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Articolo 170 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

(D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36)

[Aggiornato al 21/05/2025]

Offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi

Dispositivo dell'art. 170 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

1. Fatti salvi gli obblighi assunti nei confronti dei Paesi terzi, il presente articolo si applica a offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi con i quali l’Unione europea non ha concluso, in un contesto multilaterale o bilaterale, un accordo che garantisca un accesso comparabile ed effettivo delle imprese dell’Unione europea ai mercati di tali Paesi terzi.

2. Qualsiasi offerta presentata per l'aggiudicazione di un appalto di forniture o di un appalto misto che contenga elementi di un appalto di fornitura può essere respinta se la parte dei prodotti originari di Paesi terzi, ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, supera il 50 per cento del valore totale dei prodotti che compongono l'offerta. In caso di mancato respingimento dell'offerta a norma del presente comma, la stazione appaltante o l'ente concedente motiva debitamente le ragioni della scelta e trasmette all'Autorità una relazione corredata della relativa documentazione. La relazione di cui al secondo periodo è allegata al provvedimento di aggiudicazione. Ai fini del presente articolo, i software impiegati negli impianti delle reti di telecomunicazione sono considerati prodotti(1).

3. Salvo il disposto del terzo periodo del presente comma, se due o più offerte si equivalgono in base ai criteri di aggiudicazione di cui all’articolo 108, è preferita l’offerta che non può essere respinta a norma del comma 2 del presente articolo. Il valore delle offerte è considerato equivalente, ai fini del presente articolo, se la differenza di prezzo non supera il 3 per cento. Tuttavia, un’offerta non è preferita ad un’altra in virtù del presente comma, se la stazione appaltante o l’ente concedente, accettandola, è tenuto ad acquistare materiale con caratteristiche tecniche diverse da quelle del materiale già esistente, con conseguente incompatibilità o difficoltà tecniche di uso o di manutenzione o costi sproporzionati(1).

4. Ai fini del presente articolo, per determinare la parte dei prodotti originari dei Paesi terzi di cui al comma 2, sono esclusi i Paesi terzi ai quali, con decisione del Consiglio dell’Unione europea ai sensi del comma 1, è stato esteso il beneficio del codice.

5. In coerenza con quanto previsto dal comma 2, tra i criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa di cui all’articolo 108, comma 4, può essere considerato dalla stazione appaltante, per ciascuna delle voci merceologiche che compongono l’offerta, il valore percentuale dei prodotti originari di Paesi terzi, ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, rispetto al valore totale dei prodotti che compongono l’offerta. Le stazioni appaltanti garantiscono che il criterio di cui al primo periodo sia applicato nel rispetto dei principi di non discriminazione nei rapporti con i Paesi terzi e proporzionalità.

Note

(1) Il comma 2 è stato modificato dall'art. 51, comma 1, lettere a) b) e c) del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209.

Spiegazione dell'art. 170 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

L’articolo 170 disciplina il tema dell’offerta di prodotti provenienti da Paesi terzi negli appalti pubblici di forniture o negli appalti misti che comprendano forniture.

Il comma 1 individua l’ambito di applicazione della disposizione. La regola si applica alle offerte che includono prodotti provenienti da Paesi terzi con i quali l’Unione europea non abbia concluso accordi internazionali, bilaterali o multilaterali, in grado di assicurare un “accesso comparabile ed effettivo” alle imprese dell’UE.

La clausola di salvaguardia iniziale (“fatti salvi gli obblighi assunti nei confronti dei Paesi terzi”) serve a tutelare la posizione dell’Unione e degli Stati membri rispetto agli impegni già assunti in sede internazionale. Ne consegue che l’articolo trova applicazione solo nei casi in cui vi sia asimmetria di accesso al mercato, cioè quando le imprese europee non beneficiano, nei Paesi terzi, delle stesse opportunità concesse da questi ultimi nell’ambito degli appalti pubblici.

Il comma 2 introduce una soglia di rilevanza quantitativa: un’offerta può essere respinta se oltre il 50% del valore complessivo dei prodotti inclusi proviene da Paesi terzi esclusi dagli accordi di cui sopra. La disposizione si coordina con il regolamento (UE) n. 952/2013, che disciplina le regole di origine dei prodotti, richiamando quindi un criterio doganale certo e verificabile.

È significativa la previsione secondo cui, se la stazione appaltante o l’ente concedente decide di non respingere l’offerta pur in presenza di tale condizione, deve motivare in maniera puntuale e trasmettere una relazione all’ANAC, allegandola al provvedimento di aggiudicazione.

Da notare che la norma considera i software impiegati nelle reti di telecomunicazione come veri e propri “prodotti”, ampliando l’ambito applicativo della regola anche ai beni immateriali, ma essenziali per la sicurezza delle infrastrutture critiche.

Il comma 3 introduce un criterio preferenziale per le ipotesi di equivalenza delle offerte. Quando due o più offerte risultano equivalenti secondo i criteri di aggiudicazione di cui all’art. 108 del nuovo codice appalti, è da preferire quella che non superi la soglia del 50% di prodotti provenienti da Paesi terzi. L’equivalenza si considera sussistente se la differenza di prezzo non eccede il 3%.

Tuttavia, la preferenza non è automatica: essa non si applica nei casi in cui l’accettazione dell’offerta preferita comporti l’acquisto di materiali tecnicamente incompatibili con quelli già in uso, oppure generi costi sproporzionati per manutenzione e gestione. Tale clausola di salvaguardia garantisce la continuità tecnica e la sostenibilità economica delle forniture, evitando che l’esigenza di tutelare l’origine dei prodotti prevalga su esigenze pratiche di compatibilità.

Il comma 4 opera un’importante esclusione. Non rientrano nella categoria dei “Paesi terzi” rilevanti ai fini della norma quelli cui l’Unione europea abbia esteso, con decisione del Consiglio, i benefici del Codice. Si tratta di un meccanismo di riconoscimento che amplia la platea dei Paesi considerati “equivalenti”, consentendo la partecipazione delle loro imprese senza incorrere nei limiti o nelle preferenze restrittive stabilite dai commi precedenti.

Infine, il comma 5 introduce un’ulteriore possibilità per le stazioni appaltanti: tra i criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, esse possono considerare il valore percentuale dei prodotti di origine esterna rispetto al totale dell’offerta. Questo parametro può essere applicato voce per voce, permettendo una valutazione più mirata.

La disposizione è tuttavia bilanciata da un limite essenziale: l’applicazione di tale criterio deve rispettare i principi di non discriminazione e di proporzionalità nei confronti dei Paesi terzi.

In sostanza, la norma consente di tener conto della provenienza dei prodotti come elemento qualitativo dell’offerta, ma senza tradursi in un’esclusione automatica o in un trattamento ingiustificatamente penalizzante.

Rel. C.d.S. al Codice dei Contratti

(Relazione del Consiglio di Stato al Codice dei Contratti del 7 dicembre 2022)

170 
La disposizione in esame recepisce le previsioni di cui all’articolo 85 della Direttiva 2014/25/UE e riprende previsioni già contenute nell’articolo 137 del decreto legislativo n. 50 del 2016.

In linea di continuità con quanto già previsto dalla previgente disciplina del 2006, la disposizione istituisce un sistema di preferenza dei prodotti comunitari e, al tempo stesso, fissa un complesso di regole atto a salvaguardare l’integrità del mercato europeo, garantendo il rispetto delle condizioni di reciprocità degli operatori economici europei nel mercato pubblico di Paesi terzi.

Ai sensi del comma 1, le previsioni dell’articolo in esame trovano infatti applicazione in relazione alle offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi con cui l’Unione europea non ha concluso, in un contesto multilaterale o bilaterale, un accordo che garantisca un accesso comparabile ed effettivo delle imprese dell’Unione ai mercati di tali Paesi terzi. Non sono, altresì, considerati prodotti di Paesi terzi quelli a cui, con decisione del Consiglio dell’Unione europea, è stato esteso il beneficio di essere destinatari delle disposizioni contenute nelle Direttive europee in materia di appalti pubblici.

Il presupposto per l’applicazione di tale disciplina non è costituito dalla nazionalità delle imprese offerenti, ovvero dal luogo ove è ubicata la sede legale e amministrativa, quanto piuttosto dall’origine dei prodotti. Per tale ragione, la disposizione non può che trovare applicazione nei soli casi di appalti di forniture.

Ai sensi del comma 2, del resto, viene attribuita agli enti aggiudicatori la facoltà di rifiutare qualsiasi offerta presentata per l’aggiudicazione di un appalto che abbia ad oggetti prodotti originari di Paesi terzi - secondo quanto previsto dal Regolamento UE 952/2013 - allorquando tali prodotti - nel cui novero sono inclusi anche i software impiegati nelle reti di telecomunicazione - superino il 50% della totalità dell’offerta. Si tratta, a ben vedere, di una facoltà non scevra da limiti e condizioni. Qualora infatti l’ente aggiudicatore decida di non rigettare un’offerta composta per la maggior parte da prodotti di Paesi terzi, dovrà motivarne debitamente la scelta alle Autorità europee, trasmettendo all’uopo la relativa documentazione (c.d. principio dell’“apply or explain”).

Secondo quanto stabilito dal comma 3, nel caso di due o più offerte equivalenti ovvero che non presentino una differenza di prezzo superiore al 3%, viene preferita quella che non contenga prodotti per la maggior parte provenienti da Paesi terzi. A tale regola fa eccezione il solo caso in cui l’ente aggiudicatore, preferendo l’offerta composta da prodotti europei od oggetto di accordi internazionali, è tenuto ad acquistare materiale con caratteristiche tecniche diverse da quelle del materiale già esistente, con conseguente incompatibilità o difficoltà tecniche di uso o di manutenzione o costi sproporzionati.

Il comma 4 individua una specifica esclusione dalle previsioni del presente articolo di taluni Paesi terzi individuati con decisione del Consiglio dell’UE.

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