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Articolo 16 Testo unico edilizia

(D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)

[Aggiornato al 08/02/2024]

Contributo per il rilascio del permesso di costruire

Dispositivo dell'art. 16 Testo unico edilizia

1. Salvo quanto disposto dall'articolo 17, comma 3, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate nel presente articolo.

2. La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune.

2-bis. Nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

3. La quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all'atto del rilascio, è corrisposta in corso d'opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione della costruzione.

4. L'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base alle tabelle parametriche che la regione definisce per classi di comuni in relazione:

  1. a) all'ampiezza ed all'andamento demografico dei comuni;
  2. b) alle caratteristiche geografiche dei comuni;
  3. c) alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti;
  4. d) ai limiti e rapporti minimi inderogabili fissati in applicazione dall'articolo 41-quinquies, penultimo e ultimo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modifiche e integrazioni, nonché delle leggi regionali;
  5. d-bis) alla differenziazione tra gli interventi al fine di incentivare, in modo particolare nelle aree a maggiore densità del costruito, quelli di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), anziché quelli di nuova costruzione;
  6. d-ter) alla valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica o in deroga. Tale maggior valore, calcolato dall'amministrazione comunale, è suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata ed è erogato da quest'ultima al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l'interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto in cui ricade l'intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia residenziale sociale od opere pubbliche.

4-bis. Con riferimento a quanto previsto dal secondo periodo della lettera d-ter) del comma 4, sono fatte salve le diverse disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti urbanistici generali comunali.

5. Nel caso di mancata definizione delle tabelle parametriche da parte della regione e fino alla definizione delle tabelle stesse, i comuni provvedono, in via provvisoria, con deliberazione del consiglio comunale, secondo i parametri di cui al comma 4, fermo restando quanto previsto dal comma 4-bis.

6. Ogni cinque anni i comuni provvedono ad aggiornare gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, in conformità alle relative disposizioni regionali, in relazione ai riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale.

7. Gli oneri di urbanizzazione primaria sono relativi ai seguenti interventi: strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato.

7-bis. Tra gli interventi di urbanizzazione primaria di cui al comma 7 rientrano i cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni, salvo nelle aree individuate dai comuni sulla base dei criteri definiti dalle regioni.

8. Gli oneri di urbanizzazione secondaria sono relativi ai seguenti interventi: asili nido e scuole materne, scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie. Nelle attrezzature sanitarie sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate.

9. Il costo di costruzione per i nuovi edifici è determinato periodicamente dalle regioni con riferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata, definiti dalle stesse regioni a norma della lettera g) del primo comma dell'articolo 4 della legge 5 agosto 1978, n. 457. Con lo stesso provvedimento le regioni identificano classi di edifici con caratteristiche superiori a quelle considerate nelle vigenti disposizioni di legge per l'edilizia agevolata, per le quali sono determinate maggiorazioni del detto costo di costruzione in misura non superiore al 50 per cento. Nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, ovvero in eventuale assenza di tali determinazioni, il costo di costruzione è adeguato annualmente, ed autonomamente, in ragione dell'intervenuta variazione dei costi di costruzione accertata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Il contributo afferente al permesso di costruire comprende una quota di detto costo, variabile dal 5 per cento al 20 per cento, che viene determinata dalle regioni in funzione delle caratteristiche e delle tipologie delle costruzioni e della loro destinazione ed ubicazione.

10. Nel caso di interventi su edifici esistenti il costo di costruzione è determinato in relazione al costo degli interventi stessi, così come individuati dal comune in base ai progetti presentati per ottenere il permesso di costruire. Al fine di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, per gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), i comuni hanno comunque la facoltà di deliberare che i costi di costruzione ad essi relativi siano inferiori ai valori determinati per le nuove costruzioni.

Spiegazione dell'art. 16 Testo unico edilizia

Gli oneri economici che accompagnano la realizzazione dell’attività edilizia e di cui è richiesto il pagamento ai fini del rilascio del permesso di costruire vengono tradizionalmente distinti in oneri di urbanizzazione e costo di costruzione.

La quota relativa agli oneri di urbanizzazione ha la funzione di compensare l’aggravio del carico urbanistico causato dal nuovo fabbricato, che determina la necessità di adeguare le opere di urbanizzazione, mentre la quota concernente il costo di costruzione è commisurata al valore della costruzione.

Le controversie relative al contributo, comprese quelle con oggetto le richieste di rimborso, sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del G.A., trattandosi di questioni riguardanti diritti soggettivi.
L’unica eccezione riguarda i ricorsi con i quali si contesta l’errata applicazione del contributo per la sussistenza di vizi negli atti autoritativi generali presupposti di quello impugnato; in tal caso, il privato fa valere una posizione di interesse legittimo.

In caso di mancata realizzazione totale o parziale dell’intervento edilizio il privato ha diritto alla restituzione in tutto o in parte di quanto versato.

Il pagamento del contributo, inoltre, è soggetto al termine di prescrizione ordinario decennale.

1- Gli oneri di urbanizzazione e l’esecuzione a scomputo delle opere di urbanizzazione.

Con l’espressione “opere di urbanizzazione” si intende l’insieme degli impianti e delle infrastrutture che rendono idonea l’area oggetto dell’attività edilizia ad essere utilizzata secondo la destinazione che le è stata impressa dagli strumenti urbanistici.
La necessità, ai fini della concessione del titolo abilitativo edilizio, della presenza delle opere di urbanizzazione è stata affermata sin dalla L. n. 1150/1942 e poi confermata sino al Testo Unico Edilizia e risponde all’esigenza di bilanciare il vantaggio attribuito al privato con la tutela dell’interesse pubblico a che lo sviluppo edilizio avvenga in un contesto dotato di infrastrutture utili a tutta la collettività.
I commi 7, 7 bis e 8 dell’articolo in commento contengono l’elenco delle opere di urbanizzazione primaria, come le strade, le reti tecnologiche, il verde pubblico, e secondaria, tra le quali rientrano le scuole, gli asili nido, le chiese, le attrezzature culturali.
Essi riprendono sostanzialmente il disposto dell’art. 4, L. n. 847/1964, la cui permanenza in vigore è stata dichiarata indispensabile dal D. Lgs. n. 179/2009.

In merito alla natura degli oneri di urbanizzazione si fronteggiano diverse opinioni dottrinali, che li qualificano come tributo, a causa della loro coattività, o come tassa, ritenendoli una sorta di corrispettivo/compensazione a favore dell’Amministrazione comunale per le spese sostenute al fine di urbanizzare il territorio.
Una tesi più recente li definisce, invece, come contributo speciale collegato alle maggiori spese sostenute dalla P.A. dipendenti dall’attività edilizia dei privati, osservando che l’entità di tale prestazione patrimoniale è determinata secondo parametri prefissati e che non necessariamente corrisponde al valore del diritto attribuito al titolare del permesso di costruire.

L’art. 12, L. n. 10/1977, vincolava i proventi derivanti dalle concessioni edilizie e dalle sanzioni alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, ma tale norma è stata abrogata e non più riprodotta nel Testo Unico.

L’entità degli oneri è determinata sulla base di tabelle parametriche regionali, che vengono compilate tenendo conto delle caratteristiche demografiche e territoriali dei Comuni.

Il titolare del permesso ha la possibilità, in alternativa al pagamento della quota da destinare agli oneri di urbanizzazione, di provvedere direttamente all’esecuzione delle relative opere, in cambio di una riduzione (o dalla totale esenzione dal pagamento) delle somme dovute.
Secondo alcuni autori e una parte della giurisprudenza, il privato potrebbe realizzare di sua iniziativa le opere, anziché versare il contributo, e solo in seguito sottoporle al Comune, che sarebbe tenuto a valutare la loro ammissibilità ai fini dello scomputo.
La giurisprudenza maggioritaria, invece, ritiene che il privato possa obbligarsi a realizzare direttamente le opere solo con le modalità e le garanzie previste dal Comune, che rimane titolare del potere di stabilire, nell’esercizio della propria discrezionalità, quali infrastrutture e beni siano più adatti a soddisfare i bisogni della collettività.
In ogni caso, tali opere, una volta ultimate, vengono trasferite nella proprietà dell’Ente pubblico.

Trattandosi di opere di natura pubblica sia sotto il profilo oggettivo e sia sotto il profilo soggettivo, però, si è posta la rilevante questione della compatibilità della disciplina del T.U. Edilizia con la normativa europea relativa agli appalti pubblici.
Con le sentenze CGUE C-399/98 del 21 luglio 2001 e CGUE C-412 del 21 febbraio 2008, è stato affermato che anche le opere di urbanizzazione, primaria e secondaria, a scomputo sono vere e proprie opere pubbliche e, come tali, esse sono soggette all’applicazione della normativa che impone l’espletamento di procedure concorrenziali ad evidenza pubblica.
A tal fine, non rileva che tali opere siano eventualmente previste nell’ambito di un piano di lottizzazione, né che siano realizzate in misura superiore a quella prevista dalle tabelle comunali (cosiddette opere extra standard), al fine di ottenere un premio di cubatura.
I principi affermati dalla giurisprudenza europea sono sati recepiti nei correttivi al precedente Codice dei contratti pubblici e, in particolare, nel terzo correttivo (D. Lgs. n. 152/2008), che aveva ricondotto sotto la disciplina del vecchio Codice la realizzazione di tali opere indipendentemente dal loro importo, che rilevava solo per stabilire il tipo di procedura di gara applicabile.

La normativa di riferimento è oggi costituita dall’art. 36, commi 3 e 4, D. Lgs. n. 50/2016 e dal comma 2 bis dell’articolo in commento, che sottraggono all’applicazione del Codice le sole opere di urbanizzazione primaria sotto soglia funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio.
Per le altre opere di urbanizzazione a scomputo sotto soglia, invece, è stato confermato l’impianto normativo precedente, che prevede diversi gradi di concorrenzialità nelle procedure di affidamento a seconda dell’importo dei lavori (ad esempio affidamento diretto per opere sotto i 40.000 Euro, confronto tra tre operatori economici per lavori tra i 40.000 e i 150.000 Euro e così via).
Le opere di importo uguale o superiore alle soglie europee (art. 35, D. Lgs. n. 50/2016), invece, devono essere affidate utilizzando le ordinarie procedure di gara previste dal vigente Codice dei contratti pubblici.

Secondo la giurisprudenza, l’importo delle opere è dato dalla somma di tutte le opere di urbanizzazione che il privato deve realizzare a scomputo, funzionali e non.
Se il valore complessivo di non raggiunge la soglia comunitaria, il privato potrà avvalersi della deroga di cui al comma 2 bis della norma in esame, ma esclusivamente per le opere di urbanizzazione primaria funzionali; qualora il valore complessivo di tali opere superi la soglia comunitaria, invece, il privato sarà tenuto al rispetto delle regole di cui al Codice di contratti pubblici sia per le opere funzionali che per quelle non funzionali.

2- Il contributo di costruzione.

Al contributo di costruzione è riconosciuta dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalente la natura di imposta sull’aumento di ricchezza prodotto dal titolare del permesso a seguito dello svolgimento dell’attività costruttiva, oltre ad avere la funzione, non prettamente fiscale, di calmierare il prezzo delle abitazioni e dei canoni di locazione.
La quantificazione di tale voce del contributo concessorio viene lasciata alle Regioni, che utilizzano quale parametro di riferimento i costi massimi ammissibili per l’edilizia agevolata.

In merito agli interventi sul patrimonio edilizio esistente il Testo Unico concede ai Comuni una rilevante autonomia, riservando loro la facoltà di determinare il contributo sulla base del costo effettivo degli interventi.
Al fine di evitare un effetto disincentivante in relazione degli interventi conservativi, infine, i Comuni possono stabilire che il contributo di costruzione per le opere di ristrutturazione edilizia sia inferiore a quello previsto per i fabbricati realizzati ex novo.

Massime relative all'art. 16 Testo unico edilizia

Cons. Stato n. 2438/2019

Le controversie in tema di determinazione della misura dei contributi edilizi concernono l'accertamento di diritti soggettivi che traggono origine direttamente da fonti normative, per cui sono proponibili, a prescindere dall'impugnazione di provvedimenti dell'amministrazione, nel termine di prescrizione.

Cons. Stato n. 12/2018

Gli atti con i quali la pubblica amministrazione determina e liquida il contributo di costruzione, previsto dall'art. 16, D.P.R. n. 380/2001, non hanno natura autoritativa, non essendo espressione di una potestà pubblicistica, ma costituiscono l'esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge al Comune per il rilascio del permesso di costruire, stante la sua onerosità, nell'ambito di un rapporto obbligatorio a carattere paritetico e soggetta, in quanto tale, al termine di prescrizione decennale, sicché ad essi non possono applicarsi né la disciplina dell'autotutela dettata dall'art. 21-nonies della L. 241/1990 né, più in generale, le disposizioni previste dalla stessa legge per gli atti provvedimentali manifestazioni di imperio.

La pubblica amministrazione, nel corso del rapporto concessorio, può rideterminare, sia positivamente che negativamente nei confronti del privato, l'importo del contributo di costruzione, in principio erroneamente liquidato, richiedendone o rimborsandone la differenza nell'ordinario termine di prescrizione decennale decorrente dal rilascio del titolo edilizio, senza incorrere in alcuna decadenza, mentre il privato non è tenuto ad impugnare gli atti determinativi del contributo nel termine di decadenza, potendo ricorrere al giudice amministrativo, munito di giurisdizione esclusiva ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a., nel medesimo termine di prescrizione decennale, anche con un'azione di mero accertamento.

L'amministrazione comunale, nel richiedere l'importo rideterminato del contributo di costruzione, agisce secondo le norme di diritto privato, ai sensi dell'art. 1, comma 1-bis, L. 241/1990; tuttavia deve escludersi l'applicabilità dell'art. 1431 c.c. a questa fattispecie, in quanto l'errore nella liquidazione del contributo, compiuto dalla pubblica amministrazione, non attiene ad elementi estranei o ignoti alla sfera del debitore ed è quindi per lui in linea di principio riconoscibile, poiché riguarda l'applicazione delle tabelle parametriche, che al privato sono o devono essere ben note, o è determinato da un mero errore di calcolo, ben percepibile dal privato, errore che dà luogo alla semplice rettifica.

La tutela dell'affidamento e il principio della buona fede, che in via generale devono essere osservati anche dalla pubblica amministrazione dell'attuazione del rapporto obbligatorio, possono trovare applicazione ad una fattispecie come quella in esame nella quale, ordinariamente, la predeterminazione e l'oggettività dei parametri da applicare al contributo di costruzione, di cui all'art. 16, D.P.R. n. 380/2001, rendono vincolato il conteggio da parte della pubblica amministrazione, consentendone a priori la conoscibilità e la verificabilità da parte dell'interessato con l'ordinaria diligenza, solo nella eccezionale ipotesi in cui tali conoscibilità e verificabilità non siano possibili con l'ordinaria diligenza richiesta al debitore, secondo buona fede nell'ottica di una leale collaborazione volta all'attuazione del rapporto obbligatorio e al soddisfacimento dell'interesse creditorio vantato dal Comune.

Cons. Stato n. 24/2016

Il contributo per il rilascio del permesso di costruire ha natura di prestazione patrimoniale imposta, di carattere non tributario ed ha carattere generale, prescindendo totalmente dalle singole opere di urbanizzazione che devono in concreto eseguirsi, venendo altresì determinato indipendentemente sia dall'utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio, sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare dette opere.

Un'amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti dell'intestatario di un titolo edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento, ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale.

Cons. Stato n. 777/2016

In tema di concessione edilizia, il fatto che l'obbligazione avente per oggetto i contributi di urbanizzazione sia assistita da garanzia fideiussoria, anche quando questa contempli il pagamento a semplice richiesta e l'esclusione del beneficio della preventiva escussione, non comporta un dovere del Comune di chiedere prima l'adempimento anche al fideiussore per poter poi applicare le relative sanzioni pecuniarie, atteso che un tale dovere non può in particolare farsi discendere dal richiamo agli obblighi di correttezza e buona fede di cui all'art. 1227 Cod. Civ., norma che risulta del tutto inconferente alla fattispecie, essendo riferibile solo alle obbligazioni di carattere risarcitorio e non a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria.

Cons. Stato n. 894/1995

Il contributo concessorio è, difatti, strettamente connesso all'attività di trasformazione del territorio, quindi, ove tale circostanza non si verifichi, il relativo pagamento risulta privo di causa cosicché l'importo versato va restituito.

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Francesco L. chiede
venerdì 14/01/2022 - Toscana
“Buongiorno, sono proprietario di un immobile nel comune di XXX.
L'immobile è una vecchia casa colonica destinata ad abitazione della famiglia che conduceva il fondo, costruita ante 42.
Ho acquistato l'immobile nel 1994 da un privato (no coltivatore diretto) che a sua volta aveva acquistato l'immobile nel 84 da un privato (no coltivatore diretto).
Di fatto l'immobile ha perso i requisiti di ruralità da decenni tuttavia al momento dell'acquisto da parte mia risultava ancora censito al catasto terreni.
Ho quindi provveduto ad accatastare l'immobile al catasto fabbricati del comune di ....... nel 96 attibuento classe A3 (residenziale)
Nel 97 ho inviato raccomandata al ufficio tecnico del comune di XXX chiedendo "dichiarazione d'inabitabilità" del fabbricato in modo da ottenere sconto 50% ai fini ICI.
pago regolarmente ICI agevolata su questo immobile censito in categoria A3 (abitazione di tipo economico) dal 96

A Dicembre 21 ho presentato pratica edilizia per opere antisismiche 110% ma il Comune mi avverte che a loro non risulta che l'immobile sia stato "deruralizzato" e che quindi sarà necessario pagare gli oneri di urbanizzazione.

Premesso questo vi chiedo se:

- Gli oneri di urbanizzazione non sono dovuti in quanto fabbricato residenza rurale costruito prima del 1942 come spiegato della sentenza 687 del 2019 del tar piemonte (riportatata anche in un vostro articolo al riguardo)
- Anche se fossero stati dovuti oneri, essi sono prescritti art 2946 codice civile in quanto Ufficio Tecnico comunale è stato informato con raccomandata (protocollata dal comune) in anni 97-98 della esistenza d'immobile da me dichiarato "de-ruralizzato" e per i quale chiedevo certificato d'inabitabilità ai fini ICI . Certificato rilasciato dal Comune.

Ringrazio Anticipatamente



Consulenza legale i 21/01/2022
In primo luogo, è necessario fare chiarezza sul fatto che i profili catastali e quelli relativi alle dichiarazioni ai fini ICI attengono a una sfera del tutto diversa rispetto all’obbligo di pagamento di un contributo nei confronti del Comune per il rilascio di un titolo abilitativo volto alla realizzazione di lavori edilizi.
I primi due aspetti, infatti, rilevano dal punto di vista fiscale, mentre il contributo di costruzione, che si compone di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, è - in estrema sintesi - una prestazione patrimoniale imposta al fine di compensare l’aumento del carico urbanistico determinato dalla trasformazione del territorio.
Come sopra accennato, l’obbligazione sorge al momento del rilascio del titolo edilizio ed è, dunque, da quel momento che comincia a decorrere il termine di prescrizione, mentre non hanno alcuna rilevanza gli adempimenti posti in essere a fini ICI (T.A.R. Catania, sez. I, 05 luglio 2021, n. 2178; T.A.R. Salerno, sez. II, 28 gennaio 2021, n. 260).

In secondo luogo, va specificato che la regola generale dell’onerosità dell’attività edilizia è suscettibile di alcune eccezioni, tra le quali figurano proprio gli interventi in zona agricola realizzati per far fronte alle esigenze, anche abitative, dell’imprenditore agricolo (art. 17 T.U. Edilizia).
Quando, invece, manchi tale collegamento funzionale o soggettivo con l’esercizio dell’attività agricola, non è possibile beneficiare di alcuna esenzione e l’intervento edilizio è soggetto all’ordinario pagamento del contributo (ossia proprio le somme richieste dal Comune nel caso di specie).

Sennonché, nel nostro caso potrebbe in effetti venire in aiuto la sentenza del TAR Piemonte citata nel quesito, che ha chiarito che, dato che il regime differenziato per le costruzioni in zona agricola in punto contributo di costruzione è stato introdotto solo con la L. n. 10/1977, per gli immobili realizzati in data antecedente il passaggio da utilizzo agricolo a utilizzo “civile” “non configura alcuna modifica della destinazione d'uso giuridicamente rilevante, dal momento che in tal caso il titolo abilitativo autorizzava entrambi gli utilizzi, e ad entrambi concedeva il beneficio della gratuità previsto, in modo generalizzato, per il rilascio di qualsivoglia titolo edilizio” (T.A.R. Torino, sez. II, 14 giugno 2019, n. 687).

Fermo restando che lo scrivente non è a conoscenza dei dettagli dei lavori che si intendono realizzare, sembra opportuno comunque provare a portare a conoscenza il Comune di tale pronuncia del TAR Torino favorevole alla propria tesi.
In ogni caso, va tenuto conto che non è assicurato che ciò sia sufficiente a far mutare orientamento alla P.A., in quanto la sentenza in questione non cita altri precedenti giurisprudenziali e che è attualmente oggetto di appello davanti al Consiglio di Stato e che potrebbe, dunque, anche essere annullata.