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Articolo 696 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Prevalenza del diritto dell'Unione Europea, delle convenzioni e del diritto internazionale generale

Dispositivo dell'art. 696 Codice di procedura penale

1. Nei rapporti con gli Stati membri dell'Unione europea le estradizioni, le domande di assistenza giudiziaria internazionali, gli effetti delle sentenze penali straniere, l'esecuzione all'estero delle sentenze penali italiane e gli altri rapporti con le autorità straniere, relativi all'amministrazione della giustizia in materia penale, sono disciplinati dalle norme del Trattato sull'Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nonché dagli atti normativi adottati in attuazione dei medesimi. Se tali norme mancano o non dispongono diversamente, si applicano le norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato e le norme di diritto internazionale generale.

2. Nei rapporti con Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea le estradizioni, le domande di assistenza giudiziaria internazionali, gli effetti delle sentenze penali straniere, l'esecuzione all'estero delle sentenze penali italiane e gli altri rapporti con le autorità straniere, relativi all'amministrazione della giustizia in materia penale, sono disciplinati dalle norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato e dalle norme di diritto internazionale generale.

3. Se le norme indicate ai commi 1 e 2 mancano o non dispongono diversamente, si applicano le norme del presente libro.

4. Il Ministro della giustizia può, in ogni caso, non dare corso alle domande di cooperazione giudiziaria quando lo Stato richiedente non dia idonee garanzie di reciprocità.

Ratio Legis

La norma ha carattere meramente ricognitivo, essendo diritta alla ricognizione della fonti normative che regalano la materia della cooperazione internazionale in materia penale.

Spiegazione dell'art. 696 Codice di procedura penale

La norma in esame rappresenta la disposizione generale con cui si apre il libro XI, il quale si occupa della cooperazione internazionale in materia penale.

L'articolo ha semplice funzione ricognitiva, non essendo invece diretta a stabilire la gerarchia delle fonti. Dalla letture si evince chiaramente come le nostre norme codicistiche abbiano una funzione integratrice rispetto alla disciplina sovranazionale, e dunque meramente residuale.

Il primo comma richiama sia le norme internazionali generali, che comprendono la consuetudine ed ogni altra fonte applicabile come ad esempio i principi generali di diritto riconosciuti dalle Nazioni civili (art. 38 Statuto Corte internazionale di giustizia) sia quelle pattizie, sia quelle pattizie.
Per quanto concerne la consuetudine internazionale, essa è frutto della combinazione dei tradizionali criteri, ovvero un comportamento ripetuto nel tempo (diuturnitas), nella convinzione della sua legittimità (opinio iuris vel ac necessitatis). Tra queste norme si ritrovano il divieto di estradizione per reati politici, il principio di specialità, il principio della doppia incriminazione.

L'altra fonte enunciata dalla norma in commento è rappresentata dalle convenzioni internazionali in vigore, purché effettivamente applicabili (v. art. 80 Cost.).

Massime relative all'art. 696 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 47071/2018

In tema di riconoscimento di una sentenza straniera di condanna, nel caso di trasferimento in Italia del detenuto, con il suof consenso, per l'esecuzione della pena, non costituisce violazione del principio di specialità, di cui all'art. 18 del d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161, la revoca "ex lege", per effetto del riconoscimento della sentenza stessa, di benefici concessi in relazione a condanne inflitte per fatti anteriori. (Fattispecie relativa a revoca della sospensione condizionale della pena e dell'indulto).

Cass. pen. n. 14941/2018

In tema di estradizione per l'estero, secondo il regime disciplinato dal trattato bilaterale di estradizione con gli Stati Uniti d'America del 13 ottobre 1983, ai fini della verifica della "base ragionevole" per ritenere che l'estradando ha commesso il reato, prevista dall'art. X, par. 3, lett. b), del Trattato, l'autorità giudiziaria italiana non è tenuta a valutare autonomamente la consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ma deve soltanto verificare che la relazione sommaria dei fatti, allegata alla domanda di estradizione, sia in concreto idonea ad evocare le ragioni per le quali, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, appare probabile che l'estradando abbia commesso il reato oggetto dell'estradizione.

Cass. pen. n. 3747/2014

In tema di estradizione, l'art. 9 della Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, nel riconoscere il divieto del "ne bis in idem", prevede l'inestradabilità quando sussista una sentenza definitiva emessa nei confronti dell'estradando nello Stato richiesto ma non contempla l'ipotesi che una tale sentenza sia stata emessa in uno Stato terzo. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso ricorresse un'ipotesi di "ne bis in idem" nel caso di un estradando verso la Grecia che aveva sostenuto di essere stato assolto, per il medesimo reato, in Albania).

Cass. pen. n. 43871/2008

Nei rapporti di estradizione regolati dalla Convenzione europea di estradizione, è causa ostativa all'accoglimento della richiesta l'avvenuta prescrizione del reato per cui si procede, secondo la legge dello Stato richiedente o dello Stato richiesto, autonomamente individuata e valutata in base al criterio dell'applicazione esclusiva della disciplina dell'uno o dell'altro ordinamento. (Fattispecie relativa ad una richiesta di estradizione avanzata dall'autorità polacca, in cui la S.C. ha ritenuto inapplicabile, nella normativa vigente in Italia in tema di prescrizione dei reati, una causa di sospensione inerente alla mancata previsione del giudizio in absentia propria dell'ordinamento del Paese richiedente ).

Cass. pen. n. 23112/2004

Spetta al giudice del riesame, investito della richiesta di revoca di un sequestro preventivo eseguito all'estero, a seguito di rogatoria internazionale, valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità, concernenti l'adozione ed il mantenimento della misura cautelare, sulla base della normativa interna e non già della disciplina convenzionale afferente alle modalità di avvio dell'istanza di collaborazione giudiziaria per la materiale esecuzione della misura cautelare adottata.

Cass. pen. n. 4023/2004

In tema di rogatoria internazionale all'estero, poiché l'art. 17 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 non prescrive alcuna legalizzazione o certificazione di conformità per gli atti e i documenti, trasmessi in applicazione della suddetta convenzione, sono pienamente utilizzabili gli atti, sia originali che copie, trasmessi in esecuzione di una rogatoria dall'autorità giudiziaria di uno Stato ad essa aderente sprovvisti di legalizzazione ovvero da dichiarazione di autenticazione, purché ne sia certa la loro provenienza.

Cass. pen. n. 45276/2003

In tema di estradizione dall'estero, l'inosservanza, da parte dello Stato estero, della norma di una convenzione intercorsa con uno Stato terzo che stabilisca il divieto di riestradizione in assenza del consenso di quest'ultimo non spiega effetti, neanche riflessi, per l'ordinamento processuale italiano.

Cass. pen. n. 30062/2003

In tema di rogatoria internazionale all'estero, l'art. 3, par. 3 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 non impone allo Stato richiesto una prescrizione a carattere cogente di trasmettere copie o fotocopie dei fascicoli o documenti richiesti per rogatoria, muniti dell'attestazione di conformità all'originale, ma facoltizza tale Stato, laddove sia richiesto l'invio di atti in originale, di trasmetterne solo copie o fotocopie autenticate. Ne consegue che, salvo il caso in cui lo Stato rogante richieda espressamente la trasmissione di atti o documenti in originale è sufficiente, come si desume dalle prassi consolidate in materia, l'atto formale di trasmissione dell'autorità straniera per garantire l'autenticità e la conformità degli atti trasmessi in semplice fotocopia.

Cass. pen. n. 21420/2003

La richiesta di assistenza giudiziaria internazionale per l'esecuzione di un sequestro probatorio all'estero è autonomamente impugnabile con richiesta di riesame, in quanto presuppone un autonomo, anche se talora solo implicito, provvedimento di sequestro adottato dall'autorità giudiziaria italiana.

Cass. pen. n. 19678/2003

Sono utilizzabili ai fini della decisione, perché non in contrasto con i principi fondamentali e inderogabili dell'ordinamento giuridico italiano, ed in particolare con le garanzie costituzionali del diritto di difesa e del contraddittorio, le prove dichiarative assunte all'estero nella fase dibattimentale mediante rogatoria internazionale, con l'assistenza e la rappresentanza defensionale, ma senza la presenza dell'imputato, detenuto in Italia, la cui istanza di trasferimento temporaneo, pur regolarmente inoltrata dallo Stato richiedente, sia stata respinta dallo Stato richiesto in base alla normativa pattizia. (Nella specie la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale firmata il 20 aprile 1959).

Cass. pen. n. 8866/2003

Nei rapporti di estradizione regolati dalla convenzione europea di estradizione, è causa ostativa all'accoglimento della richiesta l'avvenuta prescrizione del reato per cui si procede, secondo la legge dello Stato richiedente o dello Stato richiesto. In tale ultima ipotesi, una volta qualificati i fatti per cui è richiesta l'estradizione, va considerata — senza procedere a giudizio di bilanciamento tra circostanze in questa sede inammissibile — la relativa pena edittale prevista dalla legge dello Stato richiesto. (In applicazione di tale principio la Corte, dopo aver diversamente qualificato i fatti per i quali era stata richiesta l'estradizione dallo Stato, della Slovacchia, ne ha ritenuto non sussistenti le condizioni, in quanto la Corte di merito aveva erroneamente considerato ai fini della prescrizione in Italia la pena edittale prevista dalla legge dello Stato richiedente anziché quella prevista dalla legge nazionale).

Cass. pen. n. 42478/2002

In tema di utilizzabilità di atti assunti per rogatoria, le intercettazioni telefoniche ritualmente compiute da un'autorità di polizia straniera e da questa trasmesse di propria iniziativa, ai sensi dell'art. 3, comma 1, della Convenzione europea di assistenza giudiziaria firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, ratificata con L. 23 febbraio 1961 n. 215, e dell'art. 46 dell'Accordo di Schengen, ratificato con L. 30 settembre 1993 n. 388, senza l'apposizione di «condizioni all'utilizzabilità», alle autorità italiane interessate alle informazioni, rilevanti ai fini dell'assistenza per la repressione di reati commessi sul loro territorio, possono essere validamente acquisite al fascicolo del pubblico ministero, ai sensi dell'art. 78, comma 2, att. c.p.p., trattandosi di atti non ripetibili compiuti dalla polizia straniera.

Cass. pen. n. 37774/2002

In tema di rogatoria internazionale all'estero, l'art. 3, par. 3 della convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 non impone allo Stato richiesto una prescrizione a carattere cogente di trasmettere copie o fotocopie dei fascicoli o documenti, richiesti per rogatoria, muniti dell'attestazione di conformità all'originale, ma facoltizza tale Stato, laddove sia richiesto l'invio di atti in originale, di trasmetterne solo copie o fotocopie autenticate. Ne consegue che, salvo il caso in cui lo stato rogante richieda espressamente la trasmissione di atti o documenti in originale, è sufficiente, come si desume dalle prassi consolidate in materia, l'atto formale di trasmissione dell'autorità straniera per garantire l'autenticità e la conformità degli atti trasmessi in semplice fotocopia. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto utilizzabili gli atti assunti all'estero su rogatoria, trasmessi dall'autorità straniera in fotocopia senza l'attestazione di conformità agli originali).

Cass. pen. n. 34576/2002

In tema di rogatorie internazionali, poiché l'art. 696 c.p.p., pur dopo le modifiche introdotte dall'art. 9 della legge 5 ottobre 2001 n. 367, mantiene valido il principio della prevalenza delle convenzioni e del diritto internazionale generale sul diritto interno, deve ritenersi tuttora consentita la diretta trasmissione della commissione rogatoria da parte dell'autorità giudiziaria richiedente a quella richiesta, come previsto dall'art. 15 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria e dall'art. 53, comma 1, dell'Accordo di Schengen, resi esecutivi in Italia, rispettivamente, con legge 23 febbraio 1961 n. 215 e con legge 30 settembre 1993 n. 388, oltre che, con specifico riguardo alla Svizzera, dall'art. XVII dell'Accordo stipulato a Roma il 10 settembre 1998 e reso esecutivo in Italia proprio con la citata legge n. 367/2001.

Cass. pen. n. 32346/2002

In tema di estradizione dall'estero, l'art. 14 della Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, ratificata con legge 30 gennaio 1963, n. 300, nel sancire il principio di specialità, consente l'estensione dell'estradizione già concessa, ove richiesta nelle forme di cui al precedente art. 12 e con il corredo di un “processo verbale giudiziario, contenente le dichiarazioni dell'estradato”. Poiché la richiesta di estradizione suppletiva non configura esercizio del potere giurisdizionale, tale verbale, pur dovendo essere redatto dinanzi ad un organo giudiziario, è sottratto alle garanzie giurisdizionali e pertanto non è richiesta la partecipazione del difensore alla sua stesura.

Cass. pen. n. 12514/2002

Il principio di specialità stabilito dalla Convenzione europea di estradizione non inibisce di procedere, in forza di sentenza ancora ineseguibile perché non coperta da estradizione, alla revoca di un beneficio (nella specie condono D.P.R. 394 del 1990), poiché detta revoca non determina l'esecuzione, nemmeno parziale, della condanna non investita da estradizione, ma incide unicamente sull'esecuzione della pena per la quale il soggetto è stato ritualmente estradato in Italia, con la conseguenza che egli sarà sottoposto ad espiazione unicamente in forza del titolo oggetto del provvedimento estradizionale, sia pure per effetto, automaticamente determinato ex lege, di altra sentenza irrevocabile di condanna allo stato non ancora coperta da estradizione.

Cass. pen. n. 5447/2002

In tema di rogatorie internazionali, è norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta quella secondo cui l'esercizio della giurisdizione, in quanto manifestazione della sovranità nazionale, non può varcare i confini territoriali di ciascuno Stato, sicché un provvedimento giurisdizionale, per esistere giuridicamente e spiegare efficacia sul territorio di un determinato Stato, non può che essere adottato dall'autorità giudiziaria che ad esso appartiene; ne consegue che è inammissibile la richiesta di riesame, avanzata a norma dell'art. 324 c.p.p., avverso la richiesta di sequestro inoltrata all'autorità giudiziaria straniera con commissione rogatoria, in quanto l'atto assunto per rogatoria è riferibile alla sola autorità giudiziaria dello Stato nel quale questo è eseguito, davanti alla quale l'interessato può attivare il regime di impugnazione previsto da quell'ordinamento.

Cass. pen. n. 36290/2001

L'art. 431, comma 1, lett. d), c.p.p., nella parte in cui prevede l'inserimento nel fascicolo per il dibattimento dei «documenti acquisiti all'estero mediante rogatoria internazionale», così consentendone l'utilizzabilità come prove, manifestamente non si pone in contrasto con il principio del contraddittorio nella formazione della prova stabilito dall'art. 111, comma quarto, della Costituzione, nel testo introdotto dall'art. 1 della legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2, atteso che, ai sensi del successivo comma quinto dello stesso articolo 111, al suddetto principio può derogarsi, tra l'altro, in casi di «accertata impossibilità di natura oggettiva», tra i quali ben può farsi rientrare quello concernente le forme assunte dalla prova acquisita al processo mediante rogatoria internazionale, posto che non può pretendersi che l'ordinamento processuale straniero si conformi ai principi costituzionali vigenti in Italia.

Cass. pen. n. 284/1999

In tema di estradizione per l'estero, a fronte di una richiesta proposta da uno stato aderente alla Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, e ratificata con legge 30 gennaio 1963, n. 300, l'autorità giudiziaria italiana, in forza dell'art. 12, comma secondo, lett. a) di detta convenzione, non deve verificare la efficacia dei titoli esecutivi in base ai quali è richiesta la estradizione, non trattandosi di requisito menzionato nella predetta disposizione. (Fattispecie nella quale l'estradando si era doluto della mancata notificazione della sentenza dell'autorità giudiziaria francese con la quale era stata revocata la sospensione condizionale della pena precedentemente disposta).

Cass. pen. n. 2082/1996

Allorché venga in rilievo l'applicazione di disposizioni di trattato internazionale che disciplinano rapporti giurisdizionali con autorità straniere in materia penale - prevalenti, in forza dell'art. 696, c.p.p., sulle norme interne - l'eventuale questione di legittimità costituzionale di esse va proposta denunciando le norme della legge di ratifica e di esecuzione del trattato, e non quelle del trattato. (Nell'enunciare il principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della L. n. 300 del 1963, di ratifica della convenzione europea di estradizione firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, i cui artt. 8 e 9, consentendo, in deroga all'art. 705 c.p.p., l'estradizione anche della persona sottoposta a procedimento penale in Italia per lo stesso fatto per il quale essa è richiesta, sarebbero in contrasto, rispettivamente, con gli artt. 24, comma 2, 25, comma 1, e 112 Cost., in quanto: a) la persona estradata all'estero in corso di processo penale pendente in Italia contro di lui non potrebbe più difendersi dinanzi al giudice italiano il quale, a fronte di giudicato straniero per lo stesso fatto, dovrebbe comunque dichiarare il non luogo a procedere (ne bis in idem internazionale); b) la decisione assolutamente discrezionale dell'autorità politico-amministrativa sulla concessione, o non concessione, dell'estradizione di persona, sottoposta in Italia a processo penale per lo stesso fatto per il quale l'estradizione è richiesta, la sottrarrebbe al giudice naturale precostituito per legge; c) per le ragioni esposte verrebbe frustrato, in virtù di un atto politico-amministrativo, il principio costituzionalmente stabilito, dell'irretrattabilità dell'azione penale).

Cass. pen. n. 4411/1996

Poiché, in tema di estradizione, vige il principio, dettato dall'art. 696 c.p.p., di prevalenza delle convenzioni e del diritto internazionale, in forza del quale le disposizioni del codice trovano applicazione solo quando i rapporti con le autorità straniere non siano disciplinati da convenzione internazionale e dalle norme di diritto internazionale, è esclusa l'applicabilità dell'art. 710 c.p.p. in materia di estradizione passiva suppletiva nei rapporti tra Italia e Stati Uniti d'America, regolati dal Trattato di estradizione Italia-Usa firmato a Roma il 13 ottobre 1983. (Sulla base di tale assunto, la S.C. ha ritenuto la manifesta infondatezza, per pretesa violazione del principio di eguaglianza, della questione di legittimità costituzionale dell'art. 710 c.p.p., aggiungendo peraltro che non si potrebbe comunque porre un problema di disparità di trattamento tra norme che disciplinano diversamente l'estradizione suppletiva dall'estero e verso l'estero, tenuto conto che l'art. 710 c.p.p. - che subordina alla stessa procedura prevista per l'estradizione primaria l'estensione dell'estradizione ad altro fatto dall'Italia verso l'estero - è norma processuale interna alla quale non sarebbe logico pretendere che gli Usa si adeguino, essendo razionale che ciascuno Stato preveda, in materia di modalità concrete attinenti alla procedura di estradizione, norme corrispondenti al proprio diritto processuale).

Cass. pen. n. 3699/1994

La convenzione bilaterale di estradizione tra Italia e Polonia — firmata a Varsavia il 28 aprile 1989, ratificata e resa esecutiva con L. 7 giugno 1993 n. 193, entrata in vigore il 1° maggio 1994 — non contraddice in nessun modo la normativa della Convenzione europea di estradizione firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, ma ne costituisce integrazione e complemento, in conformità della espressa disposizione di cui all'art. 28 comma secondo Conv. europea, secondo cui le parti contraenti non potranno concludere tra loro accordi bilaterali o multilaterali se non per completare le disposizioni di tale presente convenzione o per facilitare l'applicazione dei principi in essa contenuti.

Cass. pen. n. 3689/1994

In materia di estradizione, nessun obbligo esiste in capo alla autorità giudiziaria di fornire alle parti gli atti relativi alle fonti normative, di cui vigore ed efficacia vanno verificati, a prescindere dalla conoscenza concreta che ne abbia la parte privata o la difesa, sempreché siano stati adempiuti tutti gli adempimenti e le formalità (approvazione, ratifica, deposito, notificazione, etc.) in conformità alle norme internazionali ed interne. (Nella specie è stato rigettato il ricorso che deduceva violazione del diritto di difesa per il mancato deposito in favore della difesa di copia della comunicazione del Segretariato generale del Consiglio d'Europa, ex art. 30 Conv. europea di estradizione, circa l'avvenuto deposito dello strumento di ratifica da parte della Polonia).

Cass. pen. n. 1395/1993

In tema di estradizione, in virtù del principio della prevalenza delle convenzioni internazionali sulla disciplina interna, principio accolto dall'art. 696 c.p.p., il termine di caducazione dell'arresto provvisorio, fissato in quaranta giorni per l'estradizione passiva dalla Convenzione europea di estradizione, deve farsi decorrere, ai sensi dell'art. 16, quarto comma, di tale Convenzione, «dalla data dell'arresto», e non «dalla data di comunicazione dell'arresto provvisorio allo Stato richiedente da parte del Ministro di grazia e giustizia», come stabilisce, invece, l'art. 715 c.p.p. Ma, poiché la Convenzione europea prevede la possibilità di superamento di detto termine mediante nuovo arresto «qualora la domanda di estradizione pervenga successivamente» (art. 16, quinto comma), si può bene escludere che la perenzione dell'arresto provvisorio imponga l'effettiva scarcerazione dell'estradando qualora, nelle more, la detenzione si sia protratta sino alla data in cui lo Stato richiesto abbia ricevuto la formale domanda di estradizione. Ciò anche considerando che la ricordata normativa convenzionale prevede, a salvaguardia dell'obbligo reciproco degli Stati firmatari, di assicurarsi la consegna delle persone da estradare, il potere-dovere dello Stato richiesto di prendere, in caso di caducazione di detto termine e di conseguente liberazione provvisoria, «ogni misura che ritenga necessaria» per evitare la fuga di persone perseguite o ricercate (art. 16, quarto comma).

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