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Articolo 459 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Falsificazione dei valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati

Dispositivo dell'art. 459 Codice Penale

Le disposizioni degli articoli 453, 455 e 457 si applicano anche alla contraffazione o alterazione di valori di bollo e alla introduzione nel territorio dello Stato [4], o all'acquisto, detenzione e messa in circolazione di valori di bollo contraffatti(1); ma le pene sono ridotte di un terzo.

Agli effetti della legge penale, s'intendono per valori di bollo(2) la carta bollata, le marche da bollo(3), i francobolli(4) e gli altri valori equiparati a questi da leggi speciali.

Note

(1) Le condotte incriminate sono le medesime punite ai sensi degli artt. 453, 455 e 457, che difatti la disposizione in esame richiama quad poenam, con trattamento sanzionatorio ridotto di un terzo. Al fine dell'integrazione del reato in esame però rientrano nella messa in circolazione dei valori di bollo tutte le possibili condotte di trasferimento ad altri del valore del bollo contraffatto o alterato, eccetto il caso di uso secondo la sua naturale destinazione, in quanto integra il reato di cui all'art. 454.
(2) I valori di bollo rispondono dunque alla funzione di contrassegni di prestazione, in quanto attestano l'adempimento della stessa e lo svolgimento di un servizio da parte dello Stato.
(3) La dottrina maggioritaria ritiene che tra le marche da bollo rientrino le sole emesse dallo Stato previo pagamento di un'imposta di concessione governativa.
(4) I francobolli devono avere corso legale, tuttavia un orientamento giurisprudenziale ritiene che il reato in esame si possa configurare anche nell'ipotesi di francobolli da collezione, a condizione che siano questi scambiabili con moneta.

Ratio Legis

Il legislatore ha qui voluto precisamente tutelare la certezza e l'affidabilità del traffico attuato attraverso i valori di bollo.

Spiegazione dell'art. 459 Codice Penale

Il bene giuridico tutelato dalle norme che puniscono il falso nummario è la pubblica fede, messa in pericolo da condotte che possano pregiudicare il sentimento di fiducia generalizzata nei confronti dell'autenticità dei mezzi di scambio di cui si serve l'economia contemporanea.

Trattasi di reato di pericolo e non di danno, nonostante la falsificazione possa arrecare anche danni economici ai privati, dato che il reato si consuma già nel momento in cui la pubblica fede viene messa in pericolo dalla falsificazione stessa.

Preliminarmente va dato atto che, data la natura di pericolo dei reati in questione, il principio di offensività impone di non considerare penalmente rilevante varie condotte, rientranti nelle ipotesi di falso grossolano, falso innocuo e falso inutile.

Il falso grossolano viene posto in essere quando la falsità sia immediatamente percepibile icto oculi, senza la possibilità di far cadere in errore alcuno.

Il falso innocuo si realizza invece quando la contraffazione o l'alterazione, pur essendo astrattamente idonee ad ingannare, non lo sono in concreto, in base ad un accertamento dei possibili effetti del falso nella situazione concreta.

Il falso inutile costituisce un'ipotesi di reato impossibile per inesistenza dell'oggetto, come quando la contraffazione produca una moneta non avente corso legale.

La norma in esame compie una parificazione, quanto alla punibilità, qualora le condotte di cui agli articoli 453, 455 e 457 abbiano ad oggetto valori di bollo (ad es. francobolli o marche da bollo).

Il rinvio alle disposizioni elencate non può ritenersi come mero rinvio quod poenam, sicché per la individuazione delle relative fattispecie è necessario far riferimento alle norme richiamate. Di conseguenza, ad esempio, in caso di detenzione di valori di bollo contraffatti, occorre accertare che la detenzione sia avvenuta al fine della messa in circolazione ex art. 455.

Massime relative all'art. 459 Codice Penale

Cass. pen. n. 41010/2014

Integra il reato previsto dall'art. 459 cod. pen. la detenzione e la messa in circolazione di valori bollati "alterati" nel loro valore facciale, ma non contraffatti. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva ravvisato la sussistenza del reato con riferimento a condotta consistita nell'aver reso illeggibile l'importo di valori bollati apposto su cambiali, e nell'aver poi messo in circolazione tali valori).

Cass. pen. n. 13780/2013

L’art. 459, comma primo, c.p., nella parte in cui prevede la punibilità, ai sensi delle disposizioni di cui agli artt. 453, 455 e 457 c.p., ma con pene ridotte di un terzo, della condotta consistente nell’acquisto, detenzione e messa in circolazione di valori di bollo contraffatti, deve ritenersi applicabile, per ragioni di ordine logico-sistematico, anche all’ipotesi in cui trattasi di valori di bollo alterati nel loro importo; ciò anche alla luce della espressa equiparazione tra contraffazione e alterazione prevista per la meno grave figura di reato di cui all’art. 464 c.p.

Cass. pen. n. 38533/2009

Non integra la violazione della previsione di cui all'art. 459 c.p., nella parte in cui punisce "l'acquisto, detenzione e messa in circolazione di valori da bollo contraffatti" (comma 1), la detenzione, al fine di rivenderle per lucrare maggiori guadagni, di marche da bollo alterate nell'importo (artificiosamente corretto da euro 0,05 a euro 14, 62), in quanto l'oggetto materiale della predetta previsione incriminatrice è limitata ai valori bollati contraffatti, e in virtù del divieto di letture analogiche della norma penale, non è consentito estenderne l'applicazione ai valori alterati.

Cass. pen. n. 11379/1998

In tema di falsità in valori bollati, qualora l'agente acquisti, riceva o detenga valori di bollo falsi (senza concerto né trattativa con l'autore della falsificazione) al fine di utilizzarli secondo la loro normale destinazione, non commette alcun reato fino a quando non ne faccia effettivamente uso. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso la configurabilità del delitto di ricettazione in un caso in cui l'agente aveva ricevuto numerosi francobolli, con la consapevolezza della loro falsità, al fine di utilizzarli per la spedizione di plichi postali).

Cass. pen. n. 5926/1994

La tentata contraffazione dei valori di bollo (artt. 56 e 459 c.p.) va distinta dalla contraffazione della carta filigranata (art. 460 c.p.). La prima figura delittuosa, infatti, presuppone il compimento di atti diretti in modo non equivoco allo specifico risultato; la seconda, invece, punisce una condotta meramente preparatoria, giudicata dal legislatore penalmente rilevante in relazione alla sua intrinseca pericolosità e, quindi, prescindendo da qualsiasi indagine concreta sull'idoneità funzionale al conseguimento della contraffazione delle monete e dei valori a queste assimilate.

Cass. pen. n. 12888/1989

Al fine della sussistenza del delitto di cui all'art. 459 c.p., la messa in circolazione si identifica con il compimento di qualsiasi attività con la quale il detentore intenda trasferire ad altri il valore di bollo contraffatto; e l'intendimento può essere dimostrato dal fatto stesso della detenzione, senza necessità dell'accettazione dell'eventuale interessato all'acquisto allorché manchi o sia ritenuta inattendibile una plausibile indicazione circa un fine della detenzione diverso da quello della messa in circolazione del valore di bollo falsificato. Solo allorché, fuori delle ipotesi di concorso nella contraffazione ed alterazione dei valori bollati, l'uso non assuma i connotati della messa in circolazione e la detenzione di essi sia caratterizzata dal fine di un uso conforme alla loro naturale destinazione, si realizza la minore figura criminosa prevista dall'art. 464 c.p.

Cass. pen. n. 6404/1988

Il delitto contemplato dal primo comma dell'art. 459 c.p., si consuma appena sia stata compiuta l'attività di contraffazione o di alterazione dei valori di bollo, ovvero si sia realizzata la condotta di introduzione nel territorio dello Stato o di acquisto o di detenzione o di messa in circolazione dei valori bollati contraffatti, non essendo richiesto quale elemento costitutivo del reato l'uso conforme alla normale destinazione dei valori falsificati, il quale uso, da parte di chi non abbia concorso nella contraffazione, quando non assuma i connotati della messa in circolazione, integra invece il reato di cui all'art. 464 c.p.

Cass. pen. n. 11254/1984

L'art. 459 c.p. punisce, tra l'altro, la messa in circolazione di valori di bollo falsificati, cioè ogni attività con la quale il detentore trasferisce ad altri, eventualmente a titolo gratuito, il valore di bollo falsificato. Oggetto dell'atto di circolazione deve essere il valore di bollo in sé e per sé e in relazione all'uso cui esso è normalmente destinato. L'uso del valore di bollo falsificato conforme alla sua naturale destinazione è invece punito dall'art. 464 c.p.

Cass. pen. n. 3316/1983

Il rinvio dell'art. 459 codice penale alle disposizioni degli artt. 453, 455 e 457 non può intendersi come un semplice richiamo quoad poenam; sicché per la individuazione delle relative fattispecie è necessario far riferimento al contenuto delle disposizioni richiamate. Ne consegue che in caso di detenzione di valori di bollo contraffatti o alterati, occorre accertare se la detenzione sia avvenuta al fine della messa in circolazione, così come richiesto dall'art. 455. Se tale fine è escluso, non sussiste il reato di cui all'art. 459. Così, se il soggetto, non essendo concorso nella contraffazione o nell'alterazione, abbia detenuto valori di bollo falsificati ma non al fine della messa in circolazione, e poi ne abbia fatto uso secondo la loro normale destinazione, non si configura l'ipotesi criminosa di cui all'art. 459, bensì quella meno grave prevista dall'art. 464 (Fattispecie relativa all'applicazione di una marca da bollo contraffatta sulla patente di guida).

Cass. pen. n. 691/1983

Qualora il valore bollato, contraffatto o alterato sia stato ricevuto in buona fede e la conoscenza della falsità sia intervenuta in un momento posteriore, la messa in circolazione, e cioè l'uso del valore di bollo non conforme alla sua naturale destinazione, configura l'ipotesi di reato di cui all'art. 459 in relazione all'art. 457 c.p.; l'uso corrispondente alla normale destinazione dà luogo, invece, al reato di cui all'art. 464 c.p., nella forma attenuata prevista dal secondo comma dello stesso articolo. Per messa in circolazione, ai sensi dell'art. 459 c.p., deve intendersi ogni attività con la quale il detentore trasferisce ad altri, anche a titolo gratuito, il valore di bollo falsificato. Oggetto dell'atto di circolazione deve essere, però, il valore di bollo falsificato in sé e per sé e non in riferimento all'uso normale di esso. Se infatti colui che non sia concorso nella contraffazione o nell'alterazione fa del valore di bollo un uso conforme alla sua naturale destinazione, si configura il reato di cui all'art. 464 c.p.

Cass. pen. n. 484/1981

La grossolanità del falso, che abbia per oggetto valori di bollo (francobolli e marche da bollo), dev'essere valutata con riferimento alla generalità dei consociati e non già a determinate categorie di persone, trattandosi di contrassegni il cui uso è generale da parte di tutti i consociati.

Cass. pen. n. 4250/1980

L'art. 459 c.p. punisce l'acquisto, la detenzione e la messa in circolazione di valori bollati contraffatti ed è pertanto sufficiente, ai fini della sussistenza dell'elemento psicologico del reato, la volontà cosciente e libera dell'acquisto, detenzione e messa in circolazione dei valori bollati. Lo scopo dell'agente è irrilevante e quindi il fine di collezione non esclude il dolo, quando si tratti di francobolli tuttora in uso, contraffatti in modo da potersi ingannevolmente impiegare per l'affrancamento postale, con conseguente pericolo per la fede pubblica.

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