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Articolo 609 bis Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Violenza sessuale

Dispositivo dell'art. 609 bis Codice Penale

(1)Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità(2) costringe taluno a compiere o subire atti sessuali(3) è punito con la reclusione da sei a dodici anni(4).

Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali(5):

  1. 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto(6);
  2. 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona(7).

Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi(8).

Note

(1) Il presente articolo è stato aggiunto dalla l. 15 febbraio 1996, n. 66.
(2) Viene considerato presupposto necessario di tale delitto che l'atto sessuale sia associato al costringimento del soggetto passivo che può aversi tramite violenza fisica sulla persona o sulle cose, minaccia, intesa come violenza morale, e abuso di autorità, tanto di pubblica autorità (ad es. nei confronti di un soggetto detenuto), tanto di autorità privata (ad es. tra datore di lavoro e lavoratore).
(3) Si tratta di atti espressione di un appetito o di un desiderio sessuale, che quindi riguardano zone erogene differenti, idonei al contempo ad invadere la sfera sessuale del soggetto passivo mediante costringimento. Vi rientrano dunque diverse tipologie di atti, dal momento che il legislatore ha adottato una definizione onnicomprensiva, sostitutiva di quella vigente in precedenza e che era incentrata sulla distinzione tra congiunzione carnale (intesa come qualsiasi forma di compenetrazione corporale che consenta il coito o un equivalente abnorme di esso), ed atti di libidine violenti (intesi come ogni forma di contatto corporeo diversa dalla penetrazione, che, per le modalità con cui si svolge, costituisca inequivoca manifestazione di ebbrezza sessuale).
(4) La cornice edittale della pena è stata modificata dall'art. 13 comma 1 della L. 19 luglio 2019 n. 69.
(5) Il comma secondo comprende due ipotesi di violenza sessuale mediante induzione cioè posta in essere non mediante azione diretta sulla persona offesa, ma secondo modalità specificamente descritte idonee a suggestionare la volontà della vittima, che sostituiscono l'abrogato delitto di violenza carnale presunta ex art. 519, comma secondo.
(6) La condizione di inferiorità deve sussistere al momento dell'atto sessuale e si riferisce non solo alla condizione di minorazione o deficienza dovuta a patologie organiche o funzionali, ma anche alla situazione di carenze affettive e familiari.
(7) Il riferimento non è tanto alla sostituzione fisica quanto alla falsa attribuzione di generalità, status, qualifica e qualità personali (come ad esempio nel caso di soggetto che si finge medico).
(8) E' circostanza attenuante ad effetto speciale ex art. 63 che ricorre quando, con riferimento ai mezzi, alle modalità, alle circostanze dell'azione, si ritiene che la libertà personale o sessuale della vittima sia stata compressa in maniera meno grave.

Ratio Legis

Tale disposizione è stata inserita nel codice penale al fine di tutelare la libertà sessuale non più come attinente alla moralità pubblica e al buon costume, bensì alla persona umana ed alla sua libertà personale.

Spiegazione dell'art. 609 bis Codice Penale

La norma è posta a tutela della libertà sessuale, ovvero la libertà di autodeterminarsi in ordine alla propria sfera sessuale ed agli atti che la compongono.
Le condotte prese in considerazione sono essenzialmente due:


  • dall'altra lato la violenza per induzione, attuata mediante abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa o mediante inganno, per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.

Nel concetto di atti sessuali deve ricomprendersi ogni atto comunque coinvolgente la corporeità della persona offesa, e posto in essere con la coscienza e volontà di compiere un atto invasivo della sfera sessuale di una persona non consenziente. Anche un bacio o un abbraccio sono idonei a compromettere la libertà sessuale dell'individuo, qualora, in considerazione della condotta complessiva, del contesto in cui l'azione si è svolta, dei rapporti intercorrenti tra le persone coinvolte, emerga una indebita compromissione della sessualità del soggetto passivo.

Per quanto riguarda la violenza, essa consiste non solo nell'esercizio di una vis fisica o coazione materiale, ma anche qualsiasi atto o fatto posto in essere dall'agente che abbia come ricaduta la limitazione della libertà del soggetto passivo, costretto, contro la sua volontà, a subire atti sessuali.

Per quanto concerne invece la minaccia, essa consiste nella prospettazione di un male ingiusto e notevole (ad opera del soggetto agente) quale conseguenza del rifiuto a subire la condotta.

Il consenso deve perdurare per tutta la durata del rapporto sessuale e non solo all'inizio, integrandosi dunque il delitto in esame quando il consenso originariamente prestato venga meno a causa di un ripensamento o a causa della non condivisione delle modalità di consumazione del rapporto.

Il consenso deve inoltre essere prestato validamente e coscientemente.

Venendo al concetto di abuso di autorità, con esso va inteso sia l'abuso commesso dal pubblico ufficiale, sia quello commesso dal privato, che strumentalizzi la sua posizione di supremazia nei confronti della vittima.

La violenza sessuale per induzione si risolve invece nell'abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della vittima, vale a dire l'approfittamento delle particolari condizioni in cui si trovi il soggetto passivo, non rilevando in sé e per sé lo stato di menomazione fisica o psichica di persona malata di mente, alla quale non si può certo impedire di avere rapporti sessuali.

All'ultimo comma si prevede una circostanza attenuante ad effetto speciale ed indefinita, qualora la compressione della libertà sessuale sia minima, in considerazione del fatto concreto e delle circostanze.

Massime relative all'art. 609 bis Codice Penale

Cass. pen. n. 49308/2022

In tema di violenza sessuale, il riconoscimento dell'attenuante della minore gravità, nel caso di più fatti in continuazione ai danni della medesima persona offesa minorenne, richiede che ogni singolo fatto sia inquadrato in una valutazione globale, posto che anche un fatto, ritenuto di modesta gravità se valutato singolarmente, può, ove replicato, comportare un aggravamento di intensità della lesione del bene giuridico così da comportare l'esclusione dell'attenuante speciale.

Cass. pen. n. 31776/2022

In tema di violenza sessuale, la condizione di inferiorità psichica della vittima al momento del fatto prescinde da fenomeni di patologia mentale, essendo sufficiente ad integrarla la circostanza che il soggetto passivo versi in condizioni intellettive e spirituali di minore resistenza all'altrui opera di coazione psicologica o di suggestione, anche se dovute ad un limitato processo evolutivo mentale e culturale, ma con esclusione di ogni causa propriamente morbosa.

Cass. pen. n. 33630/2022

E' configurabile la circostanza aggravante della connessione teleologica tra il reato di violenza sessuale e quello di lesioni personali, commesso contestualmente e in funzione strumentale alla prosecuzione e alla conclusione del primo, anche nel caso di plurime condotte a sfondo sessuale ritenute integranti un unico reato per la loro contiguità spazio-temporale.

Cass. pen. n. 37916/2022

Integra il reato di violenza sessuale il compimento di atti di autoerotismo al cospetto della persona offesa solo ove coinvolgente la corporeità di quest'ultima.

Cass. pen. n. 23078/2021

In tema di reati sessuali, non ricorre l'attenuante della minore gravità del fatto, di cui all'art. 609-bis, comma terzo, cod. pen., nel caso in cui la violenza sessuale sia perpetrata dal genitore ai danni del proprio figlio, trattandosi di condotta che, profanando gravemente la sfera sessuale della vittima, determina uno sviamento dalla funzione di accudimento e protezione propria della figura genitoriale.

Cass. pen. n. 43611/2021

In tema di reati contro la libertà sessuale, gli atti sessuali "non convenzionali" possono essere ritenuti leciti nella misura in cui si svolgano in base ad un consenso dei partecipanti che deve protrarsi per tutta la durata degli stessi. (Fattispecie relativa a un rapporto sadomaso di cui la Corte ha ritenuto la liceità in quanto non risultava manifestata, dalla persona offesa, nell'arco del suo intero svolgimento, alcuna revoca del consenso prestato).

Cass. pen. n. 6713/2021

In tema di violenza sessuale, ai fini della valutazione in ordine alla sussistenza o meno della circostanza attenuante della minore gravità del fatto prevista dall'art. 609-bis, comma terzo, cod. pen., è inconferente il fatto della commissione con abuso di relazioni di ospitalità, dovendo considerarsi unicamente, attraverso una valutazione globale, il grado di compromissione del bene tutelato.

Cass. pen. n. 16348/2021

In tema di violenza sessuale, ai fini della configurabilità dell'abuso delle condizioni di inferiorità psico-fisica della persona offesa al momento del fatto, di cui all'art. 609-bis, comma secondo, n. 1, cod. pen., non è necessario che la vittima sia minacciata al fine di compiere o subire atti sessuali, essendo la minaccia richiamata dalla norma esclusivamente nell'ipotesi del comma primo.

Cass. pen. n. 37053/2020

Il divieto di concessione di misure alternative alla detenzione in assenza della previa osservazione scientifica della personalità condotta per almeno un anno all'interno dell'istituto penitenziario, previsto dall'art.4-bis, comma 1-quater, ord. pen., non si applica nel caso di condanna per fatti di violenza sessuale commessi prima dell'inserimento del delitto previsto dall'art. 609-bis cod. pen. nel catalogo dei cd. reati ostativi di terza fascia ad opera dell'art. 3, comma 1, lett. a), del d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, atteso che, alla luce della lettura dell'art. 25, comma 2, Cost. adottata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 32 del 2020, in difetto di una disciplina transitoria, il suddetto inserimento ha determinato, non una mera modifica delle modalità esecutive della pena, bensì una trasformazione della sua natura e della sua concreta incidenza sulla libertà personale, cosicchè opera il principio di irretroattività delle norme penali sancito dal secondo comma dell'art. 25 Cost.

Cass. pen. n. 43423/2019

In tema di reati sessuali, il bacio sulla guancia, in quanto atto non direttamente indirizzato a zone chiaramente definibili come erogene, configura violenza sessuale, nella forma consumata e non tentata, allorquando, in base ad una valutazione complessiva della condotta che tenga conto del contesto ambientale e sociale in cui l'azione è stata realizzata, del rapporto intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante, possa ritenersi che abbia inciso sulla libertà sessuale della vittima. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva confermato la condanna di un professore che, all'interno della scuola, aveva abbracciato da dietro un'alunna, baciandola sulla guancia, dopo aver provato a farlo sulla bocca).

Cass. pen. n. 39044/2019

In tema di tentativo di violenza sessuale, in assenza del contatto fisico dell'imputato con la persona offesa, la prova della finalità di soddisfacimento dell'impulso sessuale può essere desunta da elementi esterni alla condotta tipica. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna che aveva attribuito rilievo al rinvenimento, nel "personal computer" dell'imputato, di alcuni video riproducenti pratiche sessuali compatibili con la scena che lo stesso aveva cominciato a ricreare con le vittime minorenni, prima dell'involontaria interruzione dell'"iter criminis").

Cass. pen. n. 18864/2019

In tema di violenza sessuale, il medico, nell'esercizio di attività diagnostica o terapeutica, può lecitamente compiere atti incidenti sulla sfera della libertà sessuale di un paziente solo se abbia acquisito il suo consenso, esplicito e informato, o se sussistono i presupposti dello stato di necessità e deve, inoltre, immediatamente fermarsi in caso di dissenso del predetto. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione con la quale era stata esclusa la sussistenza del dolo nell'agire di un medico, attribuendo rilevanza all'errore dell'imputato che aveva reputato non necessario il consenso delle pazienti ad una manovra incidente sulla propria sfera sessuale).

Cass. pen. n. 17676/2019

In tema di violenza sessuale, il mancato dissenso ai rapporti sessuali con il proprio coniuge, in costanza di convivenza, non ha valore scriminante quando sia provato che la parte offesa abbia subito tali rapporti per le violenze e le minacce ripetutamente poste in essere nei suoi confronti, con conseguente compressione della sua capacità di reazione per timore di conseguenze ancor più pregiudizievoli, dovendo, in tal caso, essere ritenuta sussistente la piena consapevolezza dell'autore delle violenze del rifiuto, seppur implicito, ai congiungimenti carnali.

Cass. pen. n. 8236/2019

L'art. 292, comma 2-ter, cod. proc. pen. non impone al giudice del riesame l'indicazione di qualsiasi elemento ritenuto favorevole dal difensore, né la confutazione di qualsivoglia argomento difensivo di cui appaia manifesta l'irrilevanza o la pertinenza, restando circoscritto l'obbligo motivazionale alla disamina di specifiche allegazioni difensive oggettivamente contrastanti con gli elementi accusatori, essendo gli ulteriori elementi assorbiti nella valutazione complessiva del giudice che, rilevati i gravi indizi, applica la misura cautelare.

Cass. pen. n. 44530/2018

Il delitto di violenza sessuale commessa ai danni di persona infraquattordicenne di cui agli artt. 609-bis, comma secondo, n. 1 e 609-ter, comma primo, n. 1, cod. pen., si distingue dalla fattispecie a forma libera di atti sessuali con minorenne per la presenza di una condotta di induzione, ossia per l'attività di persuasione del minore succube e passivamente tollerante, che manca nel reato disciplinato dall'art. 609-quater cod. pen., nel quale il consenso del minore è viziato dalla condizione di inferiorità dovuta all'età.

Cass. pen. n. 43623/2018

In tema di reati contro la libertà sessuale, deve escludersi la configurabilità dell'attenuante della minore gravità del fatto nel caso in cui la condotta sia stata tenuta ai danni di una minore nell'ambito di un rapporto fiduciario di affidamento tra l'autore del reato e la vittima. (Fattispecie relativa al delitto di violenza sessuale commesso da un insegnante e educatore nei confronti di una bambina di anni dieci a lui affidata).

Cass. pen. n. 16046/2018

In tema di violenza sessuale di gruppo, rientrano tra le condizioni di "inferiorità psichica o fisica ", previste dall'art. 609-bis, secondo comma, n. 1, cod. pen., anche quelle conseguenti alla volontaria assunzione di alcolici o di stupefacenti, in quanto anche in tali casi la situazione di menomazione della vittima, a prescindere da chi l'abbia provocata, può essere strumentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi sessuali dell'agente.

Cass. pen. n. 3648/2018

Ai fini dell'integrazione dell'elemento soggettivo del reato di violenza sessuale non è necessario che la condotta sia specificamente finalizzata al soddisfacimento del piacere sessuale dell'agente, essendo sufficiente che questi sia consapevole della natura oggettivamente "sessuale" dell'atto posto in essere volontariamente, ossia della sua idoneità a soddisfare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo, a prescindere dallo scopo perseguito. (Fattispecie di palpeggiamento dei glutei e del seno delle persone offese).

Cass. pen. n. 45589/2017

In tema di violenza sessuale di gruppo, rientrano tra le condizioni di "inferiorità psichica o fisica ", previste dall'art. 609-bis, secondo comma, n. 1, cod. pen., anche quelle conseguenti alla volontaria assunzione di alcolici o di stupefacenti, in quanto anche in tali casi la situazione di menomazione della vittima, a prescindere da chi l'abbia provocata, può essere strumentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi sessuali dell'agente.

Cass. pen. n. 43164/2017

Il reato di induzione a compiere o subire atti sessuali con l'inganno per essersi il reo sostituito ad altra persona è integrato anche dalla falsa attribuzione di una particolare qualifica professionale, rientrando quest'ultima nella nozione di sostituzione di persona di cui all'art. 609-bis, comma secondo, n. 2 cod. pen. (Nella specie il ricorrente, fingendo di essere un datore di lavoro, richiedeva alla vittima di fare un colloquio ed un provino tramite il sistema di web chat "skype", tentando, al contempo, di convincerla a compiere atti sessuali su se stessa quale contropartita dell'assunzione).

Cass. pen. n. 22127/2017

Integra l'elemento oggettivo del reato di violenza sessuale non soltanto la condotta invasiva della sfera della libertà ed integrità sessuale altrui realizzata in presenza di una manifestazione di dissenso della vittima, ma anche quella posta in essere in assenza del consenso, non espresso neppure in forma tacita, della persona offesa, come nel caso in cui la stessa non abbia consapevolezza della materialità degli atti compiuti sulla sua persona. (Fattispecie in tema di atti sessuali realizzati nei confronti di una persona dormiente).

Cass. pen. n. 13866/2017

In tema di violenza sessuale, la diminuente prevista dall'art. 609-bis, terzo comma, cod. pen. concorre nel giudizio di comparazione di cui all'art. 69 cod. pen.. (In motivazione, la S.C. ha osservato che la partecipazione al giudizio di bilanciamento consegue alla sentenza della Corte costituzionale n.106 del 2014, che ha dichiarato illegittimo il quarto comma del predetto art. 69 cod. pen. - come sostituito dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 - nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza della attenuante di cui al citato terzo comma dell'art. 609-bis cod. pen. sulla recidiva reiterata).

Cass. pen. n. 40663/2016

Il delitto di violenza sessuale concorre con quello di maltrattamenti in famiglia qualora, attesa la diversità dei beni giuridici offesi, le reiterate condotte di abuso sessuale, oltre a cagionare sofferenze psichiche alla vittima, ledano anche la sua libertà di autodeterminazione in materia sessuale, potendosi configurare l'assorbimento esclusivamente nel caso in cui vi sia piena coincidenza tra le due condotte, ovvero quando il delitto di maltrattamenti sia consistito nella mera reiterazione degli atti di violenza sessuale.

Cass. pen. n. 41214/2015

Integra il reato di tentata violenza sessuale la condotta di colui che, all'esplicito rifiuto di consumare un rapporto sessuale, reitera più volte la richiesta ponendo in essere violenze o minacce che, sebbene non comportino una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, siano comunque chiaramente finalizzate a vincerne la resistenza.

Cass. pen. n. 24683/2015

In tema di atti sessuali, la condotta vietata dall'art. 609 bis c.p. è solo quella finalizzata a soddisfare la concupiscenza dell'aggressore, o a volontariamente invadere e compromettere la libertà sessuale della vittima, con la conseguenza che il giudice, al fine di valutare la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato, non deve fare riferimento unicamente alle parti anatomiche aggredite ma deve tenere conto, con un approccio interpretativo di tipo sintetico, dell'intero contesto in cui il contatto si è realizzato e della dinamica intersoggettiva. (In motivazione, la Corte ha escluso che potesse qualificarsi "atto sessuale" la sodomizzazione di una donna con una chiave nel corso di un litigio, se si fosse accertato che tale condotta fosse stata posta in essere non per soddisfare impulsi sessuali ma esclusivamente al fine di umiliare e punire la vittima).

Cass. pen. n. 4674/2015

In tema di violenza sessuale, il tentativo è configurabile non solo nel caso in cui gli atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in essere un abuso sessuale non si siano estrinsecati in un contatto corporeo, ma anche quando il contatto sia stato superficiale o fugace e non abbia attinto una zona erogena o considerata tale dal reo per la reazione della vittima o per altri fattori indipendenti dalla volontà dell'agente, mentre per la consumazione del reato è sufficiente che il colpevole raggiunga le parti intime della persona offesa (zone genitali o comunque erogene), essendo indifferente che il contatto corporeo sia di breve durata, che la vittima sia riuscita a sottrarsi all'azione dell'aggressore o che quest'ultimo consegua la soddisfazione erotica. (Fattispecie in cui è stata ritenuta la fattispecie consumata in relazione alla condotta dell'imputato consistita nel leccamento di una guancia dovuto ad un bacio non riuscito ed al contemporaneo toccamento delle parti intime di una ragazza minorenne).

Cass. pen. n. 965/2015

In tema di atti sessuali con minorenne, ai fini del riconoscimento dell'attenuante speciale prevista dall'art. 609- quater, quarto comma, c.p., deve farsi riferimento al fatto nella sua globalità e non può essere esclusa sulla scorta della valutazione dei medesimi elementi costitutivi della fattispecie criminosa (età della vittima e atto sessuale) essendo, invece, necessario considerare tutte le caratteristiche oggettive e soggettive del fatto che possono incidere in termini di minore lesività rispetto al bene giuridico tutelato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretto il mancato riconoscimento della circostanza attenuante sul presupposto della tipologia e delle modalità degli atti sessuali, che venivano praticati sulla vittima contemporaneamente da due uomini).

Cass. pen. n. 49990/2014

In tema di violenza sessuale, l'espressione "abuso di autorità" che costituisce, unitamente alla "violenza" o alla "minaccia", una delle modalità di consumazione del reato previsto dall'art. 609-bis c.p., ricomprende non solo le posizioni autoritative di tipo pubblicistico, ma anche ogni potere di supremazia di natura privata, di cui l'agente abusi per costringere il soggetto passivo a compiere o a subire atti sessuali. (Fattispecie relativa a violenza sessuale commessa nei confronti di una dipendente con mansioni di segretaria mediante abuso dell'autorità derivante dalla posizione di datore di lavoro).

Cass. pen. n. 14437/2014

Non può essere riconosciuta la circostanza attenuante del fatto di minore gravità (art. 609-bis, ult. comma, cod. pen.) ove il reato di violenza sessuale sia commesso da un docente all'interno di un istituto scolastico, posto che questo è un luogo all'interno del quale l'alunno deve sentirsi protetto e che, però, rende particolarmente vulnerabile la vittima per il rischio di attenzioni sessuali illecite derivanti dall'approfittamento del rapporto fiduciario intercorrente con l'insegnante.

Cass. pen. n. 10248/2014

Ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale, la rilevanza di tutti quegli atti che, in quanto non direttamente indirizzati a zone chiaramente definibili come erogene, possono essere rivolti al soggetto passivo, anche con finalità del tutto diverse, come i baci o gli abbracci, costituisce oggetto di accertamento da parte del giudice del merito, secondo una valutazione che tenga conto della condotta nel suo complesso, del contesto in cui l'azione si è svolta, dei rapporti intercorrenti fra le persone coinvolte e di ogni determinazione della sessualità del soggetto passivo. (In applicazione del principio, la S.C. ha rigettato il ricorso contro la condanna di un preside che aveva ripetutamente abbracciato e baciato sulle guance un'alunna in luoghi appartati, trattenendola per i fianchi, chiedendole di baciarlo e rivolgendole apprezzamenti per il suo aspetto fisico).

Cass. pen. n. 3638/2014

In tema di abusi sessuali, il riconoscimento o meno della diminuente del fatto di minore gravità, prevista dall'art. 609 bis comma terzo c.p., non è collegato in alcun modo alla reiterazione degli episodi, bensì alla minima invasione della sfera sessuale del soggetto passivo.

Cass. pen. n. 19033/2013

In tema di violenza sessuale commessa mediante strumenti telematici di comunicazione a distanza, la mancanza di contatto fisico tra l'autore del reato e la vittima non è determinante ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di minore gravità. (Fattispecie di esclusione della circostanza relativa a condotta posta in essere da un soggetto che aveva costretto due minori infraquattordicenni ad inviargli telematicamente foto e video che le ritraevano nude e in atteggiamenti osceni).

Cass. pen. n. 17699/2013

In tema di reati contro la libertà sessuale, l'attenuante prevista dall'ultimo comma dell'art. 609 bis c.p. per l'ipotesi di minore gravità non può essere concessa quando risulta commesso il reato di violenza sessuale di gruppo, trattandosi di attenuante specifica relativa alla sola violenza sessuale individuale.

Cass. pen. n. 16446/2013

Il reato di violenza sessuale non assorbe quello di lesioni personali, trattandosi di fattispecie che offendono beni giuridici diversi e che non si pongono in rapporto di necessaria strumentalità tra di loro. (Nella specie la S. C. ha precisato che la privazione della libertà sessuale può essere perpetrata anche con mezzi che non vulnerano l'integrità fisica e che vi è concorso di reati qualora alla vittima si cagionino conseguenze lesive, anche solo per vincerne la resistenza).

Cass. pen. n. 14085/2013

In tema di reati sessuali, l'idoneità della violenza o della minaccia a coartare la volontà della vittima va esaminata non secondo criteri astratti e aprioristici, ma valorizzando in concreto ogni circostanza oggettiva e soggettiva, sicché essa può sussistere anche in relazione ad una intimidazione psicologica attuata in situazioni particolari tali da influire negativamente sul processo mentale di libera determinazione della vittima, senza necessità di protrazione nel corso della successiva fase esecutiva. (Fattispecie nella quale è stato attribuito valore di coercizione psicologica alle reazioni scomposte del marito, percepibili di notte dal figlio convivente e dal vicinato, che avevano ingenerato una situazione di disagio e vergogna tale da indurre la moglie ad accettare rapporti sessuali contro la sua volontà).

Cass. pen. n. 47869/2012

In tema di violenza sessuale, l'abuso di autorità presuppone una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico, derivante dal pubblico ufficio ricoperto dall'agente. (Fattispecie nella quale è stata esclusa la posizione pubblicistica dell'agente, che esercitava le funzioni di responsabile di un centro di accoglienza, quale ente ausiliario riconosciuto dalla regione ed iscritto nel Registro generale del Volontariato).

Cass. pen. n. 2702/2012

Il rifiuto di continuare una relazione sentimentale non integra un "fatto ingiusto" idoneo a legittimare, nel delitto di violenza sessuale, il riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione, costituendo tale rifiuto espressione del diritto alla libertà sessuale.

Cass. pen. n. 2681/2012

L'espressione "abuso di autorità" che costituisce, unitamente alla "violenza" o alla "minaccia", una delle modalità di consumazione del reato previsto dall'art. 609 bis, c.p. non include la violenza sessuale commessa abusando della potestà di genitore o di altra potestà privata. (In motivazione la Corte, nell'escludere che possa intendersi per "autorità" ogni posizione sovraordinata pubblicistica o privatistica, ha precisato che, a ritenere diversamente, resterebbe inapplicabile l'art. 609 quater, comma secondo, c.p., che presuppone l'inapplicabilità delle ipotesi previste dall'art. 609 bis c.p., tra cui rientra, appunto, anche quella di ogni atto sessuale commesso con abuso di autorità).

Cass. pen. n. 1183/2012

Integra il reato di violenza sessuale con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica (art. 609 bis, comma secondo, n. 1, c.p.) la condotta di chi si congiunga carnalmente con una donna addormentatasi a seguito di ingestione di sostanze alcooliche, essendo l'aggressione alla sfera sessuale della vittima connotata da modalità insidiose e fraudolente.

Cass. pen. n. 44424/2011

Il compimento di atti sessuali tra loro intervallati da un apprezzabile periodo di tempo non integra un unico reato bensì plurimi reati unificati dal vincolo della continuazione.

Cass. pen. n. 44416/2011

Ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore gravità nel tentativo di violenza sessuale non si deve tenere conto dell'azione effettivamente compiuta dall'agente, ma di quella che lo stesso aveva intenzione di porre in essere e che non è stata realizzata per cause indipendenti dalla sua volontà.

Cass. pen. n. 39710/2011

L'intenzionale e prolungata pressione sulla zona genitale della vittima, sia essa protetta o meno dalla biancheria, integra il reato di violenza sessuale anche nel caso in cui sia ispirata da una finalità diversa da quella a sfondo sessuale. (In motivazione la Corte, a titolo esemplificativo, ha richiamato la volontà di umiliare la vittima o quella di vendicarsi di condotte precedenti).

Cass. pen. n. 35150/2011

Non integra concorso nell'altrui reato di violenza sessuale il mero "voyeurismo", salvo che l'atto del guardare sia stato oggetto di un preventivo accordo tra i soggetti oppure venga palesato all'esecutore materiale della violenza in modo tale da contribuire a sollecitare o rafforzare il proposito criminoso di quest'ultimo, incidendo direttamente sul reato in corso di consumazione.

Cass. pen. n. 34900/2011

Non risponde del reato sessuale commesso da terzi in danno dei nipoti minori l'avo (nella specie, la nonna) che, consapevole di tale fatto, non si attivi per impedirlo, stante l'inesistenza a suo carico di un obbligo giuridico in tal senso.

Cass. pen. n. 29618/2011

Il consenso del minore al rapporto sessuale, pur se inidoneo ad escludere la configurabilità del reato di violenza sessuale, può essere valutato dal giudice al fine di riconoscere la circostanza attenuante della "minore gravità". (Nella specie, gli atti sessuali, consistenti in leggeri toccamenti, erano di minima intrusività, e la vittima, quattordicenne, aveva intrapreso una relazione sessuale con l'imputato, liberamente accettata e voluta).

Cass. pen. n. 26369/2011

Il concorso di persone nel reato di violenza sessuale è configurabile solo nella forma del concorso morale con l'autore materiale della condotta criminosa ove il concorrente non sia presente sul luogo del delitto, configurandosi diversamente il reato di violenza sessuale di gruppo.

Cass. pen. n. 23988/2011

La fattispecie criminosa di violenza sessuale di gruppo richiede per l'integrazione la presenza di più persone al momento e sul luogo del delitto e in ciò si differenzia dall'ipotesi di concorso nel reato di violenza sessuale. (Nella specie la Corte ha qualificato quale concorso in violenza sessuale la condotta dell'indagata che si recava, a turno con altre donne, nella stanza della vittima, tentando di convincerla a consumare il matrimonio con il marito con cui quest'ultima si rifiutava di avere rapporti sessuali, come poi avvenuto).

Cass. pen. n. 23093/2011

I criteri soggettivi di commisurazione della pena (art. 133, comma secondo, c.p.,) non rilevano ai fini della configurabilità dell'ipotesi di minore gravità del reato di violenza sessuale, non rispondendo la mitigazione della pena all'esigenza di adeguamento alla colpevolezza del reo e alle circostanze attinenti alla sua persona ma alla minore lesività del fatto, da rapportare al grado di violazione del bene giuridico della libertà sessuale della vittima.

Cass. pen. n. 11958/2011

La fattispecie criminosa di violenza sessuale è integrata, pur in assenza di un contatto fisico diretto con la vittima, quando gli "atti sessuali", quali definiti dall'art. 609 bis c.p., coinvolgano oggettivamente la corporeità sessuale della persona offesa e siano finalizzati ed idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale, nella prospettiva del reo di soddisfare od eccitare il proprio istinto sessuale. (Nella specie il reo aveva indotto la vittima a compiere su se stessa atti sessuali di autoerotismo, culminati nel conseguimento del piacere sessuale di entrambi).

Cass. pen. n. 1818/2011

La dichiarazioni della persona offesa, vittima del reato di violenza sessuale, possono essere assunte, anche da sole, come prova della responsabilità dell'imputato, non necessitando le stesse di riscontri esterni. (In motivazione la Corte ha precisato che, in questa materia, proprio perché al fatto non assistono testimoni, posso tuttavia acquisire valore di riscontro esterno le confidenze rese dalla vittima a terzi in periodi non sospetti).

Cass. pen. n. 27272/2010

Gli elementi soggettivi di cui all'art. 133, comma secondo, c.p., non rilevano ai fini della configurabilità dell'ipotesi di minore gravità del reato di violenza sessuale, non rispondendo la mitigazione della pena all'esigenza di adeguamento alla colpevolezza del reo e alle circostanze attinenti alla sua persona ma alla minore lesività del fatto, da rapportare al grado di violazione del bene giuridico della libertà sessuale della vittima.

Cass. pen. n. 24298/2010

L'assenza di segni di violenza fisica o di lesioni sulla vittima non esclude la configurabilità del delitto di violenza sessuale, in quanto il dissenso della persona offesa può essere desunto da molteplici fattori e perché è sufficiente la costrizione ad un consenso viziato.

Cass. pen. n. 24248/2010

In tema di dichiarazioni accusatorie rese a terzi dal minore (nella specie bambino di anni quattro) vittima del reato di violenza sessuale, la ricostruzione della genesi della notizia di reato, delle reazioni emotive e delle domande degli adulti coinvolti e delle ragioni dell'eventuale amplificazione nel tempo della narrazione rappresentano utili strumenti al fine di controllare che il minore non abbia inteso compiacere l'interlocutore ed adeguarsi alle sue aspettative.

Cass. pen. n. 21336/2010

L'integrazione della fattispecie criminosa di violenza sessuale non richiede che l'atto sessuale sia finalizzato al soddisfacimento del piacere erotico, essendo necessario e sufficiente, a fronte del dolo generico del reato, che l'agente abbia la coscienza e volontà di realizzare gli elementi costitutivi del medesimo. (Fattispecie di palpeggiamento dei glutei e toccamento del seno della persona offesa posti in essere al fine di intimorire ed umiliare la stessa).

Cass. pen. n. 20766/2010

L'abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica (art.609 bis, comma secondo, n. 1, c.p.) consiste nel doloso sfruttamento della menomazione della vittima e si verifica quando le richiamate condizioni sono strumentalizzate per accedere alla sfera intima della persona che, versando in uno stato di difficoltà, viene ridotta ad un mezzo per l'altrui soddisfacimento sessuale.

Cass. pen. n. 20578/2010

Il reato di induzione a compiere o subire atti sessuali con l'inganno per essersi il reo sostituito ad altra persona (art. 609 bis, comma secondo, n. 2, c.p.) è integrato anche dalla falsa attribuzione di una qualifica professionale, rientrando quest'ultima nella nozione di sostituzione di persona di cui all'art. 609 bis c.p. (Nella specie il ricorrente aveva convinto la vittima a sottoporsi ad una visita ginecologica "tantrica" qualificandosi come medico ginecologo, qualifica di cui non era in possesso).

Cass. pen. n. 19732/2010

Il delitto di violenza sessuale è configurabile anche nel caso in cui si eserciti violenza o minaccia per costringere una prostituta a consumare un rapporto sessuale non consensuale, in quanto il principio di libera autodeterminazione della sfera sessuale trova applicazione anche nei suoi confronti, attenendo all'esclusiva disponibilità di quest'ultima la vendita del proprio corpo.

Cass. pen. n. 11866/2010

La prova del dolo nei reati sessuali è desunta, in assenza di esplicite ammissioni dell'imputato, da elementi esterni, in particolare da quei dati della condotta del reo che, per l'offensività o per l'obiettivo disvalore sociale, si presentano come maggiormente idonei ad esprimere il fine perseguito dall'agente. (In motivazione la Corte ha ulteriormente precisato che gli stessi devono essere controllabili sulla base sia di elementi empiricamente riscontrabili che di pertinenti massime di esperienza, rilevando soprattutto le modalità della condotta e le circostanze ad essa precedenti e susseguenti come, nella specie, i disagi causati alla vittima).

Cass. pen. n. 16757/2009

Il delitto di violenza sessuale è configurabile sia nel caso di rapporto sessuale completo sia nel caso di compimento di atti sessuali, in quanto ai fini della configurabilità del reato è sufficiente un'intrusione nella sfera sessuale della vittima.

Cass. pen. n. 10085/2009

In tema di violenza sessuale, ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante della "minore gravità" non rileva la semplice assenza di un rapporto sessuale con penetrazione, in quanto è necessario valutare il fatto nella sua complessità. (Fattispecie nella quale sono stati presi in considerazione elementi aggiuntivi e, tra questi, l'approfittamento, da parte dell'imputato, delle condizioni di vita degradata della vittima, minore di età).

Cass. pen. n. 3189/2009

In tema di violenza sessuale, ai fini della configurabilità dell'attenuante della minore gravità del fatto non rileva la circostanza che la vittima eserciti la prostituzione, in quanto il diritto al rispetto della libertà sessuale prescinde da condizioni e qualità personali, dal motivo e dal numero dei rapporti avuti in passato con persone più o meno conosciute.

Cass. pen. n. 37251/2008

In tema di reati sessuali, rientra nella nozione di minaccia impiegata dall'art. 609 bis c.p. anche la prospettazione, da parte del soggetto agente, di esercitare un diritto quando essa sia finalizzata al conseguimento dell'ulteriore vantaggio di tipo sessuale, non giuridicamente tutelato, ottenendosi per tale via un profitto ingiusto e contra ius. (Fattispecie di minaccia rappresentata dal prospettato esercizio di un'azione di sfratto ).

Cass. pen. n. 28815/2008

In tema di reati sessuali, è atto sessuale sia il contatto fisico diretto che quello simulato con una zona erogena del corpo (nella specie, la bocca ), in quanto atto parimenti invasivo dell'altrui sfera sessuale. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta assimilabile ad un coito orale dissimulato l'introduzione nel cavo orale della vittima non del membro virile ma dello sperma, prodotto dell'eiaculazione )

Cass. pen. n. 27762/2008

In tema di reati sessuali, il toccamento non casuale di una parte del corpo non considerata come zona erogena ma suscettibile di eccitare la concupiscenza sessuale, configura il delitto di violenza sessuale tentata e non quello di molestia sessuale (art. 660 c.p. ), dovendosi quest'ultimo ritenere integrato solo in presenza di espressioni volgari a sfondo sessuale ovvero di atti di corteggiamento invasivo ed insistito diversi dall'abuso sessuale.

Cass. pen. n. 26740/2008

I reati di cui agli artt. 519 e 521 c.p. sono esclusi dal beneficio dell'indulto concesso con legge n. 241 del 2006 essendo posti in rapporto di continuità normativa con la fattispecie dell'art. 609 bis c.p., espressamente menzionata tra i reati per i quali il predetto beneficio non opera.

Cass. pen. n. 16146/2008

In tema di reati sessuali, la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. è compatibile con il reato di violenza sessuale, dovendo peraltro il risarcimento del danno intervenire, prima del giudizio, in misura integrale non essendo sufficiente, a tal fine, una qualsivoglia forma di accordo in via transattiva.

Cass. pen. n. 14230/2008

In tema di reati sessuali, non è sufficiente ai fini della concedibilità dell'attenuante speciale prevista dall'art. 609 bis, comma terzo, c.p. (casi di minore gravità ) l'assenza di congiunzione carnale tra vittima ed autore del reato.

Cass. pen. n. 6072/2008

Il delitto di violenza carnale di cui all'art. 519 c.p. rientra nel catalogo di quelli ostativi ai fini dell'applicazione dell'indulto benché la legge n. 241 del 2006 non ne faccia menzione, perché essa fa espresso riferimento al delitto di cui all'art. 609 bis c.p., che è in rapporto di continuità normativa con quello disciplinato nell'abrogato art. 519 c.p.

Cass. pen. n. 2001/2008

In tema di reati sessuali, deve escludersi la concedibilità dell'attenuante speciale prevista dall'art. 609 bis, comma terzo, c.p. (casi di minore gravità) ove gli abusi perpetrati in danno della vittima si siano protratti nel tempo. (Fattispecie nella quale gli abusi sessuali si erano protratti per un periodo di cinque anni).

Cass. pen. n. 1815/2008

Il reato di violenza sessuale commesso mediante abuso di autorità può concorrere formalmente con il reato di concussione, non operando il principio di specialità trattandosi di reati che tutelano beni giuridici diversi. (Principio affermato, nella specie, con riguardo ad un caso in cui un agente penitenziario aveva costretto due detenuti a commettere atti sessuali).

Cass. pen. n. 1190/2008

In tema di reati sessuali, non ricorre l'attenuante della minore gravità del fatto (art. 609 bis, comma terzo, c.p.) nel caso in cui la violenza sessuale sia perpetrata dal genitore ai danni del proprio figlio, in quanto, ponendo in essere tale condotta, il genitore lede la libertà di autodeterminazione sessuale di quest'ultimo, così determinando uno sviamento dalla funzione di accudimento e protezione, tipica della figura genitoriale.

Cass. pen. n. 38261/2007

In tema di violenza sessuale, la condizione di inferiorità psichica della vittima al momento del fatto prescinde da fenomeni di patologia mentale, in quanto è sufficiente ad integrarla la circostanza che il soggetto passivo versi in condizioni intellettive e spirituali di minore resistenza all'altrui opera di coazione psicologica o di suggestioni, anche se dovute ad un limitato processo evolutivo mentale e culturale, ma con esclusione di ogni causa propriamente morbosa. (In motivazione la Corte, nell'enunciare il predetto principio, ha ulteriormente precisato che siffatte situazioni psichiche devono ritenersi idonee ad elidere comunque, in tutto o in parte, la capacità della vittima di esprimere un valido consenso, sì da impedirle di respingere efficacemente gli atti sessuali dell'agente).

Cass. pen. n. 35492/2007

L'incapacità della parte offesa di un abuso sessuale di testimoniare per deficienze psichiche non determina automaticamente l'inattendibilità delle dichiarazioni accusatorie rese dalla vittima, ma impone che le stesse siano sostenute da altri elementi. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto congrua la motivazione dei giudici di merito che avevano affermato la colpevolezza dell'imputato in ordine ai fatti esposti dalla parte lesa in quanto tali fatti erano corroborati da altri elementi).

Cass. pen. n. 34902/2007

In tema di violenza sessuale, la diminuente prevista dall'art. 609 bis, ultimo comma, c.p. per i casi di minore gravità non è soggetta al giudizio di comparazione di cui all'art. 69 c.p.p., stante l'obbligatorietà della sua applicazione allorché ne ricorrano le condizioni.

Cass. pen. n. 25112/2007

Ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale, va qualificato come «atto sessuale» anche il bacio sulla bocca che sia limitato al semplice contatto delle labbra, potendosi detta connotazione escludere solo in presenza di particolari contesti sociali, culturali o familiari nei quali l'atto risulti privo di valenza erotica, come, ad esempio, nel caso del bacio sulla bocca scambiato, nella tradizione russa, come segno di saluto.

Cass. pen. n. 14141/2007

In tema di violenza sessuale in danno di persona che si trovi in stato di inferiorità psichica o fisica ex art. 609 bis, comma secondo, c.p., la nuova disciplina — a differenza di quella previgente dettata dall'abrogato art. 519 c.p. per il quale la violenza carnale era presunta per il solo fatto che l'agente si fosse consapevolmente congiunto con persona malata di mente o psichicamente inferiore — in linea con l'intenzione del legislatore di assicurare anche ai soggetti in condizioni di inferiorità psichica una sfera di estrinsecazione della loro individualità, anche sotto il profilo sessuale, purché manifestata in un clima di assoluta libertà, ha inteso punire soltanto le condotte consistenti nell'induzione all'atto sessuale mediante abuso delle suddette condizioni di inferiorità. L'induzione si realizza quando, con un'opera di persuasione spesso sottile o subdola, l'agente spinge o convince il partner a sottostare ad atti che diversamente non avrebbe compiuto. L'abuso, a sua volta, si verifica quando le condizioni di menomazione sono strumentalizzate per accedere alla sfera intima della persona che, versando in situazione di difficoltà, viene ad essere ridotta al rango di un mezzo per il soddisfacimento della sessualità altrui. È, pertanto, dovere del giudice espletare un'indagine adeguata per verificare se l'agente abbia avuto la consapevolezza non soltanto delle minorate condizioni del soggetto passivo ma anche di abusarne per fini sessuali.

Cass. pen. n. 8047/2007

Il sanitario dell'INPS ufficialmente incaricato di eseguire la visita di controllo sul lavoratore a seguito di assenza per malattia, ricopre una posizione di autorità derivante dalla funzione pubblica esercitata: ne consegue che detto medico risponde del reato di violenza sessuale, ai sensi dell'art. 609 bis c.p., qualora, nel corso della visita ed abusando della propria autorità, induce la paziente a denudarsi ed a tollerare palpeggiamenti di carattere sessuale.

Cass. pen. n. 42092/2006

Alla madre che esercita la potestà su persona di minore età, affetta da menomazione psichica, incombe l'obbligo di protezione e di educazione, e quindi l'obbligo di impedire un evento di cui sia chiaramente consapevole, quale il compimento di atti di abuso sessuale e di sfruttamento della prostituzione del minore ad opera del convivente.

Cass. pen. n. 40443/2006

Integra il delitto di violenza sessuale non solo la violenza che pone il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre tutta la resistenza possibile, realizzando un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta con il compimento di atti idonei a superare la volontà contraria della persona offesa, soprattutto se la condotta criminosa si esplica in un contesto ambientale tale da vanificare ogni possibile reazione della vittima. (Nel caso di specie, l'imputato aveva accompagnato una propria dipendente in auto, con un pretesto connesso allo svolgimento del lavoro, e sostando lungo il percorso, contro la volontà della stessa, in un luogo appartato, l'aveva percossa e trattenuta con la forza, compiendo sulla stessa atti sessuali consistiti in toccamenti e baci, mentre si masturbava).

Cass. pen. n. 33662/2006

In tema di reati sessuali, è ammissibile il concorso del reato di violenza sessuale con il delitto di violenza privata, quando quest'ultimo, pur strumentale rispetto alla condotta criminosa di cui all'art. 609 bis c.p., rappresenta un «quid pluris» che eccede il compimento dell'attività sessuale coatta. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto la coartazione morale a trattenersi nel luogo di lavoro oltre l'orario, imposta con abuso della posizione di datore di lavoro, come condotta autonoma rispetto alla minaccia di licenziamento, utilizzata invece per costringere la vittima ad acconsentire al soddisfacimento delle pulsioni libidinose dell'agente).

Cass. pen. n. 33464/2006

In tema di reati sessuali, la condotta vietata dall'art. 609 bis c.p. comprende, oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, o comunque coinvolgendo la corporeità sessuale di quest'ultimo, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale, non avendo rilievo determinante, ai fini del perfezionamento del reato, la finalità dell'agente e l'eventuale soddisfacimento del proprio piacere sessuale.

Cass. pen. n. 22036/2006

In tema di reati contro la libertà sessuale, la circostanza attenuante della minore gravità del fatto è riferibile anche alle condotte di violenza sessuale aggravate in conseguenza dell'età inferiore ai dieci anni della vittima, in quanto, seppure gli atti sessuali commessi in danno di bambini in tenera età sono reati da considerare gravi per le ripercussioni negative sullo sviluppo del minore, non può escludersi che, per le circostanze concrete del fatto, tale delitto possa manifestare una minore lesività.

Cass. pen. n. 21167/2006

In materia di reati sessuali non è affetta da indeterminatezza la nozione di atti sessuali di cui all'art. 609 bis c.p., la quale — interpretata alla luce della libertà sessuale, interesse protetto dalla fattispecie — comprende tutti quegli atti indirizzati verso zone erogene della vittima e quindi anche i toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime anche sopra i vestiti, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale dell'autore.

Cass. pen. n. 16292/2006

In tema di reati contro la libertà sessuale, nei rapporti di coppia di tipo coniugale non ha valore scriminante il fatto che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali e li subisca, quando è provato che l'autore, per le violenze e minacce precedenti poste ripetutamente in essere nei confronti della vittima, aveva la consapevolezza del rifiuto implicito della stessa agli atti sessuali. (Nella fattispecie si trattava di due episodi di violenza sessuale, perpetrati dal marito nei confronti della moglie — dalla quale viveva da anni separato — costretta ad incontrarlo a seguito di ripetute minacce di morte e di comportamenti aggressivi, tra i quali un tentativo di incendio della di lei abitazione).

Cass. pen. n. 7369/2006

In tema di violenza sessuale (art. 609 bis c.p.), la condotta sanzionata comprende qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, pur se fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo del reato, ovvero in un coinvolgimento della sfera fisica di quest'ultimo, ponga in pericolo la libera autodeterminazione della persona offesa nella sfera sessuale. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto giuridicamente corretto l'inquadramento nella fattispecie di molestie, sanzionata a norma dell'art. 660 anziché, in quella di cui all'art. 609 bis c.p., della condotta posta in essere dall'imputato, consistita nel «toccamento dei glutei» di una donna contro la volontà di quest'ultima).

Cass. pen. n. 6340/2006

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 609 bis c.p., violenza sessuale, non è necessaria una violenza che ponga il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre una resistenza, essendo sufficiente che l'azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo.

Cass. pen. n. 2215/2006

In tema di violenza sessuale, il rapporto sessuale con persone che si trovano in stato di inferiorità fisica o psichica è penalmente rilevante solo quando è caratterizzato da un qualificato differenziale di potere, cioè quando è connotato da induzione da parte del soggetto forte e da abuso delle condizioni di inferiorità del soggetto debole, induzione che si configura come attività di vera e propria sopraffazione nei confronti della vittima, la quale non è in grado di aderire perché convinta a farlo, ma soggiace al volere del soggetto attivo in quanto è ridotta a mero strumento di soddisfazione delle sue voglie. (Nel caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto corretto il riconoscimento dell'induzione delle persone offese, di età minore, a compiere atti sessuali mediante abuso di inferiorità psichica, benché la stessa non fosse collegata ad uno stato patologico di carattere organico, ma fosse conseguenza di una situazione ambientale di soggezione generale, nella quale l'imputato appariva come persona dotata di poteri occulti, temibile, e pertanto in grado, sotto l'egida dei riti magici, di vincere i poteri di resistenza delle vittime, abusando sessualmente delle stesse).

Cass. pen. n. 549/2006

Integra il delitto di violenza sessuale di cui all'art. 609 bis c.p. anche il mero sfioramento con le labbra del viso altrui per dare un bacio, posto che tra gli atti suscettibili di integrare tale delitto possono essere ricompresi anche quelli insidiosi e rapidi riguardanti zone erogene su persona non consenziente (come, ad es. palpamenti al seno e tentativi di baci sulla bocca).

Cass. pen. n. 45957/2005

La molestia sessuale si differenzia dall'abuso — anche nella forma tentata — in quanto prescinde da contatti fisici a sfondo sessuale e normalmente si estrinseca o con petulanti corteggiamenti non graditi o con petulanti telefonate o con espressioni volgari, nelle quali lo sfondo sessuale costituisce un motivo e non un momento della condotta.

Cass. pen. n. 44246/2005

In tema di violenza sessuale, la nozione di atti sessuali è la risultante della somma dei concetti di congiunzione carnale ed atti di libidine, previsti dalle previgenti fattispecie di violenza carnale ed atti di libidine violenti, per cui essa viene a comprendere tutti gli atti che, secondo il senso comune e l'elaborazione giurisprudenziale, esprimono l'impulso sessuale dell'agente con invasione della sfera sessuale del soggetto passivo. Devono pertanto essere inclusi i toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime delle vittime, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo irrilevante, ai fini della consumazione del reato, che il soggetto attivo consegua la soddisfazione erotica. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto che anche i toccamenti delle parti intime o, più in generale, erogene, effettuati sopra i vestiti e gli abbracci accompagnati da toccamenti di parti del corpo della vittima, integrano gli elementi del delitto di cui all'art. 609 bis c.p.).

Cass. pen. n. 32971/2005

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 609 bis, comma secondo, c.p. (induzione all'atto sessuale con abuso delle condizioni di inferiorità della persona offesa), non è necessario che l'induzione determini un inganno della vittima, essendo sufficiente che questa venga spinta verso l'atto sessuale, anche a seguito di un opera di persuasione sottile o subdola che convinca il soggetto a compiere o subire l'atto sessuale.

Cass. pen. n. 15638/2005

In tema di concorso di reati, il delitto di violenza sessuale (art. 609 bis c.p.) può concorrere con quello di sequestro di persona (art. 605 c.p.), in quanto la condotta di violenza, minaccia o abuso di autorità preordinata a costringere la vittima a compiere o subire atti sessuali, che caratterizza la fattispecie di cui all'art. 609 bis c.p., non necessariamente comporta la privazione della libertà in danno della persona offesa.

Cass. pen. n. 13710/2005

In caso di violenza sessuale presunta, di cui all'art. 609 bis, comma secondo, c.p., nella quale la persona offesa consente all'atto sessuale ma il suo consenso è viziato dall'inganno o dall'abuso che il soggetto agente compie giovandosi dello stato di inferiorità fisica o psichica della stessa persona offesa, il consenso si configura quale elemento strutturale della fattispecie criminosa e non può essere conseguentemente valutato quale circostanza attenuante ai sensi dell'art. 62 n. 5 c.p.

Cass. pen. n. 48521/2004

Integra un tentativo di violenza sessuale l'usare minaccia — nella specie, con una pistola sparachiodi — per ottenere da una prostituta il consenso alla proposta di consumare un rapporto sessuale non protetto al prezzo di uno protetto.

Cass. pen. n. 46760/2004

Il reato di violenza sessuale, di cui all'art. 609 bis c.p., non assorbe quello di lesioni personali, trattandosi di fattispecie che offendono beni diversi e che non si pongono in relazione di progressione, e ciò in quanto la privazione della libertà sessuale può essere realizzata con mezzi che non producono lesioni personali; conseguentemente allorché oltre alla violenza sessuale si cagionano lesioni personali alla vittima del reato, anche soltanto per vincerne la resistenza, si configurano entrambi i reati in concorso.

Cass. pen. n. 39936/2004

Il reato di sequestro di persona, di cui all'art. 605 c.p., attuato attraverso la privazione della libertà del soggetto passivo di una violenza sessuale per un tempo superiore a quello di consumazione della violenza stessa, concorre con quello di cui violenza sessuale di cui all'art. 609 bis c.p.

Cass. pen. n. 37395/2004

La condotta vietata dall'art. 609 bis c.p. ricomprende oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, ovvero in un coinvolgimento della corporeità sessuale di quest'ultimo, sia idoneo e finalizzato a porne in pericolo la libera autodeterminazione della sfera sessuale. Pertanto la valutazione del giudice sulla sussistenza dell'elemento oggettivo non deve fare riferimento unicamente alle parti anatomiche aggredite ed al grado di intensità fisica del contatto instaurato, ma deve tenere conto dell'intero contesto in cui il contatto si è realizzato e della dinamica intersoggettiva, esaminando la vicenda con un approccio interpretativo di tipo sintetico: di conseguenza possono costituire un'indebita intrusione fisica nella sfera sessuale non solo i toccamenti delle zone genitali, ma anche quelli delle zone ritenute «erogene» — ossia in grado di stimolare l'istinto sessuale — dalla scienza medica, psicologica ed antropologico-sociologica. (Nel caso di specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, esaminato il contesto complessivo della vicenda, aveva ricompreso nella nozione di atto sessuale anche ripetuti palpeggiamenti dei glutei ed altre «molestie sessuali», poste in essere, nel luogo di lavoro e nei confronti di molteplici vittime, da un soggetto in posizione sovraordinata rispetto alle stesse).

Cass. pen. n. 35118/2004

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 609 bis c.p., sollevata con riferimento agli artt. 3 e 25, comma secondo, della Costituzione, atteso che la nozione di «atti sessuali», richiamata dalla norma ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale, altro non è se non la risultante della somma delle previgenti nozioni di «congiunzione carnale» e di «atti di libidine», previste rispettivamente dagli abrogati artt. 519 e 521 c.p., per cui essa viene a comprendere tutti gli atti che, secondo il senso comune e l'elaborazione giurisprudenziale, esprimono l'impulso sessuale dell'agente con invasione della sfera sessuale del soggetto passivo.

Cass. pen. n. 27485/2004

L'abuso sessuale particolarmente invasivo dell'intimità del soggetto passivo in quanto posto in essere con modalità subdole tali da carpire, prima, e tradire, poi, la fiducia della persona offesa ponendola in posizione di inferiorità fisica rispetto alla condotta aggressiva dell'agente, è ostativo alla concessione dell'attenuante del fatto di minore gravità (art. 609 bis c.p. ultimo comma).

Cass. pen. n. 25727/2004

In tema di reati contro la libertà sessuale, il consenso agli atti sessuali deve perdurare nel corso dell'intero rapporto senza soluzione di continuità, con la conseguenza che integra il reato di cui all'art. 609 bis c.p. la prosecuzione di un rapporto nel caso in cui il consenso originariamente prestato venga meno in itinere a seguito di un ripensamento o della non condivisione delle forme o modalità di consumazione dell'amplesso.

Cass. pen. n. 25464/2004

Le prestazioni sessuali eseguite in videoconferenza in modo da consentire al fruitore delle stesse di interagire in via diretta ed immediata con chi esegue la prestazione, con la possibilità di richiedere il compimento di atti sessuali determinati, assume il valore di atto di prostituzione e configura il reato di sfruttamento della prostituzione a carico di coloro che abbiano reclutato gli esecutori delle prestazioni o ne abbiano consentito lo svolgimento creando i necessari collegamenti via internet o ne abbiano tratto guadagno, atteso che è irrilevante il fatto che chi si prostituisce ed il fruitore della prestazione si trovino in luoghi diversi in quanto il collegamento in videoconferenza consente all'utente di interagire con chi si prostituisce in modo tale da potere richiedere a questi il compimento di atti sessuali determinati che vengono immediatamente percepiti da chi ordina la prestazione sessuale a pagamento.

Cass. pen. n. 24212/2004

Ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale con abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa, di cui all'art. 609 bis, comma secondo n. 1, c.p., occorre accertare non soltanto se la persona con la quale è intercorso il rapporto sessuale abbia espresso il proprio consenso, ma altresì se tale consenso non si configuri quale conseguenza di una strumentalizzazione della inferiorità della vittima da parte dell'autore del fatto che abbia sfruttato le condizioni di minorata capacità di resistenza o di comprensione della natura dell'atto da parte del soggetto passivo.

Cass. pen. n. 21584/2004

In riferimento ad un'accusa per il delitto di violenza sessuale ex art. 609 bis, comma primo n. 1) c.p., commesso con abuso delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della vittima, la sentenza che dichiara invece accertata una condotta di violenza e minaccia, viola il principio di correlazione tra fatto contestato e quello ritenuto in sentenza, ed è pertanto affetta da nullità, se nel corso del processo l'imputato non è stato posto in grado di difendersi concretamente anche in merito a tale distinta condotta, ancorché non inserita nel capo di imputazione.

Cass. pen. n. 19562/2004

Ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale, di cui all'art. 609 bis c.p., a seguito del suo inquadramento tra i delitti contro la libertà personale e non più tra quelli contro la moralità pubblica, l'illiceità dei comportamenti deve essere valutata alla stregua del rispetto dovuto alla persona e sulla loro attitudine ad offendere la libertà di determinazione della sfera sessuale, che prescinde dal grado di intrusione corporale subita dalla vittima, assumendo minore rilievo l'indagine sul loro impatto nel contesto sociale e culturale in cui avvengono.

Cass. pen. n. 15464/2004

I reati di violenza sessuale offendono la libertà personale intesa come libertà di autodeterminazione a compiere un atto sessuale, e non già la libertà morale della vittima, oppure il pudore e l'onore sessuale. Ne consegue che non ogni atto espressivo della concupiscenza dell'agente configura un atto sessuale idoneo a ledere la libertà di determinazione sessuale del soggetto passivo, essendo indispensabile che tale atto offenda la sfera della sessualità fisica della vittima. La nozione di atti sessuali è, in pratica, la somma dei concetti di congiunzione carnale ed atti di libidine previsti dalle previgenti fattispecie di violenza carnale ed atti di libidine violenti: non possono essere inclusi in tale nozione quei comportamenti quali un gesto di esibizionismo sessuale o un atto di autoerotismo compiuto davanti a terzi — che, pur essendo manifestazione di istinto sessuale, non si concretano in un contatto corporeo tra soggetto attivo e soggetto passivo, ovvero non coinvolgono la corporeità di quest'ultimo.

Cass. pen. n. 14789/2004

Il reato di violenza sessuale è configurabile anche all'interno del rapporto di coppia, coniugale o paraconiugale che sia, ogni qual volta vi sia un costringimento fisico-psichico idoneo ad incidere sulla libertà di autodeterminazione del partner, sempre che, sul piano soggettivo, risulti dimostrata la consapevolezza, da parte dell'agente, dell'altrui rifiuto, anche non espresso ma chiaramente percepibile, all'atto sessuale.

In tema di reati contro la libertà sessuale, integra la violazione dell'art. 609 bis c.p. qualsiasi forma di costringimento psico-fisico idonea ad incidere sull'altrui libertà di autodeterminazione, a nulla rilevando l'esistenza di un rapporto di coppia coniugale o paraconiugale tra le parti, atteso che non esiste all'interno di un tale rapporto un “diritto all'amplesso” nè conseguentemente il potere di esigere o imporre una prestazione sessuale.

Cass. pen. n. 6945/2004

In tema di violenza sessuale, l'elemento oggettivo consiste sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nella intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, sia anche nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevenendone la manifestazione di dissenso.(Nel caso di specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva affermato la responsabilità per il delitto di violenza sessuale di un medico convenzionato, il quale, profittando della circostanza di dover effettuare un'iniezione ad una paziente nel proprio ambulatorio, l'aveva indotta a spogliarsi e, repentinamente, palpeggiandole i seni, aveva avvicinato il proprio organo genitale a quello della donna).

Cass. pen. n. 2646/2004

In tema di violenza sessuale in danno di persona che si trovi in stato di inferiorità fisica o psichica, si ha induzione punibile quando la condotta configuri una vera e propria sopraffazione nei confronti della vittima che soggiace al volere del soggetto attivo, ridotta a strumento di soddisfazione. (Fattispecie relativa a persona offesa che aveva bevuto una quantità di bevande alcooliche tale da determinare un evidente indebolimento psichico di cui era pienamente consapevole il soggetto attivo per essere stato presente all'assunzione delle bevande per tutta la sera).

Cass. pen. n. 2597/2004

In tema di reati contro la libertà sessuale,ai fini dell'accertamento della sussistenza o meno dell'attenuante speciale del fatto di minore gravità, prevista dall'art. 609 bis, terzo comma, c.p., deve farsi riferimento oltre che alla materialità del fatto a tutte le modalità della condotta criminosa ed al danno arrecato alla parte lesa, ovvero agli elementi indicati dal primo comma dell'art. 133 c.p., ma non possono venire in rilievo gli ulteriori elementi di cui al secondo comma dello stesso articolo 133, utilizzabili solo per la commisurazione complessiva della pena.

Cass. pen. n. 47730/2003

In tema di abusi sessuali, ai fini della configurabilità della diminuente del fatto di minore gravità prevista dall'art. 609 bis, terzo comma, c.p. non può farsi riferimento esclusivo alla materialità del fatto, come nel precedente assetto normativo, ma in proposito rilevano tutte le modalità che hanno caratterizzato la condotta criminosa, ed il danno cagionato alla persona offesa soprattutto in considerazione dell'età della stessa o di altre condizioni psichiche nelle quali questa versava al momento della commissione dell'abuso.

Cass. pen. n. 47453/2003

Il delitto di violenza sessuale in danno di persona che si trovi in stato di inferiorità psichica o fisica è integrato da una condotta posta in essere con la piena consapevolezza della condizione di inferiorità della vittima e se l'azione sia conseguente ad induzione ed abuso. (La Corte ha altresì affermato che si ha induzione quando il soggetto passivo viene convinto a compiere od a subire l'atto sessuale, mentre si ha abuso quando si realizza una distorta utilizzazione delle condizioni di menomazione della vittima).

Cass. pen. n. 46289/2003

In tema di violenza sessuale sui minori avvenuta in ambito familiare, le dichiarazioni dei congiunti che hanno raccolto le confidenze del minore costituiscono veri e propri riscontri allorché integrano qualificate deposizioni de relato e riferiscono informazioni rese in un contesto di normalità allo scopo di soddisfare un naturale bisogno di difesa e protezione del minore stesso.

Cass. pen. n. 36758/2003

In tema di violenza sessuale, deve ritenersi «atto sessuale», previsto dall'art. 609 bis c.p., oltre al coito di qualsiasi natura, ogni atto diretto ed idoneo a compromettere la libertà della persona attraverso l'eccitazione o il soddisfacimento dell'istinto sessuale dell'agente. Ne consegue che per la configurabilità del reato occorre la contestuale presenza di un requisito soggettivo, consistente nel fine di concupiscenza (ravvisabile anche nel caso in cui l'agente non ottenga il soddisfacimento sessuale), e di un requisito oggettivo, consistente nella concreta idoneità della condotta a compromettere la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale e a suscitare o soddisfare la brama sessuale dell'agente (in applicazione di tale principio la Corte ha ravvisato il suddetto reato nella condotta dell'agente consistita in toccamenti e palpeggiamenti in zone erogene della vittima non consenziente, in quanto invasiva dell'altrui sfera sessuale e motivata da finalità di libidine).

Cass. pen. n. 28505/2003

Deve includersi nella nozione di atti sessuali il «palpeggiamento» delle natiche in quanto tale comportamento costituisce una effettiva e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima e, sebbene superficiale, integra una oggettiva manifestazione di sessualità.

Cass. pen. n. 18847/2003

La condotta vietata dall'art. 609 bis c.p. (violenza sessuale) comprende — se connotata da costrizione — sia ogni forma di congiunzione carnale tra autore del reato e soggetto passivo, sia qualsiasi atto che offende in modo diretto ed univoco la libertà sessuale della vittima (requisito oggettivo), attraverso l'eccitazione dell'agente e l'eventuale soddisfacimento del suo istinto sessuale (requisito soggettivo). Di conseguenza, il delitto di violenza sessuale è configurabile non solo nei casi in cui avvenga un contatto fisico diretto tra soggetto attivo e soggetto passivo, ma anche quando il soggetto attivo, al fine del soddisfacimento del proprio piacere sessuale, costringa due soggetti diversi, da considerare entrambi soggetti passivi, a “compiere o subire” atti sessuali solo tra loro.

Cass. pen. n. 12862/2003

La nozione di atti sessuali, contenuta nell'art. 609 bis c.p. è, per quanto attiene all'elemento oggettivo del reato, la somma in un'unica categoria generale delle due nozioni, previgenti alla legge n. 66 del 1996, di congiunzione carnale e di atti di libidine e trova il suo fondamento nel mutato oggetto giuridico dei reati sessuali e nell'esigenza di evitare alla vittima invasive indagini processuali.

Cass. pen. n. 12854/2003

In tema di atti sessuali compiuti in danno di persona in condizioni di inferiorità psichica, la semplice mancanza di resistenza della parte offesa sia nella fase iniziale che durante lo svolgimento dell'atto, non preceduto o accompagnato da atti di violenza fisica o da minaccia, non può di per sé ritenersi inequivocabilmente sintomatica di quello stato di inferiorità psichica che, ai sensi dell'art. 609 bis, comma 2 n. 1 c.p., rende invalido il consenso.

Cass. pen. n. 12007/2003

In tema di atti sessuali con minorenne la nozione di “atti sessuali”, così come del resto l'ipotesi di “minore gravità”, non si differenzia da quella prevista dall'art. 609 bis c.p. e non può essere caratterizzata da una concezione psicologico-comportamentale alla luce della qualità della parte offesa, dovendo piuttosto basarsi sull'effettiva lesività del bene protetto e, quindi, sulla compressione della libertà sessuale della vittima.

Cass. pen. n. 32513/2002

La figura di violenza sessuale delineata al comma 2 n. 1 dell'art. 609 bis c.p., centrata sull'induzione all'atto sessuale di persona in condizioni di inferiorità fisica o psichica, si distingue sia dalla fattispecie di costrizione mediante abuso di autorità (comma 1 della stessa norma), che da quella di atti sessuali compiuti con minori degli anni sedici ad opera dell'ascendente o di altri soggetti in rapporto qualificato con la persona offesa (comma 1 n. 2 dell'art. 609 quater c.p.). L'abuso di autorità rilevante per il comma 1 dell'art. 609 bis c.p. presuppone nell'agente una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico, sostanzialmente dipendente dall'affidamento del soggetto passivo in ragione del pubblico ufficio ricoperto dall'agente stesso (secondo la previsione dell'abrogato art. 520 c.p.) e determina una costrizione al compimento degli atti sessuali, mentre nella figura delineata al comma 2 n. 1 della stessa norma manca una relazione siffatta e sussiste invece, per quanto viziato dalla condizione di inferiorità, un consenso della vittima all'atto sessuale. Detto consenso ricorre anche nell'ipotesi di atti sessuali con minorenni da parte dei soggetti indicati al comma 1 n. 2 dell'art. 609 quater c.p., ma tale ultima fattispecie prescinde dalla concreta soggezione della persona offesa, assegnando rilevanza al dato formale della relazione di parentela, di affidamento o di convivenza.

Cass. pen. n. 40712/2001

In applicazione della regola dettata dall'art. 40 cpv. c.p., secondo cui il non impedire un evento che si abbia l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo, deve ritenersi responsabile di concorso nel reato di violenza sessuale continuata commesso da un padre nei confronti della figlia minore la madre di quest'ultima, la quale, benché resa compiutamente edotta dei fatti, abbia sistematicamente omesso di denunciarli e di chiedere l'intervento dell'autorità, limitandosi invece ad esortare la vittima alla sopportazione ed al perdono.

Cass. pen. n. 21577/2001

È configurabile il tentativo di violenza sessuale di cui all'art. 609 bis c.p. quando, pur in mancanza di atti di contatto fisico tra imputato e persona offesa, la condotta tenuta denoti il requisito soggettivo dell'intenzione di raggiungere l'appagamento di propri istinti sessuali e quello oggettivo della idoneità a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto la sussistenza del delitto tentato in fattispecie in cui l'imputato deviò la propria auto dal tragitto ordinario per ricondurre la persona offesa a casa, si fermò in zona isolata, si spostò sul sedile posteriore dell'auto dove si trovava la ragazza, le rivolse frasi espressive della volontà di avere approcci sessuali e quindi la inseguì dopo che si era data alla fuga).

Cass. pen. n. 3998/2001

Il delitto di violenza sessuale continuata non concorre formalmente con il delitto di maltrattamenti, atteso che anch'esso è caratterizzato da un dolo unitario e programmatico, né il concorso tra i due reati può essere giustificato dalla loro diversa obiettività giuridica, trattandosi di criterio estraneo alla configurazione codicistica del principio di specialità.

Cass. pen. n. 3990/2001

In tema di reati contro la libertà sessuale, la violenza richiesta per la integrazione del reato non è soltanto quella che pone il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre tutta la resistenza voluta, tanto da realizzare un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta nel compimento insidiosamente rapido dell'azione criminosa, così venendosi a superare la contraria volontà del soggetto passivo. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto integrato il reato di cui all'art. 609 bis c.p. nel caso di improvvisi palpamenti del seno di alcune alunne da parte di un funzionario scolastico).

In tema di violenza sessuale, la repentinità di azione, idonea a limitare la libertà di autodeterminazione della vittima e a renderne inoperante la capacità di resistenza, facendole subire un atto che in altre condizioni non sarebbe stato compiuto, costituisce una forma di aggressione alla libertà sessuale. (Fattispecie relativa a palpeggiamenti «repentini e improvvisi» ad opera di un impiegato di un istituto scolastico nei confronti di alcune studentesse).

Cass. pen. n. 3553/2000

Ai fini della qualificazione di un atto come «atto sessuale», quale previsto dall'art. 609 bis c.p., non deve necessariamente farsi riferimento all'istinto sessuale del soggetto agente, ben potendo rientrare nella nozione in questione anche un atto il quale, pur non valendo ad appagare il detto istinto, costituisca indebita invasione della sfera sessuale del soggetto passivo. (Nella specie, in applicazione di tale principio, è stato ritenuto che correttamente fosse stato configurato il reato di violenza sessuale in un caso in cui il soggetto passivo era stato costretto a subire la penetrazione in vagina di alcuni oggetti, ad opera degli imputati).

Cass. pen. n. 12446/2000

La condotta vietata dall'art. 609 bis c.p. (violenza sessuale) ricomprende, se connotata da costrizione (violenza, minaccia o abuso di autorità), sostituzione ingannevole di persona ovvero abuso di condizione di inferiorità fisica o psichica, qualsiasi atto - anche se non esplicato attraverso il contatto fisico diretto con il soggetto passivo - che sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo il bene primario della libertà dell'individuo attraverso l'eccitazione o il soddisfacimento dell'istinto sessuale dell'agente, atteso che il riferimento al sesso non deve limitarsi alle zone genitali, ma ricomprendere anche quelle ritenute dalla scienza non solo medica, ma anche psicologica ed antropologica-sociologica erogene, ovvero tali da dimostrare l'istinto sessuale.

Cass. pen. n. 11278/2000

Attesa la qualificabilità del reato di violenza sessuale di cui all'art. 609 bis c.p. come reato di pura condotta, ed avuto riguardo alla nozione di “atti sessuali” cui la norma incriminatrice si riferisce, deve escludersi la configurabilità del tentativo, vertendosi invece in ipotesi di reato consumato, qualora la condotta posta in essere sia consistita in comportamenti in sé stessi riconducibili alla sfera della sessualità umana e tali da coinvolgere, nella loro connotazione oggettiva, la corporeità sessuale della persona offesa compromettendo la libertà di autodeterminazione di quest'ultima ed al tempo stesso realizzando il risultato di eccitare o sfogare l'istinto sessuale del soggetto attivo. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha ritenuto la sussistenza del reato consumato di violenza sessuale in un caso in cui il soggetto attivo aveva costretto la persona offesa a masturbarlo nonché a subire degli strofinamenti con il pene in erezione sul fondo schiena).

Corte cost. n. 295/2000

È manifestamente inammissibile, in riferimento all'art. 25 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 609 bis c.p., nella parte in cui accomunando sotto un'unica previsione fatti che prima integravano i distinti reati di violenza carnale e di atti di libidine violenti e unificando le condotte incriminate mediante la locuzione «atti sessuali», senza ulteriore descrizione o definizione, difetterebbe di determinatezza, non essendo rinvenibile nel linguaggio corrente e nella letteratura scientifica una nozione comunemente e univocamente accettata di atto sessuale.

Cass. pen. n. 13/2000

In tema di violenza sessuale, l'«abuso di autorità» di cui all'art. 609 bis, primo comma, c.p. presuppone nell'agente una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso la configurabilità dell'abuso di autorità in un'ipotesi in cui l'agente aveva compiuto atti sessuali con un minore degli anni sedici che gli era stato affidato, nella sua qualità di insegnante privato, per ragioni di istruzione ed educazione ed ha conseguentemente ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva qualificato il fatto come atti sessuali con minorenne — art. 609 quater c.p. — anziché come violenza sessuale — art. 609 bis c.p.).

Cass. pen. n. 7772/2000

Devono includersi nella nozione di atti sessuali tutti quegli atti indirizzati verso zone erogene, e che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità del soggetto passivo e ad entrare nella sua sfera sessuale con modalità connotate dalla costrizione, sostituzione di persona, abuso di condizioni di inferiorità fisica o psichica. Tra questi vanno ricompresi i toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime delle vittime, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo del tutto irrilevante, ai fini della consumazione, che il soggetto abbia o meno conseguito la soddisfazione erotica. La prevalenza dell'aspetto oggettivo e non di quello soggettivo, come avveniva in precedenza per gli atti di libidine discende dalla differente collocazione e dal diverso bene giuridico protetto dai reati introdotti dalla legge 15 febbraio 1996, n. 66 rispetto a quelli in precedenza contemplati dal codice del 1930.

Cass. pen. n. 5646/2000

In tema di violenza sessuale, stante il carattere indefinito e discrezionale della circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all'art. 609 bis, è necessario fare riferimento a criteri normativi certi quali gli elementi menzionati dall'art. 133 c.p. ed all'oggettiva minore lesività del fatto in concreto rapportata al bene giuridico tutelato. Pertanto, assumono particolare importanza la «qualità» dell'atto compiuto più che la «quantità» di violenza fisica, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di quest'ultima, le caratteristiche psicologiche valutate in relazione all'età, l'entità della compressione della libertà sessuale ed il danno arrecato alla vittima anche in termini psichici più che l'avvenuta penetrazione corporale.

L'attenuante di cui all'art. 609, comma 3, c.p. non risponde ad esigenze di adeguamento del fatto alla colpevolezza del reo, ma concerne la minore lesività del fatto in concreto rapportata al bene giuridico tutelato e, quindi, assume particolare importanza la qualità dell'atto compiuto più che la quantità di violenza fisica. Ovvero assumono rilievo il grado di coartazione esercitato sulla vittima e le condizioni, fisiche e mentali, di quest'ultima, le caratteristiche psicologiche, valutate in relazione all'età, l'entità della compressione della libertà sessuale ed il danno arrecato alla vittima anche in termini psichici. (Nella specie la Corte ha escluso l'attenuante in questione in caso di violenza su minore infraquattordicenne anche se non si era realizzata la penetrazione).

La circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all'art. 609 bis c.p. deve considerarsi applicabile in tutte quelle fattispecie in cui, avuto riguardo alle modalità esecutive ed alle circostanze dell'azione, sia possibile ritenere che la libertà sessuale personale della vittima sia stata compressa in maniera non grave, anche in relazione all'età della stessa, sicché è necessaria una valutazione globale del fatto, non limitata alle sole componenti oggettive del reato, bensì estesa a quelle soggettive ed a tutti gli elementi menzionati dall'art. 133 c.p.

Cass. pen. n. 1405/2000

Ai fini della configurabilità del reato ex art. 609 bis, è sufficiente e necessario, sotto il profilo soggettivo, l'ordinario dolo generico inteso quale coscienza e volontà di compiere atti di invasione nella sfera sessuale altrui, senza l'ulteriore necessità di quelle finalità particolari quali il soddisfacimento dell'istinto sessuale che non rientrano nella fattispecie tipica.

Cass. pen. n. 4402/2000

In tema di violenza sessuale, devono ritenersi integrati gli “atti sessuali”, previsti dall'art. 609 bis c.p., allorché la condotta illecita offende in modo diretto e univoco la libertà sessuale della vittima, mentre le finalità dell'agente e l'eventuale soddisfacimento dei suoi desideri non assumono un rilievo decisivo ai fini del perfezionamento del reato, che è caratterizzato dal dolo generico e richiede semplicemente la coscienza e volontà dell'offesa.

Cass. pen. n. 972/2000

In tema di abusi sessuali, ai fini dell'accertamento della diminuente del fatto di minore gravità prevista dall'art. 609 bis, comma 3, c.p. deve farsi riferimento, oltre che alla materialità del fatto, a tutte le modalità che hanno caratterizzato la condotta criminosa, nonché al danno arrecato alla parte lesa, anche e soprattutto in considerazione dell'età della stessa o di altre condizioni psichiche in cui versi. (Fattispecie di annullamento con rinvio per carenza di motivazione essendosi limitato il giudice di merito a far coincidere la minore gravità esclusivamente con la natura dell'abuso sessuale, analogamente a quanto previsto dall'abrogato sistema normativo; la Corte ha osservato che la citata diminuente è stata invece introdotta al fine di svincolare la valutazione della gravità del fatto dai limiti della materialità della condotta posta in essere, così come era in precedente, elevandola ad un giudizio più ampio che deve tener conto di tutte le componenti del caso).

Cass. pen. n. 4005/2000

Nella nozione di atti sessuali di cui all'art. 609 bis c.p. si devono includere non solo gli atti che involgono la sfera genitale, bensì tutti quelli che riguardano zone del corpo note, secondo la scienza medica, psicologica, antropologico-sociologica, come erogene. Tali zone sono quelle note come stimolanti l'istinto sessuale, sicché detti atti, quando commessi su persona non consenziente o infraquattordicenne, ledono il bene protetto, cioè la libertà sessuale del soggetto passivo.

Cass. pen. n. 2512/2000

In tema di libertà sessuale non è necessario che il dissenso della vittima si manifesti per tutto il periodo di esecuzione del delitto, essendo sufficiente che si estrinsechi all'inizio della condotta antigiuridica. Conseguentemente gli imputati non possono invocare a loro giustificazione di aver agito in presenza di un consenso dell'avente diritto, tacito o presunto, stante la tempestiva reazione della vittima nel momento iniziale.

Cass. pen. n. 1913/2000

Deve ritenersi corretta la qualificazione di incaricato di pubblico servizio attribuita al medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale perché investito di funzioni di carattere pubblicistico aventi nel contempo natura sanitaria ed amministrativa, infatti una volta inseritosi nella struttura il medico non può scindere le funzioni di competenza. Momento di rilievo pubblicistico è non solo quello certificativo, perché questo non è altro che l'attestazione delle mansioni già espletate dall'agente come incaricato di un servizio avente certamente finalità pubblica, la cui parte più delicata non consiste nella certificazione, bensì nelle attività prodromiche alla stessa. (In applicazione di tale principio la Corte ha affermato la procedibilità di ufficio per i reati contro la libertà sessuale commessi da un medico del servizio sanitario nazionale durante le visite ambulatoriali).

Cass. pen. n. 1911/2000

L'idoneità della violenza o della minaccia a coartare la volontà della vittima nei reati di violenza sessuale vanno esaminate non secondo criteri astratti aprioristici, ma tenendosi conto, in concreto, di ogni circostanza oggettiva e soggettiva; sicché anche una semplice minaccia o intimidazione psicologica, attuata in situazioni particolari tali da influire negativamente sul processo mentale di libera determinazione della vittima, può esser sufficiente ad integrare, senza necessità di protrazione nel corso della successiva fase della condotta tipica dei reati in esame, gli estremi della violenza.

Cass. pen. n. 860/2000

Costituisce abuso di autorità, rilevante ai fini della commissione del reato di violenza sessuale punito dall'art. 609 bis c.p., la condotta dell'ufficiale comandante di un battaglione dell'esercito, il quale strumentalizzi la sua posizione di preminenza nella gerarchia militare e prevarichi mediante i poteri direttivi connessi con la titolarità della funzione esercitata al fine di sottoporre i militari in servizio di leva alle sue dipendenze ad atti sessuali. (Nella specie la violenza si esercitava mediante svolgimento di temi e tests su argomenti e situazioni a sfondo sessuale, ritraendone le pose in fotografie).

Cass. pen. n. 2941/1999

La nozione di «atti sessuali» cui fa riferimento l'art. 609 bis c.p., nasce dalla semplice somma delle due nozioni di congiunzione carnale e di atti di libidine che la legislazione previgente considerava e disciplinava separatamente. Ne consegue che essa non può non comportare — così come la comportavano le due distinte nozioni preesistenti — un coinvolgimento della corporeità sessuale della persona offesa. Non possono, pertanto, qualificarsi come «atti sessuali», nel senso richiesto dalla suddetta norma incriminatrice, tutti quegli atti, i quali, pur essendo espressivi di concupiscenza sessuale, siano però inidonei (come nel caso dell'esibizionismo, dell'autoerotismo praticato in presenza di altri costretti ad assistervi o del voyerismo), ad intaccare la sfera della sessualità fisica della vittima, comportando essi soltanto offesa alla libertà morale di quest'ultima o al sentimento pubblico del pudore.

Cass. pen. n. 11558/1999

La circostanza attenuante, prevista dal terzo comma dell'art. 609 bis c.p. nei «casi di minore gravità» deve considerarsi applicabile in tutte quelle fattispecie in cui — avuto riguardo ai mezzi, alle modalità esecutive ed alle circostanze dell'azione — sia possibile ritenere che la libertà sessuale personale della vittima sia stata compressa in maniera non grave. Ne consegue la necessità di una valutazione globale del fatto, non limitata alle sole componenti oggettive del reato, bensì estesa anche a quelle soggettive ed a tutti gli elementi menzionati nell'art. 133 c.p. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto legittima la valutazione del giudice di merito il quale aveva escluso l'applicabilità dell'attenuante in esame, avuto riguardo alle minorate condizioni di capacità della minore, affetta da ritardo mentale, nonché alla reiterazione delle molestie e delle violenze arrecatele).

Cass. pen. n. 4490/1999

Attesa la natura di elementi costitutivi del reato e non di circostanze aggravanti, ricavabili dalle previsioni di cui all'art. 609 bis, secondo comma, c.p., deve escludersi che vi sia incompatibilità fra la ritenuta inquadrabilità del fatto nell'ambito di dette previsioni (nella fattispecie, quella di cui al n. 1, ravvisata per avere, il colpevole, costretto a congiunzione carnale la propria fidanzata, incinta al settimo mese) e il riconoscimento del caso di minore gravità, ai sensi dell'ultimo comma del citato art. 609 bis.

Cass. pen. n. 1636/1999

In tema di violenza sessuale, è illogico affermare che una ragazza possa subire supinamente uno stupro, che è una grave violenza alla persona, nel timore di patire altre ipotetiche e non certo più gravi offese alla propria incolumità fisica. (Fattispecie nella quale la Corte di cassazione ha ritenuto potersi dedurre presunzione di consenso al rapporto sessuale dalla circostanza che la vittima, al momento dell'amplesso, vestiva pantaloni tipo jeans, costituendo dato di comune esperienza l'impossibilità di sfilarli senza la fattiva collaborazione di chi li indossa).

Cass. pen. n. 66551/1998

Con la nuova disciplina introdotta con la legge 15 febbraio 1996, n. 66 l'illiceità dei comportamenti deve essere valutata alla stregua del rispetto dovuto alla persona umana e della loro attitudine ad offendere la libertà di determinazione della sfera sessuale. Questa è pertanto disancorata dall'indagine sul loro impatto nel contesto sociale e culturale in cui avvengono, in quanto punto focale è la disponibilità della sfera sessuale da parte della persona, che ne è titolare.

Devono includersi nella nuova nozione di atti sessuali tutti quelli indirizzati verso zone erogene, che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità del soggetto passivo. Ciò comporta la possibilità di ampliare l'ambito di operatività del delitto tentato tutte le volte in cui l'atto raggiunga una zona certamente non erogena per la netta opposizione o reazione della vittima. (Nella specie la Corte ha ritenuto integrare il reato nel caso in cui per la reazione della vittima il bacio, indirizzato sulla bocca, era stato dato su una guancia).

Cass. pen. n. 1346/1998

In tema di violenza sessuale in danno di persona che si trovi in stato di inferiorità psichica o fisica la norma di cui all'art. 609 bis c.p., introdotta con l'art. 3 della legge 15 febbraio 1996, n. 66, configura la violenza in modo diverso da quanto previsto dal previgente art. 519 c.p. Infatti volendo tutelare il diritto alle relazioni sessuali anche delle persone affette da inferiorità psichica o fisica, il legislatore del 1996 ha punito come delitto il rapporto sessuale con queste persone solo quando sia caratterizzato da un qualificato differenziale di potere; cioè quando sia connotato da induzione da parte del soggetto forte e da abuso delle condizioni di inferiorità del soggetto debole.

Cass. pen. n. 4426/1997

In tema di violenza sessuale in danno di persona che si trovi in stato di inferiorità psichica o fisica, il nucleo della condotta tipica, contemplata dalla nuova legge sulla violenza sessuale (artt. 609 bis ss. c.p.), è assimilabile a quello previsto dall'art. 519 stesso codice, salva l'introduzione, da parte della nuova legge 15 febbraio 1996, n. 66, di elementi specifici che, con riferimento alla fattispecie in esame, si individuano nella induzione, con abuso dello stato di inferiorità fisica o psichica della persona, e che — lungi dall'essere ininfluenti ai fini della punibilità (come nell'ipotesi previgente di congiunzione carnale con persona malata di mente) — vanno, di volta in volta, individuati dal giudice di merito. Infatti, il soggetto attivo del reato è punibile non già per l'effetto dell'automatismo derivante dalla malattia mentale della vittima, ma per aver indotto costei al compimento di atti sessuali abusando di tale condizione di inferiorità: l'induzione punibile, attuata mediante l'abuso nei confronti del soggetto che si trovi in stato di «inferiorità fisica o psichica», non si configura come attività di persuasione, cui corrisponde la «volontaria» adesione del soggetto più debole, bensì come vera e propria sopraffazione nei confronti della vittima; la quale non è in grado di aderire perché convinta, ma soggiace al volere del soggetto attivo, ridotta a strumento di soddisfazione delle sue voglie. (Nella specie la S.C. ha osservato che la punibilità degli atti sessuali non è stata individuata nel mero fatto della «infermità mentale» della vittima, bensì nella condotta dell'imputato, manifestamente abusiva rispetto alla inferiorità psichica della donna, resa evidente dalla sua totale incapacità di intendere e di volere, che non poteva non essere conosciuta dall'imputato — vicino per vincoli di parentela al contesto familiare della vittima — «fin dal momento» in cui decise di avvicinare la ragazza).

Cass. pen. n. 4114/1997

Se la congiunzione carnale avvenuta prima dell'entrata in vigore della legge 15 febbraio 1996, n. 66 siasi verificata con persona malata di mente (nella specie: schizofrenica) oppure menomata psichicamente o fisicamente mediante induzione all'atto sessuale del soggetto passivo con abuso della condizione d'inferiorità, deve considerarsi più favorevole la norma attuale di cui all'art. 609 bis c.p. rispetto al previgente art. 519 c.p., poiché essa ha introdotto elementi di qualificazione della condotta (induzione ed abuso) non previsti dalla precedente disciplina con la quale era presunta in via assoluta la colpevolezza di chi si congiungeva con malato di mente o in stato di menomazione. Se, invece, non siano ravvisabili i predetti elementi introdotti dall'art. 609 bis c.p. (induzione ed abuso) è applicabile la previgente normativa, poiché il principio del favor rei di cui all'art. 2 c.p. è applicabile con riferimento alle diverse discipline che si succedono nel tempo intese nel complesso di ciascuna di esse, senza che possa tenersi conto di singole disposizioni più vantaggiose in ciascuna contenute.

Cass. pen. n. 1040/1997

Il compimento di atti sessuali diversi dalla congiunzione carnale può avere anche connotazioni di gravità maggiore della congiunzione stessa e l'applicazione della circostanza attenuante speciale prevista da comma 3 dell'art. 609 bis deve avere riguardo all'effettiva valenza criminale degli specifici comportamenti desunta con riferimento ai criteri direttivi indicati dall'art. 133 c.p. Non è possibile, pertanto, delineare aprioristicamente una categoria generale alla quale ricondurre «i casi di minore gravità», ma la loro individuazione è rimessa, volta per volta, alla discrezionalità del giudice di merito, da esercitarsi con razionale riferimento agli elementi considerati determinanti per la soluzione adottata e con obbligo di puntuale motivazione. Tra i casi di minore gravità potranno annoverarsi comportamenti di molestia sessuale consistenti in atti concludenti, mentre ne resteranno esclusi quei comportamenti che si risolvono, ad esempio, in ossessivi corteggiamenti o in assillanti proposte, ove «lo sfondo sessuale» costituisce soltanto un motivo e non un elemento della condotta. (Nella specie, relativa ad annullamento senza rinvio, perché il fatto non sussiste, di sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 521 c.p., per avere l'imputato compiuto atti di libidine consistiti, mentre manifestava l'intenzione di abbottonare i pantaloni ad una ragazza e di calzarle le scarpe, nel toccare il bottone dei pantaloni e nel baciarle una gamba, sugli stessi jeans, senza trattenerla né toccarla in altre parti del corpo, la Suprema Corte ha ritenuto che, in sostanza, l'imputato aveva posto in essere una «molestia sessuale» che non varca la soglia della rilevanza penale in relazione all'art. 609 bis c.p. e non è altresì riconducibile ad altre ipotesi criminose, dovendosi escludere con palese evidenza la ravvisabilità di un intento ingiurioso e non potendo configurarsi, in un'abitazione privata, la contravvenzione di cui all'art. 660 c.p.).

La condotta vietata dall'art. 609 bis c.p. (Violenza sessuale), introdotto dall'art. 3 della legge 15 febbraio 1996, n. 66 (Norme contro la violenza sessuale), ricomprende — se connotata da costrizione (violenza, minaccia o abuso di autorità), sostituzione ingannevole di persona ovvero abuso di condizioni di inferiorità fisica o psichica — oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, anche se non esplicato attraverso il contatto fisico diretto con il soggetto passivo, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo il bene primario della libertà dell'individuo attraverso l'eccitazione o il soddisfacimento dell'istinto sessuale dell'agente. L'antigiuridicità della condotta resta connotata, dunque, da un requisito soggettivo (la finalizzazione all'insorgenza o all'appagamento di uno stato interiore psichico di desiderio sessuale) che si innesta sul requisito oggettivo della concreta e normale idoneità del comportamento a compromettere la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale e ad eccitare o a sfogare l'istinto sessuale del soggetto attivo. (La Suprema Corte ha osservato che il riferimento alla «Normale idoneità» è necessario, poiché un soggetto connotato da una sessualità «particolare» potrebbe eccitarsi, per esempio, anche attraverso il bacio delle scarpe calzate dalla persona concupita ed un comportamento siffatto non potrebbe certamente ricondursi alla previsione incriminatrice in esame).

Cass. pen. n. 11293/1996

L'art. 609 bis c.p. (violenza sessuale), introdotto dall'art. 3 legge 15 febbraio 1996, n. 66, così come l'art. 519 c.p. (della violenza carnale), equipara la minaccia alla violenza fisica. (Fattispecie relativa a rigetto di ricorso con il quale si invocava l'applicazione della nuova legge sulla violenza sessuale, più favorevole, per la pretesa configurabilità dell'attenuante della minore gravità, poiché gli atti di violenza sessuale furono compiuti senza l'uso di violenza fisica. La S.C. ha osservato altresì che non poteva giovare all'imputato la concessione delle attenuanti generiche, poiché queste risultavano riconosciute esclusivamente con riguardo all'incensuratezza, mentre, con riferimento al fatto, i giudici ne avevano ribadito l'intenso disvalore per l'abuso su persona gerarchicamente e psicologicamente inferiore: giudizio di merito chiaramente incompatibile con l'ipotesi di minore gravità).

Cass. pen. n. 2561/1996

In tema di atti di violenza sessuale in danno di minori, non può ritenersi più favorevole al reo la disciplina introdotta con l'art. 4 legge 15 febbraio 1996, n. 66 rispetto a quella di cui al previgente art. 521 c.p. se la pena inflitta in concreto non è quella minima prevista da quest'ultima norma, mentre è tale (più favorevole al reo) se la pena sia stata inflitta nel minimo edittale, potendo essere ritenuta prevalente, ove applicabile, l'attenuante della minore gravità di cui all'art. 609 bis c.p. introdotto con l'art. 3 legge 15 febbraio 1996, n. 66. (Questione esaminata d'ufficio in occasione di dichiarazione di inammissibilità del ricorso dell'imputato).

Cass. pen. n. 8564/1996

La fattispecie di reato di atti di libidine violenti, di cui all'art. 521 c.p., contestata in danno di minore degli anni quattordici, è ora regolata dagli artt. 3 e 4 legge 15 febbraio 1996, n. 66, che ha rispettivamente introdotto gli artt. 609 bis e 609 ter c.p., con i quali le ipotesi di violenza carnale e di atti di libidine sono stati unificati in un'unica figura di reato: più precisamente detta fattispecie è regolata dal combinato disposto di cui agli artt. 609 bis e 609 ter n. 1 (violenza sessuale aggravata nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici). Poiché il trattamento sanzionatorio per la nuova figura di reato è molto più grave (reclusione da sei a dodici anni, a fronte di una reclusione da due a sei anni e otto mesi), a norma del terzo comma dell'art. 2 c.p. si deve applicare la disposizione più favorevole dell'art. 521 c.p. ora abrogata. Analogamente per la fattispecie di cui all'art. 519, secondo comma n. 2 c.p. — congiunzione carnale abusiva contro minore degli anni sedici — che è ora regolata dall'art. 609 bis n. 1 c.p.: poiché la pena edittale prevista da quest'ultima norma è più grave di quella prevista dalla norma precedente (reclusione da cinque a dieci anni, a fronte di una reclusione da tre a dieci anni), ai sensi del predetto terzo comma dell'art. 2 c.p., si deve applicare quella ora abrogata dell'art. 519 c.p. (La S.C. ha osservato che per entrambe le fattispecie il trattamento sanzionatorio previsto dalla legge n. 66 del 1966 diverrebbe più favorevole solo nel caso — non ricorrente nella specie — in cui il giudice ritenesse i fatti di «minore gravità», essendo allora applicabile una diminuzione sino a due terzi della pena base (ultimo comma dell'art. 609 bis c.p.).

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Consulenze legali
relative all'articolo 609 bis Codice Penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Anonimo chiede
venerdì 28/01/2022 - Lombardia
“Buongiorno, in riferimento alla condanna definitiva 609 bis comma 3 , che riguarda mio marito ,vorrei chiedere una piccola consulenze e sapere se mio marito ha diritto a beneficiare delle misure alternative al carcere anche se la ragazza in questione era minore di età (15 anni) . La legge dice che non può più beneficiare di tale possibilità delle misure alternative e quindi che spetta direttamente il carcere . Però quest’ultima legge dovrebbe essere stata introdotta con la legge 69 del 2019 ( codice rosso) , mentre il reato risale al 2017 , e la legge non può essere retroattiva e contro al reo. La sentenza invece risale a Maggio 2020 .
Le chiedo se mi può confermare o non confermare cio che abbiamo compreso da alcune informazioni che ci sono pervenute e che abbiamo capito da alcune nostre ricerche ; ma vorremmo un suo parere giuridico per avere più punti di vista e maggior certezza di ciò che ci aspetta. Se può spiegare in maniera più dettagliata cosa dovrà affrontare mio marito le sarei grata.
La ringrazio per la consulenza .”
Consulenza legale i 07/02/2022
Va subito detto che, in realtà, nel caso di specie non si pone alcun problema di retroattività o irretroattività.
A ben vedere, infatti, la legge 69 del 2019 non ha affatto inserito, ex novo, l’art. 609 bis c.p. tra quelli ostativi alla concessione dei benefici penitenziari e delle misure alternative alla detenzione.
La novella si è infatti limitata ad aggiungere ai reati già ricompresi nell’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario, comma 1 quater, il reato di cui all’art. 583 quinquies c.p.
Dunque, la norma che fa divieto al soggetto condannato del reato di cui all’art. 609 bis c.p. era preesistente alla commissione del fatto e, pertanto, totalmente applicabile al caso di specie.

Si badi bene, però, che l’ultimo capoverso della norma da ultimo richiamata stabilisce che il comma 1 quater dell’articolo 4 bis non si applichi laddove, in caso di condanna per il reato di cui al 609 bis c.p., sia stata concessa la circostanza attenuante specificamente prevista dall’articolo medesimo.
Dunque, laddove venga concessa l’attenuante della minore gravità, il reato di violenza sessuale non sarà ostativo all’applicazione dei benefici previsti dall’ordinamento penitenziario e delle misure alternative ivi previste.

Visto che, nel caso di specie, tale attenuante veniva concessa, al condannato sarà possibile accedere a tutte le facoltà previste dall’ordinamento penitenziario.



G.P. chiede
domenica 26/09/2021 - Calabria
“Buongiorno,
Recentemente ero ad una festa con una quindicina di amici ed è successo un fatto che vorrei approfondire rivolgendovi alcune domande.
A questa festa, mentre io e tutti gli altri eravamo in giardino, un amico che chiameremo G, in stato d’ebbrezza, è andato in bagno e subito dopo è stato raggiunto da un’amica che chiameremo S (anch’essa in stato d’ebbrezza). È successo, quindi, un fatto spiacevole: G ha toccato le parti intime di S senza consenso. Io e gli altri partecipanti alla festa eravamo in giardino e non dentro la casa e non siamo stati testimoni oculari del fatto. Dopo l’accaduto, S uscita dal bagno in lacrime, ci ha riferito quanto successo.
All’indomani, alcuni amici presenti alla festa ci hanno comunicato che per legge avremmo dovuto denunciare G in quanto colpevole di stupro, sebbene non avessimo assistito al fatto. Nessuno di noi aveva intenzione di denunciare. Di conseguenza questi amici avrebbero suggerito di troncare completamente i rapporti con G senza dargli spiegazioni: a loro detta, qualsiasi messaggio o incontro con G sarebbe potuto risultare in un coinvolgimento legale in caso di futura denuncia, con la colpa di avere insabbiato l’accaduto.
Ci hanno riferito che, legalmente, S risultando sotto shock, potrebbe denunciare in futuro. Secondo questi saremmo colpevoli di “omissione di reato”, in quanto presenti alla festa e non avendo successivamente denunciato il fatto alle autorità competenti.
Inoltre, i nostri amici ci hanno suggerito, in modo tale da tutelarci, di rivolgerci a S dicendole: ”ti supporto” in presenza di alcuni testimoni, dimostrandole il nostro sostegno in caso decidesse di sporgere denuncia.
Dopo alcune settimane G e S si sono incontrati per chiarire la situazione. S ha comunicato a G di non aver nessuna intenzione di denunciare.
Avrei quindi alcune domande da porvi riguardanti la questione:

1.È vero che avrei dovuto denunciare l’accaduto solo perché presente alla festa e in caso contrario avrei commesso un illecito (omissione di reato), nonostante non abbia visto quanto accaduto perché mi trovavo in un’altra zona dell’abitazione?
2.Ci potrebbero essere veramente dei rischi a livello legale se continuassi a frequentare G? E se sì, quali?
3.Per legge, che differenze ci sono tra stupro, violenza sessuale e molestia?
4.Per tutelarmi da future denunce, è vero che basterebbe dire ad S che “la supporto” in presenza di testimoni che possano confermare in caso di denuncia futura?”
Consulenza legale i 29/09/2021
Rispondiamo alle domande singolarmente.

1. Non è assolutamente vero che i partecipanti alla festa dovessero denunciare il presunto abuso subito dalla ragazza.
Il nostro sistema penale è molto chiaro al riguardo e impone l’obbligo di denuncia solo a quei soggetti che, per le ragioni più svariate, sono poste a presidio dell’ordine pubblico e, talvolta, dell’incolumità e della salute altrui.
Di talché, obbligato alla denuncia è, ad esempio, il poliziotto che ha sventato una rapina o un furto oppure il medico che, nell’esercizio delle sue funzioni, curando un/una paziente abbia il fondato timore che questi fosse stato picchiato e/o abusato.
Il cittadino normale non ha alcun obbligo di denuncia, eccezion fata per alcuni reati che offendono interessi giuridici di assoluto rilievo, come espressamente affermato dall’art. 364 c.p.

2. La frequentazione con G. non porta con sé alcuna conseguenza e/o rischio penale.

3. Secondo la legge, la condotta del soggetto che ottiene prestazioni sessuali contro la volontà della controparte è punita ai sensi dell’art. 609 bis c.p., e il reato è rubricato “violenza sessuale”. Lo “stupro”, quindi, è solo il nome volgare attribuito al reato in questione. Quanto alla “molestia”, si tratta di condotta diversa dalla violenza sessuale che può assumere diverse connotazioni. Giuridicamente parlando, comunque, la molestia non presuppone l’atto sessuale contro la volontà altrui.

4. Assolutamente no. In questa circostanza l’unico soggetto passibile di denuncia è G, nessun altro. Nessuno dei suoi amici potrebbe essere denunciato per alcuna ragione. Tale per cui se anche si affermasse di supportare S in presenza di testimoni, sarebbe una circostanza ininfluente e limitata, appunto, ad un mero intento solidaristico.


T. M. chiede
sabato 10/10/2020 - Veneto
“Salve, vi scrivo perchè sono una persona estremamente ansiosa. In data 2 giugno 2020 ho avuto un rapporto sessuale orale con un ragazzo consenziente di 16 anni. Io ho 36 anni. Ci sono stati baci, coccole e carezze e alla fine il rapporto. Il tutto consenziente. Poco prima del rapporto mi disse che da piccolo aveva avuto subito abusi da parte del padre ed era per quello che cercava persone più mature. Quando ci siamo lasciati la sera stessa, mi ha mandato molti messaggi in cui mi diceva di essersi innamorato di me, di amarmi e che colmavo il vuoto lasciato da suo padre. Io ho specificato più volte al ragazzo che mi dispiaceva ma io non cercavo legami o storie serie e che la cosa mi causava ansia. 10 giorni dopo la madre scopre la chat e mi dice che intratteneva relazioni con altre 4 persone più grandi, anche 50enni. A questo punto mi si è insinuato un dubbio. Potrei essere in qualche modo colpevole di violenza sessuale? Sul vostro sito leggo "...Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali(5):

1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto(6); La condizione di inferiorità deve sussistere al momento dell'atto sessuale e si riferisce non solo alla condizione di minorazione o deficienza dovuta a patologie organiche o funzionali, ma anche alla situazione di carenze affettive e familiari.
Lui era consenziente, nei giorni successivi ci siamo visti e parlati tranquillamente, lui non era in alcun modo turbato, anzi mi ha presentato i suoi amici.
Al momento del fatto non avevamo fatto uso di alcol o droghe.
Grazie mille fin da ora. Purtroppo la cosa mi sta causando uno stato ansioso grave.
Cordiali Saluti”
Consulenza legale i 14/10/2020
L’art. 609 bis ha una formulazione molto complessa.
Tra le condotte mediante le quali il reato può essere posto in essere, oltre alla usuale violenza, minaccia o abuso di autorità, rileva anche, ai sensi del comma 2, punto 1), l’abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica della persona offesa al momento del compimento dell’atto.

Si tratta, per vero, di un inciso che ha dato adito a non poche questioni giurisprudenziali aventi ad oggetto il significato specifico delle “condizioni di inferiorità psichica o fisica”.

Ebbene, come sempre in questi casi, la giurisprudenza ha emesso dei pronunciamenti che hanno esteso in modo sostanziale il significato della locuzione sopra riportata arrivando a sostenere che l’induzione a compiere o a subire atti sessuali si realizza quando con una opera di persuasione sottile e subdola l'agente convince la persona che si trova in uno stato di debolezza ad aderire ad atti sessuali che diversamente non avrebbe compiuto (C., Sez. III, 17.5.-13.9.2019, n. 38011; C., Sez. III, 23.6-24.9.2015, n. 38787). Essa, quindi, può consistere in ogni forma di sopraffazione posta in essere senza ricorrere ad atti costrittivi ed intimidatori nei confronti della vittima (C., Sez. IV, 17.9-31.10.2008, n. 40795; C., Sez. III, 2.12.2005-19.1.2006, n. 2215). In tale ipotesi, quindi, vi è un consenso della vittima, viziato però dall'abuso della condizione di inferiorità (C., Sez. III, 21.4-27.5.2004, n. 24212).
Con particolare riferimento alle condotte poste in essere nell'ambito di una relazione stabile, è stato recentemente sottolineato che, ai fini della configurabilità della violenza sessuale mediante abuso di persona che versi in uno stato di inferiorità fisica o psichica, non è sufficiente valorizzare il carattere sessuale della relazione, ma occorre fornire la prova della persistenza della dolosa strumentalizzazione dell'inferiorità della vittima da parte del soggetto attivo: per tale ragione, non è possibile ravvisare la condotta di abuso nel «ricatto morale» posto in essere da uno psichiatra nei confronti della paziente di porre fine alla loro relazione di natura sentimentale (C., Sez. III, 20.9.2017-6.4.2018, n. 15412).

Nel caso di specie, v’è più di un dubbio in ordine al fatto che il minorenne fosse in una condizione di inferiorità psichica atteso che, come affermato nel parere, lo stesso era assolutamente consenziente e “risoluto” nella commissione degli atti sessuali.

Va, però, detto anche che lo stesso ragazzo non si è astenuto dal mostrare segni di instabilità e dall’affermare che l’attaccamento alla persona matura fosse susseguente agli abusi subiti dal padre.
Circostanza, questa, che oggettivamente potrebbe aver viziato il consenso nel minorenne nel porre in essere gli atti sessuali poi eseguiti.

Ora, partendo dal presupposto che tale circostanza, per originare un procedimento, dovrebbe essere traslata all’autorità giudiziaria quantomeno tramite una denuncia, se ciò accadesse non può escludersi la possibilità che il procedimento penale venga portato avanti dalla procura interessata.

Si tenga conto, invero, che nell’ambito dei reati sessuali vige un atteggiamento estremamente rigido da parte della magistratura italiana e, dunque, una notizia di reato di questo tipo non sarebbe affatto trascurata dal Pubblico Ministero di turno che ben potrebbe, nel complessivo atteggiamento del ragazzo, rinvenire segnali di instabilità emotiva e psichica tali da integrare la condotta di cui al punto 1 del comma 2 dell’art. 609 bis c.p.

Per tale ragione, si consiglia di astenersi sempre, ed in ogni caso, dall’intrattenere qualsivoglia rapporto con minori di anni 18.