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Articolo 129 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

(D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36)

[Aggiornato al 21/05/2025]

Appalti riservati

Dispositivo dell'art. 129 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

1. Le stazioni appaltanti hanno facoltà, con bando predisposto a norma delle disposizioni che seguono, di riservare agli enti di cui al comma 2 il diritto di partecipare alle procedure per l’affidamento dei servizi sanitari, sociali e culturali individuati nell’allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014.

2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 6, devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:

  1. a) gli enti riservatari devono avere come obiettivo statutario il perseguimento di una missione di servizio pubblico legata alla prestazione dei servizi di cui al comma 1;
  2. b) deve essere previsto un vincolo di reinvestimento dei profitti, per il conseguimento degli obiettivi statutari o, comunque, una distribuzione o redistribuzione fondata su considerazioni partecipative;
  3. c) le strutture di gestione o proprietà degli enti devono essere basate su principi partecipativi o di azionariato dei dipendenti, ovvero richiedere la partecipazione attiva di dipendenti, utenti o soggetti interessati.

3. È esclusa la riserva a favore di enti che nei tre anni precedenti all’affidamento siano stati già aggiudicatari di un appalto o di una concessione per i servizi di cui al comma 1, disposti a norma del presente articolo.

4. La durata massima del contratto non può superare i tre anni.

Spiegazione dell'art. 129 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

L’articolo 129 introduce una disciplina speciale che consente alle stazioni appaltanti di riservare la partecipazione alle procedure di affidamento di determinati servizi – sanitari, sociali e culturali – ad enti che perseguono una peculiare missione pubblica. La riserva, tuttavia, non è indiscriminata: la norma stabilisce condizioni stringenti, limiti temporali e divieti, in modo da evitare forme di chiusura del mercato o di privilegio ingiustificato a favore di specifici operatori.

Il comma 1 stabilisce la facoltà per le stazioni appaltanti di riservare, tramite apposito bando, la partecipazione alle gare relative ai servizi sanitari, sociali e culturali elencati nell’allegato XIV della direttiva 2014/24/UE.
Il legislatore, quindi, non impone un obbligo, ma riconosce una possibilità che deve essere esercitata con bando predisposto secondo le regole specifiche contenute nell’articolo stesso. L’obiettivo è permettere che determinati servizi, per la loro natura strettamente connessa alla persona e alla comunità, possano essere affidati a soggetti che non perseguono esclusivamente logiche di mercato, ma che siano orientati da finalità solidaristiche, culturali e sociali.

Il comma 2 delinea le condizioni che devono necessariamente essere rispettate dagli enti che intendono beneficiare della riserva. In particolare:
  • lettera a): l’ente deve avere, come obiettivo statutario, una missione di servizio pubblico legata ai servizi oggetto di affidamento. Si tratta di un requisito che deve risultare espressamente dall’atto costitutivo o dallo statuto e non può essere meramente dichiarato in sede di gara;
  • lettera b): è richiesto un vincolo di reinvestimento degli utili, ossia che i profitti siano destinati al perseguimento degli scopi statutari, oppure che la loro distribuzione avvenga secondo criteri partecipativi;
  • lettera c): la governance dell’ente deve essere fondata su principi partecipativi, che possono assumere la forma di azionariato dei dipendenti o, più in generale, di coinvolgimento attivo di lavoratori, utenti o altri portatori di interesse. Tale previsione valorizza la democrazia interna e l’inclusione, elementi tipici delle realtà del terzo settore.

Il comma 3 pone un divieto preciso: non possono beneficiare della riserva enti che, nei tre anni precedenti, abbiano già ottenuto un appalto o una concessione per gli stessi servizi riservati ai sensi di questo articolo. La ratio è evitare che un soggetto si trovi in una posizione privilegiata reiterata, con il rischio di escludere altri operatori meritevoli.

Il comma 4 introduce un ulteriore limite: la durata massima dei contratti riservati non può superare i 3 anni. Anche in questo caso la finalità è garantire un ricambio periodico degli affidatari, preservando la concorrenza e favorendo la possibilità di accesso per diversi operatori qualificati.

Rel. C.d.S. al Codice dei Contratti

(Relazione del Consiglio di Stato al Codice dei Contratti del 7 dicembre 2022)

129 La disposizione è dedicata alla disciplina dei ‘contratti’ riservati (tale nuova denominazione è apparsa più corretta, al fine – già evidenziato – di non marcare in subiecta materia una aprioristica preclusione al ricorso al contratto di concessione). Detta disciplina trae fondamento dagli artt. 77 della direttiva 2014/24/UE e 94 della direttiva 2014/25/UE ed è rimasta, nella riformulazione, sostanzialmente immutata rispetto a quella attuale, contenuta nell’art. 143.

Si è preferito, per migliore intellegibilità, individuare i settori interessati (attualmente elencati con i relativi codici CPV) tramite rinvio all’allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014.

Come già per l’art. 127, anche in tal caso il richiamo alla normativa del c.d. Terzo settore è comprensivamente operato mediante un apposito richiamo all’art. 6 del codice, contenuto nel comma 2 del testo proposto.

Il riferimento (contenuto nel corpo dell’attuale art. 143) alle ‘organizzazioni’ è stato espunto, in quanto privo di riscontro nella disciplina di settore, e sostituito con il riferimento agli ‘enti’.

Si è proceduto a taluni minimi interventi di drafting. Così è stato eliminato l’aggettivo “tutte”, che il comma 2 dell’attuale art. 143 riferisce alle condizioni normativamente richieste per l’affidamento riservato, in ragione della sua superfluità, essendo esso implicito nell’elenco delle suddette condizioni.

Inoltre, è stata collocata in un apposito comma (il comma 3) la prescrizione del divieto di riaffidamento infratriennale, attualmente inserita meno congruamente dal comma 2, lett. d), dell’art. 143 tra le ‘condizioni’ per la riserva.

In ogni caso la durata massima del contratto non può superare i tre anni (comma 4).

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