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Articolo 6 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Inderogabilitą convenzionale della competenza

Dispositivo dell'art. 6 Codice di procedura civile

La competenza non può essere derogata per accordo delle parti, salvo che nei casi stabiliti dalla legge (1).

Note

(1) Un'importante eccezione al principio della inderogabilità convenzionale della competenza è rappresentata dalla disciplina relativa alla competenza territoriale di cui all'art. 28.

Ratio Legis

La norma in esame mira ad attuare e tutelare il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, di cui all'art.25 Cost.. In forza di tale principio è la legge a determinare i criteri oggettivi e generali in base ai quali si individua il magistrato competente a decidere una determinata controversia, togliendo alle parti la facoltà di poter scegliere liberamente il giudice al quale affidare la controversia.

Spiegazione dell'art. 6 Codice di procedura civile

Con questa norma il legislatore ha introdotto il principio della inderogabilità pattizia della competenza, vietando qualsiasi patto o accordo tra le parti con cui si convenga di affidare la risoluzione di una o più controversie ad un giudice diverso da quello che sarebbe competente secondo i criteri fissati dallo stesso codice di procedura civile.

Trattasi di un principio che trova piena conferma anche nella Carta costituzionale, e precisamente al primo comma dell’art. 25 Cost., laddove si stabilisce che nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.
Si ritiene, infatti, che solo il poter conoscere prima della lite quale sarà il Giudice competente consentirà a sua volta di rispettare un’altra fondamentale garanzia prevista sempre dalla Costituzione, e precisamente la garanzia di poter partecipare ad un processo giusto ed equo, espressa ai commi 1 e 2 dell’art. 111 Cost..

Sebbene non sia espressamente precisato, il principio dell’inderogabilità vale per qualsiasi tipo di competenza, sia essa per territorio, per materia e per valore, facendo tuttavia salve le eccezioni previste dalla legge.
Queste ultime, però, possono riguardare solo la competenza per territorio, e ciò lo si ricava dal successivo art. 28 del c.p.c. il quale, fatti salvi alcuni casi ivi espressamente elencati, sancisce espressamente la derogabilità di tale tipo di competenza.

Tuttavia, affinchè un accordo di deroga per territorio possa essere valido occorre che rispetti particolari requisiti formali previsti dallo stesso legislatore ed in particolare all’art. 29 del c.p.c., il quale richiede che esso risulti da atto scritto e sia riferibile solo ad uno o più affari determinati (sarebbe, infatti, invalido un accordo di deroga generale).
A questa che costituisce un’ipotesi di deroga espressa della competenza, vanno aggiunte le altre ipotesi di c.d. deroga implicita o tacita, le quali possono realizzarsi solo in un momento successivo alla proposizione della domanda e persino nei casi in cui non sarebbe ammissibile una deroga in forza di un accordo preventivo.

Ci si riferisce a quanto previsto dai commi 1 e 2 dell’art. 38 del c.p.c., per effetto dei quali la deroga si realizza tacitamente tutte le volte in cui l’eccezione di incompetenza non venga sollevata, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta (di tale ipotesi ci si occuperà più approfonditamente nella spiegazione a tale norma).
Ciò, tuttavia, non deve ritenersi che possa in qualche modo confliggere con la ratio della norma in esame, la quale ha fondamentalmente la finalità di evitare che possano integrarsi degli abusi prima dell’inizio della controversia, allorchè una parte approfitti della propria posizione dominante per costringere l’altra parte ad accettare una deroga alla competenza.
Peraltro, la necessità di fissare un termine massimo entro cui l’incompetenza deve essere rilevata risponde ad evidenti ragioni di economia processuale e di tutela della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost..

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