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Articolo 938 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Occupazione di porzione di fondo attiguo

Dispositivo dell'art. 938 Codice Civile

Se nella costruzione di un edificio si occupa in buona fede una porzione(1) del fondo attiguo, e il proprietario di questo non fa opposizione entro tre mesi(2) dal giorno in cui ebbe inizio la costruzione, l'autorità giudiziaria, tenuto conto delle circostanze, può attribuire al costruttore la proprietà dell'edificio e del suolo occupato(3). Il costruttore è tenuto a pagare al proprietario del suolo il doppio del valore della superficie occupata, oltre il risarcimento dei danni(4).

Note

(1) La costruzione deve essere solo in parte sul suolo altrui: la parziarietà riguarda l'edificio piuttosto che il fondo.
(2) Il termine di tre mesi è fissato ai fini della decadenza (art. 2964 del c.c.).
(3) La sentenza di trasferimento della proprietà al costruttore ha natura costitutiva.
(4) Il costruttore è tenuto a risarcire il danno dal momento che edificare, anche in parte, sul suolo altrui costituisce un fatto illecito ex art. 2043.

Ratio Legis

Per alcuni, la fattispecie costituirebbe una figura speciale di accessione nella quale si deroga al principio superficies solo cedit; per altri si tratta di una forma di espropriazione.
In giurisprudenza è considerata una norma eccezionale.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

435 Relativamente all'ipotesi in cui taluno, nella costruzione di un edificio occupi in buona fede una porzione del fondo attiguo, l'art. 938 del c.c. modifica il corrispondente art. 452 del codice del 1865, in quanto stabilisce il termine entro il quale il proprietario del fondo parzialmente occupato deve fare opposizione. Il termine è di tre mesi e decorre dal giorno in cui la costruzione ebbe inizio. Decorso tale termine senza opposizione, il giudice, tenuto conto delle circostanze, può attribuire al costruttore la proprietà dell'edificio e del suolo occupato. Rimane invariato l'obbligo del costruttore di pagare in questo caso al proprietario del suolo il doppio del valore della Superficie occupata e di risarcire i danni.

Massime relative all'art. 938 Codice Civile

Cass. civ. n. 12033/2022

La sentenza di accoglimento della domanda ex art. 938 c.c. e di attribuzione al costruttore della proprietà dell'opera realizzata e del suolo (cd. accessione invertita) ha natura costitutiva in quanto trasferisce il diritto di proprietà della porzione di suolo occupata in buona fede, sicché il giudice con la pronuncia deve condizionare l'effetto traslativo al pagamento dell'indennità dovuta al proprietario del suolo pari al doppio del valore della superficie occupata.

Nell'ipotesi di accessione cd. invertita ai sensi dell'art. 938 c.c., il costruttore il quale abbia occupato in buona fede una parte del suolo del vicino, al fine di ottenere l'attribuzione della proprietà del suolo occupato, pur dovendo proporre un'espressa domanda, non è tenuto ad offrire anche una congrua indennità, perché la determinazione di questa è riservata al giudice del merito il quale, pertanto, non è vincolato dall'entità dell'offerta compiuta dal costruttore, né dalla condotta processuale dello stesso, che può indicare tale indennità anche in appello nonché modificarla, senza che la sua attività processuale al riguardo resti soggetta ai limiti degli artt. 345 e 346 c.p.c.

Cass. civ. n. 992/2022

L'azione tendente all'acquisto della porzione del fondo attiguo occupata, ai sensi dell'art. 938 c.c., può essere proposta anche da uno solo dei comproprietari del fondo confinante, essendo diretta esclusivamente all'accertamento dell'occupazione in buona fede del fondo attiguo, senza che l'immobile in comunione ne possa risultare modificato "in peius".

Cass. civ. n. 11845/2021

La buona fede rilevante ai fini dell'accessione invertita di cui all'art. 938 c.c. consiste nel ragionevole convincimento del costruttore di edificare sul proprio suolo e di non commettere alcuna usurpazione. Essa, in assenza di una previsione analoga a quella dettata in materia di possesso dall'art. 1147 c.c., non è presunta, ma deve essere provata dal costruttore; ai fini probatori, è necessario avere riguardo alla ragionevolezza dell'uomo medio e al convincimento che questi poteva legittimamente formarsi circa l'esecuzione della costruzione sul proprio suolo, in base alle cognizioni possedute effettivamente o che egli avrebbe potuto acquisire con un comportamento diligente, sicché la buona fede deve escludersi qualora, in relazione alle particolari circostanze del caso concreto, il costruttore avrebbe dovuto fin dall'inizio anche solo dubitare della legittimità dell'occupazione del suolo del vicino.

Cass. civ. n. 16331/2020

L'istituto dell'acquisto della proprietà per accessione invertita che, ai sensi dell'art. 938 c.c., consente al giudice di attribuire al proprietario della costruzione eseguita su una parte dell'altrui fondo attiguo la proprietà del terreno occupato, in mancanza della tempestiva opposizione del proprietario di tale terreno, si riferisce esclusivamente alle ipotesi di sconfinamento, ovvero di costruzione giacente in parte sul terreno del costruttore ed in parte sul terreno altrui, non trovando, perciò, applicazione nelle ipotesi di costruzione interamente eseguita sul fondo altrui, che sono invece regolate dall'art. 936 c.c.

Cass. civ. n. 22997/2019

L'art. 938 c.c., il quale, in deroga al principio generale sull'acquisto della proprietà per accessione, di cui ai precedenti artt. 934 e ss., prevede, in caso di occupazione di porzione del fondo contiguo con una costruzione, l'attribuzione al costruttore della proprietà dell'opera realizzata e del suolo (cosiddetta accessione invertita), si riferisce esclusivamente alla costruzione di un edificio, cioè di una struttura muraria complessa idonea alla permanenza nel suo interno di persone e di cose, non potendo, quindi, essere invocato con riguardo a opere diverse, quali un muro di contenimento o di divisione.

Cass. civ. n. 4454/2019

Colui che, nella costruzione di un edificio, ha occupato in buona fede una porzione del fondo attiguo, se chiede al giudice l'attribuzione della proprietà del suolo occupato, in caso di accoglimento della domanda di accessione invertita, ottiene una pronuncia costitutiva, perché il suo diritto sorge con la pronuncia del giudice. Egli, traendo vantaggio dalla sentenza costitutiva, deve sopportare tutte le spese del giudizio, mentre l'avversario può essere condannato esclusivamente a quella parte di spese che siano determinate dalla sua ingiustificata opposizione. Tale principio non è in contrasto con quello processuale sulla soccombenza, di cui agli artt. 91 e ss. c.p.c., perché la parte che chiede e ottiene l'accessione invertita non può essere considerata totalmente vittoriosa, dato che è tenuta a pagare al proprietario del suolo il doppio del valore della superficie occupata, oltre il risarcimento dei danni. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che, nella regolamentazione delle spese, si dovesse tener conto non soltanto della domanda di attribuzione ex art. 938 c.c. e dell'opposizione, rispetto ad essa, della parte controinteressata, ma anche delle ulteriori e contrapposte domande e dunque dell'esito globale del processo).

Cass. civ. n. 9093/2018

L'art. 938 cod. civ., che consente al giudice di attribuire al proprietario della costruzione eseguita su una parte dell'altrui fondo attiguo la proprietà del terreno occupato, presuppone la convinzione del costruttore che la sua proprietà abbia confini diversi da quelli reali, a tal punto da ritenere che gli appartenga anche una porzione del terreno del proprio confinante; la buona fede di cui al quarto comma dell'art. 936 c.c., invece, è rappresentata dalla convinzione del costruttore di essere proprietario del fondo su cui realizza la costruzione e richiede la dimostrazione dell'esistenza di un titolo di proprietà, derivativo o originario.

Cass. civ. n. 3899/2017

L’azione diretta a far valere l'obbligazione indennitaria ex art. 938 c.c., in quanto diretta a disciplinare, su basi obiettive, i contrapposti interessi del costruttore di buona fede e del proprietario del suolo, può utilmente essere invocata, nell’inerzia del costruttore, anche dal proprietario del suolo: in detta, ipotesi, peraltro, ai fini dell'accoglimento della domanda, è necessario che questi richieda anche l'acquisto coattivo della proprietà del medesimo suolo in favore del costruttore convenuto.

Cass. civ. n. 23707/2014

L'istituto dell'acquisto della proprietà per accessione invertita, ai sensi dell'art. 938 cod. civ., che consente al giudice di attribuire al proprietario della costruzione eseguita su una parte dell'altrui fondo attiguo la proprietà del terreno occupato, se non vi sia stata tempestiva opposizione del proprietario di tale terreno, si riferisce esclusivamente alle ipotesi di sconfinamento, ovvero di costruzione giacente in parte sul terreno del costruttore ed in parte sul terreno altrui, non trovando, perciò, applicazione nelle ipotesi di costruzione interamente eseguita sul fondo altrui, che sono invece regolate dall'art. 936 cod. civ.

Cass. civ. n. 3706/2013

L'indennità dovuta dal costruttore al proprietario del suolo, nell'ipotesi di accessione invertita di cui all'art. 938 c.c., pari al doppio del valore della superficie occupata è oggetto di un debito di valore, mirando non solo a ricostituire il patrimonio del proprietario, ma anche a ricompensarlo dei potenziali incrementi di valore non documentabili, con la conseguenza che il giudice, nel liquidare detta indennità, deve riconoscere sulla relativa somma, anche d'ufficio, gli interessi compensativi, a far data dalla domanda.

Cass. civ. n. 23018/2012

L'art. 938 c.c., il quale, in deroga al principio generale sull'acquisto della proprietà per accessione, di cui ai precedenti artt. 934 e ss., prevede, in caso di occupazione di porzione del fondo contiguo con una costruzione, l'attribuzione al costruttore della proprietà dell'opera realizzata e del suolo (cosiddetta accessione invertita), si riferisce esclusivamente alla costruzione di un edificio, cioè di una struttura muraria complessa idonea alla permanenza nel suo interno di persone e di cose, non potendo, quindi, essere invocato con riguardo ad opere diverse, quali un muro di contenimento o di divisione.

Cass. civ. n. 9052/2012

Nell'ipotesi di sconfinamento prevista dall'art 938 c.c., qualora non si verifichi l'accessione invertita a favore del costruttore, il proprietario del suolo non è vincolato all'osservanza del termine indicato dall'art 936, ultimo comma, c.c. per l'esercizio dello "ius tollendi". Ne consegue che, dovendo l'inerzia del proprietario della porzione di fondo occupata, protratta per oltre tre mesi dall'inizio della costruzione, concorrere con la buona fede del costruttore al fine di attribuire a quest'ultimo la proprietà dell'edificio e del suolo, è sufficiente che manchi uno di tali due elementi perché l'accessione invertita non si realizzi e rimanga, perciò, integro il diritto del proprietario della superficie occupata ad ottenere la demolizione dell'opera ivi illegittimamente eseguita.

Cass. civ. n. 6177/2011

La norma dell'art. 938 c.c. , che disciplina la cosiddetta accessione invertita, ha carattere eccezionale, in quanto derogativa sia del principio dell'accessione, sia di quello secondo cui il proprietario ha diritto di disporre sulla propria cosa in maniera piena ed esclusiva, con la conseguenza che essa non può trovare applicazione nell'ipotesi di costruzione eseguita in tutto od in parte su un suolo di proprietà comune del costruttore e di terzi, nella quale si applicano le norme sulla comunione, senza che sia ravvisabile una disparità di trattamento tra comunista e terzo.

Cass. civ. n. 345/2011

La buona fede rilevante ai fini dell'accessione invertita di cui all'art. 938 c.c. consiste nel ragionevole convincimento del costruttore di edificare sul proprio suolo e di non commettere alcuna usurpazione. Essa, in assenza di una previsione analoga a quella dettata in materia di possesso dall'art. 1147 c.c., non è presunta, ma deve essere provata dal costruttore; ai fini probatori, è necessario avere riguardo alla ragionevolezza dell'uomo medio e al convincimento che questi poteva legittimamente formarsi circa l'esecuzione della costruzione sul proprio suolo, in base alle cognizioni possedute effettivamente o che egli avrebbe potuto acquisire con un comportamento diligente, sicché la buona fede deve escludersi qualora, in relazione alle particolari circostanze del caso concreto, il costruttore avrebbe dovuto fin dall'inizio anche solo dubitare della legittimità dell'occupazione del suolo del vicino.

Cass. civ. n. 5133/2008

L'applicabilità della disposizione dell'art. 938 c.c. in tema di c.d. accessione invertita — per la quale si esige la buona fede dell'occupante, intesa come ragionevole convincimento di costruire sul proprio suolo, di per sé non dimostrata dalla mancata opposizione del vicino — richiede che si tratti di occupazione orizzontale del suolo, mentre rimane esclusa in caso di edificazione verticale, avvenuta nel sottosuolo altrui, ipotesi esclusa dalla previsione legislativa (nella specie, la S.C. ha escluso — confermando la sentenza di merito — che potesse applicarsi l'art. 938 c.c. in riferimento alla costruzione di un tunnel, posto nel sottosuolo di proprietà del vicino, finalizzato a mettere in comunicazione due parti del medesimo fondo di proprietà dell'occupante).

Cass. civ. n. 10268/2006

In tema di accessione invertita, l'invocazione dell'articolo 938 c.c., il quale presuppone l'occupazione in buona fede del suolo attiguo nell'edificazione del proprio fabbricato, implicando la deduzione di tale elemento psicologico, non richiede necessariamente l'indicazione di particolari elementi atti a connotarlo, in una fattispecie nella quale i convenuti, nel resistere agli avversi addebiti di sconfinamento, abbiano, a loro volta, ipotizzato che a sconfinare siano state le controparti ed abbiano chiesto in via riconvenzionale l'eventuale accertamento al riguardo, previa determinazione dell'esatto confine tra i fondi. In siffatto contesto, chiaramente connotato dalla deduzione, da parte convenuta, quanto meno dell'incertezza di tale confine, la richiesta di accessione invertita ai sensi dell'articolo 938 c.c. da parte dei convenuti palesemente presuppone l'implicita deduzione della buona tede, per l'ipotesi in cui lo sconfinamento sia addebitabile alle stesse parti convenute. (Nella fattispecie erano stati convenuti nella causa in materia di distanze i proprietari dei suolo ed edificio confinanti, i quali avevano proposto domanda riconvenzionale, sulla base di analoghe doglianze, anche ai fini dell'accessione invertita; tale domanda era stata rigettata sia dal tribunale che dalla corte d'appello, la quale, tuttavia, aveva disposto la sospensione della causa relativamente alla condanna, nei confronti dei medesimi convenuti, ed appellanti incidentali, alla rimozione delle tubazioni, stante la pregiudizialità con altra controversia tra le parti, originata dalla separazione delle cause disposta in primo grado, avente ad oggetto i reciproci sconfinamenti; ha conclusivamente affermato la S.C, sulla base del citato principio, che la decisione della corte di merito di rigettare la suesposta richiesta, senza attendere anche a tale riguardo la definizione di quell'altro procedimento, doveva ritenersi incoerente rispetto alla pur ravvisata necessità di sospendere il giudizio, ed ha anche per tale motivo cassato con rinvio la sentenza d'appello).

Cass. civ. n. 9173/2005

In tema di occupazione cosiddetta usurpativa, la perdita della proprietà da parte del privato non è conseguenza dell'accessione invertita; è, invece, l'opzione del proprietario per una tutela risarcitoria, in luogo della pur possibile tutela restitutoria, a comportare un'implicita rinuncia al diritto dominicale sul fondo irreversibilmente trasformato, senza che da ciò consegua, quale effetto automatico, l'acquisto della proprietà del fondo da parte dell'ente pubblico. (Nella fattispecie la S.C. ha pertanto escluso essendo la rinuncia alla proprietà atto abdicativo e non traslativo — che vi fosse contraddizione tra le statuizioni del giudice di merito di riconoscere, per un verso, al proprietario il risarcimento integrale per la perdita della proprietà e di negare, per altro verso, l'acquisizione della proprietà stessa in capo all'ente pubblico occupante).

Cass. civ. n. 12230/2002

Il requisito della buona fede del costruttore, ai fini della declaratoria dell'accessione invertita ex art. 938 c.c., deve sussistere solo nel momento iniziale, in cui nell'effettuare la costruzione di un edificio il costruttore operi inconsapevolmente lo sconfinamento sul fondo altrui, laddove non è richiesto che persista oltre tale momento, né tanto meno fino al completamento dell'opera.

Cass. civ. n. 3058/1999

La buona fede rilevante ai fini dell'accessione invertita ex art. 938 c.c. consiste nel ragionevole convincimento del costruttore di edificare sul proprio suolo e di non commettere alcuna usurpazione. Il predetto stato soggettivo deve sussistere fino al completamento della costruzione non operando l'art. 938 nel richiedere tale requisito, alcuna distinzione tra l'inizio ed il termine della costruzione. Inoltre la buona fede del costruttore non può essere presunta, ma deve essere dimostrata, al pari dei requisiti oggettivi della complessa fattispecie, dallo stesso costruttore che voglia conseguire, contro il principio generale dell'accessione (superficies solo cedit) il trasferimento della proprietà del suolo occupato con la costruzione.

Cass. civ. n. 1504/1998

La cosiddetta accessione invertita contemplata nell'art. 938 c.c. trova applicazione quando l'occupazione in buona fede di porzione del fondo attiguo sia attuata mediante una struttura muraria costituente parte essenziale ed integrante dell'edificio in cui è stabilmente incorporata, quale una scala esterna di accesso all'edificio medesimo.

Cass. civ. n. 3853/1993

Nell'ipotesi di costruzione eseguita in tutto o in parte su un suolo di proprietà comune del costruttore e di terzi, non possono trovare applicazione le disposizioni relative all'accessione (artt. 934, 938 c.c.) la cui operatività è subordinata alla mancanza di una diversa disciplina, legale o convenzionale, dei rapporti fra costruzioni e proprietà del suolo, ma devono applicarsi le norme in materia di comunione, con la conseguenza che la comproprietà della nuova opera sorge a favore dei condomini non costruttori soltanto se essa sia stata realizzata in conformità di detta disciplina e perciò nel rispetto delle norme sui limiti del diritto all'uso del comproprietario delle cose comuni.

Cass. civ. n. 9373/1991

La buona fede che a norma dell'art. 938 c.c. (disciplinante l'istituzione dell'accessione invertita) consente al giudice di attribuire al costruttore la proprietà della porzione di suolo occupato deve consistere nella mancata percezione dello sconfinamento, con la conseguenza che essa va esclusa quando il costruttore, consapevole della alienità della zona di terreno occupata, abbia agito nella convinzione della liceità della costruzione in forza del consenso verbale del vicino.

Cass. civ. n. 3483/1990

Per la configurabilità dell'istituto dell'accessione invertita, previsto dall'art. 938 c.c., si richiede che il costruttore abbia sconfinato, occupando «con parte» del nuovo edificio una porzione del suolo attiguo di proprietà altrui, e che tale occupazione sia avvenuta in buona fede, con la conseguenza che il detto istituto deve essere ritenuto inapplicabile qualora la costruzione sia avvenuta «per intero» su suolo altrui con il semplice convincimento di agire legittimamente a seguito del consenso verbale del proprietario del fondo, poiché la buona fede del costruttore deve consistere nella ragionevole opinione di essere il proprietario del terreno occupato e non nella generica ignoranza di ledere il diritto altrui.

Cass. civ. n. 2748/1989

In tema di accessione invertita, ai fini della decorrenza del termine di tre mesi di cui all'art. 938 c.c., per «inizio» della costruzione deve intendersi — coerentemente alla ratio della norma in esame, che è quella di consentire al proprietario del suolo, attraverso una tempestiva opposizione, di rendere improponibile al costruttore una domanda di attribuzione a sé della proprietà dell'edifico e del suolo occupato — il compimento di qualsiasi attività, anche soltanto preparatoria dell'edificazione vera e propria, che, come lo sbancamento del terreno, implichi una modificazione dello stato dei luoghi e risulti, in concreto, obiettivamente idonea a palesare il fine edificatorio della occupazione dell'altrui fondo.

Cass. civ. n. 9619/1987

Perché si configuri l'accessione invertita, di cui all'art. 938 c.c., è necessario: a) che nella costruzione d'un edificio il costruttore abbia sconfinato, occupando con le fabbriche, oltre al proprio terreno, una porzione del fondo attiguo; b) che tale occupazione sia avvenuta in buona fede; c) che la costruzione sia stata eseguita con la consapevolezza e senza opposizione del vicino. Se manca uno solo di tali requisiti l'accessione non ha luogo, così come la stessa non può trovare applicazione, anche per il suo carattere eccezionale, nel caso di sconfinamento non orizzontale, con l'occupazione di un fondo attiguo, ma in senso verticale, posto in essere, nell'ambito d'un edificio in condominio, dal proprietario d'un piano in danno del proprietario di altro piano sovrastante o sottostante.

Cass. civ. n. 4366/1987

La dichiarazione di opposizione prevista dall'art. 938 c.c. — quale mezzo di cui viene onerato il proprietario se vuole evitare che il giudice possa attribuire, a chi abbia occupato in buona fede con la propria costruzione una porzione del fondo attiguo, la proprietà dell'edificio e del suolo con esso occupato — non richiede l'adozione di una forma determinata e può essere fatta anche verbalmente.

Cass. civ. n. 6597/1986

La c.d. accessione invertita, disciplinata dall'art. 938 c.c.; presuppone l'occupazione, in buona fede, di una mera «porzione» del fondo altrui, da parte del proprietario costruttore sul fondo attiguo, onde non può trovare applicazione nella diversa ipotesi di integrale edificazione dell'area altrui.

Cass. civ. n. 6192/1986

Nel caso di occupazione di una porzione di fondo attiguo con la costruzione di edificio, la facoltà di chiedere la cosiddetta accessione invertita, in presenza dei requisiti fissati dall'art. 938 c.c., ivi inclusa la buona fede del costruttore, deve essere riconosciuta anche agli aventi causa a titolo particolare del costruttore medesimo, tenuto conto, ove si tratti di fabbricato condominiale, che la facoltà stessa può essere esercitata pure dal singolo condomino, ma che l'accoglimento della relativa domanda giova a tutti gli altri partecipanti, implicando l'inclusione della suddetta porzione di suolo fra le cose comuni.

Cass. civ. n. 4711/1985

L'art. 938 c.c. — il quale disciplina la cosiddetta accessione invertita con disposizione che costituisce deroga alla norma generale dell'art. 934 c.c. concernente l'acquisto della proprietà per accessione — va interpretato nel senso che il «suolo occupato», del quale il costruttore autore dello sconfinamento può conseguire la proprietà, è soltanto il suolo su cui insistono le strutture dell'edificio (inteso come opera muraria complessa idonea alla permanenza nel suo interno di persone o di cose); pertanto, la disciplina dettata dall'art. 938 cit. non è applicabile né nell'ipotesi di suolo occupato mediante opere (come un muro di cinta) diverse da un edificio, né nell'ipotesi di area indificata che il costruttore dell'edificio abbia occupato destinandola a spazio di parcheggio, ai sensi dell'art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, atteso che anche il vincolo di destinazione di appositi spazi a parcheggio, previsto da tale norma, presuppone che il proprietario delle costruzioni principali abbia la disponibilità, in termini di diritto reale, degli spazi predetti, e non può essere invocato quale mezzo al fine di acquisire usi di proprietà altrui.

Cass. civ. n. 4569/1985

La disciplina dell'art. 938 c.c. (sulla cosiddetta accessione invertita) trova applicazione nell'ipotesi in cui la costruzione dell'edificio abbia comportato l'occupazione in buona fede della porzione di un fondo attiguo di proprietà di altri, non anche nell'ipotesi in cui lo sconfinamento investa un fondo comune del costruttore e di terzi, nel qual caso va applicata la disciplina in tema di comunione, ed in ispecie la norma sui limiti dell'uso della cosa comune (art. 1102 c.c.), la quale è violata allorché uno dei comunisti attragga nella propria esclusiva sfera giuridica il bene comune o parte di esso.

Cass. civ. n. 6410/1984

La disposizione dell'art. 938 c.c., avendo carattere eccezionale in quanto derogatrice del principio generale quod inaedificatur solo cedit, non è suscettibile di applicazione al di là della ipotesi, in essa contemplata, di occupazione materiale, con la costruzione, di una porzione del fondo altrui e non può, pertanto, valere ad attribuire all'occupante la proprietà di una zona di tale fondo non interessata dalle fabbriche.

Cass. civ. n. 1018/1984

L'art. 938 c.c., il quale, in deroga al principio generale sull'acquisto della proprietà per accessione di cui ai precedenti artt. 934 e seguenti, prevede, in caso di occupazione di porzione del fondo contiguo con una costruzione, l'attribuzione al costruttore della proprietà dell'opera realizzata e del suolo (cosiddetta accessione invertita), si riferisce esclusivamente alla costruzione di «edificio», cioè di struttura muraria complessa, idonea alla permanenza nel suo interno di persone o di cose, e, pertanto, non può essere invocato con riguardo ad opere diverse, quale un muro, restando a tal fine irrilevante la loro eventuale natura e funzione di pertinenze di edificio non interessato in quella costruzione.

Cass. civ. n. 7269/1983

La normativa dell'art. 938 c.c. presuppone un'occupazione parziale del fondo attiguo nell'esecuzione di una costruzione su fondo proprio e non anche una costruzione interamente eseguita nell'altrui proprietà, e quindi non può trovare applicazione nel caso in cui una parte abbia costruito un locale con materiali propri nel sottosuolo altrui, per cui sono applicabili i principi di cui all'art. 936 c.c.

Cass. civ. n. 1944/1982

In tema di accessione invertita, non può essere fatto obbligo al costruttore di fornire la prova del fatto negativo costituito dalla mancanza di una tempestiva opposizione del proprietario del fondo parzialmente occupato (da proporsi entro tre mesi dall'inizio, non dell'edificazione vera e propria, ma delle attività preparatorie, implicanti ugualmente l'occupazione del suolo altrui), se non attraverso la dimostrazione del fatto positivo reciproco, rappresentato da un'opposizione successiva alla scadenza dell'indicato termine.

Cass. civ. n. 667/1982

L'azione esperita dal proprietario del suolo per la rimozione della parte di costruzione altrui che vi insiste va inquadrata nell'ipotesi prevista dall'art. 938 c.c. e non del precedente art. 936, primo comma, atteso che quest'ultima norma, nel disciplinare le opere fatte da un terzo con materiali propri sul suolo altrui, si riferisce al caso in cui la costruzione realizzata presenti rispetto al suolo una propria autonomia, dal lato strutturale ed economico, in guisa da poter essere astrattamente idonea, per la sua capacità di utilizzazione, ad apportare un effettivo incremento al valore del suolo a cui accede e, quindi, un concreto vantaggio economico al proprietario del suolo che intenda ritenerla, mentre l'art. 938, postulando che sia stata realizzata sul suolo altrui non l'intera costruzione, ma solo una parte di essa, esclude tale possibilità, avuto riguardo ai diversi risultati che, sul piano giuridico ed economico, possono derivare per il proprietario del suolo, soprattutto in ipotesi di sconfinamento per una lieve profondità rispetto alla linea di confine.

Cass. civ. n. 2746/1979

Nell'ipotesi in cui, nella costruzione di un edificio, si occupi in buona fede una porzione del fondo attiguo, qualora manchino o non siano provati i presupposti di legge richiesti dall'art. 938 c.c. o non sia chiesta dal costruttore l'accessione invertita ovvero questa non sia accordata dal giudice, la fattispecie ricade sotto la disciplina generale dell'art. 936 c.c., che dà al proprietario del fondo invaso dalla costruzione la facoltà di scelta fra il ritenere la fabbrica o chiederne la rimozione.

Cass. civ. n. 2474/1978

Il termine di decadenza entro il quale il proprietario del suolo può chiedere la rimozione delle opere ivi fatte da un terzo riguarda esclusivamente l'ipotesi di cui all'art. 936 c.c., né può comunque estendersi a quella del successivo art. 938, il quale pone bensì anche esso un termine di decadenza, ma solo per consentire al proprietario del suolo di rendere improponibile dal costruttore una domanda di attribuzione a sé della proprietà dell'edificio e del suolo occupato.

Cass. civ. n. 3492/1977

L'opposizione del proprietario del fondo, proposta prima della occupazione di esso da costruzione altrui, oltre a escludere la buona fede del costruttore fa venir meno uno degli elementi costitutivi della fattispecie legale della cosiddetta accessione invertita.

Cass. civ. n. 1900/1977

L'accessione «invertita» (art. 938 c.c.) può essere dichiarata soltanto se invocata dal costruttore. In nessun caso il proprietario del suolo può adire il giudice per costringere il costruttore, contro la volontà del medesimo, ad acquistare la proprietà del suolo occupato e delle opere sullo stesso eseguite, non trovando, nella legge, alcuna valida giustificazione un acquisto coattivo di chi non lo voglia, con trasformazione in obbligo di una semplice facoltà riconosciuta in favore del costruttore in buona fede.

Cass. civ. n. 763/1974

Pur non potendosi disconoscere che i requisiti della buona fede del costruttore e dell'inerzia del proprietario del suolo che fu occupato per effetto dello sconfinamento — che concorrono entrambi a concretare la previsione normativa di cui all'art. 938 c.c., quali condizioni essenziali perché il giudice possa esaminare l'opportunità di disporre la cosiddetta accessione invertita — offrono un'indubbia conferma che la norma anzidetta è dettata anche e prevalentemente a tutela della buona fede del costruttore e quindi nell'interesse del medesimo e non già del proprietario del suolo (con la conseguenza che non sarebbe configurabile un acquisto coattivo della proprietà del suolo che venga disposto dal giudice, su domanda del proprietario del suolo, contro la volontà del costruttore), deve tuttavia ritenersi che la regolamentazione sancita dalla citata norma, essendo diretta a regolare, su basi obiettive i contrapposti interessi del costruttore di buona fede e del proprietario del suolo, può essere utilmente invocata, anche nell'inerzia del costruttore, dallo stesso proprietario del suolo. In tal caso resta ovviamente salva per il costruttore, che non intenda beneficiare della cosiddetta accessione invertita, la possibilità di procedere egli stesso o di impegnarsi, comunque, alla demolizione della costruzione, facendo in tale modo venir meno, nelle more del giudizio, una delle condizioni dell'azione.

Cass. civ. n. 3043/1973

Il termine di tre mesi per l'opposizione concesso al proprietario del fondo attiguo di cui sia occupata in buona fede una porzione dal costruttore dell'edificio, decorre dalla data dell'effettivo inizio della costruzione e non è richiesta la scientia operis.

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Consulenze legali
relative all'articolo 938 Codice Civile

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F. B. chiede
martedì 11/01/2022 - Puglia
“Nel 1978 ho ricevuto in donazione un terreno con annesso fabbricato rurale su cui successivamente ho costruito altri immobili a mie spese e con il consenso di mio padre. Infatti il genitore in mia assenza provvide alla progettazione,alla scelta del sedime,allo scavo delle fondazioni come risulta dalle testimonianze. Successivamente alla donazione ho costruito l'immobile e successivamente altri due abusivamente ma poi regolarmente sanati sullo terreno che comprendeva il vecchio fabbricato rurale demolito.
Nel 1982,cioè dopo 4 anni,e quando erano stati edificati due immobili,mio padre donava a mio fratello,espressamente come risulta dalla donazione,il limitrofo oliveto distinto dalle nuove costruzioni non menzionate nell'atto di donazione e dal vecchio fabbricato rurale da un preesistente muro a secco. Quando ho terminato le varie costruzioni cioè nel 1998,mio fratello mi ha messo a conoscenza che i manufatti erano stati costruiti su terreno di sua proprietà come risulta catastalmente. Mio padre ormai defunto era convinto per la atavica centenaria situazione dei luoghi,che il terreno era un corpo unico con il fabbricato donato,distinto dall'uliveto da un muro a secco preesistente e che quindi fosse parte integrante della donazione. Risulta tuttavia che i primi due manufatti sono stati costruiti prima della donazione a mio fratello e quindi in buona fede con il consenso del genitore,sul terreno ancora di sua proprietà. Mio fratello mi ha citato in giudizio (art.934) per l'acquisizione di tutti i manufatti. Il diritto di accessione risale al 1979 (epoca in cui mio fratello non aveva alcun titolo di proprietà) o al 1982 (epoca della donazione) ? Posso richiedere diritto di superficie cass.6078 del 2002 senza prova scritta? Oppure richiedere diritto di pertinenza art 817 per evitare il 934? Con riservatezza dei dati e dei fatti.”
Consulenza legale i 17/01/2022
Le soluzioni che possono prospettarsi per difendersi dalle pretese avanzate giudizialmente dal proprio fratello sono due:
a)invocare l’applicazione dell’art. 938 c.c.;
b)avvalersi dell’istituto giuridico dell’usucapione ex art. 1158 del c.c..

La prima soluzione riguarda la c.d. accessione invertita, la quale consiste sostanzialmente in una alienazione forzosa del suolo occupato e presuppone la sussistenza di due requisiti:
a) un requisito oggettivo, consistente nello sconfinamento sul suolo altrui nel corso della realizzazione di una costruzione; secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza deve trattarsi esclusivamente di costruzione avente ad oggetto un edificio, mentre essa non può operare allorchè si tratti, ad esempio, di un muro di cinta (cfr. C. 3676/1999; C. 8509/1998; C. 2250/1992).
b) un requisito soggettivo, ovvero la buona fede del costruttore, intesa come ragionevole convincimento di edificare sul proprio suolo, la quale si considera esclusa quando si sarebbe dovuto fin dall’inizio dubitare della legittimità dell'occupazione del suolo altrui nonché nell’ipotesi in cui vi sia il consenso verbale del proprietario confinante (C. 2589/1997; C. 4427/1986).
Il requisito soggettivo della buona fede non si presume né si può arguire dalla mancata opposizione del proprietario, ma deve essere dimostrato da chi lo allega (così Cass. n. 4774/2005; Cass. 3058/1999; Cass. 9096/1991; Cass. 3093/1988; Cass. 4427/1986; Cass. 1599/1986).
Nel caso di specie si ritiene, sulla base di quanto viene riferito nel quesito, che sussistano sufficienti elementi probatori per contrastare la pretesa dell’attore e dimostrare, anche a mezzo di testimoni, l’assoluta buona fede di colui che ha costruito i due edifici, convinto di realizzarli su terreno di cui era divenuto proprietario in forza dell’atto di donazione.

Occorre tenere presente, infatti, che l'accessione invertita non si verifica mai ipso iure, ma richiede una sentenza costitutiva (Cass. 4454/2019; Cass. 3103/1987) e che la richiesta di applicazione dell'art. 938 dà generalmente luogo ad una domanda riconvenzionale, soggetta ai limiti e alle preclusioni previste dall'ordinamento per tale tipo di domanda.
Inoltre, non si tratta di un provvedimento dovuto, in quanto pur ricorrendo tutti i requisiti previsti dal citato art. 938 c.c., l'autorità giudiziaria potrà, “tenuto conto delle circostanze”, negare il provvedimento.
L’unico modo che ha il proprietario del suolo occupato per impedire l’accessione invertita è quello di fare opposizione entro tre mesi dal giorno in cui ebbe inizio la costruzione, opposizione che qui non risulta essere mai stata fatta.
Dal canto suo, colui che intende far valere tale modo di acquisto della proprietà, è tenuto a pagare al proprietario del suolo il doppio del valore della superficie occupata oltre al risarcimento dei danni, quali possono essere, a titolo meramente esemplificativo, quelli derivanti dal deprezzamento del suolo per minore utilizzabilità edificatoria.
In questo caso si ritiene che l’attore non abbia alcun diritto di pretendere il risarcimento dei danni, e ciò per le seguenti ragioni:
1.è divenuto proprietario del suolo su cui si trovano realizzati i due edifici in data successiva alla loro edificazione;
2.la donazione a lui fatta ha comportato, almeno si presume, il trasferimento a corpo e non a misura del terreno, con indicazione della sola particella catastale;
3.la volontà da parte del donante di trasferire con l’atto di donazione la porzione di suolo occupata dai due fabbricati deve intendersi in ogni caso esclusa per il solo fatto che prima della data dell’atto vi era stata una irreversibile trasformazione del fondo, con il passaggio dal catasto terreno al catasto fabbricati (passaggio peraltro regolarmente avvenuto, in quanto nel quesito si dice che gli immobili, dapprima realizzati abusivamente, sono stati successivamente sanati).

La seconda soluzione che si propone, invece, è quella di far valere, ex art. 1158 c.c. e sempre con domanda riconvenzionale, l’usucapione del diritto di proprietà ovvero, in subordine, del diritto di superficie della contestata porzione di terreno su cui sono stati realizzati i due fabbricati (stando sempre a quanto si legge nel quesito, è dall’inizio degli anni ’80 circa che si occupa e, dunque, si ha il possesso continuato di quel terreno).
Come si ritiene possa essere in qualche modo noto, fondamento dell'usucapione è una particolare situazione di fatto (e non un diritto), esercitata, senza interruzioni, sulla cosa da parte di colui che, attraverso tale prolungata signoria, si sostituisce, in concreto, al titolare effettivo del diritto; non occorre che ricorra il cosiddetto animus usucapiendi, ovvero l'intenzione di pervenire all'acquisto del diritto, essendo invece necessario e sufficiente il solo animus rem sibi habendi.
Inoltre, al fine di usucapire il bene posseduto è altrettanto necessario che ricorra il mancato esercizio del diritto da parte del titolare dello stesso o meglio l'incompatibilità del possesso con l'altrui diritto.
Per quanto concerne l’esatta individuazione del diritto usucapito, la giurisprudenza (cfr. Cass. 3048/1984) ha stabilito che spetta di volta in volta al giudice precisare, in sede di accertamento dell’usucapione, quale sia il diritto usucapito.
In tal senso sembra essere orientata anche parte della dottrina, la quale ha posto in evidenza che, non essendo menzionata espressamente dal vigente codice una presunzione di possesso a titolo di proprietà, incombe su colui il quale vuol far valere l'acquisizione del diritto l'onere di provare altresì a quale diritto corrisponda il potere di fatto esercitato.

Peraltro, a sostegno della prospettata domanda riconvenzionale volta a far valere l’usucapione può addursi la circostanza che nel corso del ventennio non sembra essere stato posto in essere alcun atto interruttivo.
Infatti, si tenga presente che se si vuole interrompere l’usucapione, non è sufficiente una mera lettera di diffida o messa in mora da parte del proprietario del bene, in quanto il possesso utile ai fini dell’usucapione si può esercitare anche in aperto contrasto con la volontà del titolare del bene.
Può attribuirsi efficacia interruttiva del possesso soltanto a quegli atti che privano materialmente il possessore del potere di fatto sulla cosa ovvero agli atti giudiziali diretti a ottenere questa privazione.
In particolare, si ha interruzione dell’usucapione in presenza di un’iniziativa assunta dal titolare del diritto, il che ricorre, ad esempio, nei seguenti casi.
1.se il proprietario dell’immobile esercita l’azione giudiziale di rivendica del bene;
2.se il possessore dell’immobile è stato privato del possesso per oltre un anno (ex art. 1167 del c.c.), senza che, entro questo periodo di tempo, lo stesso abbia recuperato il possesso esercitando l’azione di reintegrazione in tribunale;
3.se il possessore riconosce espressamente il diritto del proprietario, in caso di notifica dell’atto di citazione con il quale il proprietario richieda la materiale consegna dei beni immobili.

Nel caso di specie non sembra che ricorra alcuna delle predette circostanze, il che lascia supporre che possano dirsi sussistenti i presupposti per usucapire il diritto di proprietà della porzione di fondo occupata da quei due edifici o, al limite, il relativo diritto di proprietà superficiaria.

R. J. S. chiede
domenica 15/09/2019 - Veneto
“Buonasera,
un mese fa ho comprato una proprietà che confina, in una della sua parti, con una stalla-fienile. Nel fare la verifica dei confini è stato riscontrato che per la lunghezza della stalla e la profondità di oltre un metro la costruzione è stata fatta nel terreno di mia proprietà. La costruzione ha oltre 30 anni di vita, non è accatastata ed inutilizzata da decenni ( al limite dell'abbandono ).Aggiungo che i proprietari nel quale è presente la stalla sono 3 fratelli che si contendono l'eredità del padre da anni.
Quali sono i possibili vantaggi / svantaggi di questa situazione ? Come mi devo comportare rispetto a tutto questo.
Grazie.
Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 19/09/2019
La norma che si ritiene sia idonea a disciplinare il caso di specie è l’art. 938 c.c., dettato in materia di accessione, il quale prevede appunto l’ipotesi in cui nel corso della costruzione di un edificio venga occupata in buona fede una porzione del fondo attiguo.
Al verificarsi dei presupposti indicati nella norma è possibile che l’accessione avvenga non già in favore del proprietario del suolo, secondo la regola generale fissata dall’art. 934 del c.c., bensì in favore del proprietario-costruttore dell’edificio (si parla tecnicamente di c.d. accessione invertita).
In tal caso, infatti, l’operare della regola dell’accessione ordinaria non avrebbe alcuna ragione, in quanto la costruzione insiste a cavallo tra due fondi e la parte di edificio che insiste sull’altrui suolo non ha una propria autonomia economico-funzionale, per cui il proprietario del suolo non saprebbe cosa farsene.

Tuttavia, l’accessione in favore del costruttore non è automatica, in quanto, come prima accennato, occorre che ricorrano dei presupposti ben determinati.
Il primo di tali presupposti è la buona fede del costruttore, ossia il ragionevole convincimento di edificare sul proprio fondo; la buona fede non si presume, ma deve essere dimostrata da chi l’allega, ossia dal costruttore (cfr. Cass. 10784/1994; Cass. 4366/1987).
Inoltre, pur in presenza della buona fede del costruttore, questa forma di accessione non può operare quando il proprietario manifesti la propria volontà di opporsi all’occupazione; tale volontà, però, deve essere manifestata entro tre mesi dall’inizio dei lavori, con la conseguenza che, trascorso tale termine, il proprietario ignaro potrebbe trovarsi costretto a subire l’accessione invertita.

Il ricorrere di questi elementi non è ancora sufficiente per far acquisire la proprietà del suolo in favore del costruttore, in quanto l’acquisto del terreno non si verifica mai ipso iure, ma richiede sempre una sentenza costitutiva (in tal senso si è di recente espressa Cass. 4454/2019), ossia un provvedimento in forza del quale il giudice riconosca l’avvenuto acquisto della porzione di suolo in capo al costruttore.
Nel caso di specie, anche a voler ammettere la sussistenza dei presupposti della buona fede e della mancanza di opposizione, difetta un elemento essenziale per l’acquisto della proprietà del suolo, ovvero il provvedimento giudiziale (il quale, come accennato prima, ha natura costitutiva e non dichiarativa, ovvero in sua assenza non sorge alcun diritto).
Peraltro, secondo quanto viene riferito nel quesito, sono trascorsi ben trenta anni da quando è stata realizzata quella costruzione, il che ha indubbiamente fatto venir meno il diritto, in capo al proprietario di essa, di agire giudizialmente per ottenere la sentenza costitutiva (dovendosi applicare le norme in materia di prescrizione dei diritti di cui agli artt. 2934 e ss c.c.).

Non potendo, dunque, dirsi realizzata tale particolare forma di accessione, si pone a questo punto il problema di quale sia il regime giuridico della costruzione eseguita a cavallo tra i due fondi.
La giurisprudenza è orientata nel senso della non applicabilità dell’art. 936 del c.c., norma che consentirebbe al proprietario del fondo il diritto di ritenere le costruzioni su di esso eseguite da un terzo con materiali propri, e ciò per le limitazioni allo ius tollendi previste dai commi 4 e 5 di tale norma.

Ha invece affermato la Corte di Cass. SS.UU. n. 3351/1984 che, ove nella fattispecie prevista dall’art. 938 c.c. non si dia luogo ad accessione invertita, il proprietario del suolo acquista la proprietà della costruzione per la parte insistente sullo stesso e conserva, nonostante tale acquisto, il potere di chiedere in ogni tempo la rimozione di quella parte dell’opera, a nulla rilevando che lo sconfinamento sia avvenuto a sua scienza e senza opposizione o con la buona fede del costruttore, ovvero siano trascorsi sei mesi dal giorno in cui ha avuto notizia dell’incorporazione (così anche Cass. N. 1393/1986; Cass. N. 1841/1986; Cass. N. 13539/1992; Cass. 5892/2001).

Adattando i suddetti principi al caso di specie, può dirsi che lo svantaggio nasce dal fatto che, da quanto sembra di capire, trattasi di immobile fatiscente e per di più neppure accatastato (uno di quegli immobili c.d. fantasma).
In una situazione del genere, per far valere il principio dell’accessione (sia pure parziale) in proprio favore, sarebbe necessario preliminarmente regolarizzare (ove possibile) tale costruzione dal punto di vista urbanistico, per poi procedere al suo accatastamento, mediante creazione di due particelle catastali autonome (una per la parte ricadente sul terreno del confinante ed una per la porzione ricadente sul proprio fondo).
Come può essere facile intuire, trattasi di attività che richiedono l’intervento di tecnici e la necessità di sostenere costi sicuramente non irrisori; ciò induce a consigliare di adoperarsi per chiedere la demolizione dell’opera illegittimamente costruita sul proprio fondo e la restituzione del suolo occupato.

Non si consiglia neppure di avvalersi di quell’altra particolare forma di acquisto della proprietà che è l’usucapione dell’intera costruzione (per effetto del possesso ultraventennale), in quanto sembra chiaro che trattasi di immobile in disuso, per il quale risulterebbe estremamente difficile dimostrare in giudizio di averne esercitato il possesso continuo ed ininterrotto per oltre venti anni.


Giuseppe B. chiede
venerdì 26/08/2016 - Veneto
“Vivo al Nord, possiedo un immobile in Sicilia in cui vado di tanto in tanto. Un mio vicino, approfittando di una mia lunga assenza per vari motivi (circa 8 mesi), ha fatto un ampliamento abusivo del suo immobile occupando una porzione del mio terreno pari a circa 20mq. Quando sono andato in Sicilia e constatato l'occupazione abusiva del mio terreno, ho contestato l'abuso al vicino il quale mi ha risposto che mi paga il terreno per ciò che vale commercialmente e si procede con il rogito. Io non voglio vendere perchè mi ha portato via un pezzo di terreno per me importante ai fini delle distanze tra immobili in quanto avevo in progetto di costruire un garage e adesso non posso più perchè la metratura del garage da costruire diminuirebbe del 50%. Visto che la costruzione è abusiva e quindi priva dei regolari permessi rilasciati dal Comune, posso chiedere la demolizione dell'immobile al mio vicino? Quali norme di legge regolano questo tipo di abuso ed eventuali indennizzi?”
Consulenza legale i 01/09/2016
L’art. 938 c.c. riguarda la c.d. accessione invertita, vale a dire la costruzione di parte di un edificio su un fondo altrui. La Corte di Cassazione con la sentenza n. 23018/2012 ha parlato espressamente di “edificio”, vale a dire di una “struttura muraria idonea alla permanenza di cose e persone al suo interno” per l’applicazione dell’art. 938 c.c. Inoltre, si parla di buona fede da parte del costruttore (cosa che non parrebbe esserci) e della opposizione da parte del proprietario del fondo entro tre mesi dall’inizio della costruzione (cosa che – parimenti – non parrebbe più possibile, posto che il termine è posto a decadenza).

La via da seguire è pertanto amministrativa e penale: occorre infatti procedere con una denuncia – querela all’autorità giudiziaria a mente dell’art. 633 c.p. (invasione di terreni o edifici), al fine comunque di dimostrare la assoluta estraneità ai fatti.
In secondo luogo, occorre denunciare l’opera abusiva al Responsabile dell’ufficio comunale (di solito polizia municipale, settore abusivismo edilizio), il quale, eseguiti i dovuti accertamenti, procederà con un’ordinanza di demolizione. Si badi però che tale ordinanza sarà rivolta non solo al costruttore ma anche al proprietario del fondo (sì come stabilito dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 1878 del 31/3/2010): in tali casi, qualora sia il proprietario del fondo a procedere alla demolizione dell’opera abusiva a proprie spese, ben potrà chiedere la rifusione delle spese e dei danni al costruttore abusivo inerte.