Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 188 Legge fallimentare

(R.D. 16 marzo 1942, n. 267)

[Aggiornato al 01/01/2023]

Ammissione alla procedura

[ABROGATO]

Dispositivo dell'art. 188 Legge fallimentare

Titolo abrogato dal D.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

[Il tribunale, se concorrono le condizioni stabilite dalla legge e se ritiene il debitore meritevole del beneficio, ammette il ricorrente alla procedura di amministrazione controllata con decreto non soggetto a reclamo. Con lo stesso provvedimento:

  1. 1) delega un giudice alla procedura;
  2. 2) ordina la convocazione dei creditori non oltre i trenta giorni dalla data del provvedimento e stabilisce il termine per la comunicazione del provvedimento stesso ai creditori;
  3. 3) nomina il commissario giudiziale secondo le disposizioni degli artt. 27, 28 e 29;
  4. 4) stabilisce il termine non superiore a otto giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma che si presume necessaria per l'intera procedura.

Il decreto è pubblicato a norma dell'art. 166 e per la durata della procedura produce gli effetti stabiliti dagli artt. 167 e 168.

Si applicano inoltre le disposizioni degli articoli 164, 165, 170 a 173.]

Massime relative all'art. 188 Legge fallimentare

Cass. civ. n. 2972/2006

In tema di amministrazione controllata, diversamente da quanto accade nel concordato preventivo, gli effetti di cui agli artt. 167 e 168 della legge fall., che si riassumono nella cristallizzazione del patrimonio dell'imprenditore, non retroagiscono alla data di presentazione dell'istanza di ammissione alla procedura concorsuale, in tal senso deponendo sia la lettera dell'art. 188, secondo comma, della legge fall., sia la mancata previsione di strumenti di cui l'imprenditore possa avvalersi, nel periodo compreso tra la proposizione del ricorso e il suo accoglimento, per il compimento di atti dispositivi astrattamente riconducibili all'art. 167, secondo comma, della legge fall., ma rientranti nella gestione ordinaria dell'impresa. La pubblicazione del decreto di ammissione alla procedura concorsuale segna pertanto il discrimine fra il libero esercizio dell'attività imprenditoriale e la sua continuazione entro i limiti connessi alle esigenze della procedura, che impongono la previa autorizzazione del giudice delegato ai fini del compimento dei predetti atti, i quali, se posti in essere anteriormente, non producono gli effetti di cui agli artt. 167, secondo comma, e 173, secondo comma, della legge fall., ferma restando la rilevanza che essi possono assumere nell'ambito del giudizio di meritevolezza preordinato alla concessione di ulteriori benefici (nella specie, la successiva ammissione al concordato preventivo), qualora evidenzino una lesione degli interessi dei creditori sintomatica di una gestione inadeguata dell'impresa.

Cass. civ. n. 18360/2003

Nel caso di assoggettamento dell'imprenditore alla procedura di amministrazione controllata, alla quale sia seguita l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, il pagamento dei debiti preesistenti alla data del decreto di ammissione alla prima procedura per scoperto di conto corrente bancario - contratto che non è sciolto dall'apertura di detta procedura concorsuale, non essendo a questa applicabile l'art. 72, l. fall. - non può costituire oggetto di azione revocatoria fallimentare (art. 67, l. fall.), in quanto detto pagamento deve ritenersi inefficace nei confronti della massa dei creditori, in virtù dei principi ricavabili dall'art. 188, l. fall., nel caso in cui sia effettuato nel corso della prima procedura, e, in forza dell'art. 44, l. fall., applicabile ex art. 1, D.L. n. 26 del 1979, e degli artt. 200 e 201, l. fall., qualora avvenga nel corso della seconda procedura. (Nell'enunciare siffatto principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, a fronte della domanda diretta ad ottenere la dichiarazione di inefficacia delle rimesse aventi carattere solutorio effettuate nel corso della seconda procedura, aveva limitato il proprio esame alle rimesse anteriori all'apertura della procedura, ritenendole peraltro revocabili ex art. 67, l. fall., anziché inefficaci).

Cass. civ. n. 15383/2001

L'art. 55 L. fall. sospende il corso degli interessi legali o convenzionali solo in caso di fallimento. Ne consegue che, in virtù del principio secondo cui le norme che escludono la decorrenza degli interessi hanno natura eccezionale e non sono suscettibili d'applicazione analogica, sono dovuti all'Amministrazione delle Finanze gli interessi sulle somme trattenute a titolo di ritenuta d'acconto sulle retribuzioni dei dipendenti per il periodo successivo all'ammissione della società all'amministrazione controllata.

Cass. civ. n. 9680/2000

In tema di ammissione alla procedura di amministrazione controllata, la motivazione del provvedimento deve rendere percepibile l'operazione di giudizio compiuta dal tribunale nel rafforzare la situazione di fatto col modello normativo e nel valutare la capacità dell'impresa di permanere sul mercato in condizioni di competitività e di superare il transitorio stato di crisi grazie alle sue potenzialità strutturali e operative; in particolare è necessario, e sufficiente, che dalla motivazione emerga se è stata esaminata la situazione economica e finanziaria dell'impresa, se sono state vagliate le cause della crisi e valutato il programma di risanamento, se il giudizio di meritevolezza (che può fondarsi anche sull'assenza di elementi significativi in senso contrario) sia stato operato in concreto.

Cass. civ. n. 6532/2000

Nel liquidare il compenso del commissario giudiziale di amministrazione controllata, il giudice, coerentemente con la ratio del criterio introdotto dagli artt. 1 e 5 del D.M. n. 570 del 1992, adotta misure percentuali differenziate, massime per i valori di attivo fino a un miliardo di lire e di passivo fino a 100 milioni di lire, ed invece contenute e lontane dalla percentuale più elevata con riguardo ai valori eccedenti quei limiti. (La S.C. ha così confermato il provvedimento con il quale il tribunale ha proceduto alla liquidazione del compenso, applicando sull'ammontare dell'attivo risultante dall'inventario le percentuali massime per gli scaglioni fino ad un miliardo previste dall'art. 1 del citato decreto, la percentuale dello 0,50% sullo scaglione successivo fino a tre miliardi e la percentuale dello 0,10% sulle somme eccedenti; sull'ammontare del passivo la percentuale massima dello 0,75% sui primi 100 milioni di lire e dello 0,20% sulla somma eccedente).

Cass. civ. n. 3099/2000

Il decreto di ammissione alla procedura di amministrazione controllata integra un provvedimento di contenuto decisorio, poiché incide sui diritti soggettivi dei creditori, ai quali, dopo la pronuncia del decreto, è impedito l'inizio e la prosecuzione di azioni esecutive, con carattere definitivo. Conseguentemente, contro il decreto deve reputarsi ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 secondo comma della Cost. per violazione di legge, dovendosi intendere per tale anche la violazione della legge processuale, costituita dalla mancanza della motivazione (art. 132 c.p.c.), che si verifica sia nei casi di radicale carenza, sia nei casi in cui essa si estrinsechi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi, o fra loro inconciliabili, o obbiettivamente incomprensibili, a condizione che tali deficienze emergano dal provvedimento in sé, restando, viceversa, estranea la verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione in raffronto con le risultanze probatorie. (La S.C. ha, dunque, ritenuto necessario che dalla motivazione del decreto in oggetto emergano: l'opinione della capacità dell'impresa di rimanere sul mercato in condizioni di redditività e competitività e di superare lo stato transitorio di crisi grazie alle sue potenzialità strutturali ed operative; la situazione economica dell'istante; le cause della crisi dell'impresa in atto; il programma di risanamento; la meritevolezza dell'istanza).

Cass. civ. n. 2917/2000

Nella procedura di concordato preventivo, come in quella di amministrazione controllata, il deposito della somma ritenuta necessaria per l'intera procedura costituisce presupposto indefettibile per l'ulteriore sviluppo della procedura stessa, che non potrebbe in alcun modo proseguire ove il debitore non eseguisse l'adempimento nella cadenza temporale fissata; gli effetti del mancato deposito, tuttavia, sono differenti a seconda che si verta in ipotesi di concordato preventivo o di amministrazione controllata, giacché, nel primo caso, sussiste uno stato di insolvenza che è presupposto per la dichiarazione di fallimento, rispetto alla quale il concordato si pone come procedura alternativa e facoltativa, onde l'impossibilità di prosecuzione di detta procedura per mancato deposito comporta necessariamente l'apertura d'ufficio del fallimento, mentre, nel secondo caso, sussiste solo una condizione di temporanea difficoltà nell'adempimento delle obbligazioni, condizione diversa dallo stato di insolvenza, onde l'impossibilità di prosecuzione della procedura per mancato deposito non può comportare automaticamente l'apertura del fallimento, essendo necessaria una autonoma e specifica verifica della sussistenza dei presupposti per la relativa dichiarazione, come risulta evidente dalla lettura dell'art. 192 l. fall., secondo il quale se l'amministrazione controllata non può essere utilmente continuata, il giudice delegato “promuove” la dichiarazione di fallimento da parte del tribunale, salva la facoltà dell'imprenditore di proporre il concordato preventivo, mentre, in caso di mancato deposito nel concordato preventivo, l'art. 163 l. fall. prevede che il tribunale provveda d'ufficio alla dichiarazione di fallimento.

Cass. civ. n. 10783/1996

Il provvedimento con il quale il tribunale rigetta l'istanza di ammissione alla procedura di amministrazione controllata, riservandosi, implicitamente, di esaminare la subordinata proposta di concordato preventivo (nell'ipotesi, accolta con separato provvedimento), non è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 della Costituzione, trattandosi di provvedimento comunque privo del carattere di definitività, non solo nel caso in cui sia seguito da sentenza dichiarativa di fallimento — che è suscettibile di autonome impugnazioni e rispetto alla quale l'indicato provvedimento di rigetto difetta di autonomia — ma anche nell'ipotesi in cui non comporti l'automatica apertura di una diversa procedura concorsuale, essendo il rigetto derivato dalla mancanza di un indispensabile requisito formale (quale, nella specie, la predisposizione del piano di risanamento), in quanto l'istanza, sanata dei vizi formali che l'inficiano, può essere ripresentata e deve essere riesaminata, senza che il precedente rigetto abbia effetto preclusivo.

Cass. civ. n. 4715/1996

La disciplina del comma 2 dell'art. 72 L. fall. (a norma del quale il curatore subentrante nel contratto di somministrazione deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute), non essendo attuazione concreta di un principio generale attinente alla natura del contratto, non può avere generale applicazione a tutti i casi di continuazione del rapporto nel corso di procedure concorsuali cui detta disciplina specifica non sia normativamente estesa; né il carattere eccezionale della disciplina stessa, tipicamente connessa ad una procedura concorsuale e liquidatoria con carattere satisfattivo, può comportare l'applicazione analogica ad altre procedure, come l'amministrazione controllata, in cui la concorsualità assume connotazioni particolari, con finalità essenzialmente conservative delle condizioni originarie del concorso, in relazione alla temporaneità dell'esperimento della singola procedura. Ne consegue che il credito da somministrazione maturato da un soggetto agente in situazione di monopolio, ex art. 2597 c.c., per erogazioni di energia elettrica eseguite in favore di una impresa in periodo anteriore all'ammissione della stessa alla procedura di amministrazione controllata, non ha il carattere della prededucibilità nella consecutiva procedura di amministrazione straordinaria, cui la somministrata sia stata successivamente ammessa.

Cass. civ. n. 10989/1995

L'ammissione dell'impresa alla procedura di amministrazione controllata, a norma degli artt. 187 e 188 L. fall., richiede il positivo riscontro non solo delle condizioni di cui ai numeri 1, 2 e 3 del primo comma dell'art. 160 legge cit. (ai quali rinvia il primo comma dell'art. 187), ma anche del carattere temporaneo delle difficoltà economiche dell'istante, della comprovata possibilità del loro superamento mediante la procedura e della «meritevolezza» del beneficio. La sussistenza del requisito, di carattere soggettivo, della «meritevolezza», non può farsi derivare dalla ricorrenza dei requisiti previsti dagli artt. 160 e 187 cit., ma deve invece il giudice accertare l'attitudine dell'imprenditore - o, in caso di esercizio associato dell'impresa, dei suoi amministratori - a sfruttare l'obiettiva possibilità di superare la crisi, traendo il proprio convincimento, in base alle emergenze processuali, dall'analisi delle qualità tecnico-professionali dell'imprenditore (o degli amministratori) e tenendo conto della correlazione esistente tra crisi dell'impresa ed errori gestionali, nonché dell'eventuale mutamento dei responsabili della gestione.

Cass. civ. n. 7158/1995

In tema di pegno di crediti, il mero scambio dei consensi produce solo gli effetti prodromici disciplinati dagli artt. 2801 e 2802 c.c, ma non dà luogo, di per sé solo, alla nascita del diritto reale di garanzia sul credito, poiché questo sorge solo con la notificazione del titolo costitutivo al terzo debitore, e cioè col completamento di una fattispecie a formazione successiva la quale assicura al creditore il diritto di prelazione sul credito. Pertanto, l'atto costitutivo del pegno di crediti, che sia stato stipulato anteriormente al provvedimento di ammissione alla amministrazione controllata, ma notificato al terzo debitore solo successivamente, non garantisce al creditore l'acquisto del diritto di prelazione nei confronti dei creditori concorrenti, precludendo l'esercizio di ogni diritto di garanzia a tutela del suo credito, atteso che ai sensi degli artt. 167 e 168 legge fall., richiamati dal successivo art. 188, secondo comma, l'imprenditore ammesso alla procedura di amministrazione controllata non solo non può, senza l'autorizzazione del giudice, costituire pegni con efficacia rispetto ai creditori anteriori, ma neppure può consentire l'acquisto di diritti di prelazione a favore di un determinato creditore rispetto ai creditori concorrenti. La questione di incostituzionalità dell'art. 168 legge fall., con riferimento all'art. 3 Cost. nella ipotesi in cui sia ritenuto applicabile alla notificazione dell'atto costitutivo del pegno di credito, a causa del diverso trattamento assicurato al cessionario, nella ipotesi di cessione di credito in garanzia, poiché egli può efficacemente notificare l'avvenuta cessione al ceduto anche dopo l'ammissione del cedente alle procedure concorsuali minori, è manifestamente infondata; infatti non sussiste disparità di trattamento tra i due istituti, avendo questi diversa natura giuridica e producendo effetti dissimili.

Cass. civ. n. 5298/1995

Nella procedura di amministrazione controllata, l'inventario redatto dal commissario giudiziale costituisce uno strumento indispensabile della procedura, nonché il presupposto necessario del giudizio prognostico che il commissario stesso è chiamato ad esprimere nella relazione per l'adunanza dei creditori, prevista dagli artt. 172 e 188 della legge fall. Ne consegue che detto inventario costituisce un autonomo e specifico compito del commissario, il quale non può ritenersi adempiuto in relazione all'inventario allegato dall'imprenditore alla domanda di ammissione, né surrogato dalla menzionata relazione per l'adunanza dei creditori, che, quand'anche faccia riferimento ad attività e passività, è prevista per differenti finalità.

Cass. civ. n. 3722/1995

La disposizione dell'art. 56, comma primo, della L.F. (R.D. 16 marzo 1942 n. 267), secondo la quale i creditori hanno diritto di compensare con i loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento, si applica anche nel caso in cui la dichiarazione di fallimento segua senza soluzione di continuità alla cessazione della procedura di amministrazione controllata, alla quale l'imprenditore sia stato precedentemente ammesso, sempre che le contrapposte posizioni di debito—credito, compensabili per effetto della predetta norma, siano sorte e coesistano anteriormente all'inizio dell'amministrazione controllata.

Cass. civ. n. 3024/1995

In tema di pegno di crediti, il mero scambio dei consensi produce solo gli effetti prodromici disciplinati dagli artt. 2801 e 2802 c.c, ma non dà luogo, di per sé solo, alla nascita del diritto reale di garanzia sul credito, poiché questo sorge solo con la notificazione del titolo costitutivo al terzo debitore, e cioè col completamento di una fattispecie a formazione successiva la quale assicura al creditore il diritto di prelazione sul credito. Pertanto, l'atto costitutivo del pegno di crediti, che sia stato stipulato anteriormente al provvedimento di ammissione alla amministrazione controllata, ma notificato al terzo debitore solo successivamente, non garantisce al creditore l'acquisto del diritto di prelazione nei confronti dei creditori concorrenti, precludendo l'esercizio di ogni diritto di garanzia a tutela del suo credito, atteso che ai sensi degli artt. 167 e 168 legge fall., richiamati dal successivo art. 188, secondo comma, l'imprenditore ammesso alla procedura di amministrazione controllata non solo non può, senza l'autorizzazione del giudice, costituire pegni con efficacia rispetto ai creditori anteriori, ma neppure può consentire l'acquisto di diritti di prelazione a favore di un determinato creditore rispetto ai creditori concorrenti. La questione di incostituzionalità dell'art. 168 legge fall., con riferimento all'art. 3 Cost. nella ipotesi in cui sia ritenuto applicabile alla notificazione dell'atto costitutivo del pegno di credito, a causa del diverso trattamento assicurato al cessionario, nella ipotesi di cessione di credito in garanzia, poiché egli può efficacemente notificare l'avvenuta cessione al ceduto anche dopo l'ammissione del cedente alle procedure concorsuali minori, è manifestamente infondata; infatti non sussiste disparità di trattamento tra i due istituti, avendo questi diversa natura giuridica e producendo effetti dissimili.

Cass. civ. n. 8999/1991

La rivalutazione dei crediti di lavoro di cui all'art. 429, terzo comma, c.p.c. trova applicazione nel caso di sopravvenuta instaurazione della procedura di amministrazione controllata, tenuto conto sia del mancato richiamo, ad opera dell'art. 188 della legge fallimentare, del precedente art. 169 (che estende al concordato preventivo l'applicabilità degli artt. da 55 a 59 della stessa legge) sia del fatto che durante detta amministrazione l'imprenditore continua ad essere tenuto ad adempiere le proprie obbligazioni, sicché per lui è configurabile l'inadempimento che invece resta escluso per il concordato preventivo e per le altre procedure concorsuali. *

Cass. civ. n. 461/1990

Con riguardo al ricorso per cassazione avverso il provvedimento del tribunale di accoglimento della domanda di ammissione alla procedura di amministrazione controllata (ricorso proponibile in considerazione della decisorietà del provvedimento stesso e della non esperibilità di altri rimedi), il termine è soggetto alla sospensione durante il periodo feriale, atteso che tale procedura non è riconducibile fra le cause contemplate dall'art. 92 dell'ordinamento giudiziario, in relazione alle quali l'art. 3 della L. 7 ottobre 1969, n. 742 deroga alla suddetta sospensione.

Cass. civ. n. 5805/1988

È inammissibile, per difetto di specificità dell'impugnazione, il ricorso per cassazione proposto contro il decreto del tribunale che ammette l'imprenditore alla procedura di amministrazione controllata, se, basato il ricorso su un motivo di difetto di motivazione, il ricorrente, anziché indicare quali siano gli specifici fatti non considerati dal tribunale e che avrebbero potuto logicamente condurre a diversa decisione circa la sussistenza delle condizioni di ammissione alla procedura, si limiti a sostenere che, a riguardo di tali condizioni, il decreto presenta una motivazione stereotipa e non correlata alle concrete risultanze degli atti.

L'interesse del creditore a ricorrere avverso il decreto di ammissione del debitore all'amministrazione controllata deve essere riconosciuto anche quando, nel corso di detta amministrazione, si apra la procedura di concordato preventivo, in relazione al pregiudizio che egli potrebbe ricevere per l'insorgenza di altre ragioni creditorie con diritto di prededuzione.

Cass. civ. n. 423/1988

Il ricorso per cassazione, avverso il provvedimento con cui il tribunale abbia liquidato il compenso al commissario giudiziale dell'amministrazione controllata, è soggetto alla sospensione dei termini durante il periodo feriale, stante la non riconducibilità della controversia fra quelle «relative alla dichiarazione ed alla revoca del fallimento», per le quali è prevista deroga alla sospensione medesima (art. 3 della L. 7 ottobre 1969 n. 742, in relazione all'art. 92 del R.D. 30 gennaio 1941 n. 12).

In ipotesi di sottoposizione ad amministrazione controllata di una pluralità di società collegate, la possibilità di porre il compenso dei commissari giudiziali a carico solidale delle società medesime, nonostante la loro distinta soggettività, l'autonomia delle procedure e la non qualificabilità del «gruppo» come separato centro d'imputazione, deve ritenersi consentita, in relazione all'unicità del fatto costitutivo della relativa obbligazione, quando si tratti degli stessi commissari, che abbiano operato nell'interesse comune di tutte le società, sicché resti esclusa la riferibilità della singola prestazione all'una od all'altra di esse.

In tema di liquidazione del compenso al commissario giudiziale dell'amministrazione controllata, i criteri dettati per il compenso del curatore del fallimento (d.m. 27 novembre 1976, richiamato dall'art. 39 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267) sono applicabili nei limiti di compatibilità con le particolari caratteristiche e finalità della procedura. Al fine indicato, pertanto, può tenersi conto dell'opera prestata, dei risultati ottenuti, dell'importanza della procedura, della sollecitudine delle relative operazioni, non anche dell'ammontare dell'attivo e dell'entità delle somme attribuite ai creditori, trattandosi di parametri rinvenibili soltanto nel fallimento.

Qualora una società, sottoposta ad amministrazione controllata, venga successivamente assoggettata ad amministrazione straordinaria, ai sensi del D.L. 30 gennaio 1979 n. 26 (convertito con modificazioni in L. 3 aprile 1979 n. 95), ed il tribunale abbia disposto la prosecuzione dell'incarico del commissario giudiziale fino alla nomina del commissario di detta amministrazione straordinaria, il tribunale medesimo ha il potere-dovere di liquidare il compenso al commissario giudiziale, anche per il periodo della suddetta prosecuzione del mandato, con la prededuzione contemplata dall'art. 111 della legge fallimentare, ma non anche di disporre il prelevamento di tale compenso dal libretto di deposito, costituito dalla società per le spese dell'amministrazione controllata, atteso che questo, disposta l'amministrazione straordinaria, viene acquisito alla relativa procedura, e spetta esclusivamente al commissario straordinario la facoltà di disporne secondo le regole della procedura stessa.

Cass. civ. n. 4209/1985

Nell'amministrazione controllata, deve ritenersi consentito al commissario giudiziale, ove ciò si renda necessario per l'espletamento dei compiti affidatigli, di chiedere ed ottenere la nomina di un consulente, per la stima dei beni del debitore, o per la ricostruzione della sua contabilità (artt. 61 c.p.c. e 172 secondo comma della legge fallimentare, richiamato dal successivo art. 188 ultimo comma).

Cass. civ. n. 2619/1985

Il tribunale fallimentare, nel disattendere la domanda di ammissione dell'imprenditore all'amministrazione controllata, ha il potere-dovere, su istanza dei creditori, ovvero anche d'ufficio, a norma dell'art. 6 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267, di dichiarare contestualmente il fallimento, nel concorso delle prescritte condizioni, senza che si renda a tal fine necessario, ove detta declaratoria venga resa sulla base degli elementi già acquisiti e sui quali sia stato sentito il debitore, una nuova convocazione del debitore stesso in camera di consiglio.

Cass. civ. n. 3332/1981

L'annullamento, in sede di legittimità, del decreto del tribunale di ammissione del debitore alla procedura di amministrazione controllata, comporta la caducazione di tutti i successivi atti della procedura stessa, ivi compreso il provvedimento di nomina del comitato dei creditori, e, pertanto, ove sopravvenuo in pendenza di ricorso per cassazione avverso quest'ultimo provvedimento, determina l'improponibilità del ricorso stesso per difetto di interesse, rilevabile anche d'ufficio.

Tesi di laurea correlate all'articolo

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!