Cassazione penale Sez. V sentenza n. 2966 del 16 gennaio 1996

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di impugnazione di sentenza contumaciale, il principio dell'equipollenza degli atti processuali, di creazione giurisprudenziale, secondo il quale la notifica prevista dall'art. 500 c.p.p. 1930 può essere sostituita, se sia stata omessa o irritualmente eseguita, dalla notificazione di un atto che contenga gli estremi dell'estratto contumaciale, va rivisto alla luce dell'art. 670, comma 1 del nuovo codice di rito, che espressamente prevede la rinnovazione della notificazione non validamente eseguita. Conseguentemente, il termine per la dichiarazione di gravame nei confronti dell'imputato giudicato in contumacia non può avere decorrenza diversa da quella della notifica dell'estratto della sentenza, come prescritto dall'art. 585, comma 2, lett. d) nuovo c.p.p. (Fattispecie nella quale la Suprema Corte ha escluso ogni rilievo, quale atto «equipollente», della notifica dell'ingiunzione a costituirsi in carcere, in esecuzione della sentenza di condanna, irritualmente notificata al contumace).

(massima n. 2)

Quando l'imputato non abbia proposto gravame nel termine decorrente dal giorno in cui ebbe notizia della sentenza pronunciata in contumacia attraverso un atto equipollente all'estratto contumaciale, il giudice non può ritenere che egli abbia accettato gli effetti della notifica dell'estratto stesso, irritualmente eseguita. Tal comportamento, infatti, non integra l'ipotesi di sanatoria generale prevista dall'art. 183 c.p.p., salvo il concorso di particolari circostanze, che offrano una precisa indicazione in tal senso. (Fattispecie relativa alla notifica dell'ingiunzione a costituirsi in carcere all'imputato contumace).

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