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Articolo 2481 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Aumento di capitale

Dispositivo dell'art. 2481 Codice Civile

L'atto costitutivo può attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare il capitale sociale(1), determinandone i limiti e le modalità di esercizio; la decisione degli amministratori, che deve risultare da verbale redatto senza indugio da notaio, deve essere depositata ed iscritta a norma dell'articolo 2436.

La decisione di aumentare il capitale sociale non può essere attuata fin quando i conferimenti precedentemente dovuti non sono stati integralmente eseguiti.

Note

(1) Non è configurabile la simulazione del conferimento in forza di un accordo tra il conferente e l'amministratore della società, atteso che quest'ultimo non ha poteri legali di rappresentanza della società negli atti di gestione attinenti all'organizzazione della società.

Ratio Legis

La norma rimette agli amministratori la scelta del momento più adatto per l'aumento di capitale.
Il legislatore pone la condizione dell'integrale esecuzione dei conferimenti precedentemente dovuti per evitare la formazione di un vistoso capitale rappresentato, in realtà, prevalentemente da crediti verso i soci e che, in caso di insolvenza degli stessi, diverrebbe di difficile realizzazione.

Spiegazione dell'art. 2481 Codice Civile

La delega agli amministratori di aumentare il capitale sociale può essere attribuita sia in sede di atto costitutivo che di successiva modifica dello stesso.
Non rientra nei poteri degli amministratori di limitare o escludere il diritto di opzione.
I limiti previsti dalla norma esigono che sia almeno determinato l'ammontare massimo dell'aumento e il tempo di esercizio della delega, anche se quest'ultima possa eccedere il quinquennio (v. art. 2443).

Per poter procedere all'aumento di capitale a pagamento è necessario rispettare le seguenti condizioni:
1) integrale esecuzione dei conferimenti precedentemente dovuti;
2) assenza delle condizioni di cui agli artt. 2482 bis e 2482 ter:
in proposito si ritiene necessaria la sussistenza di una situazione patrimoniale aggiornata della società.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

Massime relative all'art. 2481 Codice Civile

Cass. civ. n. 17467/2013

Il conferimento in una società capitalistica già costituita è un atto con il quale il socio o il terzo, sul presupposto di una deliberazione di aumento del capitale sociale, approvata dall'organo competente della società, realizza la sua volontà di partecipare o, se già socio, di aumentare il valore della partecipazione alla medesima società, e trova nel collegamento essenziale con quella deliberazione la sua causa negoziale, sicché le condizioni di validità del conferimento sotto il profilo della sussistenza della volontà non possono essere esaminate indipendentemente da quelle della deliberazione medesima.

In tema di aumento di capitale deliberato dall'assemblea di una società capitalistica, non è configurabile la simulazione del conferimento in forza di un accordo simulatorio concluso tra il conferente e l'amministratore della società, che, anche qualora sia delegato al compimento delle operazioni necessarie all'esecuzione della deliberazione, non avendo poteri legali di rappresentanza della società medesima negli atti di gestione attinenti all'organizzazione della società, non è legittimato a rappresentarla nella stipulazione di accordi diretti a simulare i conferimenti.

Cass. civ. n. 19813/2009

In materia di aumento del capitale di una società a responsabilità limitata, l'obbligo di versamento per il socio deriva non dalla deliberazione, ma dalla distinta manifestazione di volontà negoziale, consistente nella sottoscrizione della quota del nuovo capitale offertagli in opzione, ciò indipendentemente dall'avere egli concorso o meno con il proprio voto alla deliberazione di aumento; tale sottoscrizione è riconducibile ad un atto di natura negoziale, e precisamente da un contratto consensuale, in relazione al quale la legge non prevede l'adozione di una forma particolare. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto provata per fatti concludenti la sottoscrizione dell'aumento di capitale di una società, essendo stato dimostrato l'avvenuto versamento di tre assegni, in adempimento della presunta sottoscrizione).

Cass. civ. n. 23599/2006

In tema di aumento del capitale sociale nelle società a responsabilità limitata (nella disciplina anteriore alle innovazioni introdotte dal D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6), nonostante il silenzio dell'art. 2495 c.c. in ordine al termine minimo da riconoscere al socio per l'esercizio del diritto di opzione e l'omissione, in esso, di ogni richiamo al secondo comma dell'art. 2441 c.c. (che, per le società per azioni, stabilisce il termine minimo in trenta giorni dalla pubblicazione dell'offerta), il termine per l'esercizio del suddetto diritto non può essere tanto ristretto da rendere eccessivamente difficile ai soci la possibilità di fatto di avvalersene. Pertanto, ove la delibera assembleare di aumento del capitale sociale preveda, accanto a un termine per l'esercizio del diritto di opzione stabilito in una data fissa, un'autorizzazione agli amministratori ad interpellare i soci assenti, priva tuttavia di un'espressa specificazione sia in ordine al termine entro il quale effettuare detta comunicazione, sia in relazione alla data finale per l'esercizio, da parte di costoro, del diritto di sottoscrizione, correttamente il giudice del merito allorché motivatamente ritenga sussistente un'oscurità nel tenore complessivo della volontà assembleare in base al solo operare del criterio letterale ricorre al canone ermeneutico della buona fede, interpretando la delibera nel senso della previsione di un termine per l'esercizio del diritto di opzione eguale per tutti i soci (e pari allo spazio temporale che separa la data della delibera da quella di scadenza per l'esercizio del diritto di opzione), decorrente, per i soci assenti, dal giorno della comunicazione; e ciò, onde evitare che, per coloro i quali non presero parte all'assemblea, la congruità dello spatium deliberandi (e, con essa, la possibilità concreta di avvalersi del termine per l'esercizio dell'opzione) sia rimessa alla tempestività della comunicazione in loro favore effettuata dagli amministratori.

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D. M. chiede
martedì 12/09/2023
“Buonasera,

vorrei comprendere se vi è differenza, dal punto di vista legale, fra la c.d. "proroga dei termini di un AuCap" e un AuCap "vero e proprio".
Da quanto mi è dato a capire, il concetto di proroga dei termini di un AuCap, nel ns ordinamento, non è definito e quindi, una DELIBERA di proroga dei termini è da considerarsi a tutti gli effetti come una DELIBERA di AuCap, creando la possibilità, per i soci, di sottoscrivere l'aumento oltre la data della precedente delibera di AuCap che viene implicitamente prorogata.

Leggo vari pareri concordi nel sostenere che L’art. 2481 c.c., comma 2, espressamente prevede che la decisione di aumentare il capitale sociale non può essere “attuata” fin quando i conferimenti precedentemente dovuti non sono stati integralmente eseguiti, implicitamente consente che un aumento di capitale possa essere deliberato anche in presenza di un precedente aumento sottoscritto e non integralmente versato.
L’aumento di capitale gratuito, essendo per sua natura incompatibile con un’esecuzione differita, risolvendosi in una mera imputazione contabile, può essere deliberato ed attuato anche in presenza di azioni non integralmente liberate.

Aggiungendo che il diritto di opzione a sottoscrivere un Aumento di Capitale da parte del socio unico può nascere solo dopo una delibera di Aumento di Capitale e – ovviamente – non prima, mi sembra che una c.d. "proroga/estensione" dei termini di un AuCap non sia, dal punto di vista giuridico, altro che riconducibile alla fattispecie di una nuova delibera di Aumento di Capitale, essendo questo l’unico strumento atto a creare le condizioni di sottoscrizione del diritto di opzione da parte del socio unico.


Vi ringrazio anticipatamente,
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 18/09/2023
L’aumento di capitale può realizzarsi mediante spostamento a capitale di somme già presenti nel patrimonio sociale (riserve disponibili), che pertanto non varia, senza obbligare i soci o i terzi a nuovi conferimenti (aumento gratuito); oppure per mezzo dell'acquisizione di nuovo capitale di rischio da soci o da terzi; in questo caso aumenta anche il patrimonio (aumento a pagamento).

Per poter procedere all'aumento di capitale a pagamento è necessario per le s.r.l. l’integrale esecuzione dei conferimenti precedentemente dovuti (ex art. 2481, comma 2, del c.c.); per le S.p.a. l’integrale liberazione delle azioni precedentemente emesse (ex 2438, comma 1, del c.c.).

La deliberazione di aumento del capitale deve indicare un termine entro cui l’operazione deve concludersi, sia nel caso di aumento scindibile, sia nel caso di ordinario aumento inscindibile.
Il termine di chiusura dell’aumento di capitale risponde, in primo luogo, alla logica di tutelare i terzi, i quali hanno un interesse qualificato a conoscere entro quale limite temporale l'operazione debba concludersi; da ciò discende il divieto di prorogare il termine una volta scaduto.
Per quanto concerne i rapporti endosocietari, la dottrina prevalente ritiene che, nell’ordinaria ipotesi di aumento inscindibile, il divieto di proroga del termine sia posto a tutela dell’interesse dei sottoscrittori ad essere informati sull’esito delle proprie sottoscrizioni e sul momento a decorrere dal quale l’operazione possa considerarsi definitivamente efficace.

Secondo dottrina e giurisprudenza, il termine scaduto non è prorogabile; la proroga sarebbe possibile esclusivamente nel caso in cui non vi siano soggetti da tutelare, cioè perché nessuno dei soci ha sottoscritto nel termine originario o perché i soci che hanno sottoscritto hanno manifestato il loro consenso alla proroga (giurisprudenza: Trib. Genova, 13 gennaio 1987; dottrina: F. Platania, Società per azioni. Obbligazioni, bilancio, recesso, operazioni sul capitale, Milano, 2003, 459).
Con riguardo al termine ancora in pendenza, tanto nell’aumento inscindibile, quanto in quello scindibile, si ritiene possibile prorogare il termine di sottoscrizione con delibera dell’assemblea straordinaria, osservando le stesse forme dell’atto che si vuole modificare ed acquisendo sempre il consenso di coloro che hanno già sottoscritto.

Tanto premesso, una delibera di proroga dei termini non può considerarsi in tutto e per tutto alla stregua di una delibera di aumento di capitale.

In primis per la non prorogabilità del termine scaduto.
La scadenza del termine ha come effetto la conclusione dell'operazione per la quota di capitale sottoscritto in un aumento scindibile; l’inefficacia della sottoscrizione in caso di aumento inscindibile.
Al contrario sarà sempre possibile, nel rispetto delle condizioni previste, deliberare un nuovo aumento di capitale.

In secondo luogo per la necessità di ottenere il consenso di coloro che hanno già sottoscritto nel caso di termine ancora pendente.
Se il termine dovesse scadere senza l’intervento di altri soggetti (risultato a cui è finalizzata la proroga del termine), le sottoscrizioni già effettuate, infatti, rimarrebbero efficaci in caso di aumento di capitale scindibile, mentre non avrebbero effetto in caso di aumento inscindibile.
Se proroga del termine e nuova delibera fossero a tutti gli effetti equipollente, non soltanto non sarebbe necessario il consenso di coloro che hanno già sottoscritto l’aumento, bensì la proroga dovrebbe avere come effetto quella di “azzerare” le precedenti sottoscrizioni, che andrebbero replicate a seguito della delibera.