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Articolo 1567 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Esclusiva a favore del somministrante

Dispositivo dell'art. 1567 Codice Civile

Se nel contratto è pattuita la clausola di esclusiva a favore del somministrante, l'altra parte non può ricevere da terzi prestazioni della stessa natura né, salvo patto contrario, può provvedere con mezzi propri alla produzione delle cose che formano oggetto del contratto [1743].

Ratio Legis

La clausola di esclusiva a favore del somministrante è volta a favorire soprattutto questi che si garantisce un vantaggio economico dalla possibilità di continuare la fornitura a favore del cliente. Quest'ultimo, del pari, ha il vantaggio di un somministratore nel quale ripone la propria fiducia.

Spiegazione dell'art. 1567 Codice Civile

Clausole di esclusiva

A differenza dei patti di preferenza, le clausole di esclusiva — coordinatamente regolate in questi due articoli — operano durante lo svolgimento del rapporto contrattuale, come un particolare atteggiamento del legame funzionale che avvince le due aziende: nel senso che le rispettive capacità di produzione o di assorbimento restano volta a volta asservite in reciproca funzione esclusiva, senza possibilità di spaziare nel libero campo della concorrenza.


Esclusiva a favore del somministrante

L'art. 1567 contempla anzitutto il patto di esclusiva a favore del somministrante. La clausola funziona qui come un particolare, piu intenso, sviluppo del principio per cui la somministrazione deve istituzionalmente adeguarsi ai bisogni del somministrato, provvedendo appieno al loro soddisfacimento. In relazione, peraltro, allo sforzo organizzativo che deve fare il somministrante per mettersi in grado di fronteggiare adeguatamente queste esigenze, la clausola tende a garantire che il detto sforzo non venga eluso dal somministrato, col provvedersi altrove di parte del fabbisogno o con l'organizzarsi a sua volta per il soddisfacimento diretto.
Onde si attribuisce alla somministrazione il carattere dell'esclusiva, inibendosi, durante lo svolgimento del rapporto, al somministrato di rivolgersi ad altri fornitori in concorrenza, ed eventualmente anche di provvedere con mezzi propri alla produzione delle cose dedotte nel contratto; ed in tal guisa l'attivita di produzione del somministrante acquista la sicurezza di un assorbimento conforme veramente a tutto il fabbisogno del somministrato; mentre, d'altra parte, la fornitura può svolgersi, per tutto il ciclo preventivato, nelle condizioni originarie, senza l'assillo di dover fronteggiare — rispetto ad una clientela che ne rappresenta spesso il campo principale di sfogo — gli attacchi e le manovre della concorrenza.
La grave restrizione si giustifica tenuto conto dell'intimo legame funzionale che si è creato fra le due aziende, come se queste siansi poste organicamente in reciproca dipendenza. E il moderame di limiti emerge dal fatto stesso di formare la clausola parte organica del contratt ; per cui la durata di questo già vale a contenerla nel tempo, mentre l'oggetto ne delimita il raggio d' azione, con riferimento solo a quelle cose a cui è rivolta la somministrazione e ai fini approvvigionativi di questa.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1567 Codice Civile

Cass. civ. n. 21729/2013

La clausola di esclusiva inserita in un contratto di somministrazione, in virtù del principio generale di libertà delle forme negoziali, deve avere la medesima forma prevista per il contratto cui accede e non soggiace all'operatività dell'art. 2596 c.c. che impone tale forma, "ad probationem", per il patto che limita la concorrenza.

La clausola di esclusiva inserita in un contratto di somministrazione, non è soggetta al limite di durata quinquennale previsto dall'art. 2596 cod. civ. per gli accordi limitativi della concorrenza, a meno che non possa qualificarsi come un autonomo patto, nel qual caso però il limite temporale di validità del patto di non concorrenza non si estende alla durata del contratto di somministrazione.

Cass. civ. n. 1238/2000

Nel contratto di somministrazione, alla clausola di esclusiva, di cui all'art. 1567 c.c., che non assuma una posizione prevalente nell'economia del contratto stesso, sino a staccarsi casualmente da esso e da far emergere un'autonoma funzione regolatrice della concorrenza, non si applica la disposizione dell'art. 2596 c.c., in tema di durata massima del patto di non concorrenza e, pertanto, va escluso che essa sia valida solo per cinque anni se pattuita per un periodo superiore. D'altra parte, se la clausola di esclusiva svolge una funzione autonoma di limitazione della concorrenza, non v'è evidentemente ragione perché i limiti temporali della sua validità, posti dall'art. 2596 c.c., si riflettano sulla durata del contratto di somministrazione; ove, invece, tale autonomia sia esclusa, alla intervenuta proroga tacita del contratto non può non essere ricollegata, in difetto di una diversa volontà delle parti, la proroga dell'efficacia della clausola di esclusiva per l'intera durata del contratto stesso.

Cass. civ. n. 2717/1978

Sebbene nel contratto di somministrazione la clausola di esclusiva a favore del somministrante, costituendo un mezzo di lotta all'altrui concorrenza e di assicurazione di una riserva di mercato, abbia un fondamento economico giuridico diverso da quello della stessa clausola a favore del somministrato, per il quale essa costituisce soltanto un mezzo di incremento patrimoniale, la formulazione ambigua della clausola stessa può essere interpretata dal giudice del merito nel senso di un'esclusiva bilaterale, per il principio della naturale tendenza dei rapporti commerciali a realizzare un equilibrio economico delle controprestazioni.

Cass. civ. n. 1327/1973

Il contraente con patti di esclusiva è responsabile del comportamento del terzo, che egli pone in grado di invadere la zona del titolare del diritto di esclusiva, a titolo di inadempimento contrattuale. Il terzo che compia l'invasione della zona di esclusiva non è responsabile, nei confronti del titolare del diritto di esclusiva, a titolo extracontrattuale, in quanto la sua attività non è in sé illecita, non ledendo alcun obbligo generale di comportamento.

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Antonio B. chiede
domenica 20/05/2018 - Lombardia
“Buon giorno
Spero possiate aiutarmi a capire come affrontare il mio problema .
Il 14 marzo 20018 ho firmato un accordo di collaborazione commerciale con un cliente .
L’accordo prevedeva che io , in qualità di importatore , diventassi il referente esclusivo per l’ Italia di alcuni produttori cinesi e conseguentemente il cliente potesse così diventare ,tramite me , l’unico distributore nazionale di tali prodotti .
L’esclusiva prevedeva un ordine minimo annuo di prodotto per ogni categoria ed era ben definito da 2 ordini allegati al contratto : con prezzo di vendita , tempistiche e modalità di pagamento e consegna.
Il contratto prevedeva che il cliente pagasse una % in anticipo per garantire l’avvio della produzione e il pagamento anticipato di ogni ordine prima della consegna oltre che una lettera di credito a garanzia dell’ordine che venisse portato a termine entro l’anno e garantisse l’esclusiva nazionale del prodotto .
Il 19aprile ho ricevuto parte dell’anticipo concordato per confermare l’ordine per due produttori.
Il 20 aprile ho ricevuto l’ordine di inviare tutto l’acconto ad uno solo dei produttori e non considerare l’altro produttore con cui il primo aprile avevo già firmato il contratto di esclusiva nazionale .
Qualche giorno dopo mi è stato detto che il mio cliente aveva contattato direttamente il produttore , si era fatto mandare informazioni e un offerta per gli stessi prodotti già ordinati a me ….dopo di chè ha delegato un suo referente ad informarmi che per una questione di prezzo non avrebbe più comprato da me la merce….come se quasi un anno di lavoro per portargli a casa 2 esclusive nazionali , non avrebbero dovuto avere un incidenza sul costo del prodotto …che peraltro era stato accettato e confermato nel contratto del 14 marzo.
Gli ho scritto una lettera spiegando che io non sono un produttore cinese ma un importatore iper qualificato e che gli ho fornito un progetto completo che include uno studio di comparazione e un analisi di mercato , la selezione dei produttori e dei prodotti , l’importazione completa con trasporti , dazi , consegne e gestione logistica , verifica delle normative , certificazioni e controllo della produzione dal vivo senza intermediazioni per interposta persona cinese e non ho fornito un mero prodotto.
IL giorno seguente sono stato chiamato dal Direttore che ha negato fosse una questione di prezzo , come invece mi aveva detto il primo delegato , e che però hanno deciso di non proseguire nell’acquisto di quei prodotti …mentre invece so per certo che stanno continuando a trattare con il produttore che in questo momento sta facendo il doppio gioco.
Personalmente la ritengo una violazione del contratto che comporta un grande danno economico e anche della mia immagine nei confronti delle aziende produttrici .
Vogliate per cortesia dirmi quali reati rilevate , quali ritenete siano le mosse da farsi e quante potrebbero essere le probabilità di successo e i tempi di una eventuale azione ….
Vi prego anche di consigliarmi se sia un bene intimargli di non procedere nell’importazione di quel prodotto di cui io sono comunque diventato l’esclusivista italiano se non tramite me o se è meglio lasciargli fare il primo passo e importare una prima fornitura per poter meglio dimostrare l’acquisto.
Inoltre cosa mi consigliate di fare con il produttore cinese che ha firmato il contratto do esclusiva ma porta avanti la trattativa con il cliente ?
Resto in attesa della vostra risposta
Ringrazio anticipatamente”
Consulenza legale i 29/05/2018
La fattispecie descritta nel quesito presenta tutte le caratteristiche per essere inquadrata nell’ambito del contratto di somministrazione, disciplinato dagli art. 1559 e ss. del c.c.
Più precisamente, la somministrazione è il contratto con il quale una parte (detta “somministrante” si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, ad eseguire in favore dell'altra (“somministrato”), prestazioni periodiche o continuative di cose.
Nel contratto può essere inserita, per quanto qui specificamente interessa, una clausola di esclusiva a favore del somministrante (art. 1567 del c.c.): in tal caso, il somministrato non può ricevere da terzi prestazioni della stessa natura né, salvo patto contrario, può provvedere con mezzi propri alla produzione delle cose che formano oggetto del contratto.
Rispetto alla clausola di esclusiva ci si è chiesti se la stessa costituisca patto limitativo della concorrenza ex art. 2596 del c.c., e se sia, pertanto, soggetta agli stessi limiti stabiliti da tale ultima norma (forma scritta ad probationem, durata non superiore a cinque anni e delimitazione rispetto ad una determinata zona e a una determinata attività).
In proposito, secondo la giurisprudenza, la clausola di esclusiva inserita in un contratto di somministrazione non è soggetta al limite di durata quinquennale previsto dall'articolo 2596 c.c. per gli accordi limitativi della concorrenza, a meno che non possa qualificarsi come un autonomo patto, nel qual caso però il limite temporale di validità del patto di non concorrenza non si estende alla durata del contratto di somministrazione (così tra le altre Cass. Civ. III, ord. 30660/2017).
Esaurita questa brevissima premessa, occorre precisare che, nel caso concreto descritto nel quesito, più che un reato (e quindi un fatto avente rilevanza penale) appare ravvisabile un illecito civilistico.
Dalle informazioni fornite risulta palese, infatti, l’inadempimento da parte del somministrato agli obblighi derivanti dal contratto e, in particolare, dall’accordo di esclusiva relativamente all’acquisto dei beni dal secondo produttore.
Ai sensi dell’art. 1453 del c.c., nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto. Occorre tenere presente che, affinché possa prodursi la risoluzione del contratto, l'inadempimento deve essere di non scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra parte (art. 1455 del c.c.).
L’art. 1453 c.c. fa salvo, in ogni caso, il diritto al risarcimento del danno subito dalla parte non inadempiente. Il risarcimento comprende sia il c.d. danno emergente (ovvero la perdita patrimoniale subita dalla parte), sia il c.d. lucro cessante, cioè il mancato guadagno.

Nel nostro caso il primo passo potrebbe essere quello di inviare a controparte una espressa e dettagliata diffida, invitandola ad adempiere a tutte le obbligazioni assunte con il contratto. Solo laddove si abbia interesse a porre fine al rapporto contrattuale tale diffida rivestirà i caratteri di una diffida ad adempiere ex art. 1454 del c.c. La diffida ad adempiere consiste nell’intimazione, fatta per iscritto alla parte inadempiente, di adempiere entro un congruo termine, con l’espresso avvertimento che, decorso inutilmente detto termine, il contratto si intenderà risolto. La risoluzione opera di diritto per effetto dell’infruttuoso decorso del termine. Resta salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno. La domanda di risarcimento, invero, va a completare la risposta all’esigenza di tutela generata dall’inattuazione del contratto: la richiesta di adempimento (o, in alternativa, la richiesta di risoluzione) ha infatti solo il preciso scopo di reagire alla violazione del sinallagma (vincolo di interdipendenza) contrattuale (sciogliendolo), ma non tende, di per se stessa, alla compensazione del danno che tale violazione ha arrecato alla parte non inadempiente. Questo lo fa la domanda di risarcimento dei danni.

Sembra tuttavia che, nel caso in esame, vi sia, più che l'interesse a chiedere la risoluzione del contratto, il desiderio di ottenere l’esecuzione del medesimo.
I tempi saranno in questo caso quelli di un giudizio ordinario; qualora il somministrante fosse in grado di dimostrare che controparte ha provveduto ad importare direttamente i prodotti oggetto di esclusiva potrebbe in astratto profilarsi la possibilità di ottenere la cessazione del comportamento lesivo ex art. 700 del c.p.c.: ma trattasi di ipotesi da accertarsi nel caso concreto, dopo una rigorosa verifica della sussistenza sia del frustra petis quod intus habes (verosimile esistenza del diritto fatto valere) sia del periculum in mora (probabile danno causato dal ritardo nella tutela).