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Articolo 513 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Ricerca delle cose da pignorare

Dispositivo dell'art. 513 Codice di procedura civile

L'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo [492 2] e del precetto, può ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti [519]. Può anche ricercarle sulla persona del debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro [disp. att. 165] (1) (2).

Quando è necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare persone che disturbano l'esecuzione del pignoramento, l'ufficiale giudiziario provvede secondo le circostanze, richiedendo, quando occorre, l'assistenza della forza pubblica.

Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, su ricorso del creditore, può autorizzare con decreto l'ufficiale giudiziario a pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore ma delle quali egli può direttamente disporre [1839-1841 c.c.]. (3)

In ogni caso l'ufficiale giudiziario può sottoporre a pignoramento, secondo le norme della presente sezione, le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli. (4)

Note

(1) Il pignoramento di cui al presente articolo ha per oggetto beni mobili, il denaro e i titoli di credito. I crediti, invece, vengono espropriati con la procedura prevista dall'art. 543 (pignoramento presso terzi). Diversamente, non possono formare oggetto del pignoramento previsto dalla norma in esame i diritti di uso, abitazione e servitù.
(2) Appare opportuno precisare che nel caso dell'espropriazione mobiliare presso il debitore il pignoramento consiste in un atto dell'ufficiale giudiziario che ha inizio su istanza del creditore procedente, con la consegna da parte di quest'ultimo, all'ufficiale giudiziario, del titolo esecutivo e del precetto debitamente notificati. L'ufficiale ha il dovere di verificare la regolarità formale di tali atti e delle loro notificazioni, potendosi rifiutare legittimamente di procedere al pignoramento nel caso in cui riscontrasse delle irregolarità formali.
(3) Al terzo comma la norma si riferisce alla diretta disponibilità del bene, intendendo con tale espressione il potere di disporre del bene da parte del debitore, senza che sia necessario l'intervento del terzo per consentire al debitore di asportare il bene dal luogo di proprietà del terzo. In tal caso è richiesta, per procedere al pignoramento, l'autorizzazione del presidente del tribunale o del giudice da lui delegato.
Diversamente, ricorre il caso previsto dal quarto comma quando il debitore non possa disporre liberamente dei beni, perché questi ultimi si trovano nella materiale disponibilità del terzo, come ad esempio nel caso di un rapporto di comodato o di deposito. In questa ipotesi, il pignoramento è possibile solo se il terzo possessore consente di esibire le cose.
(4) L'articolo è stato modificato dal D. Lgs. 13 luglio 2017, n. 116, con decorrenza dal 31 ottobre 2021.
Il testo dell'art. 513 c.p.c. in vigore dal 31/10/2021 è il seguente:
"L'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, può ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti. Può anche ricercarle sulla persona del debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro.
Quando è necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare persone che disturbano l'esecuzione del pignoramento, l'ufficiale giudiziario provvede secondo le circostanze, richiedendo, quando occorre, l'assistenza della forza pubblica.
Il giudice di pace, su ricorso del creditore, può autorizzare con decreto l'ufficiale giudiziario a pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore, ma delle quali egli può direttamente disporre.
In ogni caso l'ufficiale giudiziario può sottoporre a pignoramento, secondo le norme della presente sezione, le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli".

Spiegazione dell'art. 513 Codice di procedura civile

Nel caso in cui si debba procedere ad espropriazione mobiliare presso il debitore, l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, può ricercare le cose da pignorare:
  1. nella casa del debitore;
  2. negli altri luoghi a lui appartenenti. In particolare si considerano appartenenti al debitore i luoghi in cui lo stesso svolge la propria professione o mansione, come l'ufficio, lo studio professionale, la via o pubblica in caso di venditore ambulante, la sede dell'azienda nonché qualsiasi altro luogo di cui il debitore, pur non svolgendovi i propri affari, abbia esclusivo godimento.
  3. sulla persona del debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro. Il pignoramento su cose rinvenute sulla persona del debitore può avvenire anche in luoghi a lui non appartenenti, come sulla pubblica via, purché si rispetti il decoro previsto dalla norma.

In relazione ai beni mobili rinvenuti nei luoghi predetti, sussiste una presunzione di appartenenza al debitore, dovendosi prescindere da chi li abbia acquistati o introdotti nella casa.

Il pignoramento di beni mobili consiste essenzialmente in un atto dell'ufficiale giudiziario, il quale agisce su istanza del creditore procedente, con la consegna da parte di quest'ultimo del titolo esecutivo e del precetto debitamente notificati.
Poiché manca qualsiasi disciplina positiva della forma che la richiesta deve assumere, in applicazione del principio di libertà delle forme di cui all’art. 121 del c.p.c., deve ritenersi ammessa anche la forma orale.
Ragioni pratiche inducono a porre a carico della parte istante l'onere di indicare all'ufficiale giudiziario gli elementi più opportuni al fine di agevolare l'identificazione spaziale dei luoghi in cui il pignoramento dovrà essere eseguito nonché l'individuazione dei beni da pignorare, in funzione di quanto previsto dall’art. 517 del c.p.c..

Prima di dare inizio all’esecuzione, l'ufficiale giudiziario è tenuto a verificare la regolarità formale di tali atti e delle loro notificazioni, potendosi legittimamente rifiutare di procedere al pignoramento nel caso in cui riscontrasse delle irregolarità formali.
Tale attività di verifica meramente formale deve riguardare:

In caso di rifiuto a compiere l’atto di pignoramento, lo stesso dovrà, ex art. 108, D.P.R. 15.12.1959, n. 1229, essere motivato.
Infatti, secondo quanto disposto dal n. 1 dell’art. 60 del c.p.c., qualora il diniego dell'ufficiale giudiziario non sia sorretto da giusti motivi, lo stesso va qualificato come illecito civile.
Il rifiuto motivato, a sua volta, potrà essere sottoposto al sindacato del giudice dal quale dipende l'ufficiale giudiziario; se il giudice, competente per l'esecuzione, ritiene il rifiuto ingiustificato, fisserà all'ufficiale giudiziario un termine per procedere a pignoramento

Sia il titolo esecutivo che il precetto di cui deve essere in possesso l’ufficiale giudiziario, dovranno essere esibiti a richiesta del soggetto (debitore o terzo possessore) che subisce il pignoramento.

Nel corso dell’esecuzione può rendersi necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare persone che disturbano l'esecuzione del pignoramento; in questi casi, l'ufficiale giudiziario, se occorre, è legittimato a richiedere l'assistenza della forza pubblica.

Oltre che nei luoghi di esclusiva appartenenza del debitore, l'ufficiale giudiziario può procedere a pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore ma delle quali egli possa direttamente disporre previa autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato.
Tale autorizzazione viene concessa con decreto e presuppone il ricorso da parte del creditore procedente.

Può anche verificarsi il caso in cui il debitore non possa disporre liberamente dei beni, perché si trovano nella materiale disponibilità di un terzo (è il caso, ad esempio, della sussistenza di un rapporto di comodato o di deposito).
In questa ipotesi, il pignoramento è possibile solo se il terzo possessore consente di esibire le cose.
Qualora, invece, il terzo non presti il consenso al pignoramento diretto, diviene necessario ricorrere alle forme del pignoramento presso terzi, dovendosi accertare la proprietà della cosa in capo al debitore, nel contraddittorio col terzo possessore

Tra i mobili che, in forza di questa norma, possono essere assoggettati a pignoramento, vi sono i frutti non ancora raccolti o separati dal suolo, sebbene gli stessi assumeranno il carattere di bene mobile soltanto dopo la separazione.

Occorre precisare che l'oggetto del pignoramento non è la res considerata nella sua materialità, ma il diritto reale patrimoniale che grava su di essa.
In particolare, possono essere assoggettati a pignoramento i diritti di proprietà e di usufrutto (in quest’’ultimo caso, il pignoramento si attua sulla cosa nella sua interezza, ma oggetto di vendita forzata sarà soltanto l'usufrutto).
Non sono pignorabili, invece, il diritto d'uso (in conformità al divieto posto dall’art. 1024 del c.c.), né i diritti nascenti dal contratto di comodato e dal contratto di locazione.

Non possono, ancora, costituire oggetto di pignoramento:
a) i beni del demanio pubblico di cui all’art. 822 del c.c. e art. 824 del c.c. (ad esempio le raccolte dei musei, delle pinacoteche, delle biblioteche, degli archivi),
b) i beni facenti parte del patrimonio indisponibile dello Stato, delle Province e dei Comuni di cui ai commi 2 e 3 dellart. 826 del c.c., in forza del vincolo di destinazione di cui al comma 2 dell’art. 828 del c.c..

Tra i mobili assoggettabili a pignoramento, invece, la norma indica i titoli di credito, sia al portatore che nominativi.
A tal proposito si ritiene opportuno evidenziare che, ex art. 517 del c.p.c., comma 2, i titoli di credito sono annoverati tra i beni che l'ufficiale giudiziario deve preferire nella scelta delle cose da pignorare che si trovano nella casa del debitore o negli altri luoghi di sua appartenenza.

La competenza territoriale spetta al tribunale del luogo ove si trovano i beni mobili da pignorare, e si tratta di competenza inderogabile ex art. 28 del c.p.c. comma 1.

L'ufficiale giudiziario legittimato a procedere è, pertanto, quello addetto all'ufficio unico notificazioni esecuzioni protesti (Unep) che ha sede nel mandamento del tribunale competente per l'esecuzione (art. 106, 1° co., D.P.R. 15.12.1959, n. 1229, Testo unico sull'ordinamento degli ufficiali giudiziari)
Il pignoramento eseguito da ufficiale giudiziario sfornito della legittimazione a procedere, in quanto territorialmente incompetente, è nullo.

Secondo quanto disposto dall’art. 165 delle disp. att. c.p.c., il creditore procedente ha diritto di assistere, a proprie spese, alle operazioni di pignoramento; trattasi di facoltà posta a tutela dell'interesse del creditore istante al ritrovamento ed alla buona scelta delle cose pignorande.

Massime relative all'art. 513 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 6393/2015

In ipotesi di contratto di conto corrente bancario affidato con saldo negativo, il creditore non può pignorare le singole rimesse che, affluite sul conto del debitore, hanno comportato la mera riduzione dello scoperto, ma eventualmente il solo saldo positivo, atteso che il contratto in questione dà luogo ad un rapporto giuridico unitario, composto da poste attive e passive, che non si risolve a seguito del pignoramento.

Cass. civ. n. 23625/2012

In tema di espropriazione mobiliare presso il debitore, l'art. 513 c.p.c. pone una presunzione di titolarità in capo a quest'ultimo dei beni che si trovano nella sua casa e negli altri luoghi a lui appartenenti; pertanto, poiché l'attività svolta dall'ufficiale giudiziario in sede di pignoramento mobiliare è meramente esecutiva, è preclusa al medesimo qualsiasi valutazione giuridica dei titoli di appartenenza dei beni da sottoporre al pignoramento, rimanendo a disposizione degli eventuali terzi proprietari lo strumento processuale dell'opposizione di terzo all'esecuzione.

Cass. civ. n. 8746/2011

La forma di pignoramento prevista dal terzo comma dell'art. 513 c.p.c. prescinde dal collegamento spaziale dei beni pignorati presso la casa o l'azienda del debitore, presupponendo soltanto la disponibilità materiale della cosa da parte del debitore medesimo, rispetto alla quale il terzo che ne rivendichi la proprietà dovrà fornire la prova del titolo di questa, ma non anche l'affidamento al debitore, che, invece, è presupposto rilevante nella fattispecie regolata dal primo comma del citato art. 513 ed alla cui stregua si impone il rigoroso regime probatorio dettato dall'art. 621 c.p.c. Tuttavia, nell'anzidetta fattispecie di cui al terzo comma dell'art. 513, al terzo si richiede anche la dimostrazione dell'opponibilità dell'acquisto al creditore pignorante ed a quelli intervenuti nell'esecuzione, il cui regime, ove si tratti di alienazione di beni mobili iscritti in pubblici registri, è dettato dall'art. 2914, n. 1), c.c. (Nella specie, la S.C., confermando la sentenza di merito, della quale ha corretto la motivazione ex art. 384 c.p.c., ha ritenuto che l'acquisto di tre trattori da parte della società terza opponente non fosse opponibile al creditore pignorante per non esser stato il relativo conferimento in società trascritto prima del pignoramento).

Cass. civ. n. 539/2002

In caso di opposizione di terzo avverso il pignoramento eseguito contro una società (nella specie, a r.l.), quando detto atto esecutivo venga effettuato in un luogo che oltre ad essere la residenza del terzo sia anche luogo di appartenenza della società debitrice, che ivi svolga la sua normale attività amministrativa con l'arredo di ufficio indispensabile, non merita censura in sede di legittimità la valutazione del giudice di merito che, in virtù dello stabile rapporto di fatto tra il debitore e detto luogo di sua appartenenza in comune con altri, ritenga sussistente la condizione di proprietà, in capo allo stesso debitore, di quei beni per i quali il diritto, oltre che conclamato dalla presunzione di possesso, è reso altresì verosimile dalla reale destinazione all'attività esercitata.

Cass. civ. n. 6957/2001

In tema di esecuzione forzata di beni mobili, possono essere sottoposte a pignoramento, nelle forme dell'espropriazione presso terzi, i crediti del debitore e le cose di sua proprietà che sono in possesso di terzi e delle quali non possa direttamente disporre; nel caso, invece, si tratti di cose che si trovino in luoghi non appartenenti al debitore ma delle quali questi possa direttamente disporne, la forma del pignoramento deve essere quella prevista dall'art. 513, comma terzo, c.p.c. Pertanto, in caso di beni costituenti il patrimonio di una persona giuridica, la quale li possiede per il tramite necessario dei suoi organi rappresentativi persone fisiche, che li detengono per conto e nell'interesse dell'ente, la disponibilità esclusiva, richiesta dall'art. 513 cit. resta alla persona giuridica; conseguentemente il pignoramento in danno di quest'ultima deve seguire la forma dell'espropriazione mobiliare presso il debitore e non quella dell'espropriazione presso terzi prevista dall'art. 543, primo comma, cod. cit.

Cass. civ. n. 5617/1994

Il creditore che pretende di eseguire il pignoramento di un bene mobile che assume di proprietà del suo debitore ed è, però, detenuto da un terzo, deve procedere, se il terzo non consente di esibire la cosa all'ufficiale giudiziario, con le modalità e le forme previste dall'art. 543 ss. c.p.c., e non con quelle previste per il pignoramento presso il debitore che, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 513 c.p.c., può essere eseguito dall'ufficiale giudiziario presso il terzo possessore solo per i beni che questo consente di esibirgli come cose appartenenti al debitore.

Cass. civ. n. 4616/1987

La presunzione iuris tantum di appartenenza al debitore dei beni pignorati, opera solo se ed in quanto i beni siano rinvenuti nella casa di abitazione dello stesso. Pertanto, quando in sede di opposizione di terzo all'esecuzione, risulti che il luogo in cui essi sono stati staggiti non è la casa del debitore, spetta al creditore che intende insistere nell'esecuzione provarne specificamente l'appartenenza al debitore.

Cass. civ. n. 1995/1979

La presunzione di appartenenza al debitore dei beni pignorati presso la sua abitazione o le pertinenze della medesima, di cui all'art. 513 c.p.c., ha natura legale, e, pertanto, non può essere vinta dal terzo opponente, che deduca la proprietà od altro diritto reale sui beni stessi, mediante presunzioni semplici.

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Consulenze legali
relative all'articolo 513 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Daniele G. chiede
giovedì 20/10/2016 - Veneto
“Gentili Signori, volevo chiedervi come posso tutelarmi dal possibile pignoramento dei beni mobiliari, quali divani, tavoli sedie, TV, librerie, quadri, oggetti di valore, ecc. normalmente presenti in un'abitazione o in un ufficio, nel rispetto delle leggi vigenti e tenendo conto anche delle recenti pronunce della Cassazione in materia.

Consulenza legale i 28/10/2016
Norme fondamentali in materia di pignoramento mobiliare sono quelle contenute negli articoli da 513 a 517 del codice di procedura civile.

Dispone l’art. 513 c.p.c. che l’ufficiale giudiziario può ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti, ponendo una presunzione di appartenenza al debitore dei beni reperiti presso la sua abitazione.
Egli può rifiutarsi di procedere a pegno e redigere un verbale negativo soltanto quando l’appartenenza dei beni ad un terzo risulti ictu oculi da circostanze inequivocabili.
Il problema che a questo punto si pone, e che di recente ha formato oggetto di una pronuncia da parte della Corte di Cassazione (cfr. Cass. Sezione III Civ. sentenza 20.12.2012 n. 23625), è quello di verificare quali siano i margini di autonomia dell’ufficiale giudiziario in sede di espropriazione mobiliare presso il debitore, stabilendo di conseguenza se il creditore procedente abbia la possibilità di agire a titolo di responsabilità civile contro l’eventuale inerzia ingiustificata dell’ausiliario del Giudice.

Ora, premesso che l’ufficiale giudiziario non può procedere ad un pignoramento indiscriminato dei beni rinvenuti presso la casa del debitore o gli altri luoghi a lui appartenenti, dovendo in tale sede tenere conto dei limiti posti dagli articoli 514, 515 e 516 del cpc, secondo il recente orientamento della Suprema Corte la nozione di appartenenza va intesa come mera disponibilità dei beni, sicchè i beni mobili che si trovano nell’ambito spaziale individuato dall’art. 513 cpc si presumono necessariamente appartenenti al debitore ed all’ufficiale giudiziario sarà precluso di sindacare se a tale dato esteriore faccia riscontro o meno anche la titolarità giuridica dei beni.

Si fa infatti osservare che l’attività dell’ufficiale giudiziario è meramente esecutiva e non può mai ammettersi che egli abbia il potere discrezionale di decidere autonomamente di rifiutarsi di procedere al pignoramento mobiliare dei beni che si trovano nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti.

Così argomentando, si è perfino ritenuto che l’ufficiale giudiziario debba eseguire il pignoramento su quei beni che formino oggetto di un contratto di comodato regolarmente registrato, in quanto tale contratto presuppone in capo al comodante la sola disponibilità della cosa e non anche la proprietà.
Tale conclusione troverebbe il conforto nelle seguenti altre considerazioni:
a) consentire all’ufficiale giudiziario di rifiutarsi di procedere al pignoramento allorchè il debitore gli esibisca una documentazione attestante in astratto l’appartenenza dei beni ad altri finirebbe di fatto con il vanificare le finalità dell’esecuzione forzata, rimettendo alla valutazione dell’ausiliario ciò che invece può e deve essere valutato dal Giudice
b) la legge prevede pur sempre un rimedio apposito avverso il pignoramento di beni in astratto non appartenenti al debitore ma nella sua disponibilità, ossia l’opposizione di terzi all’esecuzione, disciplinata dall’art. 619 cpc.

Contro a tutto quando detto sopra non sarebbe neppure utile, secondo la Suprema Corte, richiamare le disposizioni relative all’esecuzione esattoriale, ed in particolare l’art. 63 del DPR 602/1973, come modificato dal Dlgs 26.02.1999 n.46, norma che consente all’’ufficiale giudiziario di astenersi dal pignoramento quando è dimostrato che i beni appartengano a persona diversa dal debitore iscritto a ruolo: trattasi di normativa speciale, non applicabile in via generale all’espropriazione mobiliare.

Alla luce di quanto detto sopra, dunque, e volendo dare una risposta al quesito posto, unica possibilità consentita al debitore di tutelarsi legittimamente da un pignoramento mobiliare sarebbe quella di far risultare la proprietà aliena dei beni che si trovano nei luoghi a lui appartenenti mediante un atto pubblico o una scrittura privata autenticata o da sentenza passata in giudicato.

Eguale valore giuridico può attribuirsi alle fatture di acquisto emesse in favore di terzi con descrizione analitica dei beni che ne formano oggetto ovvero eventuali contratti di finanziamento sempre stipulati da terzi estranei all’esecuzione con descrizione dei singoli beni.

Tali atti giuridici legittimerebbero l’ufficiale giudiziario ad astenersi legittimamente dal procedere a pegno senza incorrere in alcuna responsabilità ex art. 60 cpc e 108 DPR 15.12.1959 n. 1229 (Ordinamento degli ufficiali giudiziari), e ciò per le seguenti ragioni:
1. verrebbe ad essere rispettata l’esigenza manifestata dalla Suprema Corte che l’appartenenza dei beni ad un terzo “risulti ictu oculi da circostanze inequivocabili”;
2. si avrebbe prova certa che i beni rinvenuti nella casa del debitore siano non solo nella disponibilità di terzi, come avviene per il contratto di comodato, ma anche di proprietà altrui.

Eugenio chiede
giovedì 23/12/2010

“Se il debitore è un maggiorenne e non ha nulla di proprietà e non ha neanche un reddito, i beni dei genitori con i quali esso vive, possono essere presi in considerazione per un pignoramento? Grazie.”

Consulenza legale i 23/12/2010

Uno dei principi fondamentali che reggono il nostro ordinamento è quello sancito dall'art. 2740 del c.c.: Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.
Il pignoramento può colpire solo beni di cui il debitore è titolare, che però possono trovarsi anche presso terzi.


D. B. chiede
venerdì 10/12/2021 - Lombardia
“E’ possibile stipulare un contratto di comodato d’uso di beni mobili tra coniugi in separazione dei beni, mantenendo però i beni dettagliati nel contratto, nella medesima dimora di entrambi i coniugi, che non sono separati civilmente (regolarmente sposati) e quindi registrare il documento all’ Agenzia delle Entrate ?”
Consulenza legale i 16/12/2021
E’ certamente possibile la stipula di un contratto di tale tipo e la sua successiva registrazione presso l’Agenzia delle entrate, ma occorre fare alcune precisazioni.
Generalmente quando si pensa a soluzioni di questo tipo è perché uno dei due coniugi versa in una particolare situazione debitoria e spera in questo modo di poter mettere quantomeno i beni mobili che arredano la propria abitazione al riparo dalle potenziali azioni esecutive dei creditori.
Tuttavia, è bene sapere che la stipula di un contratto di comodato, dal quale far risultare che i beni ivi analiticamente indicati e descritti sono di proprietà di uno solo dei coniugi (quello non debitore) e che l’altro coniuge ne ha la mera codetenzione, se può teoricamente costituire un ostacolo per l’assoggettabilità di quei beni ad esecuzione forzata, sotto il profilo pratico poi non è in realtà così.

Infatti, costituisce ormai orientamento consolidato della Corte di Cassazione quello secondo cui l’ufficiale giudiziario ( o l’agente della riscossione per i debiti tributari), una volta giunto presso l’abitazione del debitore, non può desistere o sospendere le operazioni a cui è preposto a fronte di un contratto di comodato registrato, attestante che la proprietà dei beni rinvenuti presso la residenza o il domicilio del debitore appartengono in realtà a terzi.
Ciò perché, afferma la S.C., l’ufficiale giudiziario non ha alcun potere di adottare delle decisioni in ordine alla legittimità ed alla valenza probatoria della documentazione prodotta ed esibita da colui che, in forza di quel contratto, risulta proprietario dei beni che si intendono pignorare.
L’ufficiale giudiziario procedente, infatti, deve esclusivamente uniformarsi a quello che costituisce il principio di presunzione legale di proprietà vigente nel nostro ordinamento e secondo cui tutto ciò che si trova presso l’abitazione del debitore, coincidente con il suo luogo di residenza, si presume di proprietà del debitore stesso e di tutti coloro che in quell’immobile vi hanno la residenza e vi dimorano.

In tal senso si è espressa in particolare la Corte di Cassazione con sentenza n. 23625/2012, nella quale la S.C. afferma che, in tema di espropriazione mobiliare presso il debitore, lo stesso art. 513 del c.p.c. pone una presunzione di appartenenza al debitore dei beni che si trovano nella casa del debitore e negli altri luoghi al medesimo appartenenti.
Precisa ancora la S.C. che l’attività svolta dall’ufficiale giudiziario in sede di pignoramento mobiliare è di natura meramente esecutiva, dovendosi pertanto ritenere preclusa al medesimo qualunque valutazione giuridica dei titoli di appartenenza dei beni da sottoporre ad esecuzione.

Pertanto, l’ufficiale giudiziario, al fine di non incorrere in una omissione di atti di ufficio, potrà soltanto limitarsi a dare atto nel suo verbale che i beni rinvenuti presso l’abitazione del debitore risultano di proprietà di un terzo (l’altro coniuge), allegare copia di quel contratto al medesimo verbale e contestualmente procedere a pignoramento dei beni.
Solo a seguito del verbale di pignoramento, il terzo proprietario (ovvero il coniuge del debitore sottoposto ad azione esecutiva) potrà e dovrà avvalersi dello strumento dell’opposizione di terzo per convincere il giudice dell’esecuzione che quei beni sono in effetti di sua esclusiva proprietà, sebbene rinvenuti presso l’abitazione del debitore.
A tal fine, però, non potrà essere sufficiente il solo contratto di comodato, anche se avente data certa anteriore alla effettuata esecuzione (coincidente con la data di avvenuta registrazione), ma sarà opportuno munirsi di un valido titolo da cui far risultare che i beni pignorati furono acquistati dal coniuge non debitore prima del matrimonio o che gli sono pervenuti per donazione o successione anche in costanza di matrimonio (l’ideale sarebbe, ad esempio, disporre delle fatture di acquisto intestate al coniuge non debitore).

In tal senso si è espresso ancora una volta la Corte di Cassazione con sentenza n. 4222/1998, precisando che incombe sul terzo che si oppone all’esecuzione mobiliare l’onere l'onere di dimostrare, avvalendosi di documenti ad hoc, non soltanto che i beni sono stati affidati al debitore in data certa anteriore al pignoramento in virtù del contratto di comodato, ma anche il suo diritto di proprietà su quei medesimi beni.

Una soluzione più sicura per salvaguardare i beni del coniuge non debitore, sempre se questo sia l’intento di chi pone il quesito, potrebbe essere quella di esibire all’organo di esecuzione un contratto di locazione, avente ad oggetto sia l’immobile che i mobili che lo arredano (risultanti da inventario dettagliato) in cui dovrebbe essere il coniuge del debitore ad assumere la posizione di locatario.
In questo caso, anche se l’ufficiale giudiziario procedente dovesse egualmente eseguire il pegno dei mobili in virtù della presunzione a cui sopra si è fatto riferimento, in sede di opposizione il giudice non potrebbe disattendere la situazione giuridica risultante dal contratto di locazione, dichiarando l’invalidità del pignoramento perché eseguito su beni non appartenenti al debitore.

Infine, qualora non fosse quello fin qui presupposto l’intento che si prefigge chi pone il quesito, alla domanda se è lecito concludere tra coniugi in regime di separazione dei beni un contratto di comodato avente ad oggetti i mobili che arredano la loro abitazione, procedendo nel contempo alla registrazione dello stesso per conseguire la data certa, la risposta non può che essere positiva, vigendo nel nostro ordinamento il principio di carattere generale della c.d. autonomia contrattuale (cfr. art. 1322 del c.c.) e non esistendo alcuna norma giuridica che vieta un contratto di tale tipo.