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Articolo 1893 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Dichiarazioni inesatte e reticenze senza dolo o colpa grave

Dispositivo dell'art. 1893 Codice Civile

Se il contraente ha agito senza dolo o colpa grave, le dichiarazioni inesatte e le reticenze non sono causa di annullamento del contratto, ma l'assicuratore può recedere dal contratto stesso, mediante dichiarazione da farsi all'assicurato nei tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l'inesattezza della dichiarazione o la reticenza [1892](1).

Se il sinistro si verifica prima che l'inesattezza della dichiarazione o la reticenza sia conosciuta dall'assicuratore, o prima che questi abbia dichiarato di recedere dal contratto, la somma dovuta è ridotta in proporzione della differenza tra il premio convenuto e quello che sarebbe stato applicato se si fosse conosciuto il vero stato delle cose(2).

Note

(1) Si pensi all'ipotesi di assicurazione sulla vita (1919 c.c.) nella quale l'assicurato ometta di comunicare all'assicuratore una grave malattia della quale nemmeno lui è a conoscenza e per la cui ignoranza versa in colpa lieve (v. 2043 c.c.).
(2) In tal caso si ha una rettifica del contratto volta a ristabilire l'equilibrio tra il rischio che l'assicuratore sopporta ed il premio che la controparte corrisponde.

Ratio Legis

A differenza dell'art. 1892 del c.c., nel caso in esame il comportamento dell'assicurato è meno grave: pertanto lo scopo di tutelare l'assicuratore - che deve conoscere esattamente le condizioni della stipula, in modo da ponderare correttamente il rischio e stabilire un giusto premio - è perseguito con una disciplina meno severa.
Tuttavia, l'assicuratore deve dichiarare entro un breve termine se intende valersi del rimedio perché se ciò non fosse previsto egli potrebbe attendere sino al momento del sinistro per far valere il vizio al fine di sottrarsi all'obbligo di indennizzare l'assicurato.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

751 Nel sistema del codice di commercio le dichiarazioni false, inesatte o reticenti producevano sempre la nullità del contratto; l'eventuale stato di buona fede da parte dell'assicurato provocava la sola conseguenza di esonerarlo dall'obbligo di corrispondere i premi che, nel caso di mala fede, erano invece dovuti non ostante la nullità del contratto (articolo 429). Un rigore del genere aveva suscitato molte critiche, specialmente perché faceva venir meno il contratto anche per la più lieve inesattezza incorsa nelle dichiarazioni dall'assicurato, causata da errore scusabile. La critica era stata accolta dagli assicuratori, che vi avevano rimediato in alcuni casi mediante la c. d. clausole di incontestabilità, le quali implicavano un apprezzamento benevolo della situazione dell'assicurato quando non fosse stato in dolo o in colpa grave. E infatti il nuovo codice solo all'ipotesi in cui il contraente sia stato in dolo o colpa grave riconnette l'annullamento del contratto; ma peraltro sottopone l'azione relativa a decadenza qualora l'assicuratore non dichiari, entro un breve termine, di volerla esercitare. Se il contraente ha agito senza dolo o colpa grave, si prevede il solo diritto dell'assicuratore di recedere dal contratto entro un termine stabilito dalla stessa legge (art. 1893 del c.c., primo comma); in modo che la continuazione dell'assicurazione è talvolta resa possibile, qualora l'assicuratore ritenga che la falsità, l'inesattezza e la reticenza non abbiano prodotto intollerabili turbamenti nell'economia del contratto. Nel caso di dolo o colpa grave l'assicurato rimane scoperto di assicurazione durante il termine assegnato all'assicuratore per dichiarare di volere esercitare l'azione (art. 1892 del c.c., terzo comma); se non vi è stato dolo o colpa grave, e fino al termine consentito per il recesso, l'importo della somma assicurata è ridotto nella stessa proporzione in cui il premio convenuto si trova rispetto a quello che sarebbe stato applicato se l'assicuratore avesse conosciuto la verità (art. 1893 del c.c. secondo comma): dati i progressi tecnici dell'industria assicurativa non è difficile determinare il premio in astratto con riferimento alla realtà del rischio, apparsa successivamente alla conclusione del contratto. Quanto ai premi convenuti, essi sono dovuti così se il contraente abbia agito senza dolo o colpa grave (il che è ovvio dato che il rischio, in tal caso, resta ugualmente coperto, per quanto in proporzione minore), come se il contraente sia stato in dolo o colpa grave (a titolo di risarcimento del danno).

Massime relative all'art. 1893 Codice Civile

Cass. civ. n. 15939/2000

Mentre il presupposto dell'applicazione della norma dell'art. 1892 è che le inesattezze e le reticenze siano state determinate da dolo o colpa, presupposto invece per l'applicabilità dell'altra norma dell'art. 1893 c.c. anche nella parte in cui è regolata la riduzione proporzionale dell'indennità è che difetti sia il dolo che la colpa grave. L'onere di provare che le circostanze taciute o inesattamente dichiarate sono state rilevanti nella conclusione del contratto, spetta all'assicuratore mentre è a carico dell'assicurato la prova che l'assicuratore, pur in presenza di due dichiarazioni inesatte e reticenti, conoscesse la reale situazione del bene assicurato, l'effettiva entità del rischio cui esso era esposto. 

Cass. civ. n. 4913/1998

Presupposto per l'applicazione dell'art. 1892 c.c. che commina l'annullamento del contratto di assicurazione in caso di dichiarazioni inesatte e reticenze dell'assicurato, è che le inesattezze e le reticenze siano determinate da dolo o colpa grave, mentre presupposto per l'applicazione dell'art. 1893 c.c., che prevede solo il recesso dell'assicuratore è che difetti sia il dolo che la colpa grave. Il relativo accertamento è indagine di fatto, riservata al giudice di merito ed insindacabile in cassazione, salvo che per vizi di motivazione.

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Consulenze legali
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C. C. chiede
domenica 02/07/2023
“Buongiorno,
Vorrei sottoporvi il seguente quesito.
Sei anni fa ho assunto per un periodo di 6 mesi un farmaco in gocce, classificato come antidepressivo ssri, a causa di un periodo di stress dovuto a problemi lavorativi, più che altro per agevolare il sonno notturno. Premetto che questo farmaco mi è stato prescritto dal medico di famiglia, e che non ho mai avuto nessuna diagnosi da parte di psicologi o psichiatri riguardo disturbi psicologici o affini.
Poche settimane fa ho rinnovato la patente, ma mi sono dimenticata di dichiarare l’assunzione pregressa di questo farmaco.
La mia domanda è la seguente: in caso di incidente stradale con mia colpa e conseguente obbligo di risarcimento danni, la compagnia assicurativa con cui ho sottoscritto l’assicurazione RCA potrebbe esercitare il diritto di rivalsa o regresso su di me, e ottenere successivamente il rimborso dei danni, se venisse a conoscenza in qualche modo di questa omissione? Sottolineo di nuovo che non assumo questo farmaco da ben sei anni e non mi è mai stata diagnosticata nessuna patologia psichiatrica, ma ho omesso soltanto la pregressa assunzione del farmaco in sede di rinnovo.

Grazie.”
Consulenza legale i 11/07/2023
Dopo un’attenta analisi del quesito, si può pervenire ad una risposta nei termini che seguono.
Il fatto che siano passati ben sei anni dall’assunzione del farmaco in questione depone già di per sé, in un’ottica di leale collaborazione tra le parti del contratto di assicurazione, nel senso di una sua irrilevanza in termini di responsabilità dell’assicurato.
Tuttavia, ciò che è dirimente per la soluzione della questione, è senz’altro ciò che è stato chiesto dalla Compagnia di assicurazione in sede di stipulazione della polizza assicurativa, con particolare riferimento alla compilazione del questionario informativo.

Dal punto di vista del diritto positivo esiste una norma, l’art. 1892 del c.c., il quale prevede che “Le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente, relative a circostanze tali che l'assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose, sono causa di annullamento del contratto quando il contraente ha agito con dolo o con colpa grave”.
Quindi, più che una possibilità di “rivalsa” della Compagnia di assicurazione nei confronti dell'assicurato, sarebbe piuttosto configurabile - in astratto - la possibilità per quest’ultima di domandare l'annullamento del contratto di assicurazione, nel caso di dichiarazioni inesatte o reticenze rese dall'assicurato con la consapevolezza di omettere circostanze rilevanti. Purtuttavia, affinché ciò si verifichi, è necessaria la contemporanea presenza di due requisiti:
  • esistenza effettiva di dichiarazioni inesatte o reticenze dell’assicurato;
  • atteggiamento di “dolo” o comunque di “colpa grave” dell’assicurato, che abbia tenuto nascoste tali circostanze all’assicuratore.

Altrimenti, nel caso in cui l’assicurato abbia reso dichiarazioni inesatte per errore scusabile, interviene il successivo art. 1893 c.c. il quale così recita: “Se il contraente ha agito senza dolo o colpa grave, le dichiarazioni inesatte e le reticenze non sono causa di annullamento del contratto, ma l'assicuratore può recedere dal contratto stesso, mediante dichiarazione da farsi all'assicurato nei tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l'inesattezza della dichiarazione o la reticenza".
Molto dipende, in ogni caso, dall’interpretazione che si dia del concetto di “dichiarazioni inesatte o reticenti”.
Nell’ottica di un’interpretazione secondo buona fede del contratto, si deve ritenere che non ogni stato morboso o assunzione di medicinale incida necessariamente sul rischio assicurato tramite la polizza. Sta all’assicurato valutare se le patologie di cui eventualmente soffra/i medicinali che assuma possano rendere più probabile - in concreto - il verificarsi di un incidente coperto da polizza, circostanza da cui scaturirebbe allora l’onere per l’assicurato stesso di comunicare tale circostanza alla Compagnia di assicurazione.

Come accennato, rilievo non indifferente in tale contesto assume il questionario sottoposto all’assicurato al momento della sottoscrizione della polizza. In particolare, se tale questionario avesse - per ipotesi - compreso al suo interno delle domande inerenti all’assunzione di farmaci di tipo "ssri", assunti anche più di tot. anni prima rispetto alla conclusione della polizza, sarebbe stato senz’altro onere dell’assicurato comunicare l’assunzione di tale farmaco. Viceversa, se il questionario avesse invece richiesto di indicare solamente gli stati morbosi in essere o pregressi, nessun onere sarebbe ricaduto in capo all’assicurato, poiché alcuna malattia di carattere psicologico o psichiatrico era stata diagnosticata dal medico specialista.

Una sentenza della Cassazione, in un caso analogo a questo, ha affermato che “L'assicuratore il quale, prima della stipula di un'assicurazione sulla vita, sottoponga al contraente un questionario anamnestico per la valutazione del rischio, non ha alcun onere di indicare analiticamente tutti gli stati morbosi che ritiene influenti sul rischio, ma è sufficiente che ponga all'assicurato la generica richiesta di dichiarare ogni stato morboso in atto al momento della stipula o ne raggruppi le specie per tipologie (nella specie: patologie metaboliche) né tale formulazione del questionario può essere interpretata come disinteresse dell'assicuratore alla conoscenza di malattie non espressamente indicate. Ne consegue che, per escludere la reticenza di cui agli artt. 1892 e 1893 c.c., non può essere dall'assicurato sottaciuta l'esistenza di una patologia preesistente come il diabete anche se non singolarmente indicata nel questionario anamnestico.” (Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 27578 del 20 dicembre 2011).
Ancora sul punto, Corte di Cassazione civile n. 17840 del 2003 ha affermato che “In tema di assicurazione contro i danni, qualora l'impresa assicuratrice abbia chiesto ed ottenuto dall'assicurato, con apposito questionario, specifiche informazioni sulle circostanze afferenti il rischio dedotto in contratto, la mancata inclusione, fra i quesiti così formulati, di determinati profili di fatto evidenzia un atteggiamento di indifferenza dell'assicuratore medesimo, nel senso di estraneità dei profili stessi all'ambito del proprio interesse di conoscenza, valutabile al fine dell'esclusione a carico dell'assicurato che li abbia taciuti di un comportamento reticente, secondo la previsione degli artt. 1892 e 1893 c.c. (In applicazione del suindicato principio, la S.C. ha ritenuto né illogica né incongrua la motivazione del giudice del merito che, argomentando dalla prassi comune delle compagnie di assicurazione di richiedere all'assicurato di fornire specifiche e dettagliate informazioni in apposito questionario, ha ritenuto in assenza nella parte stampata della proposta e di ogni altra richiesta anche informale, che l'assicuratore avesse nel caso dimostrato indifferenza rispetto a particolari circostanze, delle quali lo stesso assicuratore non aveva saputo dimostrare la potenziale influenza contraria alla determinazione del suo consenso)”.

Nel caso di specie, pertanto, si ritiene che alcuna pretesa potrebbe essere avanzata dall’assicuratore nel caso in cui dovesse realizzarsi un incidente stradale con colpa dell’assicurato, se l’omissione si limita alla mancata dichiarazione di assunzione del farmaco indicato sei anni prima della stipula, a meno che ciò non fosse espressamente richiesto di indicare nel questionario sottoscritto con l’assicurazione o a meno che - nel frattempo - non siano emersi stati morbosi collegabili all'assunzione di detto farmaco. In genere, infatti, l'assicurato deve comunicare i cambiamenti che comportino un aggravamento o una diminuzione del rischio. In merito a tale ultimo aspetto, il Codice Civile stabilisce in via generale, all’art. 1898 c.c., che “Il contraente ha l'obbligo di dare immediato avviso all'assicuratore dei mutamenti che aggravano il rischio in modo tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito e fosse stato conosciuto dall'assicuratore al momento della conclusione del contratto, l'assicuratore non avrebbe consentito l'assicurazione o l'avrebbe consentita per un premio più elevato”.

ALESSANDRO V. chiede
mercoledì 20/01/2021 - Emilia-Romagna
“Buonasera, espongo di seguito la mia problematica. Mi chiamo Alessandro e fino alla metà del mese scorso, vivevo con mia moglie (matrimonio celebrato in municipio) in usufrutto gratuito, nel monolocale di proprietà di mio padre di cui sono, giuridicamente parlando, l'amm.re di sostegno. Sono stato costretto, per problemi di salute di mia madre, a spostare la mia residenza nella sua per poterla assistere con il congedo straordinario parentale. Di fatto il cambio di residenza consiste nell' essermi trasferito dal piano terra, in cui si trova il monolocale (quello sopra menzionato) con numero civ.6 al piano di sopra (quello in cui vive con piena proprietà mia madre) avente numero civico 7. Entrambe le unita abitative hanno ingressi indipendenti e per questo hanno due diversi numeri civici. Attualmente mia moglie vive da sola nel monolocale (civ.6) in usufrutto, risulta essere coniugata con il sottoscritto (e viceversa) mentre io risulto convivente con mia madre, per le motivazioni di necessità sopra descritte, nell' appartamento sopra (civ.7). Ho appena stipulato, per il monolocale con civ. 6, una polizza assicurativa che comprende anche i danni procurati da un eventuale terremoto. Nella polizza stipulata risulto (nero su bianco) come proprietario del monolocale (civ.6) quando di fatto non sono proprietario e, ad oggi, neppure locatario. Mi è stato garantito che, nonostante abbia fatto presente l' assetto anagrafico prodottosi, la polizza garantisce tutte le coperture che la compongono .. terremoto compreso. La mia domanda :"Risulta vero ?!". augurandomi di essere stato sufficientemente chiaro rimango in attesa di una vostra opinione. Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 22/01/2021
Per rispondere al quesito in esame, occorre essenzialmente far riferimento a quanto disposto dall’art. 1893 del codice civile che prevede che laddove il contraente abbia agito senza dolo o colpa grave, le sue dichiarazioni inesatte e le reticenze non sono causa di annullamento del contratto, “ma l'assicuratore può recedere dal contratto stesso, mediante dichiarazione da farsi all'assicurato nei tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l'inesattezza della dichiarazione o la reticenza.
Come ha osservato la Suprema Corte sul punto con la sentenza n. 15939/2000: “l'onere di provare che le circostanze taciute o inesattamente dichiarate sono state rilevanti nella conclusione del contratto, spetta all'assicuratore mentre è a carico dell'assicurato la prova che l'assicuratore, pur in presenza di due dichiarazioni inesatte e reticenti, conoscesse la reale situazione del bene assicurato, l'effettiva entità del rischio cui esso era esposto.”

Nella presente vicenda, leggiamo che Lei ha fatto presente alla compagnia assicurativa “l’assetto anagrafico prodottosi” e quest’ultima avrebbe confermato che le garanzie permangono.
Ciò ci permette di escludere sia il dolo che la colpa grave sia il fatto che la compagnia non conoscesse la reale situazione (chiaramente laddove vi sia necessità di provarlo in un ipotetico giudizio sarebbe necessario fornire idonea documentazione scritta di tali dichiarazioni e/o scambio di corrispondenza).

In risposta quindi al quesito possiamo affermare in linea di principio che come Le ha fatto presente la compagnia le coperture assicurative permangono. Chiaramente per una più esaustiva disamina della questione occorrerebbe comunque esaminare il contratto di assicurazione sottoscritto e le relative condizioni generali.