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Articolo 1328 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Revoca della proposta e dell'accettazione

Dispositivo dell'art. 1328 Codice Civile

La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso(1). Tuttavia, se l'accettante ne ha intrapreso in buona fede l'esecuzione prima di avere notizia della revoca, il proponente è tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite subite per l'iniziata esecuzione del contratto(2).

L'accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza [1335] del proponente prima dell'accettazione [1329, 1335](3).

Note

(1) Dalla formulazione della norma si evince che la revoca della proposta non è un atto recettizio poichè produce effetti senza che sia necessario che entri nella sfera di conoscibilità del destinatario. Al principio per cui la proposta è sempre revocabile fanno eccezione la proposta irrevocabile (1329 c.c.), l'opzione (1331 c.c.), il contratto con obbligazioni a carico del solo preponente (1333 c.c.).
(2) L'accettante è in buona fede se ignora senza colpa la revoca del proponente. In tal caso si configura una responsabilità da atto lecito poichè deriva dall'esercizio di un diritto legittimo, esercizio che, però, genera un danno in capo all'accettante e ne legittima l'indennizzo. La revoca della proposta può anche generare responsabilità precontrattuale se contraria a buona fede (1337 c.c.).
(3) A differenza della revoca della proposta, la revoca dell'accettazione è un atto recettizio.

Ratio Legis

Il contratto non si conclude se non quando proposta ed accettazione si incontrano (1326): queste ultime, pertanto, possono essere poste nel nulla prima che di tale momento. Tuttavia, già prima di incontrarsi esse producono qualche effetto tra i potenziali contraenti e, pertanto, la loro revoca non è libera.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

162 Le linee del meccanismo di formazione del contratto tra persone lontane quali risultano dal progetto del 1936 sono state criticate, auspicandosi l'abbandono completo del sistema dell'art. 36 cod. comm. da cui la Commissione reale si era solo parzialmente allontanata.
II sistema vigente, però, se in pratica si è rivelato meritevole di miglioramenti, non ha dato luogo ad inconvenienti che consigliano di ripudiarlo del tutto: peraltro nessuna delle teorie sul perfezionamento dei contratti fra persone lontane appare insuscettibile di critiche. Ho mantenuto, perciò, le linee degli articoli 2 e 3 progetto del 1936, con le seguenti modifiche:
a) a proposito della revoca della proposta (art. 187) ho riconosciuto i danni all'accettante che prima di avere notizia della revoca della proposta ha intrapreso in buona fede l'esecuzione del contratto: i danni si sono limitati ai c.d. interessi negativi (spese e perdite subite per l'iniziata esecuzione);
b) ho meglio precisato l'ammissibilità di una revoca dell'accettazione, sempre che la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell'accettazione (art. 187 primo capoverso): in tal modo è rimasta chiarita la natura recettizia della revoca dell'accettazione;
c) dal quinto comma dell'art. 2 progetto del 1936 ho soppresso il riferimento alla proposta ferma per la natura dell'affare, data l'incertezza cui può dar luogo l'ipotesi considerata, per l'esigenza di stabilire caso per caso se la proposta è irrevocabile.

Massime relative all'art. 1328 Codice Civile

Cass. civ. n. 7543/2016

L'art. 1328, comma 1, c.c., il quale prevede che la proposta contrattuale può essere revocata finché il contratto non sia concluso, va inteso, in correlazione con la diversa disciplina dettata per la revoca dell'accettazione dal comma 2, nonché tenendo conto del carattere recettizio di entrambi gli atti, nel senso che la revoca si perfeziona quando sia spedita all'indirizzo dell'accettante, prima che l'accettazione sia giunta a conoscenza del proponente, mentre resta irrilevante che l'accettante ne abbia notizia in un momento successivo a quello in cui l'accettazione sia giunta a conoscenza del preponente, restando tutelato l'affidamento dell'accettante, in tale evenienza, dalla previsione di un indennizzo a carico del proponente per le spese e le eventuali perdite subite per l'iniziata esecuzione del contratto.

Cass. civ. n. 1072/1985

La proposta — salvo che essa sia irrevocabile ai sensi dell'art. 1329 c.c. — può essere dal proponente revocata senza bisogno di alcuna motivazione o giustificazione e senza dover attendere che sia trascorso il termine ordinariamente necessario, secondo la natura dell'affare o gli usi, perché gli pervenga l'accettazione della controparte, in quanto tale termine, previsto dal secondo comma dell'art. 1326 c.c., non concerne l'istituto della revoca ma il diverso istituto della caducazione automatica (senza cioè bisogno di alcuna revoca) della proposta.

Cass. civ. n. 664/1972

Il comportamento di chi, dopo aver emesso una proposta — irrevocabile o meno — dichiara di non mantenerla, non può ricevere altra configurazione che quella della revoca della proposta e non può che dar luogo alla responsabilità prevista nell'art. 1328 c.c. ovvero, se del caso, a quella conseguente all'inosservanza dell'obbligo di correttezza, sancito dall'art. 1337 c.c., nonché, ove si riveli configurabile, ad altra maggiore responsabilità per illiceità di condotta.

Cass. civ. n. 282/1972

Anche nell'ipotesi di negozio per il quale la legge prescrive la forma scritta ad substantiam, la revoca della proposta non è soggetta a tale forma, essendo solo indispensabile che essa sia fatta in modo tale da essere conosciuta dall'altra parte e sia emessa prima che al proponente sia giunta notizia dell'accettazione.

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R. F. chiede
domenica 15/05/2022 - Puglia
“Salve. Ho preso accordi verbali per vendere un terreno per 15mila euro al Signor Tizio. Contestualmente ho effettuato comunicazione ai confinanti con raccomandata ad alcuni e pec ad altri per l'esercizio della prelazione agraria. Nei 30 gg. mi ha risposto uno di loro (il Sig. Caio, che è un coltivatore diretto) comunicandomi l'intenzione di esercitare la prelazione.
Vorrei tuttavia - non sto a spiegarne il motivo - ritirarmi (o recedere, non conosco il gergo tecnico). Insomma, non mi aspettavo l'adesione di Caio e non voglio scontentare Tizio. Posso ritirare la proposta? O sono obbligato a questo punto ad andare al rogito così come ha formulato Caio nella sua accettazione?
Ho sentito un Legale che mi ha detto che posso ritirarmi perché nella raccomandata non ho allegato il preliminare.
Chiedo lumi.
Grazie”
Consulenza legale i 20/05/2022
Ad avviso di chi scrive la proposta contrattuale - perché di questo si tratta (infatti la denuntiatio, ovvero la comunicazione con cui il proprietario comunica la propria intenzione di vendere il fondo, altro non è se non una proposta contrattuale) non può essere revocata.
Secondo le regole generali, infatti, il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte (art. 1326, comma 1 c.c.).
Nel nostro caso, il proponente ha ricevuto l’accettazione di Caio.
Quanto alla natura della denuntiatio, secondo la Cassazione (Sez. III Civ., sent. 22/06/2016, n. 12883), la dichiarazione di voler esercitare la prelazione ai sensi della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, integra un atto unilaterale recettizio: dunque produce effetto solo nel momento in cui giunge a conoscenza del destinatario o in cui deve reputarsi da questi conosciuta perché pervenuta al suo indirizzo (conforme Cass. n. 1331/1997). Con la stessa sentenza la Cassazione afferma che - sempre in materia di prelazione agraria - la denuntiatio deve invece ritenersi irrevocabile “per l'intero termine concesso al prelazionante per l'accettazione”.
Inoltre, la Suprema Corte ricorda anche il principio consolidato secondo cui “il diritto di prelazione agraria... si esercita secondo lo schema normativo dettato dagli artt. 1326 e 1329 c.c., cioè attraverso lo scambio di una proposta (irrevocabile per legge per un certo periodo) e della accettazione della stessa": ciò conferma quanto abbiamo già detto all’inizio (ribadito anche da Cass. Civ., Sez. III, sent. 08/11/2018, n. 28495).
Quanto alla mancata trasmissione del preliminare, è vero che l’art. 8 della L. n. 590/1965 impone al proprietario di notificare con lettera raccomandata al coltivatore diretto la proposta di alienazione “trasmettendo il preliminare di compravendita in cui devono essere indicati il nome dell'acquirente, il prezzo di vendita e le altre norme pattuite compresa la clausola per l'eventualità della prelazione”; tuttavia, come ha chiarito di recente la Cassazione (Sez. III Civ., 13/05/2021, n. 12894), “la "denuntiatio" rivolta al titolare del diritto di prelazione è atto finalizzato all'esclusivo interesse del coltivatore, al fine di consentirgli di valutare la convenienza o meno di esercitare il diritto stesso”: quindi solo il coltivatore potrà farla, se del caso, valere. Ragionando diversamente, del resto, si arriverebbe al paradosso per cui il proprietario potrebbe omettere la trasmissione del preliminare, intenzionalmente o per negligenza, e successivamente, proprio in virtù di tale "dimenticanza", revocare la denuntiatio stessa.
Nel nostro caso, nonostante la mancata trasmissione del preliminare, il destinatario della proposta ha esercitato il proprio diritto di prelazione, comunicando la propria accettazione: il contratto deve quindi ritenersi concluso e il venditore non può fare un passo indietro.