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Articolo 76 Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito

(D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602)

[Aggiornato al 22/02/2024]

Espropriazione immobiliare

Dispositivo dell'art. 76 Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito

1. Ferma la facoltà di intervento ai sensi dell'articolo 499 del codice di procedura civile, l'agente della riscossione:

  1. a) non dà corso all'espropriazione se l'unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente;
  2. a-bis) non dà corso all'espropriazione per uno specifico paniere di beni definiti "beni essenziali" individuato ai sensi dell'articolo 514 c.p.c»;
  3. b) nei casi diversi da quello di cui alla lettera a), può procedere all'espropriazione immobiliare se l'importo complessivo del credito per cui procede supera centoventimila euro. L'espropriazione può essere avviata se è stata iscritta l'ipoteca di cui all'articolo 77 e sono decorsi almeno sei mesi dall'iscrizione senza che il debito sia stato estinto(1).

2. Il concessionario non procede all'espropriazione immobiliare se il valore dei beni, determinato a norma dell'articolo 79 e diminuito delle passività ipotecarie aventi priorità sul credito per il quale si procede, è inferiore all'importo indicato nel comma 1.

Note

(1) Tale comma è stato modificato dall'art. 50, comma 1, del D.L. 6 novembre 2021, n. 152.

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Consulenze legali
relative all'articolo 76 Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito

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S. V. chiede
domenica 20/03/2022 - Abruzzo
“Buongiorno,

mia figlia è proprietaria di un alloggio al 50% con il fratello. La sua parte supera di poco i 120.000 € di valore ed avendo ricevuto una cospicua cartella da ADER teme che possa un giorno essere messa all'asta. E' residente in questa prima casa, che è anche l'unica, non è di lusso ed è adibita ad uso abitativo. Avvocati importanti Le hanno detto che se il debito supera i 120.000 € e se la casa vale di più di 120.000 possono metterla all'asta. Invece il sito dell'agenzia della riscossione non avvalora questa tesi almeno apparentemente. Potete quindi dirmi se non rischia mai il pignoramento oppure c'è anche per lei la soglia dei 120.000? Grazie.”
Consulenza legale i 24/03/2022
La risposta a ciò che qui viene chiesto ci viene fornita dall’art. 76 del DPR n. 602/1973, relativo appunto all’espropriazione forzata immobiliare in materia di riscossione delle imposte sul reddito, norma da ultimo modificata dall’art. 50, comma 1, D.L. 6 novembre 2021, n. 152.
Ciò che dalla lettura di tale norma si ricava è l’impignorabilità dell’immobile destinato a prima casa al ricorrere di precise condizioni ivi espressamente indicate e che di seguito verranno illustrate.
Innanzitutto occorre precisare che quanto disposto dall’art. 76 vale soltanto in caso di esecuzione intrapresa dall’Agenzia delle entrate, mentre non si applica ai creditori c.d. privati (quali banche, condominio, fornitori, ecc.), per i quali ultimi vale la regola della generale pignorabilità, salve le espresse limitazioni dettate dal codice di procedura civile, ma che riguardano ipotesi e beni ben diversi.

A tale pignorabilità generale da parte dei creditori definiti “privati” si riallaccia, infatti, il primo comma dell’art. 76, in forza del quale è consentito in ogni caso all’Agente della riscossione di intervenire, ex art. 499 del c.p.c., nell’esecuzione immobiliare da altri intrapresa (ciò significa che se la banca o il condominio decidessero di pignorare la prima casa di colui che ha anche debiti con il fisco, l’Agenzia delle entrate avrebbe tutto il diritto di partecipare a quell’esecuzione).

Fuori da tale ipotesi, invece, per poter procedere a pignoramento della prima casa occorre che vengano rispettati i limiti e le condizioni fissate dagli artt. 76 e ss. del DPR 602/1973.
In particolare, secondo quanto disposto alla lettera a) del comma 1 dell’art. 76, l’Agenzia delle Entrate Riscossioni non può dar corso all’espropriazione immobiliare se l’immobile che si intende aggredire:
1. è l’unico immobile di proprietà del debitore;
2. non rientra tra le c.d. abitazioni di lusso o tra i fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9;
3. è adibito ad uso abitativo;
4. il debitore vi ha residenza anagrafica.

Precisa la successiva lettera b) dello stesso comma 1 che, fatta eccezione per le ipotesi in cui ricorrano le condizioni sopra viste, ulteriori presupposti per poter procedere ad espropriazione immobiliare sono:
a) che l’importo complessivo del credito per cui si procede superi i 120 mila euro;
b) che sull’immobile che si intende pignorare sia stata iscritta ipoteca e che dal momento dell’iscrizione siano decorsi almeno sei mesi senza che il debito sia stata estinto (si vuole chiaramente concedere al debitore un ulteriore lasso di tempo per estinguere il proprio debito e così poter evitare l’espropriazione forzata).

Infine, il secondo ed ultimo comma della norma pone un ulteriore limite per procedere ad espropriazione immobiliare (valevole sempre per i casi non rientranti nel comma 1 lettera a, ossia di unico immobile del debitore costituente anche prima casa), disponendo che l’Agenzia delle entrate riscossione non si avvale di tale forma di espropriazione se il valore degli immobili da pignorare (calcolato secondo i criteri dalla stesso comma richiamati) risulta inferiore ad euro 120.000.
Dal coordinamento tra i diversi comma della norma in esame, dunque, ciò che ne discende è che, fatta eccezione per l’unico immobile di cui il debitore risulta intestatario, avente le caratteristiche di cui alla lettera a), l’Agenzia delle entrare riscossione può procedere a pignoramento immobiliare se vanta un credito superiore ad euro 120.000 e se il valore dei beni da pignorare supera tale importo.

Nel caso di specie sembrerebbero sussistere le condizioni, previste alla lettera b) comma 1 ed al comma 2 dell’art. 76, che consentono all’Agenzia delle Entrate Riscossioni di procedere a pignoramento immobiliare (si dice nel quesito che il valore della quota di immobile della debitrice supera di poco i 120.000 euro, mentre per quanto concerne l’ammontare del debito si fa riferimento ad una cospicua cartella, il che lascia intendere che possa trattarsi di somma superiore ai 120.000 euro).
Tuttavia, ad escludere la possibilità di fare ricorso a questa forma di esecuzione vale, come più volte detto, l’eccezione di cui al primo comma lett.a), ossia la circostanza che il bene potenzialmente aggredibile non solo costituisce l’unico immobile di cui la debitrice è proprietaria, ma è anche destinato a prima casa e non ha le caratteristiche di abitazione di lusso.
La sussistenza di dette condizioni impedisce all’Agenzia delle Entrate riscossione di poter pignorare l’immobile della debitrice.

Quanto fin qui detto trova, oltretutto, conferma nella giurisprudenza di legittimità, come si può leggere in una delle ultime sentenze in materia della Suprema Corte di Cassazione (Cass. civ., Sez. Unite, 23/07/2021, n. 21165), di cui qui di seguito si riporta la massima:
L'art. 76, comma 1, lett. a), del d.p.r. n. 602/1973, nel testo novellato dal d.l. n. 69 del 2013, secondo cui l'agente della riscossione non dà corso all'espropriazione se l'unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, sia adibito ad uso abitativo e il debitore vi risieda anagraficamente, non introduce un'ipotesi di impignorabilità dell'immobile, perché non detta una disciplina peculiare del bene in sé considerato. La norma regola, invece, l'azione esecutiva dell'agente della riscossione, stabilendone l'improcedibilità. Il debitore che intenda avvalersi di tale ragione di improcedibilità deve provare che l'immobile staggito sia non soltanto luogo di sua residenza, ma anche l'unico bene immobile di sua proprietà. A tal proposito, non basta produrre una visura per soggetto dell'Agenzia del territorio, poiché la mera annotazione di dati nei registri catastali, preordinati a fini fiscali, non è idonea di per sé a provare – o ad escludere – la qualità proprietaria, non risultando per conseguenza capace di fornire, con elevata probabilità logica, una ricostruzione diversa da quella assunta nella sentenza di merito impugnata”.

Walter B. chiede
sabato 24/10/2020 - Toscana
“Buongiorno, ho la mia prima casa pignorata dalla banca con ipoteca di primo grado in seguito agenzia delle entrate ha fatto un intervento nel pignoramento
senza ipoteca.il giudice non ha ancora fissato la data dell'asta.
Io avrei trovato un accordo con la banca pagando il loro avere. Ho trovato anche l'acquirente per la mia casa.
La legge 69 del 2013 decreto del fare, come si interpreta in questa situazione.
La domanda è : il pignoramento e la procedura esecutiva si cancella e quindi l'acquirente della casa trova l'immobile libero da debiti in quanto ag.entrate
resta il creditore procedente con le limitazioni della legge sopra indicata ( pagato la banca), oppure agenzia entrate prosegue il pignoramento?
Se possibile avere la risposta urgente visto la tipologia della procedura
grazie,saluti”
Consulenza legale i 28/10/2020
La norma a cui si intende fare riferimento è l’art. 52 del Decreto legge 21.06.2013 n. 69, noto come decreto del fare, contenente disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia e convertito dall’art. 1 comma 1 della Legge 9 agosto 2013 n. 98.
Tale norma ha sostanzialmente modificato l’art. 76 del DPR n. 602/1973, disponendo l’impignorabilità della prima casa ad opera del fisco.

Innanzitutto è bene precisare che ad essere impignorabile non è la prima casa, bensì l’unico immobile di cui risulti proprietario il debitore, sempre che tale immobile sia adibito ad uso abitativo e che il contribuente esecutato vi risieda anagraficamente.
Ulteriori condizioni per l’impignorabilità sono che l’immobile non sia annoverabile tra i beni di lusso (a tal fine si richiama il D.M. lavori pubblici n. 1072/1969) o che non risulti accatastato nella categoria A/8 (abitazione in ville) o A/9 (castelli, palazzi di eminenti pregi artistici e storici).
Allorchè il debitore dovesse, invece, essere titolare di più unità immobiliari, queste, a determinate condizioni, sarebbero aggredibili dall’erario, compreso l’immobile destinato a prima casa.

Chiarito ciò, si può adesso analizzare nel dettaglio il testo del citato art. 52, dalla lettura del quale si evince che le limitazioni all’esecuzione immobiliare avente ad oggetto la prima casa valgono per la sola esecuzione esattoriale.
Infatti, tutti gli altri creditori, tra cui le banche, potranno continuare a procedere esecutivamente sull’unico immobile di proprietà del debitore, in particolare nel caso in cui su quell’immobile risulti iscritta ipoteca in loro favore.
Solo se l’esecuzione immobiliare è stata avviata da diverso creditore, anche l’agente della riscossione potrà attivarsi ex art. 499 del c.p.c., ossia esercitando la facoltà di intervento nella procedura esecutiva da altri intrapresa, come risulta espressamente previsto dal primo comma, prima parte, dello stesso art. 52.

Verificatasi una tale ipotesi, ci si è posti in effetti il dubbio di come ci si debba comportare e di cosa succeda nel momento in cui il creditore procedente (nel caso di specie la Banca), al quale l’Agenzia delle entrate si è accodata ex art. 499 c.p.c., rinunci all’azione esecutiva intrapresa, lasciando come unico creditore procedente l’agente della riscossione, ossia quello stesso soggetto a cui, in presenza delle condizioni prima viste, sarebbe stato precluso l’esercizio di ogni azione esecutiva.
In tal caso, infatti, la lesione che il debitore esecutato viene a subire per effetto del pignoramento della prima casa è da ricondurre unicamente alla riscossione tributaria, con la conseguenza che, almeno in linea puramente teorica, dovrebbero rivivere i limiti posti dall’art. 76 DPR n. 602/1973, come novellato dal D.l n. 69/2013.

Proprio in tal senso si è espressamente pronunciato il Giudice dell’esecuzione presso il Tribunale di Vercelli con ordinanza del 06.02.2016, negando il diritto dell’agente della riscossione a dare ulteriore impulso alla procedura esecutiva in assenza dei presupposti che gli avrebbero consentito di promuoverla ab origine e dichiarando l’estinzione della procedura esecutiva immobiliare, con conseguente ordine, rivolto al Direttore della competente agenzia delle entrate, di cancellare la trascrizione del pignoramento.

E’ bene tenere presente, comunque, che la decisione di tale giudice si fondava su un presupposto essenziale, ossia sul fatto che il credito vantato dall’Agenzia delle entrare riscossione non superava il limite dei 120.000 euro, ciò che determina la negazione in capo a tale creditore di autonomi poteri di impulso in sostituzione ed in surroga del creditore procedente rinunciante (è questo il fulcro della sua motivazione, intendendosi così sottolineare la fondamentale differenza tra il ruolo di intervenuto ed il ruolo di creditore procedente).

Tale decisione, del resto, risponde proprio a quella che è la ratio della modifica che il legislatore ha voluto apportare all’art. 76, ossia impedire che per la sola soddisfazione dei debiti tributari venga espropriata la prima casa del debitore e che, anche qualora il bene pignorato non costituisca prima casa perché il debitore è proprietario di altre case, venga espropriato un bene immobile se non per un debito di rilevante importo e previa iscrizione di ipoteca per un tempo sufficiente a consentire una diversa soluzione per l’estinzione dell’obbligo tributario (in quest’ultimo senso si esprime la lett. b) dell’art. 52).

Sostenere la tesi contraria, del resto, condurrebbe ad una palese disparità di trattamento fra colui il quale dovrebbe essere colpito da pignoramento per debiti solo tributari con l’esecuzione esattoriale, la cui prima casa di abitazione non potrebbe essere pignorata, e colui il quale, invece, è stato colpito da pignoramento per debiti di diversa natura, la cui prima casa di abitazione e tutti gli altri suoi beni potrebbero essere liberamente posti in vendita forzata anche se al fine di soddisfare i soli debiti tributari, avendo nel frattempo l’esattore assunto veste di procedente in senso sostanziale.

In altre parole: l’azione esecutiva dell’esattore risulterebbe soggetta ai limiti posti dall’art. 52 decreto del fare quando egli fosse procedente originario, mentre sarebbe libera qualora egli fosse procedente in seguito a rinuncia dell’originario creditore procedente, per un evento del tutto estraneo e svincolato dai rapporti con il debitore e con la natura del credito.

Pertanto, qualora a seguito di un accordo con l’istituto di credito procedente, quest’ultimo dovesse formalmente rinunciare alla procedura esecutiva intrapresa, può farsi applicazione di quanto statuito dalla Corte di Cassazione, Sez. III civ. nella sentenza n. 19270 del 12.09.2014, ove viene detto che:
In tema di espropriazione immobiliare esattoriale, qualora sia stato eseguito il pignoramento immobiliare mediante la trascrizione e la notificazione dell'avviso di vendita ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 78 ed il processo sia ancora pendente alla data del 21 agosto 2013 (di entrata in vigore del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 52, comma 1, lett. g), convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, ai sensi del D.L. n. 69 del 2013, art. 86 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 194 Suppl. Ord. del 20 agosto 2013), l'azione esecutiva non può più proseguire e la trascrizione del pignoramento va cancellata, su ordine del giudice dell'esecuzione o per iniziativa dell'agente della riscossione, quando l'espropriazione ha ad oggetto l'unico immobile di proprietà del debitore, che non sia bene di lusso e sia destinato ad abitazione del debitore, il quale ivi abbia la propria residenza anagrafica”.

A conferma di tale linea interpretativa può anche richiamarsi quanto sostenuto sempre dalla Corte di Cass, Sezioni unite con sentenza n. 12310 del 15/06/2015, in cui si afferma che "la previsione costituzionale di un processo impone al giudice di non limitarsi alla meccanica e formalistica applicazione di regole processuali astratte, ma di verificare sempre (e quindi ogni volta) se l’interpretazione adottata sia necessaria ad assicurare nel caso concreto le garanzie fondamentali in funzione delle quali le norme oggetto di interpretazione sono state poste, evitando che, in mancanza di tale necessità, il rispetto di una ermeneutica tralaticia sottratta alla necessaria verifica in rapporto al caso concreto, si traduca in un inutile complessivo allungamento dei tempi di giustizia ed in uno spreco di risorse, con correlativa riduzione di effettività della tutela giurisdizionale".

Riconoscere all’agente della riscossione la possibilità ed il diritto di portare avanti da solo la procedura esecutiva significherebbe proprio ledere la funzione teleologica attribuita alla modifica che il legislatore ha voluto introdurre con il decreto del fare, consistente nella tutela ed intangibilità della prima casa di abitazione e degli altri beni per debiti tributari di non rilevante importo e senza il previo avvertimento dell’iscrizione ipotecaria.