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Articolo 796 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Riserva di usufrutto

Dispositivo dell'art. 796 Codice Civile

È permesso al donante di riservare l'usufrutto(1) dei beni donati a proprio vantaggio, e dopo di lui a vantaggio di un'altra persona(2) o anche di più persone, ma non successivamente [978 ss. c.c.](3).

Note

(1) Nonostante la formulazione della norma, che fa espresso riferimento al solo usufrutto, si ritiene ammissibile la donazione con riserva di altri diritti reali (riserva di superficie, di servitù, di uso, di abitazione etc.).
(2) Ricorrono, in tale caso, due donazioni: la prima ha ad oggetto la nuda proprietà, la seconda un'offerta di usufrutto in favore di un terzo. Di conseguenza, entrambe le donazioni devono essere accettate con le prescritte forme, durante la vita del donante, pena la perdita di efficacia della donazione.
(3) E' un'ipotesi di usufrutto successivo, di norma vietato (v. art. 979 del c.c.).

Ratio Legis

La norma consente di donare la sola nuda proprietà di un bene, riservando al donante l'usufrutto sullo stesso.

Spiegazione dell'art. 796 Codice Civile

Definizione di “donazione con riserva di usufrutto”
La donazione con riserva di usufrutto è una donazione che consente al donante di riservare l'usufrutto (art. 978 del c.c.) dei beni donati a proprio vantaggio, e dopo di lui a vantaggio di una o più persone, ma non successivamente.
Natura giuridica della “donazione con riserva di usufrutto”
Quanto alla natura giuridica della donazione con riserva di usufrutto, la teoria più risalente (c.d. teoria del doppio negozio) muove dalla premessa che nella proprietà sono comprese facoltà infrazionabili. Di conseguenza la riserva deve essere realizzata mediante due negozi, e cioè una prima donazione della piena proprietà ed un successivo negozio (a parti invertite) di costituzione dell'usufrutto a favore del donante.
La dottrina maggioritaria, invece, sposa la tesi del c.d. negozio unitario, in base alla quale il diritto di proprietà può essere legittimamente frazionato o smembrato, in modo tale che con un unico negozio si vengano a configurare due situazioni, una traslativa della nuda proprietà e l'altra costitutiva del diritto di usufrutto. La riserva ovviamente può riguardare non solo l'usufrutto, ma anche gli altri diritti reali limitati (uso, abitazione, superficie).
Se, invece, la riserva di usufrutto è fatta a favore di un terzo, secondo la teoria del doppio negozio viene a configurarsi un contratto a favore di terzo (poiché il donatario si obbliga a costituire l'usufrutto a favore di una terza persona); secondo la teoria del negozio maggioritario, invece, si tratta di una doppia donazione (una avente ad oggetto il diritto reale limitato e l'altra la nuda proprietà).
Effetti della “donazione con riserva di usufrutto”
Come anzidetto, mediante la donazione con riserva di usufrutto il donante riserva l'usufrutto dei beni donati a proprio vantaggio e, dopo di lui, a vantaggio di una o altre persone.

Una particolare ipotesi applicativa riguarda la donazione con riserva di usufrutto per sé e dopo di sé a favore di un'altra persona: in tal caso la donazione dell'usufrutto a favore del terzo è sottoposta alla condizione sospensiva della sopravvivenza del terzo al donante e avrà inizio alla morte di questi. Per la dottrina maggioritaria l'art. 796 del c.c. consente eccezionalmente la costituzione di un usufrutto successivo. Si è però obiettato che tale articolo non contiene una norma eccezionale che deroga all'art. 979 del c.c. sancendo la sopravvivenza dell'usufrutto anche dopo la morte del primo usufruttuario. L'usufrutto del terzo, infatti, è distinto dal primo perchè risulta costituito a suo favore immediatamente, anche se destinato ad operare con efficacia differita.
Se la riserva è fatta a favore di persone indeterminate, la donazione dell'usufrutto dovrà essere accettata contestualmente o quantomeno dovrà essere accettata prima della morte del donante.
Non è, invece, possibile che la riserva venga fatta a favore degli eredi del donante, poiché si avrebbe una violazione del divieto di patti successori.

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SPIEGAZIONE ESTESA

La donazione con riserva di usufrutto è un caso di donazione a termine sospensivo iniziale, l’unico che può inerire a tale genere di contratto, poiché l’altro, quello finale, contrasta con il carattere suo dell’irrevocabilità. La donazione con riserva d’usufrutto avrà esecuzione pratica solo quando l’usufrutto cesserà: fino a questo momento il donatario non ha sulle cose donate che un diritto di nuda proprietà; ma essa, poiché dal momento in cui è perfetta, attribuisce al donatario diritti ed obblighi immediati, si distingue dalla donatio mortis causa, nella quale il donante conserva la proprietà piena della cosa donata fino al momento in cui mors secata fuerit.
La donazione con riserva d’usufrutto (si comprende nella norma anche la riserva di uso o di abitazione), nonostante possa riportarsi sotto la figura di una donazione a termine iniziale, tuttavia ha avuto in questo codice, come già in quello precedente, una particolare disciplina, ed il motivo è meramente storico. Nel diritto consuetudinario francese la donazione con riserva d’usufrutto non era possibile per il principio donner et retenir ne vaut, intendendosi la irrevocabilità nel senso che la donazione non si concepiva se non vi fosse stata la consegna materiale della cosa donata. L’ostacolo fu successivamente superato ricorrendosi ad una tradizione convenzionale o simbolica o sottoforma di costituto possessorio; e le coutumes di Parigi del 1580 ammettevano la validità della donazione con riserva di usufrutto; di qui gli art. 949 del codice napoleonico e il #1074# del nostro vecchio codice del 1865 ripetuto nella norma in commento.
Viva disputa, di valore non solo dogmatico ma anche pratico, è quella, tuttora aperta, di precisare la natura giuridica della riserva d’usufrutto. Va questa considerata come un atto a sé, autonomo, oppure come una modalità del contratto di donazione?
Sembra che la seconda opinione debba essere decisamente respinta perché essa viene a dare ai iura in re aliena di godimento il carattere di diritti reali frazionari, negando alla proprietà il carattere di diritto unitario per considerarla come un complesso di facoltà che il titolare può in parte alienare, in parte riservarsi. Il donante, invece, che riserva a proprio vantaggio l’usufrutto dei beni donati compie in sostanza due atti distinti: uno di donazione dei beni, un altro successivo di costituzione d’usufrutto a suo favore sui beni donati.

Il principio che la costituzione dell’usufrutto non è una modalità della donazione ma un atto a sé, consente - ed ecco il lato pratico sotto cui anche si presenta la controversia - di risolvere il problema dell'obbligo o meno di trascrivere la costituzione d’usufrutto. Supposto che il donatario alieni l’immobile a lui donato con riserva di usufrutto, oppure che egli costituisca a favore di un terzo un nuovo diritto d'usufrutto, il donante che non ha trascritto l’atto di costituzione del proprio usufrutto può far valere il suo diritto di fronte al terzo, nuovo proprietario o usufruttuario, che, avendo trascritto, vanta un diritto incompatibile con quello suo? L’interrogativo è suscettibile di due diverse risposte a seconda che si considerino la costituzione d’usufrutto e la donazione come un unico atto oppure la prima come negozio a sé stante: ora, avendo accolta quest’ultima opinione, che si appoggia anche al modo con cui viene effettuata la trascrizione, è da concludere che, dovendo la costituzione di usufrutto essere sottoposta a trascrizione indipendentemente dalla trascrizione della donazione, omessa quella formalità, il donante non potrà opporre il suo diritto ai terzi che, avendo trascritto, nei suoi confronti abbiano un diritto poziore.

La riserva - di cui possono essere oggetto sia i beni mobili che gli immobili - può essere fatta dal donante a vantaggio proprio e, dopo di lui, a vantaggio di una o anche di più persone, purché si tratti di usufrutto congiuntivo, o purché per ciascuno il termine di godimento sia predeterminato nel tempo (un decennio, un ventennio, ecc.) essendo vietato l’usufrutto successivo a causa del grave inconveniente di attribuire al donatario un diritto di proprietà svuotato di contenuto.
Motivo di controversia può essere tuttora - come già per l’art. #1074# - precisare il significato della frase “dopo di lui”; va questa intesa nel senso “alla sua morte”, oppure nel senso che il donante si sia riservato l’usufrutto a termine, cioè per un tempo determinato? L’interpretazione esatta è la prima, la quale non urta, come si potrebbe credere, contro il divieto dell’usufrutto successivo, perché sotto tale forma è considerato e proibito quell'usufrutto che viene conferito successivamente a persone diverse dal testatore dopo la sua morte.
Qual’è la situazione giuridica del donante a cui favore esiste una riserva d’usufrutto? Egli non è tenuto a prestare cauzione, né deve procedere alla compilazione dell’inventario, poiché questo è sostituito dallo stato estimativo se si tratta di donazione di cose mobili. Durante il godimento dell’usufrutto, egli può, senza dubbio, esercitare tutte le facoltà di un usufruttuario; può anche cedere ad altri l’esercizio, ma può riservarsi poteri più ampi di quelli spettanti ad ogni usufruttuario? L’interrogativo fu posto dalla dottrina, che, concorde la giurisprudenza, ritenne - e giustamente - valida una tale clausola, purché non avesse attribuito al donante i poteri d’un proprietario.
Estintosi l’usufrutto, le cose vanno restituite al proprietario; su tal punto nulla dice il codice, che non ha ripetuto la disposizione dell’art. #1076# del precedente codice del 1865, bene considerata come una ripetizione dell’allora art. #484#. Comunque, a quel fine, sono da distinguere due ipotesi: 1) che i beni donati continuino ad esistere al termine dell’usufrutto: in tal caso il donatario che consolida la proprietà con l’usufrutto deve riceverli così come si trovano; se vi è stata colpa da parte dell’usufruttuario nell’uso delle cose, il donatario ha diritto di essere risarcito per tale deprezzamento colposo; 2) che i beni donati non esistano più: in tal caso - che comprende anche quello di beni che non si possono usare senza consumo - occorre precisare se la distruzione è avvenuta per forza maggiore (e quindi anche per vetustà) ed allora il donatario nulla può pretendere; se, invece, la distruzione è dovuta a colpa o dolo del donante, il donatario ha diritto al valore attribuito ai beni ed egli potrà domandare anche il valore delle cose quae usu consumuntur, essendo ovvio che la loro distruzione non può dirsi fortuita.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 796 Codice Civile

Cass. civ. n. 29247/2020

In tema di collazione ereditaria d'immobili, la deduzione per migliorie e spese ex art. 748 c.c. spetta anche al donatario nudo proprietario che provi di aver migliorato il bene donatogli dal "de cuius" con riserva di usufrutto, dovendosi evitare che i coeredi non donatari possano ricevere un'indebita locupletazione dalle opere eseguite a spese del nudo proprietario, ottenendo la collazione di beni di valore superiore a quelli donati, per effetto di sacrifici patrimoniali da questi solo sopportati. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 25/02/2015).

Cass. civ. n. 7444/2019

La donazione dell'usufrutto in favore di un terzo, contenuta nella donazione con riserva di usufrutto di cui all'art. 796 c.c., si perfeziona con l'accettazione da parte del donatario, la quale può essere contenuta nel medesimo atto ovvero intervenire con atto pubblico posteriore, richiedendosi in quest'ultimo caso, ai fini del perfezionamento della fattispecie, la relativa notificazione al donante. (Cassa e decide nel merito, COMM.TRIB.REG. NAPOLI, 02/11/2011).

Cass. civ. n. 20788/2015

Il donante che si sia riservato l'usufrutto ex art. 796 c.c. non può trasmetterlo "mortis causa", poiché esso si estingue con la morte del titolare a norma dell'art. 979 c.c.; nella diversa ipotesi del legato di usufrutto, il testatore ha la piena proprietà al tempo dell'apertura della successione, sicché può legare l'usufrutto, scindendolo dalla nuda proprietà trasmessa ad altro successore.

Cass. civ. n. 2899/1975

Mentre la donazione con riserva di usufrutto in favore del donante configura un negozio unitario, avente ad oggetto il trasferimento immediato della nuda proprietà ed, a termine, il trasferimento dei diritti corrispondenti all'usufrutto, mantenuti temporaneamente dal donante, la donazione con riserva di usufrutto in favore di un terzo dà luogo a due distinti negozi: un trasferimento della nuda proprietà in favore del donatario, ed un'offerta di donazione dell'usufrutto in favore del terzo, improduttiva di effetti fino a che non intervenga l'accettazione del terzo medesimo, prima della morte del costituente, nella prescritta forma dell'atto pubblico. Da tanto consegue che, qualora il donante riservi l'usufrutto sui beni donati a proprio vantaggio e, dopo di lui, a vantaggio di un terzo, come consentito dall'art. 796 c.c., il donatario della nuda proprietà acquista il pieno dominio alla cessazione dell'usufrutto del donante, se il terzo riservatario non abbia accettato prima della morte del donante stesso; consegue altresì la non configurabilità di una riserva di usufrutto in favore di un soggetto non determinato al momento della donazione, ma da nominarsi con testamento, stante l'inammissibilità di un'offerta contrattuale in favore di persona indeterminata e comunque l'impossibilità del perfezionamento della donazione dell'usufrutto, con l'accettazione da parte del donatario dell'offerta del donante, prima della morte di quest'ultimo.

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V. O. chiede
domenica 10/07/2022 - Puglia
“Mio padre, vedovo da diversi anni, vorrebbe lasciare i suoi averi agli eredi,ovvero i figli.
È proprietario di un appartamento, di un terreno ed è l'unico intestatario di un conto corrente.
Considerata la sua età vorrebbe trovare la formula migliore e fiscalmente conveniente per cedere il tutto agli eredi.
Nello specifico, oltre allo scrivente c'è mia sorella e la figlia di una seconda sorella deceduta prematuramente.

Vorrei sapere, rispetto agli averi di mio padre, se e cosa spetta alla figlia di mia sorella (mia nipote).
Inoltre, quale è la soluzione economicamente migliore per regolarizzare il lascito di mio padre rispetto ai suoi eredi, per evitare di affrontare il tutto alla sua morte.
Converrebbe donazione?? Oppure altre formule??
Grazie attendo cortese risposta.”
Consulenza legale i 19/07/2022
La prima domanda a cui occorre rispondere è quella relativa alla sussistenza o meno di un diritto della figlia della sorella, premorta al proprio padre, di concorrere all’eredità di quest’ultimo.
La risposta è senza alcun dubbio positiva, trovando il proprio fondamento nelle norme che il codice civile detta in tema di rappresentazione agli artt. 467 e ss. c.c., istituto giuridico per effetto del quale il discendente subentra nel luogo e nel grado del proprio ascendente in tutti i casi in cui questi non può (per premorienza) o non vuole (per rinuncia) accettare l’eredità o il legato.

In particolare, per quanto concerne i soggetti che possono assumere la posizione di rappresentati e di rappresentanti, dispone l’art. 468 c.c. che, nella linea retta la rappresentazione ha luogo a favore dei discendenti dei figli (il caso in esame rientra proprio in questa ipotesi), mentre nella linea collaterale la rappresentazione ha luogo in favore dei discendenti dei fratelli e sorelle del defunto.

Chiarito questo aspetto, necessario per individuare coloro che alla morte del padre assumeranno la posizione di chiamati all’eredità, si cercherà adesso di stabilire quale può essere la soluzione migliore per consentire al proprio padre di trasmettere il patrimonio ai suoi futuri eredi.
In realtà, per il trasferimento a titolo gratuito di beni e diritti due sono le soluzioni in genere adottabili, ovvero la donazione o il testamento.
La prima consente di dividere i propri beni già in vita, in tal modo evitando che gli eredi debbano trovarsi costretti ad adempiere ad alcune incombenze dopo la morte.
Le donazioni sono soggette a imposte che vengono calcolate in base ad aliquote e a franchigie; più precisamente, il beneficiario di una donazione pagherà:
- il 4% se si tratta di coniuge e di parenti in linea retta, da calcolare sul valore eccedente 1 milione di euro, per ciascun beneficiario;
- il 6% per fratelli e sorelle, da calcolare sul valore eccedente centomila euro, per ciascun beneficiario;
- il 6% da calcolare sul valore totale, quindi senza alcuna franchigia, per gli altri parenti fino al quarto grado, affini in linea retta, affini in linea collaterale fino al terzo grado;
- l’8% da calcolare sul valore totale, quindi senza alcuna franchigia, per le altre persone.
Inoltre devono essere pagate:
- l’imposta di registro di euro 200,00;
- la parcella del notaio;
- in caso di beni immobiliari o diritti su beni immobiliari, anche le imposte ipotecaria e catastale del 2% e dell’ 1%; se si tratta di prima casa il valore è fisso ed è di 200,00 euro ognuna.

Al pari di quanto è prescritto con il testamento, anche in caso di donazione non è possibile trascurare l’esistenza di norme specifiche volte a tutelare gli eredi legittimi, le quali non possono in alcun modo essere aggirate o derogate, neppure per volontà delle parti.
Ciò significa che, nel momento in cui ci si decide a spogliarsi in vita con donazione dei propri beni, occorre rispettare la c.d. “quota di riserva” del patrimonio che spetta a determinati familiari, che sono:
a) il coniuge;
b) i figli;
c) i genitori.
In caso di violazione della quota di legittima, gli eredi che hanno visto diminuire detta quota, potranno agire giudizialmente e chiedere la riduzione e il reintegro della stessa.

Altra soluzione è quella di demandare il trasferimento dei beni e diritti che compongono il proprio patrimonio ad un momento successivo alla propria morte, redigendo a tal fine un testamento, per il quale il codice civile prevede tre diverse forme (olografo, pubblico e segreto).
In questo caso incomberà sugli eredi l’obbligo di presentare la dichiarazione di successione entro 12 mesi dalla data del decesso, a seguito della quale occorrerà provvedere al pagamento delle relative imposte.

Per il calcolo di tale imposte, le relative aliquote e franchigie vanno determinate su quello che è il valore complessivo della successione, e precisamente:
- il 4% sul valore complessivo netto nel caso in cui eredi siano il coniuge o i parenti in linea retta (ascendenti e discendenti), dell’ammontare eventualmente eccedente la quota di 1 milione di euro per ogni beneficiario;
· il 6% sul valore complessivo netto, per i trasferimenti in favore di fratelli o sorelle, calcolato sulla quota di eredità che supera 100 mila euro e per ciascun beneficiario;
· il 6% sul valore complessivo netto, per i trasferimenti in favore di altri parenti fino al quarto grado, degli affini in linea collaterale fino al terzo grado, senza applicazione di alcuna franchigia;
· l’8% sul valore complessivo netto, per i trasferimenti in favore di tutti gli altri soggetti, senza applicazione di alcuna franchigia.
Inoltre, in caso di successione di beni immobiliari sono dovute le imposte di trascrizione e catastale, entrambe pari ad euro 200,00 se si tratta di prima casa o al 2% per tutti gli altri immobili.

Come può notarsi, sotto il profilo dei costi non vi sono grossi differenze tra le due possibili forme di trasferimento.
Sotto il profilo, invece, della disponibilità successiva dei beni, la donazione presenta alcuni svantaggi che la successione testamentaria non ha.
La donazione, infatti, costituisce un titolo di provenienza che presenta di per sé dei rischi, potendo essere impugnata sia da eventuali eredi legittimi (anche dopo la morte del donante) che da eventuali creditori del donante.
E’ questa la ragione per cui, nel caso di donazione, difficilmente gli istituti di credito sono disposti a concedere un mutuo o un prestito, ciò che può rappresentare un grave inconveniente se, ad esempio, su un immobile donato il donatario abbia intenzione di effettuare una ristrutturazione usufruendo proprio di un prestito.

Tuttavia, qualora nel caso di specie non vi siano ragioni per doversi preoccupare di tali rischi e ci si decida ad avvalersi della donazione, ciò che può consigliarsi per godere di un indubbio vantaggio fiscale è di scindere il valore dell’usufrutto da quello della nuda proprietà, e dunque di trasferire con donazione solo la nuda proprietà del terreno e dell’appartamento, con riserva dell’usufrutto in favore del donante.
Qualora, poi, via sia il consenso di tutti i futuri eredi, considerato che tra questi ve ne è una (la figlia della sorella premorta) con maggiori aspettative di vita, si potrebbe pensare di avvalersi di quanto disposto dall’art. 796 c.c. nella parte in cui consente al donante di riservare l’usufrutto dei beni donati a proprio vantaggio e dopo di lui a vantaggio di più persone congiuntamente tra loro.
Più precisamente, l’atto di donazione potrebbe essere così impostato:
1. donazione alla nipote ex filia della nuda proprietà di appartamento e terreno;
2. riserva di usufrutto sui medesimi beni in favore del donante e dopo di lui in favore dei figli del medesimo donante, congiuntamente tra loro.

Alla morte di tutti gli usufruttuari, la nipote diventerebbe piena proprietaria di tutti i beni, evitandosi così un successivo trasferimento degli stessi.
Questo, ovviamente, sempre che i figli del donante non abbiano a loro volta dei discendenti a cui favore trasmettere i propri beni, nel qual caso la soluzione preferibile resta quella della successione testamentaria per le ragioni sopra esplicate.

Per il saldo attivo del conto corrente, qualora ancora via sia alla morte del de cuius, non si pongono particolari problemi, dovendo essere equamente diviso tra i figli e la nipote, quale rappresentante della figlia premorta.