Quando i fatti di per sé idonei allo spionaggio di cui agli articoli precedenti (artt.
256,
257 e
258) non risultano univocamente diretti ad esso, così da non risultare punibili nemmeno a titolo di tentativo di alcuno dei delitti suddetti, la norma in esame presenta una particolare disposizione diretta a reprimere le condotte indice di un
possibile scopo spionistico.
Il giudizio di merito, in ossequio al principio di necessaria offensività del fatto concreto, deve comunque accertare se il fatto dell'
imputato, pur non essendo univocamente diretto allo spionaggio, possa nondimeno rappresentarne un indizio.
Al
n. 1) è punita l'
introduzione clandestina o fraudolenta nei luoghi di cui è vitato l'accesso nell'interesse militare dello Stato. Qui non vi è un vero e proprio evento lesivo, ma la forte anticipazione di tutela trova il suo fondamento nell'interesse dello Stato a vietare l'accesso in luoghi militari.
Al
n. 2) si punisce chi viene colto nei luoghi di interesse militare dello Stato o in prossimità di essi, in
possesso ingiustificato di mezzi idonei ad acquisire
notizie segrete o di cui è vietata la
divulgazione, volendo il
legislatore punire fatti nei quali si ravvisano indizi di una possibile attività spionistica. Il reato consiste nella volontà cosciente di detenere i suddetti mezzi per un uso non consentito dalla legge e presupposto di tale reato è proprio la
mancanza o l'insufficienza della prova che il soggetto abbia agito a scopo di spionaggio, perchè altrimenti sussisterebbe il tentativo di spionaggio.
Al
n. 3) viene punita invece il
possesso ingiustificato delle notizie stesse, senza che possa avere rilevanza il mezzo tramite il quale il soggetto le ha acquisite ed il fine a cui servono, purché tale fine sia diverso da quello spionistico, integrando altrimenti gli estremi per i più gravi reati di cui agli articoli precedenti.
Non essendo previsto un fine spionistico e non essendo dunque necessaria la volontà di arrecare un qualche danno agli interessi statali, l'aggravante del fatto commesso
in tempo di guerra rappresenta un'ipotesi di
condizione obiettiva di punibilità (v. art.
44), punita con un aumento di pena.