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Articolo 70 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 01/01/2024]

Redditi di natura fondiaria

Dispositivo dell'art. 70 TUIR

1. I censi, le decime, i quartesi e gli altri redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente, ancorché consistenti in prodotti del fondo o commisurati ad essi, e i redditi dei beni immobili situati nel territorio dello Stato che non sono e non devono essere iscritti in catasto con attribuzione di rendita, concorrono a formare il reddito complessivo nell'ammontare e per il periodo di imposta in cui sono percepiti.

2. I redditi dei terreni e dei fabbricati situati all'estero concorrono. alla formazione del reddito complessivo nell'ammontare netto risultante dalla valutazione effettuata nello Stato estero per il corrispondente periodo di imposta o, in caso di difformità dei periodi di imposizione, per il periodo di imposizione estero che scade nel corso di quello italiano. I redditi dei fabbricati non soggetti ad imposte sui redditi nello Stato estero concorrono a periodo di imposta, ridotto del 15 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese.

Massime relative all'art. 70 TUIR

Cass. civ. n. 4216/2019

L'esenzione dall'ICI di cui all'art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504 del 1992, non spetta per l'immobile di proprietà di un console onorario il quale lo abbia messo a disposizione dello Stato estero per finalità verosimilmente lucrative, in quanto la stessa è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell'immobile di attività di assistenza o di altre ad esse equiparate, e di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.

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Consulenze legali
relative all'articolo 70 TUIR

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

D. P. chiede
mercoledì 30/11/2022 - Emilia-Romagna
“Buongiorno, mia moglie portoghese con cittadinanza italiana acquisita, residente in Italia, in Portogallo è parte con la sorella maggiore, che la gestisce ai sensi dell'art. 2079 del codice civile portoghese, di una Comunione ereditaria indivisa intestata al defunto padre. Le imposte irpef (affitti) e immobiliari portoghesi sono corrisposte dalla sorella quale legale rappresentante dell'eredità, con il proprio codice fiscale per l'irpef mentre le imposte immobiliari vengono versate con il codice fiscale della Comunione ereditaria. La domanda è: quali imposte sono dovute per l'Italia? Mia moglie può rientrare nei casi di esclusione dovuto al D.L. 28 giugno 1990, n. 167, art. 4, comma 3, anziché comma 1? Grazie”
Consulenza legale i 10/12/2022
Quadro normativo di riferimento
La comunione ereditaria è una particolare tipologia di comunione che si instaura a seguito della morte di una persona fisica (de cuius), allorquando vi siano più eredi i quali diventano comproprietari pro quota dei beni e contitolari dei diritti e dei debiti che fanno parte dell'eredità.
L’oggetto della comunione ereditaria può essere rappresentato da un bene immobile che, per volere dei comproprietari eredi, può essere concesso in locazione.
Il canone di locazione, concordato fra eredi locatori e il conduttore, rientra nella categoria dei frutti civili, ai sensi dell'art. 820 del c.c. e, come tale, è ripartito pro quota fra i comunisti.
Se l’immobile, rientrante nella comunione ereditaria e oggetto di locazione è sito in Italia, il canone percepito dai singoli comunisti assume rilevanza da un punto di vista fiscale, in quanto costituisce fonte di reddito da locazione, indipendentemente dalla effettiva percezione, ai sensi dell’art. 26 del T.U.I.R..
Allorquando l’unità immobiliare si trovi in altro stato e uno dei comproprietari sia residente in Italia, ai sensi dell’art. 2 del T.U.I.R., in taluni casi e in presenza di specifici presupposti, i proventi possono rilevare fiscalmente anche in Italia, in ragione del principio di imposizione su scala mondiale, di cui all'art. 3 del T.U.I.R..
I proprietari di immobili all’estero ma residenti in Italia, possono, in taluni casi, essere soggetti, dunque, al rispetto rigoroso di specifici obblighi dichiarativi e di versamento secondo l’ordinamento italiano.
Nelle ipotesi in cui tali proventi siano rilevanti fiscalmente nello stato dove è sito l’immobile e nello Stato ove il proprietario è residente si pone il problema di doppia imposizione, che, come noto, è suscettibile di disincentivare gli investimenti che riguardano gli immobili in altri Stati, diversi da quello di residenza (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 12 aprile 2018, causa – C110/17).
Al fine di eliminare o limitare il fenomeno della doppia imposizione, con riferimento al medesimo presupposto impositivo, l’Italia ha firmato con la quasi totalità di Paesi con cui intrattiene rapporti commerciali una Convenzione contro le doppie imposizioni.
Si tratta di accordi bilaterali a livello internazionale, con i quali i Paesi firmatari regolano, reciprocamente, l’esercizio della potestà impositiva con il precipuo scopo di eliminare fenomeni di doppia imposizione sui redditi e/o sul patrimonio gravanti sui soggetti economici residenti nei vari Paesi nel mondo, che sarebbero in contrasto con generali e ineludibili principi in materia di libera circolazione delle persone e dei capitali, previsto specificamente in ambito unionale.
La quasi totalità di tali accordi bilaterali “ricalca” il modello di Convenzione, approvato in sede OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).
Tale modello, all’art. 6, stabilisce che gli immobili siano tassati nello Stato in cui sono situati.
La previsione di tassabilità degli immobili nel Paese, ove è sito, affermata in ambito OCSE, non esclude l’assoggettamento a imposta anche nell’altro Stato di residenza del contribuente proprietario.
Nelle ipotesi in cui dalla Convenzione emerga che il reddito derivante da un immobile all’estero debba essere soggetto a tassazione anche in Italia, occorre individuare il regime applicabile.
Al riguardo, il riferimento normativo è contenuto nell’ar. 70 del T.U.I.R., il quale, in linea generale, distingue le ipotesi in cui il reddito derivante dal possesso di immobili di fonte estera sia assoggettato a tassazione dalla diversa ipotesi in cui i proventi non siano tassati nello Stato estero.
In particolare, ai sensi della citata norma:
· se il reddito, derivante dalla locazione dell’immobile, e soggetto a imposte sui redditi nello Stato estero, occorre indicare nella dichiarazione italiana l'ammontare dichiarato nello Stato ove e situato l'immobile; in questo caso spetta il credito per le imposte estere, in luogo della deduzione forfetaria del 15%;
· se, invece, lo Stato estero non prevede l'imposizione diretta sui canoni di locazione, il provento concorre alla formazione del reddito italiano, ridotto del 15%, senza poter fruire del credito per le imposte estere.

Obblighi dichiarativi in caso di immobili detenuti all’estero
La detenzione di un bene immobile all’estero, in taluni casi, impone il rispetto di una serie di obblighi di natura dichiarativa, quali in particolare l’adempimento di obblighi in materia di monitoraggio fiscale di cui all’art. 4, D.L. 28 giugno 1990, n. 167.
Il principale adempimento riguarda la compilazione del quadro RW del modello di dichiarazione dei redditi, nel quale i soggetti residenti, a partire dal periodo di imposta 2009, sono tenuti a indicare il valore degli immobili siti all’estero, indipendentemente dalla effettiva produzione di redditi imponibili in Italia.

Esoneri dalla compilazione del quadro RW
Ai sensi dell’art. 4, comma 3, D.L. 28 giugno 1990, n. 167, gli obblighi di monitoraggio non trovano applicazione per gli immobili affidati in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, ai fini dell’esenzione occorre un mandato con un intermediario finanziario a tutti gli effetti ed eventualmente iscritto a un apposito Albo (Agenzia delle Entrate, risoluzione 31 maggio 2011, n. 61 e 8 marzo 2012, n. 23).

Applicazione dell’IVIE
Gli immobili detenuti all’estero da persone fisiche sono soggetti a IVIE.
Si tratta di una imposta che trova applicazione nei confronti di:
· proprietari di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali per natura o per destinazione destinati ad attività d’impresa o di lavoro autonomo
· titolari dei diritti reali di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi
· concessionari, nel caso di concessione di aree demaniali
· locatari, per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria.
A partire dal periodo di imposta 2016, l’imposta non si applica al possesso degli immobili adibiti ad abitazione principale (e per le relative pertinenze), e alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, che in Italia non risultano classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.

Fattispecie concreta
Preliminarmente alla analisi dei quesiti prospettati e delle eventuali implicazioni fiscali, occorre precisare che la sussistenza del requisito della residenza in Italia in capo a Sua moglie è assunto sulla base delle informazioni fornite.
Alla luce delle considerazioni in precedenza svolte, si ritiene che, nel caso in esame, siano diversi gli obblighi di natura dichiarativa e di versamento da adempiere.
I comproprietari di beni immobili siti all’estero e concessi in locazione sono tenuti alla dichiarazione
in Italia dei proventi, derivanti dalla locazione di unità immobiliari in Portogallo. Ciò significa che Sua moglie, in qualità di comproprietaria è tenuta alla dichiarazione dei proventi derivanti dalla locazione, indipendentemente dalla effettiva percezione, come previsto dall'art. 26 del T.U.I.R..
Tali canoni configurano redditi diversi, ai sensi dell'art. 67 del T.U.I.R. assoggettati alla relativa disciplina.
Come rilevato, la tassazione del reddito in Italia dipende dalla circostanza che il governo Portoghese tassi direttamente tali canoni o li consideri esenti:
· se in Portogallo tali canoni di locazione sono direttamente tassati in Italia, bisognerà utilizzare la stessa base imponibile dello Stato estero;
· se in Portogallo tali canoni non sono direttamente tassati, il canone di locazione è ridotto del 15%.
Al riguardo, per comprendere in quale categoria si rientri nel caso specifico, occorre farsi rilasciare una attestazione da parte dell’Autorità portoghese.
Ulteriore obbligo di natura dichiarativa, che si ritiene sussistente nel caso di specie riguarda gli adempimenti in materia di monitoraggio fiscale, di cui all’art. 4, D.L. 28 giugno 1990, n. 167 (compilazione del quadro RW), per le ragioni che seguono.
Le ipotesi di esenzione di cui all’art. 4, del citato Decreto, non possono trovare applicazione, atteso che la sorella di Sua moglie, pur gestendo di fatto gli immobili, non possa rivestire la qualifica di intermediario, ai sensi della normativa sopra esposta.
Con riferimento agli obblighi di versamento, oltre a considerare i canoni di locazione come redditi diversi, ai fini delle imposte dirette complessivamente dovute a fine anno, si ritiene, infine, che Sua moglie potrebbe essere anche soggetta al pagamento dell’IVIE.




M.I. chiede
venerdì 24/09/2021 - Lombardia
“Buongiorno,
affitto l'appartamento in Rep. Ceca, dove in dichiarazione redditi da entrate +6.733 € si può togliere 30% (spese forfait) - 2.020 € e mi dà l'imponibile +4.713 €, di cui dovrei pagare il 15% € 707, poi c'è altro sgravio fiscale x ogni contribuente - € 977 e mi dà 0 da pagare. La mia domanda, so che in Italia si paga dall'imponibile senza uscite e sgravi fiscali, ma non si dovrebbe calcolare anche quei 15% che ho dichiarato all'estero anche se non ho pagato, come da suoi articoli nel suo sito. Dopo ho spesa anche fattura di agenzia ceca che si occupa della casa di € 637/anno. In che righe delle dichiarazioni in IT devo compilare e se c'è qualche legge o sentenza in questione? Ho letto su internet:
"Per effetto delle spese inerenti in base alla legislazione locale, il canone risulta ridotto a zero per effetto di una deduzione generale. In tale contesto, precisa l'Agenzia, si deve, comunque, affermare che nello Stato estero il reddito dell'immobile è soggetto ad imposizione sul reddito."
grazie per la vs. risposta”
Consulenza legale i 05/10/2021
Dal quesito posto sembra desumersi che ci si trovi davanti a persona fisica fiscalmente residente in Italia.
Sulla base di tali presupposti va detto quanto segue:
I soggetti residenti in Italia sono tassati sui redditi ovunque prodotti in base al c.d. worldwide taxation principle.
Tale principio è contenuto nell’art. 3 TUIR (Testo unico delle imposte sul reddito) in forza del quale “l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da TUTTI i redditi posseduti”.
Come si può ben comprendere, questo può condurre a una doppia imposizione, che, si genera dal sovrapporsi di pretese impositive, tra loro concorrenti, di piu Stati che radicano le rispettive potesta tributarie sulla base di criteri non coordinati tra loro.
Per porre rimedio alla doppia imposizione in Italia è previsto il metodo dell’esenzione (art. 165 TUIR) : tale metodo prevede che lo Stato di residenza (l’Italia, appunto) conceda al contribuente una detrazione per le imposte pagate nello Stato della fonte.
Il comma 1 dell’art. 165 del TUIR detta le condizioni per l’applicazione del credito per le imposte pagate all’estero. Infatti, dispone che “se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo relativamente a detti redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta”.
Di conseguenza, tre sono le condizioni richieste:
• il contribuente residente in Italia deve aver prodotto un reddito all’estero
Questo criterio si applica solo se NON è esistente una Convenzione contro le doppie imposizioni tra lo Stato della fonte e lo Stato della residenza in quanto se essa esiste, il credito d’ imposta sarà riconosciuto a QUALSIASI elemento di reddito che lo Stato della fonte ha assoggettato a imposizione in applicazione della specifica Convenzione contro le doppie imposizioni esistente tra lo Stato della fonte e lo Stato della residenza.
• tale reddito deve concorrere alla formazione del reddito complessivo;
• le imposte pagate dal contribuente all’estero devono essere pagate a titolo definitivo
Questo criterio si applica solo se NON è esistente una Convenzione contro le doppie imposizioni in quanto se essa esiste, ed il reddito di cui si tratta è citato dalla Convenzione contro le doppie imposizioni esistente tra lo Stato della fonte e lo Stato della residenza, allora l’imposta pagata su tale reddito è considerata pagata a titolo definitivo. La definitività di un’imposta pagata all’estero coincide con la sua irripetibilità, ossia con la circostanza che essa non è più suscettibile di modificazione a favore del contribuente.
Tra l’Italia e la Repubblica Ceca esiste una convenzione per evitare la doppia imposizione firmata a Praga IL 5 MAGGIO 1981 dove è previsto all’articolo 6 che si occupa dei Redditi immobiliari
“1. I redditi derivanti da beni immobili, compresi i redditi delle attività agricole o forestali, sono imponibili nello Stato contraente in cui detti beni sono situati.
3. Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano ai redditi derivanti dalla utilizzazione diretta, dalla locazione o dall'affitto, nonché da ogni altra forma di utilizzazione di beni immobili.
4. Le disposizioni dei paragrafi 1 e 3 si applicano anche ai redditi derivanti da beni immobili di un'impresa, nonché ai redditi dei beni immobili utilizzati per l'esercizio di una libera professione.”

Al successivo articolo 23 vengono individuati i metodi per evitare le doppie imposizioni ed è previsto per quanto concerne l'Italia:
Se un residente dell'Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili in Cecoslovacchia, l'Italia, nel calcolare le proprie imposte sul reddito specificate nell'articolo 2 della presente Convenzione, può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente. In tal caso, l'Italia deve dedurre dalle imposte così calcolate l'imposta sui redditi pagata in Cecoslovacchia, ma l'ammontare della deduzione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo. Tuttavia, nessuna deduzione sarà accordata ove l'elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta alla fonte a titolo di imposta su richiesta del beneficiario del reddito in base alla legislazione italiana.”

Al fine di meglio comprendere quanto sopra può essere formulato un esempio:

Reddito complessivo ( reddito italiano e canoni di locazione esteri) prodotto pari a 100.000, di cui il 20% costituito dal reddito di canoni di locazione prodotti in Cecoslovacchia. Pago in Italia euro 23.000 di imposte. Il credito di imposta per quanto pagato all’estero potrà essere soltanto il 20% di 23.000, nonostante io in Cecoslovacchi abbia pagato eventualmente di più.

Al fine di calcolare l’imposta è tuttavia preliminare calcolare la base imponibile di applicazione dell’imposta.

A tal proposito l’art. 70 del TUIR disciplina la formazione della base imponibile statuendo all’ultimo comma che “I redditi dei terreni e dei fabbricati situati all'estero concorrono alla formazione del reddito complessivo nell'ammontare netto risultante dalla valutazione effettuata nello Stato estero per il corrispondente periodo di imposta o, in caso di difformità dei periodi di imposizione, per il periodo di imposizione estero che scade nel corso di quello italiano. I redditi dei fabbricati non soggetti ad imposte sui redditi nello Stato estero concorrono a periodo di imposta, ridotto del 15% a titolo di deduzione forfetaria delle spese.”

Ai fini della dichiarazione dei redditi e della compilazione del modello Unico PF va poi aggiunto che l’art. 67 alla lettera f) del comma 1 del TUIR qualifica i redditi di beni immobili situati all’estero come “redditi diversi” .
Tali redditi andranno inseriti nella dichiarazione dei redditi nel rigo RL12.

Le istruzioni al modello UNICO, rigo RL12, precisano che: se il reddito derivante dalla locazione dell’immobile sito all’estero è ivi imponibile, il contribuente deve indicare l’ammontare dichiarato nello Stato estero, senza alcuna deduzione di spese. In tale ipotesi, al contribuente spetta il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero e non l’abbattimento forfetario del 15%.”
V’è da dire che da ulteriori documenti di prassi dell’Agenzia (Circolari Agenzia delle Entrate n. 45/E/10 (§ 4.1) e n. 13/E/2013 (§ 5.2)) è tuttavia desumibile che l’ammontare dei canoni da dichiarare in Italia è costituito dall’ammontare dei redditi al netto delle spese deducibili all’estero, senza tuttavia alcuna deduzione forfettaria.

Nel caso che ci occupa dunque l’ammontare netto sarebbe di euro 6733,00 detratte le spese di agenzia. Non sono detraibili le spese forfettarie.

Calcolata la base imponibile bisognerà procedere con il calcolo dell’imposta dovuta in Italia al netto dell’imposta pagata all’estero per il medesimo reddito. Sul punto la convenzione Italia- Repubblica Ceca, sopra citata, prevede la deduzione di quanto pagato all’estero nei limiti previsti dall’art. 23, ed il TUIR concede un abbattimento forfettario del 15% dei redditi prodotti all’estero nel solo caso di redditi non soggetti a tassazione nello stato estero.
Nel caso che ci occupa il reddito prodotto all’estero è in realtà assoggettabile a tassazione nello stato estero, seppure in via di fatto non sia stata pagata alcuna cifra in considerazione dello sgravio fiscale previsto dalla legislazione locale.
Esemplificando, se l’imposta dovuta nello stato estero (in considerazione di un maggior reddito imponibile) fosse stata maggiore dello sgravio di euro 977, l’imposta residua sarebbe stata pagata.
Ciò vuol dire che, nel caso concreto, trattasi di reddito assoggettabile ad imposta, dunque non esente.
Il reddito dato dai canoni di locazione nella legislazione Cecoslovacca è soggetto a tassazione. Non è previsto dunque in Italia l’ipotesi dell’abbattimento forfettario del reddito pari al 15% previsto dall’art 70 del TUIR.

Di fatto tuttavia non essendo stata versata alcuna imposta nello stato estero per via dello sgravio fiscale, l’imposta sul reddito prodotto all’estero andrà interamente versata in Italia, secondo il calcolo previsto dall’art. 70 del TUIR per la base imponibile e quanto disposto dall’art 23 della Convenzione Italia-Repubblica Ceca ai fini del calcolo dell’imposta dovuta in concreto.