(1) Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone (2) , offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l’ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l’attribuzione del fatto medesimo, l’autore dell’offesa non è punibile.
Ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto (3).
Note
(1)
La disposizione in esame è stata aggiunta dall’art. 1, comma 8, della l. 15 luglio 2009, n. 94 (c.d. pacchetto sicurezza), che ha quindi reintrodotto, seppur con qualche variazione, il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, fino al 1999 previsto dall'art.
341 e quindi abrogato dalla l. 25 aprile 1999, n. 205 (art. 18, comma 1).
(2)
La norma richiede come presupposto la presenza di più persone, che invece nella formulazione originaria ex art.
341 era considerata quale circostanza aggravante speciale.
(3)
Si tratta di una causa di estinzione del reato, che opera in presenza di un possibile risarcimento del danno, che sottende lo steso principio su cui si basa la circostanza attenuante di cui all'art.
61, n. 6 e dalla quale si differenzia in quanto il risarcimento deve esser diretto non solo al soggetto passivo, ma anche all'ente cui questo appartiene.