Cassazione civile Sez. III sentenza n. 3024 del 15 marzo 1995

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di pegno di crediti, il mero scambio dei consensi produce solo gli effetti prodromici disciplinati dagli artt. 2801 e 2802 c.c, ma non dà luogo, di per sé solo, alla nascita del diritto reale di garanzia sul credito, poiché questo sorge solo con la notificazione del titolo costitutivo al terzo debitore, e cioè col completamento di una fattispecie a formazione successiva la quale assicura al creditore il diritto di prelazione sul credito. Pertanto, l'atto costitutivo del pegno di crediti, che sia stato stipulato anteriormente al provvedimento di ammissione alla amministrazione controllata, ma notificato al terzo debitore solo successivamente, non garantisce al creditore l'acquisto del diritto di prelazione nei confronti dei creditori concorrenti, precludendo l'esercizio di ogni diritto di garanzia a tutela del suo credito, atteso che ai sensi degli artt. 167 e 168 legge fall., richiamati dal successivo art. 188, secondo comma, l'imprenditore ammesso alla procedura di amministrazione controllata non solo non può, senza l'autorizzazione del giudice, costituire pegni con efficacia rispetto ai creditori anteriori, ma neppure può consentire l'acquisto di diritti di prelazione a favore di un determinato creditore rispetto ai creditori concorrenti. La questione di incostituzionalità dell'art. 168 legge fall., con riferimento all'art. 3 Cost. nella ipotesi in cui sia ritenuto applicabile alla notificazione dell'atto costitutivo del pegno di credito, a causa del diverso trattamento assicurato al cessionario, nella ipotesi di cessione di credito in garanzia, poiché egli può efficacemente notificare l'avvenuta cessione al ceduto anche dopo l'ammissione del cedente alle procedure concorsuali minori, è manifestamente infondata; infatti non sussiste disparità di trattamento tra i due istituti, avendo questi diversa natura giuridica e producendo effetti dissimili.

(massima n. 2)

L'ammissione dell'imprenditore alla procedura di amministrazione controllata ai sensi dell'art. 1871. fall. - il cui presupposto e la temporanea difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni - comporta la decadenza del medesimo dal beneficio del termine, prevista dall'art. 1186 c.c. con riferimento all'ipotesi in cui il debitore sia divenuto insolvente, non sussistendo incompatibilità tra tale decadenza e il cosiddetto blocco dei pagamenti che caratterizza la procedura di amministrazione controllata, dato che in realtà questa preclude solo, per i titoli o le cause anteriori alla data del decreto dei tribunale, le azioni esecutive sul patrimonio del debitore, senza incidere sull'esigibilità dei crediti, sulla conseguenziale decorrenza degli interessi e sull'ammissibilità di azioni giudiziarie di cognizione, tanto di accertamento che di condanna. (Nella specie sulla base del principio esposto la S.C. ha confermato la sentenza con cui il giudice di merito aveva riconosciuto il diritto del creditore di far valere una garanzia fideiussoria a seguito dell'ammissione alla amministrazione controllata del debitore principale).

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