificazione urbanistica alla zona rimasta priva di specifica disciplina, a seguito di decadenza del vincolo di destinazione su di essa  gravante  (art.  2  L.  19  novembre  1968  n.  1187). L'adempimento  esatto  e  non  elusivo  di tale  obbligo  può essere  dato  soltanto  dallo  specifico  ed  immediato completamento  del  P.R.G.  per  quella  particolare  zona, senza  attendere  che  siano  portate  a  compimento  le ulteriori  e  dilatorie  procedure  che  comportano  la riconsiderazione  dell'intero  piano urbanistico.
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 2934/2000
                                      In  occasione  della  formazione  dello  strumento urbanistico generale, le scelte discrezionali dell'amministrazione in  ordine  alla  destinazione  di singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre  a  quella  che  si  può  evincere  dai  criteri  generali, seguiti nell'impostazione del piano stesso. La motivazione specifica  che  l'adozione  di  uno  strumento  urbanistico generale  può  richiedere  si  ravvisa,  in  linea  di  principio, nelle seguenti fattispecie: a) superamento degli standard minimi di cui al D.M. 2 aprile 1968; b) lesione derivante da convenzioni  di  lottizzazione,  accordi  di  diritto  privato, aspettative create da giudicati di annullamento di dinieghi espliciti o taciti di concessioni edilizie; c) modificazioni in zona  agricola  della  destinazione  di  un'area  limitata, interclusa  da  fondi  edificati  in  modo  non  abusivo.
                                                        
                 
                            
                  Corte cost. n. 179/1999
                                      La reiterazione in via amministrativa di vincoli decaduti (preordinati all'espropriazione o con carattere sostanzialmente espropriativo), ovvero la proroga in via legislativa o la particolare durata dei vincoli stessi prevista in alcune regioni a statuto speciale non sono fenomeni di per sé inammissibili dal punto di vista costituzionale; tuttavia assumono certamente carattere patologico quando vi sia una indefinita reiterazione o una proroga "sine die" o all'infinito (attraverso la reiterazione di proroghe a tempo determinato che si ripetono aggiungendosi le une alle altre), o quando il limite temporale sia indeterminato, cioè non sia certo, preciso e sicuro e, quindi, anche non contenuto in termini di ragionevolezza. Ciò ovviamente in assenza di previsione alternativa dell'indennizzo, e fermo, beninteso, che l'obbligo dell'indennizzo opera una volta superato il periodo di durata (tollerabile) fissato dalla legge (periodo di franchigia). Negli anzidetti casi la mancata previsione di qualsiasi indennizzo si pone in contrasto con i principi costituzionali ricavabili dall'art. 42 comma 3 Cost., e di conseguenza ne deve essere dichiarata l'illegittimità costituzionale. Pertanto l'obbligo specifico di indennizzo deve sorgere una volta superato il primo periodo di ordinaria durata temporanea (a sua volta preceduto da un periodo di regime di salvaguardia) del vincolo (o di proroga per legge in regime transitorio), quale determinata dal legislatore entro limiti non irragionevoli, come indice della normale sopportabilità del peso gravante in modo particolare sul singolo, qualora non sia intervenuta l'espropriazione ovvero non siano approvati i piani attuativi. Non sono indennizzabili i vincoli posti a carico di intere categorie di beni, e tra questi i vincoli urbanistici di tipo conformativo e i vincoli paesistici. Spetta al legislatore determinare la disciplina dell'indennizzo, considerato che il sacrificio subito dal proprietario consiste, soprattutto nella ridotta utilizzazione del bene rispetto alla situazione giuridica antecedente alla pianificazione che ha imposto il vincolo.
                                          
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                                                          L'intervento legislativo che si rende necessario dovrà precisare le modalità di attuazione del principio dell'indennizzabilità dei vincoli a contenuto espropriativo, delimitando le utilità economiche suscettibili di ristoro patrimoniale nei confronti della P.A., e, potrà esercitare scelte tra misure risarcitorie, indennitarie, e anche, in taluni casi, tra misure alternative riparatorie anche in forma specifica, mediante offerta ed assegnazione di altre aree idonee alle esigenze del soggetto che ha diritto ad un ristoro, ovvero mediante altri sistemi compensativi che non penalizzano i soggetti interessati dalle scelte urbanistiche che incidono su beni determinati.
                                          
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                                                          È costituzionalmente  illegittimo - per  contrasto con l'art. 42 Cost. - il combinato disposto degli art. 7, n. 2, 3 e 4, e 40, L. 17 agosto 1942 n. 1150 e dell'art. 2, L. 19 novembre  1968  n.  1187, nella  parte  in  cui  consente all'amministrazione  di  reiterare  i  vincoli  urbanistici scaduti,  preordinati  all'espropriazione  o  che comportino  l'inedificabilità,  senza  la  previsione d'indennizzo.
                                          
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                                                          L'esigenza  di  un  intervento  legislativo  sulla quantificazione  e  sulle  modalità  di  liquidazione dell'indennizzo  non  esclude  che - anche  in  caso  di persistente  mancanza  di  specifico  intervento  legislativo determinativo  di  criteri  e  parametri  per  la  liquidazione delle  indennità - il  giudice  competente  sulla  richiesta di indennizzo, una volta accertato che i vincoli imposti in materia  urbanistica  abbiano  carattere  espropriativo  nei sensi  suindicati, possa  ricavare  dall'ordinamento  le regole per la liquidazione di obbligazioni indennitarie, nella specie  come  obbligazioni  di  ristoro  del pregiudizio  subito  dalla  rinnovazione  o  dal  protrarsi del vincolo.
                                          
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                                                          L'indennizzo  per  i  vincoli  urbanistici,  come alternativa non eludibile al termine di efficacia posto dall'art. 2 L. 19 novembre 1968 n. 1187, è dovuto allorché la possibilità di reiterazione del vincolo scaduto, riconosciuta all'Amministrazione  per  giustificate  ragioni  di  interesse pubblico,  comporta  che  si  superi  la  durata  fissata  dal legislatore come limite alla sopportabilità del sacrificio da parte  del  soggetto  titolare  del  bene. Non  tutti  i  vincoli urbanistici sono soggetti a decadenza, e conseguentemente  alla  possibilità  di  indennizzo allorché  reiterati,  ma  soltanto  quelli  aventi  carattere particolare,  per  i  quali  la  mancata  fruibilità  del  bene protratta  nel  tempo  e non  indennizzata  determina violazione  del  comma  3  dell'art.  42  Cost. Non  sono indennizzabili i vincoli posti a carico di intere categorie di beni, e tra questi i vincoli urbanistici di tipo conformativo, e  i  vincoli  paesistici.  Spetta al  legislatore  di  determinare concretamente la disciplina dell'indennizzo, tenuto conto che  il sacrificio  subito  consiste,  nella  maggior  parte  dei casi,  nella  ridotta  utilizzazione  del  bene  rispetto  alla situazione  giuridica  antecedente  alla  pianificazione  che ha imposto il vincolo.
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 336/1995
                                      La prescrizione di piano regolatore che subordina la facoltà  di  costruire  alla  preventiva  approvazione  di  un piano di lottizzazione presentato dal privato, in alternativa a quello di un piano particolareggiato, non concreta un vincolo  di  inedificabilità  assoluta e,  come  tale, soggetto a decadenza ai sensi dell'art. 2 L. 19 novembre 1968 n. 1187.