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Articolo 38 Testo unico degli enti locali (TUEL)

(D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267)

[Aggiornato al 15/03/2025]

Consigli comunali e provinciali

Dispositivo dell'art. 38 TUEL

1. L'elezione dei consigli comunali e provinciali, la loro durata in carica, il numero dei consiglieri e la loro posizione giuridica sono regolati dal presente testo unico.

2. Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte. Il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia.

3. I consigli sono dotati di autonomia funzionale e organizzativa. Con norme regolamentari i comuni e le province fissano le modalità per fornire ai consigli servizi, attrezzature e risorse finanziarie. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province possono essere previste strutture apposite per il funzionamento dei consigli. Con il regolamento di cui al comma 2 i consigli disciplinano la gestione di tutte le risorse attribuite per il proprio funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente costituiti.

4. I consiglieri entrano in carica all'atto della proclamazione ovvero, in caso di surrogazione, non appena adottata dal consiglio la relativa deliberazione.

5. I consigli durano in carica sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili.

6. Quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di commissioni costituite nel proprio seno con criterio proporzionale. Il regolamento determina i poteri delle commissioni e ne disciplina l'organizzazione e le forme di pubblicità dei lavori.

7. Le sedute del consiglio e delle commissioni sono pubbliche salvi i casi previsti dal regolamento e, nei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, si tengono preferibilmente in un arco temporale non coincidente con l'orario di lavoro dei partecipanti.

8. Le dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere presentate personalmente ed assunte immediatamente al protocollo dell'ente nell'ordine temporale di presentazione. Le dimissioni non presentate personalmente devono essere autenticate ed inoltrate al protocollo per il tramite di persona delegata con atto autenticato in data non anteriore a cinque giorni. Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa d'atto e sono immediatamente efficaci. Il consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni, seguendo l'ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo. Non si fa luogo alla surroga qualora, ricorrendone i presupposti, si debba procedere allo scioglimento del consiglio a norma dell'articolo 141.

9. In occasione delle riunioni del consiglio vengono esposte all'esterno degli edifici, ove si tengono, la bandiera della Repubblica italiana e quella dell'Unione europea per il tempo in cui questi esercita le rispettive funzioni e attività. Sono fatte salve le ulteriori disposizioni emanate sulla base della legge 5 febbraio 1998, n. 22, concernente disposizioni generali sull'uso della bandiera italiana ed europea.

Massime relative all'art. 38 TUEL

Cons. Stato n. 4936/2009

Gli artt. 38 comma 8, e 141 comma 1, lett. b), n. 3, del t.u.e.l. individuano fattispecie distinte quanto ai presupposti e agli effetti delle dimissioni. La prima norma individua la fattispecie delle dimissioni individuali, rese allo scopo della personale rinuncia al mandato, non idonee di per sé sole all'effetto di provocare la crisi dell'organo consiliare, poiché non rese contestualmente dalla maggioranza dei suoi componenti, cui segue perciò, come espressamente e coerentemente previsto, la surroga dei dimissionari; la seconda individua la fattispecie delle dimissioni rese all'effetto di provocare la crisi dell'organo, chiede la loro contestualità perché espressiva della connessione delle volontà a tale fine, ne fa seguire, altrettanto coerentemente, il procedimento di scioglimento del Consiglio e non la surroga dei singoli. Se non vi fosse tale distinzione non si comprenderebbe perché, nel secondo caso, sia richiesta la contestualità delle dimissioni quando pure attraverso dimissioni individuali non contestuali si può giungere, anche in breve tempo, all'uscita dal Consiglio di un numero di componenti pari alla maggioranza, dovendosi evidentemente concludere che, pur con identico numero di dimissionari, ai sensi della normativa in materia le dimissioni non contestuali denotano lo scopo della rinuncia alla carica individuale nella permanenza dell'organo mentre soltanto la loro contestualità denota la condivisione dell'effetto della dissoluzione dell'organo. Ne consegue che l'invalidità anche di uno solo degli atti di dimissioni contestuali incide sulla validità dell'intero procedimento e, per converso, che quando ciò avviene non si deve procedere alla surroga del consigliere le cui dimissioni siano regolari, perché l'eventuale venir meno, per vizi procedurali, degli elementi necessari per configurare in modo legittimo la fattispecie ipotizzata dal citato art. 141, nel far venir meno la possibilità di realizzare la finalità prefigurata dalla norma, non permette peraltro che possa estrapolarsi l'eventuale frammento legittimo di questa procedura unitaria per attribuirle gli effetti previsti da una norma diversa (art. 38 cit.), volta a regolare altra fattispecie.

Cons. Stato n. 3137/2007

Se è vero che l'art. 38, comma 8, del D.Lgs. n. 267 del 2000 dispone che le dimissioni, una volta protocollate, sono irrevocabili, non necessitano di presa d'atto e sono immediatamente efficaci, ciò tuttavia non significa che esse non possano essere regolarizzate, se prive di alcuno dei requisiti di forma prescritti. Ciò perché quanto affermato più volte dalla giurisprudenza circa l'impossibilità di disporre dell'atto di dimissioni una volta protocollato, si riferisce evidentemente agli atti di disposizione degli effetti, come l'ipotesi della revoca e più in generale tutti i casi in cui il consigliere dimissionario intenda subordinare le proprie dimissioni a condizioni o termini. Devono, pertanto, considerarsi regolari e perfettamente efficaci le dimissioni del consigliere comunale che, lungi dal disporre delle proprie dimissioni già rassegnate, si sia, invece, semplicemente limitato a sanare un vizio di forma che ne avrebbe inficiato la regolarità.

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Consulenze legali
relative all'articolo 38 TUEL

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A. E. chiede
giovedì 01/05/2025
“Il consiglio comunale del comune di XXX in Alto Adige ha adottato atti non urgenti nei mesi di marzo e aprile. Tuttavia, l'articolo 43, comma 3, del CODICE DEGLI ENTI LOCALI DELLA REGIONE AUTONOMA TRENTINO-ALTO ADIGE, Legge regionale , 3 maggio 2018, n. 2 e s.m. stabilisce che il consiglio comunale nel periodo che precede nuove elezioni può adottare solo atti urgenti.
Le delibere sono “nulle” per legge, ad esempio per “incompetenza assoluta” o solo “annullabili”?
Posso eventualmente presentare un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, oppure è di competenza della Provincia autonoma e questo instrumento non mi è consentito ?”
Consulenza legale i 07/05/2025
La disposizione indicata, contenuta nel Codice degli Enti Locali della Regione Autonoma del Trentino Alto Adige, è applicativa di una norma di legge generale contenuta nel Testo unico degli enti locali all’art. 38, comma 5 che dispone: “I consigli durano in carica sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili”.

La previsione è stata oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali e anche di un chiarimento emanato dal Ministero dell’Interno con la Circolare n. 2 del 7 dicembre 2006, ove si legge “che l’esistenza dei presupposti di urgenza ed improrogabilità deve essere valutata caso per caso dallo stesso consiglio comunale che ne assume la relativa responsabilità politica, tenendo presente il criterio interpretativo di fondo che pone, quali elementi costitutivi della fattispecie, scadenze fissate improrogabilmente dalla legge e/o il rilevante danno per l’amministrazione comunale che deriverebbe da un ritardo nel provvedere”.

Partendo da tale assunto, la giurisprudenza ha affermato che “ai sensi dell'art. 38, comma 5 del d.lgs. n. 267/2000, i consigli comunali, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, devono limitarsi ad adottare gli atti urgenti e improrogabili e dei requisiti di urgenza e improrogabilità deve essere data puntuale motivazione nel provvedimento adottato. La limitazione delle potestà consiliari trova la sua ratio nella necessità di prevenire che, nelle more delle elezioni amministrative, il Consiglio comunale uscente condizioni il corpo elettorale attraverso l'adozione di atti allo stesso favorevoli, anziché salvaguardare il più generale interesse pubblico; inoltre, la finalità è anche quella di riservare al nuovo organo elettivo - in quanto espressione attuale della volontà popolare - le scelte e le decisioni riguardanti i futuri assetti dell'ente. Di conseguenza, la sussistenza dei presupposti di improrogabilità ed urgenza deve essere esplicitata in modo chiaro e valutata in modo rigoroso, nonché tenendo sempre in considerazione gli interessi che con una delibera adottata si intendono in concreto soddisfare" (ex multis TAR Venezia, sez. II, 16/12/2022, n.1900).

Pertanto, solo in presenza di determinati presupposti è possibile contestare – sia con un ricorso avanti al TAR entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della delibera, sia con un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica entro centoventi giorni – la delibera adottata e, qualora il ricorso venga accolto, la delibera verrà annullata (e non dichiarata nulla).