Consiglio di Stato Sez. VI sentenza n. 4936 del 12 agosto 2009

(2 massime)

(massima n. 1)

Gli artt. 38 comma 8, e 141 comma 1, lett. b), n. 3, del t.u.e.l. individuano fattispecie distinte quanto ai presupposti e agli effetti delle dimissioni. La prima norma individua la fattispecie delle dimissioni individuali, rese allo scopo della personale rinuncia al mandato, non idonee di per sé sole all'effetto di provocare la crisi dell'organo consiliare, poiché non rese contestualmente dalla maggioranza dei suoi componenti, cui segue perciò, come espressamente e coerentemente previsto, la surroga dei dimissionari; la seconda individua la fattispecie delle dimissioni rese all'effetto di provocare la crisi dell'organo, chiede la loro contestualità perché espressiva della connessione delle volontà a tale fine, ne fa seguire, altrettanto coerentemente, il procedimento di scioglimento del Consiglio e non la surroga dei singoli. Se non vi fosse tale distinzione non si comprenderebbe perché, nel secondo caso, sia richiesta la contestualità delle dimissioni quando pure attraverso dimissioni individuali non contestuali si può giungere, anche in breve tempo, all'uscita dal Consiglio di un numero di componenti pari alla maggioranza, dovendosi evidentemente concludere che, pur con identico numero di dimissionari, ai sensi della normativa in materia le dimissioni non contestuali denotano lo scopo della rinuncia alla carica individuale nella permanenza dell'organo mentre soltanto la loro contestualità denota la condivisione dell'effetto della dissoluzione dell'organo. Ne consegue che l'invalidità anche di uno solo degli atti di dimissioni contestuali incide sulla validità dell'intero procedimento e, per converso, che quando ciò avviene non si deve procedere alla surroga del consigliere le cui dimissioni siano regolari, perché l'eventuale venir meno, per vizi procedurali, degli elementi necessari per configurare in modo legittimo la fattispecie ipotizzata dal citato art. 141, nel far venir meno la possibilità di realizzare la finalità prefigurata dalla norma, non permette peraltro che possa estrapolarsi l'eventuale frammento legittimo di questa procedura unitaria per attribuirle gli effetti previsti da una norma diversa (art. 38 cit.), volta a regolare altra fattispecie.

(massima n. 2)

Con la disposizione di cui all'art. 141, D.Lgs. n. 267 del 2000 non è stata introdotta una diversa e speciale forma di dimissioni dalla carica di consigliere comunale rispetto a quella disciplinata dall'art. 38 comma 8, essendosi soltanto sancito l'effetto dello scioglimento del Consiglio Comunale a causa della mera circostanza di fatto della contestualità delle dimissioni della metà più uno dei consiglieri, indipendentemente dalle motivazioni di ciascuno. Ai sensi dell'art. 38 comma 8, infatti, l'atto di dimissioni del consigliere comunale, in quanto ivi statuito come irrevocabile, non recettizio ed immediatamente efficace, è un atto i cui effetti non dipendono dalla volontà dell'agente, non potendo perciò essere sottoposto a condizione, ma sono statuiti direttamente dalla norma che li determina per il solo fatto della protocollazione delle dimissioni, con la quale la dichiarazione di volontà del dimissionario esce dalla sua disponibilità ed è idonea a produrre l'effetto immediato della sua surrogazione. Ne consegue che l'invalidità di taluna delle dimissioni presentate congiuntamente da parte della metà più uno dei consiglieri non incide sulla validità di quelle tra esse ritualmente presentate, non rilevando al riguardo il mancato raggiungimento dello scopo dello scioglimento del Consiglio Comunale.

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