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Articolo 341 bis Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 31/03/2023]

Oltraggio a pubblico ufficiale

Dispositivo dell'art. 341 bis Codice Penale

(1)Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone(2), offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni(3).

La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l’ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l’attribuzione del fatto medesimo, l’autore dell’offesa non è punibile.

Ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto(4).

Note

(1) La disposizione in esame è stata aggiunta dall’art. 1, comma 8, della l. 15 luglio 2009, n. 94 (c.d. pacchetto sicurezza), che ha quindi reintrodotto, seppur con qualche variazione, il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, fino al 1999 previsto dall'art. 341 e quindi abrogato dalla l. 25 aprile 1999, n. 205 (art. 18, comma 1).
(2) La norma richiede come presupposto la presenza di più persone, che invece nella formulazione originaria ex art. 341 era considerata quale circostanza aggravante speciale.
(3) Tale comma è stato modificato dall'art. 7 comma 1 lettera b-bis) del D. L. 14 giugno 2019, n. 53.
(4) Si tratta di una causa di estinzione del reato, che opera in presenza di un possibile risarcimento del danno, che sottende lo stesso principio su cui si basa la circostanza attenuante di cui all'art. 61, n. 6 e dalla quale si differenzia in quanto il risarcimento deve esser diretto non solo al soggetto passivo, ma anche all'ente cui questo appartiene.

Ratio Legis

La dottrina tradizionale rivede in tale norma la protezione del prestigio degli organi e dei soggetti investiti di pubbliche funzioni, concezione legata alla considerazione di privilegio di cui godevano tali soggetti all'epoca dell'emanazione del Codice Rocco. Ora, come più volte sostenuto dalla stessa Corte Costituzionale, si preferisce considerare oggetto di tutela l'interesse al buon andamento della P.A., attuato mediante la difesa dell'onore e del prestigio della stessa.

Spiegazione dell'art. 341 bis Codice Penale

La norma in esame tutela l'onore ed il decoro del pubblico ufficiale.

Tuttavia, mentre la precedente ipotesi normativa di cui all'abrogato art. 341 puniva qualunque modalità di offesa attuata nei confronti del p.u., mentre l'elemento della pubblicità assurgeva a mera circostanza aggravante, ad oggi il fatto che l'offesa sia arrecata in luogo pubblico, o aperto al pubblico e in presenza di più persone è a tutti gli effetti elemento costitutivo del reato.

Non solo, ma l'offesa (come nella precedente fattispecie) deve essere arrecata mentre il pubblico ufficiale compie un atto del suo ufficio ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni.

Al secondo comma è disciplinata una speciale causa di non punibilità, costruita sulla falsa riga di quanto previsto dall'art. 596 in tema di ingiuria e diffamazione. Infatti, qualora venga dimostrata giudizialmente la verità del fatto attribuito, il colpevole non è punibile.

Il terzo comma prevede invece una causa di estinzione del reato, qualora il colpevole ripari interamente il danno non patrimoniale subito dal pubblico ufficiale e il danno all'immagine subito dall'ente di appartenenza dell'ufficiale medesimo.

Ulteriore causa di non punibilità è quella di cui all'art. 393 bis, qualora il pubblico ufficiale abbia dolosamente ed arbitrariamente ecceduto nell'esercizio delle proprie funzioni.

Massime relative all'art. 341 bis Codice Penale

Cass. pen. n. 50996/2019

In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, la causa di estinzione del reato di cui all'art. 341-bis, comma terzo, cod. pen. trova applicazione a condizione che il risarcimento del danno sia integrale, avvenga nei confronti della persona offesa e dell'ente di appartenenza della medesima e sia effettuato prima del giudizio, in quanto la sua previsione ha carattere deflattivo e la concreta operatività non può essere rimessa a una scelta di opportunità dell'imputato, maturata all'esito dello svolgimento del dibattimento.

Cass. pen. n. 39980/2018

Il reato di oltraggio, previsto dall'art.341-bis cod. pen., non è assorbito, bensì concorre con il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, anche qualora la condotta offensiva sia finalizzata allo scopo di opporsi all'azione del pubblico ufficiale, in quanto la condotta ingiuriosa non è elemento costitutivo del reato previsto dall'art. 337 cod. pen. (Fattispecie in cui l'imputato, dopo aver ingiuriato i pubblici ufficiali con espressioni offensive riferite alla loro appartenenza alla Polizia di Stato, li minacciava di morte al fine di opporsi alla richiesta di mostrare i documenti e di farsi identificare).

Cass. pen. n. 26028/2018

Ai fini della configurabilità del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, la cella e gli ambienti penitenziari sono da considerarsi luogo aperto al pubblico, e non come luogo di privata dimora, non essendo nel "possesso" dei detenuti, ai quali non compete alcuno "ius excludendi alios"; tali ambienti, infatti, si trovano nella piena e completa disponibilità dell'amministrazione penitenziaria, che ne può fare uso in ogni momento per qualsiasi esigenza d'istituto. (In motivazione la Corte ha aggiunto che, ai fini della qualificazione dell'ambiente come luogo aperto al pubblico, è essenziale la sua destinazione alla fruizione di un numero indeterminato di soggetti che, in presenza di determinate condizioni, hanno la possibilità pratica e giuridica di accedervi, essendo, invece, irrilevante che l'accesso dei detenuti sia coattivo e volto a soddisfare un interesse pubblico).

Cass. pen. n. 21506/2017

Ai fini del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, la cella e gli ambienti penitenziari sono da considerarsi luogo aperto al pubblico, non essendo nel "possesso" dei detenuti, ai quali non compete alcuno "ius excludendi alios"; tali ambienti, infatti, si trovano nella piena e completa disponibilità dell'amministrazione penitenziaria, che ne può fare uso in ogni momento per qualsiasi esigenza d'istituto.

Cass. pen. n. 51613/2016

Ai fini della configurabilità del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, quale ora previsto dall'art. 341 bis c.p., per un verso, l'obiettiva capacità offensiva di determinate espressioni verbali non può dirsi elisa dalla facilità e dalla frequenza con le quali esse vengono adoperate, ben potendo le medesime dar luogo alla riconoscibilità del reato quando siano inserite in un contesto che esprima, senza possibilità di equivoci, disprezzo e disistima per le funzioni del pubblico ufficiale; per altro verso, una critica, anche accesa, nei confronti del pubblico ufficiale non può essere considerata penalmente rilevante se non quando sia tale da minare la dignità sociale del destinatario e, attraverso di lui, la considerazione della pubblica amministrazione che egli, in quel momento, impersona. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto che legittimamente fosse stata affermata la sussistenza del reato in un caso in cui l'imputato, a fronte dell'intervento del pubblico ufficiale in un locale pubblico in cui era insorta una lite tra avventori, aveva rivolto al suo indirizzo l'espressione: "io vado dove voglio, vaffanculo”).

Cass. pen. n. 42900/2013

Non può ravvisarsi continuità normativa tra le due figure di illecito penale di oltraggio a pubblico ufficiale, l'una abrogata per effetto dell'art.18 legge n. 205 del 1999, l'altra introdotta dalla legge n. 94 del 2009, sia per la diversità strutturale e la differente tipologia di azione necessaria ad integrare il reato, sia per il notevole distacco temporale tra abrogazione della precedente fattispecie ed introduzione della nuova.

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Anonimo chiede
mercoledì 29/03/2017 - Puglia
“Sono indagato per offesa a pubblico ufficiale. Vorrei sapere quali rischi corro, come mi devo comportare e quanto mi può costare la difesa di un avvocato penalista.
grazie

Consulenza legale i 04/04/2017
Nonostante il quesito parli di “offesa”, si ritiene che il caso di specie abbia per oggetto il delitto di “oltraggio a pubblico ufficiale” che, dopo essere stato abrogato nel 1999, è stato reintrodotto nel 2009.

L’art. art. 341 bis del c.p. recita: “chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l'onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d'ufficio ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione fino a tre anni. La pena è aumentata se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l'ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l'attribuzione del fatto medesimo, l'autore dell'offesa non è punibile. Ove l'imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell'ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto.”
Il soggetto passivo di tale reato è il pubblico ufficiale, la cui nozione si rinviene nell’art. art. 357 del c.p.: “agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”.

L’elemento oggettivo di tale reato è composto da quattro elementi:
1) l’offesa all’onore e al prestigio del P.U.;
2) l’offesa è perpetrata in luogo aperto al pubblico;
3) la presenza di più persone;
4) l’offesa si compia mentre il P.U svolge un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni.

Di particolare interesse, è la causa di estinzione del reato stabilita dall’ultimo comma dell’art. art. 341 bis del c.p.: se l’indagato/imputato risarcisce interamente il danno, sia nei confronti del P.U. offeso che dell’ente di appartenenza, il reato è estinto.
Per rispondere alla seconda parte del quesito, si osserva che i nuovi parametri di cui al D.M. 55/2014 suddividono l’attività dell’avvocato in fasi (studio/istruttoria/decisionale) e per difficoltà della pratica (valore minimo, medio e massimo).
Non potendo sapere il grado di difficoltà della pratica (che può variare in base ad una serie di elementi: gravità delle offese, numero di persone coinvolte, presenza di testimoni, possibilità di svolgere indagini difensive, etc) è possibile affermare che, in caso di risarcimento del danno, il compenso dell’avvocato si limiterebbe alla fase di studio e introduttiva con una conseguente e sensibile riduzione dell’onorario.
Ovviamente, il risarcimento del danno presuppone il riconoscimento, da parte dell'autore, del fatto commesso. Laddove invece la S.V. intenda affrontare il processo per veder affermata la propria innocenza, valgono le considerazione di cui sopra circa i parametri degli onorari legali.

Infine, si segnala che l’indagato/imputato con un reddito imponibile inferiore ad euro 11.528,41 può chiedere di essere ammesso al gratuito patrocinio.
Quanto potrebbe costare, invece, l'assistenza di un avvocato penalista non è possibile dirlo senza avere maggiori informazioni. Si consiglia, senz'altro, di consultarne più d'uno, fornendo tutti i dati del caso, e di farsi fare dei preventivi.