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Articolo 670 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Questioni sul titolo esecutivo

Dispositivo dell'art. 670 Codice di procedura penale

1. Quando il giudice dell'esecuzione accerta che il provvedimento manca o non è divenuto esecutivo, valutata anche nel merito l'osservanza delle garanzie previste nel caso di irreperibilità [159, 160] del condannato, lo dichiara con ordinanza e sospende l'esecuzione, disponendo, se occorre, la liberazione dell'interessato e la rinnovazione della notificazione non validamente eseguita. In tal caso decorre nuovamente il termine per l'impugnazione [585](1).

2. Quando è proposta impugnazione od opposizione, il giudice dell'esecuzione, dopo aver provveduto sulla richiesta dell'interessato, trasmette gli atti al giudice di cognizione competente. La decisione del giudice dell'esecuzione non pregiudica quella del giudice dell'impugnazione o dell'opposizione, il quale, se ritiene ammissibile il gravame, sospende con ordinanza l'esecuzione che non sia già stata sospesa.

3. Se l'interessato, nel proporre richiesta perché sia dichiarata la non esecutività del provvedimento, eccepisce che comunque sussistono i presupposti e le condizioni per la restituzione nel termine a norma dell'articolo 175, e la relativa richiesta non è già stata proposta al giudice dell'impugnazione, il giudice dell'esecuzione, se non deve dichiarare la non esecutività del provvedimento, decide sulla restituzione. In tal caso, la richiesta di restituzione nel termine non può essere riproposta al giudice dell'impugnazione. Si applicano le disposizioni dell'articolo 175 commi 7 e 8.

Note

(1) Tale ordinanza viene adottata in esito al procedimento ex art. 666.

Ratio Legis

Al giudice dell'esecuzione spetta anche il compito di dirimere le questioni che attengono alla sussistenza, alla validità, all'operatività e all'attualità del titolo esecutivo, che essendo di natura giurisdizionale non possono essere demandate alla competenza del P.M.

Spiegazione dell'art. 670 Codice di procedura penale

Il giudice è tenuto a risolvere anche le questioni che riguardano la sussistenza, la validità, l'operatività e l'attualità del titolo esecutivo.

Quando tali questioni gli vengono sottoposte, se accerta che manca o non è divenuto esecutivo il provvedimento, lo dichiara con ordinanza emessa in esito al procedimento di cui all'articolo 666 e ne sospende l'esecuzione.

Se del caso, provvede in merito alla liberazione del condannato, o trasmette gli atti al giudice competente per l'impugnazione pendente, oppure provvede alla restituzione nel termine per impugnare, se vi è apposita richiesta dell'interessato.

A tal proposito, va precisato che, dopo la richiesta dell'imputato ex art. 175, comma 2 in caso di sentenza contumaciale o decreto penale di condanna, il giudice è tenuto a disporre la restituzione nel termine per proporre impugnazione, tranne nel caso in cui egli abbia comunque avuto conoscenza del procedimento o abbia volontariamente rinunciato ad impugnare, ad opporsi o comunque a comparire.

Nei giudizi in absentia non è il richiedente a dove provare di non aver avuto effettiva conoscenza dell'atto, ma è l'autorità giudiziaria che deve compiere ogni necessaria verifica sull'insussistenza di cause ostative all'accoglimento della domanda.

Massime relative all'art. 670 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 16958/2018

In materia di incidente di esecuzione, il giudice deve limitare il proprio accertamento alla regolarità formale e sostanziale del titolo su cui si fonda l'esecuzione, non potendo attribuire rilievo alle nullità eventualmente verificatesi nel corso del processo di cognizione in epoca precedente al passaggio in giudicato della sentenza, che devono essere fatti valere con i mezzi di impugnazione.

Cass. pen. n. 7430/2017

La nullità dell'elezione di domicilio, verificatasi nel giudizio di cognizione, rileva nel giudizio di esecuzione nella misura in cui determini l'invalidità della notifica dell'estratto contumaciale, che non subisce alcuna preclusione collegata al giudicato. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza di rigetto - motivata in ragione dell'intervenuto giudicato - dell'istanza di un condannato volta a dedurre l'inefficacia del titolo esecutivo quale conseguenza dell'invalidità della notifica dell'estratto contumaciale della sentenza eseguita presso il difensore domiciliatario, invalidità a sua volta derivante dalla nullità dell'elezione di domicilio effettuata presso il designando difensore di ufficio).

Cass. pen. n. 6826/2015

Il giudice dell'impugnazione proposta in seguito alla restituzione nel termine concessa dal giudice dell'esecuzione, che ha respinto la richiesta di non esecutività della sentenza, non può dichiarare l'impugnazione inammissibile per tardività, non potendo sindacare la decisione del giudice dell'esecuzione, divenuta definitiva.

Cass. pen. n. 18821/2014

Il giudice dell'esecuzione, investito della richiesta di rideterminare la pena dell'ergastolo inflitta con sentenza irrevocabile in applicazione dell'art. 7, comma primo, D.L. n. 341 del 2000, dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 117 Cost. in riferimento all'art. 7, par. 1, della Convenzione Edu, laddove riconosce il diritto dell'imputato a beneficiare del trattamento "intermedio" più favorevole, può incidere sul giudicato, e sostituire la sanzione irrogata con quella costituzionalmente e convenzionalmente legittima di anni trenta di reclusione, prevista dall'art. 30, comma primo, lett. b), legge n. 479 del 1999, avvalendosi dei poteri previsti dagli artt. 665, 666 e 670 cod. proc. pen.

Non può essere ulteriormente eseguita, ma deve essere sostituita con quella di anni trenta di reclusione, la pena dell'ergastolo inflitta in applicazione dell'art. 7, comma primo, D.L. n. 341 del 2000 all'esito di giudizio abbreviato richiesto dall'interessato nella vigenza dell'art. 30, comma primo, lett. b), legge n. 479 del 1999 - il quale disponeva, per il caso di accesso al rito speciale, la sostituzione della sanzione detentiva perpetua con quella temporanea nella misura precisata -, anche se la condanna è divenuta irrevocabile prima della dichiarazione di illegittimità della disposizione più rigorosa, pronunciata per violazione dell'art. 117 Cost. in riferimento all'art. 7, par. 1, della Convenzione Edu, laddove riconosce il diritto dell'imputato a beneficiare del trattamento "intermedio" più favorevole, in quanto il divieto di dare esecuzione ad una sanzione penale contemplata da una norma dichiarata incostituzionale dal Giudice delle leggi è principio di rango sovraordinato rispetto agli interessi sottesi all'intangibilità del giudicato, che trova attuazione nell'art. 30, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.

Cass. pen. n. 49876/2013

È competente il giudice dell'esecuzione a decidere sulla richiesta di restituzione in termini ex art.175, comma quarto, cod. proc. pen. quando la stessa è subordinata all'accertamento della validità o dell'efficacia del titolo esecutivo, comunque contestate dall'istante dovendo farsi applicazione di quanto previsto dall'art. 670, comma terzo, cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 39279/2013

Il giudice dell'esecuzione decide sulla richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione anche quando, investito della richiesta di declaratoria di non esecutività del provvedimento, la dichiari inammissibile.

Cass. pen. n. 22073/2013

Nel caso di contestuale pendenza di una richiesta diretta all'accertamento della mancanza o non esecutività del titolo davanti al giudice dell'esecuzione e dell'atto di impugnazione davanti al giudice della cognizione, quest'ultimo è competente anche per l'incidente di esecuzione, salvo che non sia già intervenuta decisione irrevocabile, che preclude ogni ulteriore valutazione da parte del giudice dell'esecuzione o di altro giudice.

Cass. pen. n. 34472/2012

Le decisioni della Corte EDU che evidenzino una situazione di oggettivo contrasto - non correlata in via esclusiva al caso esaminato - della normativa interna sostanziale con la Convenzione EDU assumono rilevanza anche nei processi diversi da quello nell'ambito del quale è intervenuta la pronunzia della predetta Corte internazionale. (Fattispecie riguardante la possibilità che il giudice dell'esecuzione, in attuazione dei principi dettati in materia dalla Corte EDU, e modificando il giudicato, sostituisca la pena dell'ergastolo, inflitta all'esito del giudizio abbreviato, con la pena di anni trenta di reclusione).

Cass. pen. n. 35345/2008

Qualora il giudice dell'esecuzione, applicando l'art. 670, comma terzo, c.p.p., nel respingere la richiesta di non esecutività della sentenza, accolga invece quella di restituzione nel termine per la proposizione dell'impugnazione, il giudice cui l'impugnazione venga quindi proposta non può dichiararla inammissibile per tardività sulla base della ritenuta insussistenza delle già riconosciute condizioni per la restituzione in termine.

Cass. pen. n. 4395/2007

In caso di condanna pronunciata all'esito di un giudizio contumaciale giudicato non equo dalla Corte europea per i diritti dell'uomo, il condannato, onde ottenere la rinnovazione del giudizio, può avvalersi unicamente dell'istituto della rimessione in termini per la proposizione dell'impugnazione, come disciplinato dall'art. 175, comma secondo e 2 bis c.p.p., rimanendo per converso escluso che egli possa ottenere la declaratoria di non eseguibilità della condanna, semplicemente proponendo incidente di esecuzione ai sensi dell'art. 670 c.p.p., senza nel contempo avanzare, come tra l'altro previsto dal comma terzo dello stesso art. 670, anche richiesta di restituzione in termini.

Cass. pen. n. 2800/2007

Il giudice dell'esecuzione deve dichiarare, a norma dell'art. 670 c.p.p., l'ineseguibilità del giudicato quando la Corte europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali abbia accertato che la condanna sia stata pronunciata in violazione delle regole sul processo equo sancite dall'art. 6 della Convenzione europea e abbia riconosciuto il diritto del condannato alla rinnovazione del giudizio, anche se il legislatore abbia omesso di introdurre nell'ordinamento il mezzo idoneo a instaurare il nuovo processo. (Nell'affermare tale principio, la Corte ha dichiarato l'inefficacia dell'ordine di carcerazione emesso in relazione ad una sentenza irrevocabile di condanna, pronunciata a seguito di un processo giudicato non « equo» a causa della violazione del diritto dell'imputato di « interrogare o fare interrogare i testimoni a carico“).

Cass. pen. n. 36084/2005

Quando il giudice dell'esecuzione abbia ritenuto, con provvedimento irrevocabile, la nullità della notifica dell'estratto contumaciale della sentenza, ordinando la sua rinnovazione, la relativa questione deve considerarsi definitivamente risolta, restandone preclusa la rivalutazione da parte del giudice dell'impugnazione successivamente proposta dall'interessato avverso la sentenza contumaciale.

Cass. pen. n. 17886/2003

Oltre che al giudice dell'impugnazione, l'istanza di restituzione in termini ex art. 175, comma 4, c.p.p. può essere proposta al giudice dell'esecuzione, che venga investito da incidente inteso ad ottenere la declaratoria di non esecutività di un provvedimento giurisdizionale. Il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione dispone la remissione in termini, pur avendo dichiarato la non esecutività della sentenza, è affetto da nullità per violazione del disposto di cui all'art. 670, comma 3 c.p.p., ma una volta divenuto definitivo per mancanza di impugnazione, è suscettibile di spiegare in pieno i suoi effetti, sia per il generale principio di conservazione dell'efficacia dei provvedimenti definitivi, sia perché la decisione del giudice dell'esecuzione in merito all'istanza di restituzione preclude all'interessato la possibilità di riproporla al giudice dell'impugnazione.

Cass. pen. n. 9088/2003

Qualora venga presentato davanti al giudice dell'esecuzione un atto formalmente qualificato come istanza di incidente di esecuzione, con il quale sia in realtà chiesta la restituzione nel termine per impugnare ex art. 175 c.p.p., spetta al giudice dare l'esatta qualificazione dell'atto sottoposto al suo esame. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto corretto l'operato della Corte di merito che, investita dell'incidente di esecuzione promosso dal difensore, aveva qualificato l'atto come istanza di riammissione in termini, trasmettendo gli atti alla Suprema Corte per la decisione).

Cass. pen. n. 30758/2002

In tema di questioni relative al titolo esecutivo, se il giudice dell'esecuzione abbia ordinato la rinnovazione della notifica — ritenuta invalida — del provvedimento da eseguirsi prima che sia proposto gravame, il giudice dell'impugnazione deve valutare la tempestività di quest'ultimo a partire dalla nuova notificazione, restando preclusa una diversa valutazione della ritualità della prima notifica e quindi la possibilità di far decorrere da quella il termine per l'impugnazione.

Cass. pen. n. 38344/2001

È inammissibile l'incidente di esecuzione proposto nei confronti di un provvedimento di rigetto della richiesta di revoca o di sostituzione di una misura cautelare, che riconoscendo l'insussistenza delle condizioni per l'adozione di una misura cautelare meno afflittiva di quella applicata, è da qualificare come provvedimento di accertamento negativo e, come tale, non suscettibile di esecuzione. (Fattispecie relativa a istanza rivolta alla Corte di cassazione in veste di giudice dell'impugnazione di sentenza resa in tema di estradizione per l'estero).

Cass. pen. n. 5003/1999

L'art. 670, n. 1, c.p.p., nel demandare, fra l'altro, al giudice dell'esecuzione il compito di valutare «anche nel merito, l'osservanza delle garanzie previste nel caso di irreperibilità del condannato», intende riferirsi soltanto alle eventuali irregolarità riguardanti la dichiarazione di irreperibilità emessa dopo la pronuncia della sentenza e quindi potenzialmente idonee ad impedire il passaggio in giudicato della medesima, con esclusione, pertanto, di altre irregolarità concernenti l'irreperibilità dichiarata nel corso del procedimento di cognizione.

Cass. pen. n. 1228/1999

In tema di incidente di esecuzione su ricorso dell'imputato, una volta disposta la scarcerazione dello stesso per vizi attinenti alla notifica della sentenza di condanna, il giudice non può revocare, con successiva ordinanza, il provvedimento, in quanto egli ha ormai esaurito la cognizione della vicenda processuale e, di conseguenza, il suo potere di decisione. Invero la successiva ordinanza di revoca violerebbe sia il principio del ne procedat iudex ex officio, sia quello del contraddittorio.

Cass. pen. n. 1500/1999

In tema di procedimento di esecuzione, poiché l'art. 670 comma primo c.p.p. prevede che il giudice debba accertare la effettiva esecutività del provvedimento, lo stesso è tenuto a valutare, anche nel merito, la concreta osservanza delle garanzie previste per il caso di irreperibilità del condannato e dunque anche ad impegnarsi nell'apprezzamento in ordine alla sufficienza delle ricerche in relazione alle informazioni desumibili dagli atti del procedimento. (Fattispecie in cui, avendo il condannato richiesto sospendersi l'esecuzione di due sentenze, sostenendo che le stesse non erano divenute esecutive per difetto di notificazione degli estratti contumaciali, in quanto detta notifica era stata eseguita con il rito degli irreperibili, il pretore aveva, con ordinanza, disatteso la suddetta richiesta, rilevando che la notifica degli estratti contumaciali era stata tentata presso la residenza anagrafica del condannato. La Suprema Corte, nell'enunciare il principio sopra riportato, ha annullato con rinvio il provvedimento impugnato, osservando che il giudice di merito avrebbe dovuto verificare se le ricerche fossero state eseguite anche negli altri luoghi indicati dall'art. 159 c.p.p. e se esse fossero, comunque, sufficienti).

Cass. pen. n. 2550/1998

L'esecuzione dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva e la determinazione delle concrete modalità di una tale esecuzione spettano al P.M., quale organo dell'esecuzione, e non al giudice dell'esecuzione. Se nel corso dell'esecuzione della demolizione l'interessato od altro soggetto ritiene che sia pregiudicato un suo diritto, può fare ricorso al giudice dell'esecuzione, a norma dell'art. 670 c.p.p.

Cass. pen. n. 3517/1998

In sede di incidente di esecuzione, l'indagine affidata al giudice è limitata al controllo dell'esistenza di un titolo esecutivo e della legittimità della sua emissione. A tal fine, il giudice dell'esecuzione non può attribuire rilievo alle nullità eventualmente verificatesi nel corso del processo di cognizione in epoca precedente a quella del passaggio in giudicato della decisione. ma deve limitare il proprio accertamento alla regolarità formale e sostanziale del titolo su cui si fonda l'intrapresa esecuzione. Ne consegue che, allorché la legge annovera, fra i compiti e le competenze del giudice dell'esecuzione, le valutazioni, anche nel merito, dell'osservanza «delle garanzie previste nel caso di irreperibilità del condannato», essa si riferisce chiaramente alle eventuali irregolarità riguardanti la dichiarazione di irreperibilità emessa dopo, e non prima, della pronuncia della sentenza. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso con il quale si lamentava che il giudice dell'esecuzione avesse omesso di dichiarare l'irritualità del decreto di irreperibilità dell'imputato emesso dal Gip dopo la chiusura delle indagini preliminari, essendo tale dichiarazione riservata al giudice del celebrando appello tardivo, introdotto dall'accoglimento dell'incidente di esecuzione per irrituale notifica dell'estratto contumaciale di sentenza).

Cass. pen. n. 2862/1998

Deve considerarsi abnorme, perché si colloca al di fuori degli schemi processuali, e come tale irricevibile da parte della Corte di cassazione, il provvedimento con il quale, sul presupposto dell'omessa notifica all'imputato dell'avviso di udienza, il giudice dell'esecuzione abbia dichiarato la nullità del procedimento svoltosi in sede di legittimità e della relativa sentenza, ordinando la rinnovazione degli atti invalidi. Ed invero anche nel vigente ordinamento processuale resta fermo il principio dell'invalicabilità del giudicato e della sua efficacia sanante, il quale non consente, per lo sbarramento da esso costituito, di introdurre nel processo esecutivo questioni su temi che pongano in discussione la validità della sentenza — divenuta definitiva — per pretesi vizi sulla regolare costituzione del rapporto processuale in sede di cognizione, essendo al contrario possibile solo proporre quelle inerenti all'esistenza di un titolo esecutivo formalmente valido: l'incidente di esecuzione è, infatti, un rimedio finalizzato all'esame delle questioni concernenti non già la legittimità del titolo, bensì la sua eseguibilità, come si desume chiaramente dall'art. 670 c.p.p. (In applicazione di tale principio la Corte ha dichiarato irricevibile l'atto con il quale il giudice dell'esecuzione la investiva della rinnovazione del procedimento).

Cass. pen. n. 2729/1996

In tema di restituzione nel termine, il disposto del terzo comma dell'art. 670 c.p.p. deve essere inteso nel senso che il divieto di riproporre al giudice dell'impugnazione l'istanza già presentata a quello dell'esecuzione opera esclusivamente qualora quest'ultimo si sia pronunciato, mentre non è inibito all'interessato rivolgersi al giudice dell'impugnazione fintanto che il giudice dell'esecuzione, cui in precedenza sia stata proposta la medesima domanda, non abbia ancora deliberato.

Cass. pen. n. 2966/1996

In tema di impugnazione di sentenza contumaciale, il principio dell'equipollenza degli atti processuali, di creazione giurisprudenziale, secondo il quale la notifica prevista dall'art. 500 c.p.p. 1930 può essere sostituita, se sia stata omessa o irritualmente eseguita, dalla notificazione di un atto che contenga gli estremi dell'estratto contumaciale, va rivisto alla luce dell'art. 670, comma 1 del nuovo codice di rito, che espressamente prevede la rinnovazione della notificazione non validamente eseguita. Conseguentemente, il termine per la dichiarazione di gravame nei confronti dell'imputato giudicato in contumacia non può avere decorrenza diversa da quella della notifica dell'estratto della sentenza, come prescritto dall'art. 585, comma 2, lett. d) nuovo c.p.p. (Fattispecie nella quale la Suprema Corte ha escluso ogni rilievo, quale atto «equipollente», della notifica dell'ingiunzione a costituirsi in carcere, in esecuzione della sentenza di condanna, irritualmente notificata al contumace).

Cass. pen. n. 4989/1995

La richiesta di restituzione nel termine, ai sensi dell'art. 175, comma 2, c.p.p., non può ritenersi implicitamente avanzata con la richiesta di incidente di esecuzione.

Cass. pen. n. 843/1995

Il termine di decadenza per la proposizione dell'istanza di restituzione in termini, previsto dall'art. 175, comma 3, c.p.p., opera anche se l'istanza venga presentata, ai sensi dell'art. 670, comma 3, c.p.p., al giudice dell'esecuzione, come istanza logicamente subordinata all'accertamento della validità del titolo esecutivo.

La sussistenza, nelle condizioni previste dall'art. 670, comma terzo, c.p.p., di una competenza alternativa a decidere sulla richiesta di restituzione nel termine, non modifica la disciplina generale dell'istituto relativa ai requisiti di ammissibilità, che rimane quella fissata dall'art. 175 c.p.p. sia che l'istanza venga presentata al giudice dell'esecuzione che a quello della impugnazione; occorre infatti, in entrambi i casi, assicurare il medesimo regolamento unitario e mantenere, in particolare, il limite di decadenza stabilito in dieci giorni dal terzo comma del suddetto art. 175, ad evitare che dall'opzione in ordine alla competenza, affidata alla discrezionalità dell'istante, derivi una disciplina difforme del requisito temporale di ammissibilità della domanda quando questa venga proposta ai sensi dell'art. 670, terzo comma, c.p.p.

Cass. pen. n. 3877/1992

È abnorme il provvedimento del tribunale che, in qualità del giudice dell'esecuzione, dichiarata l'inesistenza del titolo esecutivo (nella specie la propria sentenza di condanna confermata in appello), per ritenuta nullità del decreto di citazione per il giudizio di secondo grado, ne disponga la rinnovazione.

Cass. pen. n. 4042/1991

Il principio della equipollenza degli atti processuali, di reazione giurisprudenziale, in base al quale si è affermato che la notifica prevista dall'art. 500 c.p.p. del 1930 può essere sostituita, qualora venga omessa o sia irritualmente eseguita, dalla notificazione di un atto (ordine di carcerazione, decreto di cumulo et similia) che abbia in sè gli estremi dell'atto contumaciale, con la conseguenza che, essendosi egualmente raggiunto per altra via lo scopo di dare all'imputato legale notizia dell'avvenuta pronuncia di una sentenza nei suoi confronti, egli è posto nella condizione di esercitare tutte le facoltà concessegli dalla legge, compresa quella di reagire, con l'impugnazione (apparentemente tardiva) contro le decisioni che reputi ingiuste, non può ritenersi tuttora valido. Tale principio, invero, con tutte le gravissime implicazioni che derivano dalla sua applicazione, deve essere rivisto alla luce di quanto dispone l'art. 670, primo comma, c.p.p., che non trova corrispondenti nella previgente disciplina dell'esecuzione penale, che espressamente prevede la rinnovazione della notificazione non validamente eseguita. Da tale disposizione si desume che, in nessun caso, il termine per la dichiarazione di gravame nei confronti dell'imputato giudicato in contumacia può avere decorrenza diversa da quella della notifica dell'estratto di sentenza, com'è del resto prescritto dal terzo comma dell'art. 199 in relazione all'art. 500 c.p.p. 1930 (e ora dall'art. 585 n. 1 lett. d, nuovo codice). Nè può il giudice ritenere che il non avere l'interessato proposto gravame nel termine decorrente dal giorno in cui ebbe notizia della pronunciata sentenza attraverso atto equipollente (quale può essere l'ordine di carcerazione emesso in forza di essa) stia a significare che egli abbia accettato gli effetti della notificazione dell'estratto irritualmente eseguita. Salvo il concorso di particolari circostanze di fatto tali da offrire una indicazione precisa in tal senso, l'accennato comportamento della parte interessata non può mai integrare l'ipotesi di sanatoria generale che è preveduta dall'ultimo capoverso dell'art. 187 c.p.p. del 1930 (e adesso dall'art. 183).

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