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Articolo 123 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

(D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36)

[Aggiornato al 21/05/2025]

Recesso

Dispositivo dell'art. 123 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

1. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 88, comma 4-ter e 92, comma 4, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, la stazione appaltante può recedere dal contratto in qualunque momento purché tenga indenne l’appaltatore mediante il pagamento dei lavori eseguiti o delle prestazioni relative ai servizi e alle forniture eseguiti nonché del valore dei materiali utili esistenti in cantiere nel caso di lavori o in magazzino nel caso di servizi o forniture, oltre al decimo dell’importo delle opere, dei servizi o delle forniture non eseguite, calcolato secondo quanto previsto all'articolo 11 dell'allegato II.14(1).

2. L’esercizio del diritto di recesso è manifestato dalla stazione appaltante mediante una formale comunicazione all’appaltatore da darsi per iscritto con un preavviso non inferiore a venti giorni, decorsi i quali la stazione appaltante prende in consegna i lavori, servizi o forniture ed effettua il collaudo definitivo o verifica la regolarità dei servizi e delle forniture.

3. L’allegato II.14 disciplina il rimborso dei materiali, la facoltà di ritenzione della stazione appaltante e gli obblighi di rimozione e sgombero dell’appaltatore.

Note

(1) Il comma 1 è stato modificato dall'art. 43, comma 1 del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209.

Spiegazione dell'art. 123 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

L’articolo 123 disciplina il diritto di recesso unilaterale della stazione appaltante dai contratti di appalto, prevedendo una forma di scioglimento contrattuale svincolata dall’inadempimento dell’appaltatore o da altre cause tipiche di risoluzione. Si tratta di un istituto che riconosce alla pubblica amministrazione una particolare prerogativa, funzionale alla tutela dell’interesse pubblico, che può rendere opportuno o necessario interrompere il rapporto contrattuale anche in assenza di colpe imputabili all’esecutore.

Il comma 1 delinea il contenuto sostanziale del diritto di recesso. La stazione appaltante è legittimata a recedere in qualunque momento, senza necessità di giustificare la scelta con motivazioni connesse a inadempimenti o irregolarità, ma con il solo vincolo di rispettare le previsioni del Codice antimafia (artt. 88, comma 4-ter e 92, comma 4 del d.lgs. 159/2011).

In termini economici, la norma garantisce la tutela dell’appaltatore attraverso un indennizzo così strutturato:
  • pagamento dei lavori, servizi o forniture già eseguiti;
  • riconoscimento del valore dei materiali utili già presenti in cantiere (per i lavori) o in magazzino (per servizi e forniture);
  • aggiunta di una somma pari a un decimo dell’importo relativo alle prestazioni non ancora eseguite, calcolata secondo i criteri stabiliti dall’articolo 11 dell’Allegato II.14.

Il comma 2 disciplina la modalità procedimentale di esercizio del recesso. La stazione appaltante deve manifestare la volontà di recedere mediante formale comunicazione scritta all’appaltatore, rispettando un preavviso minimo di 20 giorni. Questa previsione risponde a un principio di correttezza e trasparenza, impedendo che l’appaltatore venga colto di sorpresa da una decisione improvvisa e garantendo un tempo congruo per predisporre le attività di chiusura.

Trascorso il periodo di preavviso, la stazione appaltante prende in consegna i lavori, i servizi o le forniture. Contestualmente procede a effettuare il collaudo definitivo (nel caso di lavori) o alla verifica di regolarità (per servizi e forniture). L’atto di recesso si perfeziona quindi non solo con la comunicazione, ma anche con le attività materiali e amministrative conseguenti, necessarie a formalizzare la chiusura del contratto e a determinare i crediti spettanti all’appaltatore.

Infine, il comma 3 richiama l’Allegato II.14, che contiene le norme di dettaglio sulla gestione dei materiali e sulle conseguenze operative del recesso. In particolare, esso disciplina:
  • le modalità di rimborso dei materiali già acquistati e non impiegati;
  • la facoltà di ritenzione della stazione appaltante, ossia la possibilità di trattenere materiali e strutture funzionali all’opera;
  • gli obblighi dell’appaltatore di sgombero e rimozione dei materiali e delle attrezzature non utilizzabili, per consentire alla stazione appaltante di riorganizzare l’area o il magazzino in vista di nuovi affidamenti o della conclusione delle attività.

Rel. C.d.S. al Codice dei Contratti

(Relazione del Consiglio di Stato al Codice dei Contratti del 7 dicembre 2022)

123 
La disposizione disciplina il recesso, riproducendo con modifiche l’attuale art. 109.

Nel comma 1, anziché “previo il pagamento”, formula adottata sia dal comma 1 dell’art. 109, sia dalle norme previgenti (art. 134 del decreto legislativo n. 163 del 2006; art. 122 del d.P.R. n. 554 del 1999), che sembra evocare una priorità temporale del pagamento rispetto al recesso, si è ritenuto di utilizzare la formulazione dell’analogo istituto del recesso unilaterale del committente di cui all’art. 1671 cod. civ. e cioè: “purché tenga indenne l’appaltatore mediante pagamento […]

Il comma 2 dell’art. 109 è stato soppresso grazie all’aggiunta dell’inciso finale nel comma 1 del testo proposto dell’art. 123, che per quanto riguarda il calcolo del decimo dell’importo fa rinvio all’allegato II.14.

L’attuale comma 3 dell’art. 109 prevede la formale comunicazione di recesso con una formulazione del testo che sembra presupporre una comunicazione preliminare e il successivo esercizio del recesso. La modifica proposta, contenuta nel comma 2 dell’art. 123, è intesa a chiarire: a) che la comunicazione deve essere scritta e b) che l’atto di recesso consiste nella comunicazione.

Ciò si spiega in quanto l’atto di recesso non deve osservare le modalità procedimentali dell’atto amministrativo (comunicazione avvio procedimento e motivazione: cfr. sul punto, recentemente, Cass. n. 21574/2022 per un caso di recesso previsto dal contratto) perché si tratta di un atto negoziale non autoritativo, posto in essere iure privatorum. Inoltre è un recesso ad nutum con cui il contraente committente si scioglie dal contratto tenendo indenne la controparte (che non ha una legittima aspettativa a nulla di più) sia di oneri e costi, sia del lucro non realizzato.

La disposizione del codice sul recesso è stata snellita spostando nell’allegato II.14 le previsioni di dettagli. In particolare, il comma 3 ha rinviato all’allegato la disciplina sul rimborso dei materiali, la facoltà di ritenzione della stazione appaltante e gli obblighi di rimozione e sgombero dell’appaltatore, già contenuta nei commi da 4 a 6 dell’attuale art. 109.

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