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Diritto civile -

La responsabilitā precontrattuale e il danno risarcibile

AUTORE:
ANNO ACCADEMICO: 2023
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitā degli Studi di Milano
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
La responsabilità precontrattuale trova la propria espressione all'interno dell'art. 1337 del c.c. il quale stabilisce che "le parti, nello svolgimento delle trattative e nella conclusione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede"; tale norma, rappresenta il punto finale di un lungo percorso storico che affonda le proprie radici in Germania, nell'opera dello studioso R.V. Jhering, che per primo si interessò alla culpa in contrahendo; successivamente, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, tale attenzione si spostò in Italia.
Qui, il lungo dibattitto sull'ammissibilità della stessa terminò con l'introduzione nel Codice Civile del 1942 degli articoli 1337 e 1338, con cui la Dottrina codifica la responsabilità per culpa in contrahendo e ne individua, nello specifico, tre casi di applicazione.
In primo luogo, si delinea una responsabilità precontrattuale in caso di mancata conclusione del contratto, al cui interno la fattispecie più significativa e diffusa è quella del recesso ingiustificato dalle trattative; in secondo luogo, tale responsabilità sorge per conclusione di un contratto invalido o inefficace ed è l'ipotesi regolata con precisione dall'art. 1338 c.c., infine, l'ultima configurazione del danno da culpa in contrahendo è rappresentata dall'ipotesi di conclusione di contratto valido ed efficace ma poco conveniente o meno conveniente di quanto sperato.
Ciò premesso, il danno precontrattuale da risarcire, derivante per aver confidato in buona fede nel buon esito delle trattative in corso, è quantificabile nel limite dell'interesse negativo, vale a dire, dell'interesse della parte a non essere lesa nell'esercizio della sua autodeterminazione negoziale ed individuato nelle spese sostenute inutilmente nel corso delle trattative nonché nella perdita sofferta per non aver usufruito di ulteriori occasioni e trattative, altrettanto o più vantaggiose, cui avrebbe potuto dedicarsi se non fosse stato coinvolto in quelle successivamente rivelatasi infruttuose.
Alla stregua di ciò, si può affermare che l'interesse negativo corrisponde all'interesse alla non conclusione del contratto.
Da sempre contrapposto a quest'ultimo è, invece, l'interesse cosiddetto positivo inteso come interesse all'esecuzione del contratto il quale presuppone la validità dell'accordo e da cui discende la volontà di adempiere la prestazione, ovvero, di ottenere dal contraente colpevole una situazione giuridica-patrimoniale equivalente al mancato accordo; tali componenti del danno sono entrambe determinate in base agli artt. 1223, 1226 e 1227 del Codice Civile.
Nonostante Dottrina e Giurisprudenza siano concordi nell'affermare che il danno da culpa in contrahendo debba ragguagliarsi al solo interesse negativo, esistono poche e rare ipotesi, nell'ambito della Pubblica Amministrazione, in cui il danno da risarcire viene parametrato nel limite dell'interesse positivo.

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