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Capo XI - Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Della nullitą del contratto

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
649 Oltre che nei casi di mancanza di requisiti essenziali, il contratto è nullo quando viola una norma imperativa della legge, quando la causa è illecita, quando i motivi sono illeciti nel caso dell'art. 1345 del c.c., quando l'oggetto è impossibile, illecito, non determinato né determinabile (art. 1418 del c.c.). La violazione delle norme imperative della legge è ricordata quale ragione autonoma di nullità del contratto per comprendere anche le ipotesi che potrebbero non rientrare nel concetto di causa illecita. La precisazione risolve altresì la dibattuta questione circa gli effetti della violazione di una norma imperativa in cui non sia espressamente comminata la sanzione di nullità del vincolo: è normale l'effetto dirimente, ma sempre quando la volontà della legge non possa indirizzare a conseguenze diverse. Non si ha nullità del contratto se l'anormalità che la legge vuole colpire non incide sul complesso del vincolo: così quando essa riguarda una parte di contratto o di una clausola senza cui i contraenti avrebbero ugualmente costituito il rapporto (art. 1419 del c.c., primo comma); così quando la norma giuridica si sostituisce di diritto alla clausola nulla (art. 1419, secondo comma) o quando, nei contratti plurilaterali rivolti a realizzare uno scopo comune, la nullità colpisce solo ii vincolo di un soggetto la cui partecipazione al rapporto non possa ritenersi essenziale (art. 1420 del c.c.). In tutti codesti casi la tendenza a conservare il contratto ha consigliato di applicare il fondamentale principio utile per inutile non vitiatur.
650 La nullità vizia il contratto normalmente in modo insanabile (art. 1423 del c.c.) e può essere rilevata dal giudice anche d'ufficio art. 1421 del c.c.). Non è ammesso che il decorso del termine convalidi il contratto (art. 1422 del c.c.), ma sono salvi gli effetti dell'usucapione e della prescrizione estintiva delle azioni di ripetizione; in modo che solo l'adempimento può determinare, indirettamente, attraverso il decorso del tempo, il consolidamento della nuova situazione giuridica creata dal contratto nullo. Il contratto nullo si può però convertire in altro valido (art. 1424 del c.c.). Tale conversione viene fondata sulla volontà delle parti diretta a realizzare un concreto e comune intento pratico mediante il rapporto da esse costituito; perciò non si richiede soltanto che il contratto nullo abbia gli estremi obiettivi di altro contratto valido, ma deve potersi ritenere che questo contratto sarebbe stato voluto dalle parti se esse avessero conosciuto la nullità di quello che avevano concluso. Come si vede, la legge non ha riguardo alla conversione formale del negozio, ma a quella sostanziale, con la quale si dà effetto alla volontà che i contraenti avrebbero avuto se avessero preveduto che il negozio concluso era nullo. Attraverso un negozio giuridico, le parti mostrano di volere raggiungere un certo fine; il negozio da esse prescelto non ha, di fronte a questo fine, se non una funzione strumentale. In modo che è conforme alla buona fede che ciascuna parte rimanga vincolata agli effetti che si proponeva di trarre dal contratto nullo e che avrebbe ugualmente cercato di realizzare con altro contratto se si fosse rappresentata l'inefficienza giuridica di quello concluso.