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Capo IX - Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Del contratto a favore di terzi

Definizione di "contratto a favore di terzi"

Si tratta del contratto che, sebbene stipulato tra due soggetti, può produrre effetti anche nei confronti di un terzo, il quale ha, però, la possibilità di rifiutare il beneficio. Il codice civile lo disciplina agli artt. 1411-1413.
Il terzo beneficiario potrà essere chiunque, addirittura un soggetto futuro, come un nascituro o una società che debba ancora essere costituita (questa l’opinione maggioritaria in giurisprudenza).

La designazione del terzo beneficiario del contratto non è atto recettizio nei suoi confronti, tuttavia, è nell’interesse delle parti che egli ne venga a conoscenza. Risulta, invece, recettizio l’atto con cui il terzo dichiara di voler profittare della stipulazione (la dichiarazione va diretta sia al promittente che allo stipulante). La designazione può avvenire solo con atto inter vivos, in quanto consentirla nel testamento equivarrebbe a permettere una attribuzione indiretta per causa di morte. Non costituisce eccezione a tale regola quanto previsto dall’art. 1412 c.c., in quanto il terzo viene designato subito e il suo acquisto è immediato, tanto che il diritto si trasmette agli eredi se lo stipulante premuore. Si configura come eccezione, al contrario, la previsione dell’art. 1920 c.c. in tema di assicurazione sulla vita (“È valida l'assicurazione sulla vita a favore di un terzo. La designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di assicurazione, o con successiva dichiarazione scritta comunicata all'assicuratore, o per testamento”).

Il terzo, come anticipato, ha la facoltà di rifiutare la stipulazione a suo favore, con la conseguenza di produrre l’eliminazione dell’efficacia già raggiunta dal negozio. Il rifiuto è un negozio unilaterale recettizio, al pari dell’accettazione.
Stessa forma assume la dichiarazione dello stipulante di revoca del beneficio, possibile solo entro certi limiti (art. 1411 c.c.): una volta validamente revocata la designazione, lo stipulante beneficierà in prima persona del contratto oppure questo si estinguerà. Il potere di revoca è personalissimo, quindi si può trasmettere ereditariamente solo al chiamato in via universale (erede).

Qualora il contratto sia soggetto a trascrizione, si dovranno distinguere i due casi seguenti:
- se il terzo accetta contestualmente alla stipulazione, si potrà procedere alla trascrizione direttamente in suo favore;
- se il terzo accetta in un momento successivo, si trascriverà sempre a suo favore, ma con la condizione risolutiva data, alternativamente, dal rifiuto del terzo o dalla revoca dello stipulante.
Alcuni esempi di contratto a favore di terzi individuati dalla dottrina e dalla giurisprudenza sono l’accollo (art. 1273 c.c.) e i patti parasociali (art. 2341 bis c.c.).

Natura giuridica del "contratto a favore di terzi"

Poiché il legislatore si limita a disciplinare gli effetti del contratto a favore di terzo, senza definirlo compiutamente, la dottrina – che lo considera comunque un negozio c.d. indiretto - ha elaborato diverse tesi circa la sua natura giuridica.
Quella preferibile, e più seguita, è la c.d. teoria del contratto con clausola speciale, la quale si contrappone a quella del negozio tipico a causa costante, che ravvisa nel contratto a favore di terzo una figura tipica.
Secondo tale teoria, corroborata dalla collocazione sistematica della disciplina dell’istituto nell’ambito dei contratti in generale, qualsiasi contratto può divenire “a favore di terzo”, mediante l’apposizione di una clausola speciale che disciplina gli effetti del negozio. Ne discende che il contratto a favore di terzo è privo di una propria causa autonoma e costante, assumendo, invece, la causa del contratto posto in essere dalle parti (causa “esterna”). Con causa “interna”, al contrario, si è soliti definire l’interesse dello stipulante, che costituisce il motivo dell’attribuzione patrimoniale a favore del terzo.

Il contratto a favore del terzo con effetti reali

Seppur criticata da una parte della dottrina, che porta a sostegno della propria posizione numerosi principi generali dell’ordinamento, come la relatività dei contratti (art. 1372 c.c.) e il principio consensualistico, la tesi positiva appare di gran lunga quella preferibile.
Sarebbe, quindi, ammissibile un contratto a favore del terzo con effetti reali. Ciò in quanto, in primis, non vi sarebbe alcuna violazione del principio consensualistico, atteso che il consenso al trasferimento del diritto sarebbe prestato dal promittente e dallo stipulante. Inoltre, il fatto che il trasferimento della proprietà comporti potenziali oneri per il terzo, e non meri vantaggi, seppur innegabile, è efficacemente controbilanciato dal potere del terzo di rifiutare il beneficio. La relatività dei contratti, infine, è stata temperata nell’interpretazione degli studiosi rispetto alla lapidaria formulazione dell’art. 1372 c.c. (“Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi”): si considera ormai a larga maggioranza che tale norma sottointenda che l’effetto nei confronti dei terzi sia escluso solo se negativo, e non se favorevole. In tal senso, l’art. 1372 è letto in correlazione con gli artt. 1411 e 1333 del codice civile.

Problematiche aperte

La peculiarità della contrattazione a favore di terzo lascia irrisolti alcuni dubbi. Ad esempio, il soggetto legittimato ad esigere l’adempimento della prestazione a favore del terzo potrebbe essere esclusivamente il terzo stesso (tesi generalmente accolta), ma anche, in aggiunta, lo stipulante.

Inoltre, ci si chiede se la risoluzione del contratto per inadempimento spetti davvero solo allo stipulante, anche nel caso in cui il terzo avrebbe interesse ad un adempimento tardivo.
Vi è, in conclusione, chi si pone la questione della legittimazione relativa all’azione risarcitoria in caso di inadempimento: tale problema è generalmente risolto ammettendo la legittimazione sia del terzo che dello stipulante.