L’art. 275-bis c.p.p. disciplina una particolare
modalità di esecuzione della misura cautelare degli
arresti domiciliari: cioè, l’utilizzo del c.d.
braccialetto elettronico. Nello specifico, il braccialetto elettronico è uno strumento tramite cui è possibile tracciare costantemente gli spostamenti dell’
imputato che lo indossa.
Ai sensi del comma 1 (modificato dal c.d. Decreto giustizia, D.L. n. 178 del 2024, L. n. 4 del 2025), questa modalità di controllo è la regola: cioè, quando il giudice ritenga di applicare la misura degli arresti domiciliari (fin da subito o anche in sostituzione della
custodia cautelare in carcere), egli deve prescrivere modalità di controllo attraverso l’utilizzo del braccialetto elettronico,
salvo che non ritenga che tale modalità non sia necessaria in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelare da soddisfare nel caso concreto.
Pertanto, se il giudice non applica il braccialetto elettronico, dovrà
adeguatamente motivare tale decisione.
Prima di decidere sull’utilizzo del braccialetto elettronico, il giudice deve accertare la relativa
fattibilità tecnica, ivi inclusa quella operativa, da parte della polizia giudiziaria. A tal riguardo, a norma dell’
art. 97 ter delle disp. att. c.p.p. (introdotto dal c.d. D.L. Giustizia del 2024), nell’accertare la fattibilità tecnica e operativa, senza ritardo entro quarantotto ore, la polizia giudiziaria – con il supporto di operatori tecnici – deve effettuare tale verifica, analizzando anche le caratteristiche dei luoghi (ad esempio, copertura di rete, qualità della connessione) e la gestione dei mezzi tecnici per valutare l’efficacia del controllo. Inoltre, entro quarantotto ore, la polizia giudiziaria deve trasmettere il rapporto all’autorità giudiziaria per permettere a quest’ultima di prendere le opportune decisioni.
Bisogna ricordare che,
prima della L. n. 168 del 2023, il giudice doveva procedere ad un diverso accertamento: ossia, prima di decidere, il giudice doveva verificare l'
effettiva disponibilità dello strumento elettronico da parte della polizia giudiziaria. Peraltro, come evidenziato anche dalle Sezioni Unite della Cassazione, dall'indisponibilità concreta del braccialetto elettronico non poteva conseguire automaticamente l'applicazione né della carcerazione cautelare, né dell'arresto domiciliare tradizionale. Sul punto, parte della dottrina ha sottolineato che la nuova formula, limitandosi a sostituire il concetto di “disponibilità” con quello più generico di “fattibilità tecnica” (ivi compresa quella operativa), non sembra incidere sul principio di diritto formulato dalle Sezioni Unite.
Inoltre, l’utilizzo del braccialetto elettronico è subordinato ad un altro requisito: il
consenso della persona da sottoporre agli arresti domiciliari.
Infatti, il comma 2 dell’art. 275-bis c.p.p. precisa che l’imputato presta o nega il consenso all’uso del braccialetto elettronico con
dichiarazione espressa all’organo di polizia giudiziaria incaricato di eseguire l’ordinanza applicativa della misura (questa dichiarazione è poi trasmessa al giudice, che ha emesso l’ordinanza, ed al pubblico ministero, insieme con il verbale previsto dal comma 1 dell’
art. 293 del c.p.p.).
A norma del comma 3, se
acconsente, l'imputato è tenuto ad agevolare le procedure di installazione e ad osservare le altre prescrizioni impostegli.
Al contrario, il comma 1 precisa che, se l’imputato
nega il consenso, il giudice dovrà applicare nei confronti di tale soggetto la custodia cautelare in carcere.