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Articolo 617 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 23/02/2024]

Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche

Dispositivo dell'art. 617 Codice Penale

Chiunque, fraudolentemente, prende cognizione di una comunicazione o di una conversazione, telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o comunque a lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni [c.p.p. 266-271](1)(2).

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni o delle conversazioni indicate nella prima parte di questo articolo(3).

I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da tre a otto anni se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.(2)

Note

(1) Tale disposizione si presenta speculare rispetto a quanto disposto dall'art. 616 per quanto attiene alla condotte ivi perseguite.
(2) Tale comma è stato modificato dall'art. 19, comma 3, lettere a) e b), della L. 23 dicembre 2021, n. 238.
(3) La dottrina ritiene si tratti di un'autonoma fattispecie di reato, stante comunque la natura sussidiaria, confermata dalla clausola di apertura.

Ratio Legis

La disposizione è diretta a garantire la libertà e la segretezza della comunicazioni telefoniche e telegrafiche, nel rispetto del disposto dell'art. 15 Cost.

Spiegazione dell'art. 617 Codice Penale

La norma in esame è posta a tutela della inviolabilità delle comunicazioni a distanza tra due o più soggetti.

L'oggetto della condotta è rappresentato dall'apprendere in maniera fraudolenta comunicazioni o conversazioni telefoniche o telegrafiche altrui, ovvero interromperle o impedirle.

La fraudolenza della condotta qualifica il mezzo usato per prendere cognizione della comunicazione, con la conseguenza che lo strumento utilizzato deve caratterizzarsi per la sua idoneità ad eludere la possibilità di percezione della captazione da parte dei soggetti tra i quali intercorre la comunicazione.

Il secondo comma prevede la medesima pena nei confronti di chi riveli pubblicamente il contenuto delle comunicazioni captate fraudolentemente da altri.

///SPIEGAZIONE ESTESA

La norma in esame punisce colui che, illegittimamente ed in modo fraudolento, prenda cognizione di una comunicazione telegrafica a lui non diretta o di una conversazione telefonica tra altre persone, oppure le interrompa o le impedisca, o, ancora, ne riveli, in tutto o in parte, il contenuto, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico.

La condotta tipica consiste, alternativamente, negli atti con cui l’agente prenda cognizione del contenuto di una comunicazione telegrafica, diversa dalla corrispondenza, diretta ad altri, o di una conversazione telefonica tra soggetti terzi, oppure le interrompa o le impedisca.
Si ha “interruzione” quando la comunicazione o la conversazione già iniziata vengano fatte cessare, anche solo temporaneamente; integra, invece, un “impedimento”, l’ostacolo che sia posto in essere anteriormente all’inizio della comunicazione, senza che rilevi il fatto che, dopo la sua rimozione, la comunicazione o la conversazione abbiano potuto essere continuate.
Il semplice turbamento, al contrario, non si può considerare né interruzione né impedimento, in quanto non interrompe né impedisce la comunicazione, non integrando, quindi, il delitto ex art. 617 c.p.

Ai sensi del comma 2, è ugualmente punito chi riveli, in tutto o in parte, il contenuto di dette comunicazioni o conversazioni, attraverso qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, qualora, però, il fatto non integri un reato più grave.

In ogni caso, la condotta posta in essere dall’agente deve essere illegittima.

Il legislatore richiede, poi, che il mezzo impiegato dall’agente, al fine di prendere cognizione del contenuto della comunicazione telegrafica o della conversazione telefonica, oppure per impedirle o interromperle, sia fraudolento, ossia idoneo ad ingannare o a sorprendere la buona fede di chi stia comunicando telegraficamente o conversando al telefono.
Nel caso in cui il mezzo utilizzato dall’agente non sia fraudolento, ma meramente fortuito od occasionale, non si potrà ritenere integrato il delitto in esame.

L’evento tipico è rappresentato dalla presa di cognizione della comunicazione telegrafica o della conversazione telefonica, oppure dalla loro effettiva interruzione o dal loro effettivo impedimento, o, ancora, dalla rivelazione del loro contenuto.

La fattispecie in esame si considera, dunque, consumata, non appena la comunicazione sia conosciuta, oppure non appena ne siano avvenuti l’impedimento o l’interruzione, o, ancora, non appena ne sia stato rivelato, in tutto o in parte, il contenuto.

È ammesso il tentativo.

Ai fini dell’integrazione del delitto in esame è sufficiente che sussista, in capo all’agente, il dolo generico, quale volontà di prendere cognizione dell’altrui comunicazione telegrafica o conversazione telefonica, oppure di interromperla o impedirla, o, ancora, di rivelarne il contenuto con un qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, sapendo di agire illegittimamente.

La fattispecie è, di norma, procedibile a querela di parte, fatta eccezione per il caso in cui risulti integrata l’aggravante di cui al comma 3, ossia quando il fatto sia commesso in danno di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio, nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio stesso, oppure sia posto in essere da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o, ancora, da chi eserciti, anche abusivamente, la professione di investigatore privato.

///FINE SPIEGAZIONE ESTESA

Massime relative all'art. 617 Codice Penale

Cass. pen. n. 869/2020

È configurabile il concorso formale tra il delitto di intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche e quello di frode informatica, stante la diversità dei beni giuridici tutelati e delle condotte sanzionate, in quanto il primo tutela la libertà e la segretezza delle comunicazioni telematiche, mentre il secondo il regolare funzionamento dei sistemi informatici e la riservatezza dei dati in essi contenuti, di cui contempla l'alterazione al fine della percezione di un ingiusto profitto.

Cass. pen. n. 25821/2018

In tema di delitti contro l'inviolabilità dei segreti, integra il reato di cui all'art. 617 cod. pen., la condotta di presa di cognizione delle conversazioni radio tra le pattuglie dei carabinieri in servizio, utilizzando un apparecchio radiotrasmittente sintonizzato sulle frequenze dell'arma dei Carabinieri, in quanto con la norma di cui all'art. 623-bis cod. pen. la portata delle disposizioni a tutela dell'inviolabilità dei segreti è stata estesa a qualunque trasmissione a distanza di suoni immagini o altri dati.

Cass. pen. n. 11965/2018

Non configura il reato di rivelazione, mediante mezzi di informazione al pubblico, del contenuto di una conversazione telefonica fraudolentemente intercettata (art. 617c.p. art. 617 - Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche, comma secondo, cod. pen.) la condotta di chi produce, in un giudizio di separazione tra coniugi, la registrazione e trascrizione di detta conversazione.

Cass. pen. n. 12603/2017

Integra il reato di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616 cod. pen.) e non la fattispecie prevista dall'art. 617, comma primo, cod. pen., la condotta di colui che prende cognizione del contenuto della corrispondenza telematica intercorsa tra la ex convivente e un terzo soggetto, conservata nell'archivio di posta elettronica della prima.

Cass. pen. n. 39192/2004

Non presenta rilevanza penale ai sensi dell'art. 617 c.p., per difetto di dolo, la condotta dell'operatore di polizia il quale, avuta la disponibilità di un telefono cellulare ritenuto utilizzato per la consumazione del reato, risponda, nell'esercizio della attività di indagine, alle telefonate che pervengono all'apparecchio ed utilizzi le notizie ai sensi dell'art.351 c.p.p., posto che il reato citato si configura solo a carico di colui che «fraudolentemente» prende cognizione di una comunicazione a lui non diretta.

Cass. pen. n. 7091/1988

L'installazione di un radiotelefono contenente una microspia realizza la previsione delittuosa dell'art. 617 c.p. e non quella di cui all'art. 615 bis stesso codice, poiché tale attività è finalizzata all'intercettazione telefonica e non è «uno strumento di ripresa sonora» (quale può essere un miniregistratore) diretto a procacciare indebitamente notizie attinenti alla vita privata.

Cass. pen. n. 8601/1980

L'intercettazione delle comunicazioni radio tra centrali operative e cosiddette radiomobili dei corpi di polizia, e l'installazione di apparecchiature atte ad intercettare tali comunicazioni non rientrano nelle ipotesi previste dagli artt. 617 e 617 bis c.p., che tutelano la riservatezza delle comunicazioni e conversazioni telegrafiche o telefoniche e la cui applicazione è estesa dall'art. 623 bis c.p. a qualunque altra trasmissione di suoni, od immagini od altri dati, effettuata con collegamento su filo o ad onde guidate. Per onde guidate, infatti, si intendono quelle convogliate a mezzo di conduttori fisici e pertanto non possono farsi rientrare in tale nozione le radio-comunicazioni della polizia, che sono effettuate mediante onde elettriche. L'intercettazione di trasmissioni radiotelefoniche della centrale operativa della questura deve, invece, ritenersi compresa nella previsione del R.D. 8 febbraio 1923, n. 1067, contenente norme per il servizio delle comunicazioni senza filo, che all'art. 18 (modificato dal R.D. n. 1488 del 1923) punisce chiunque, senza l'espressa autorizzazione del competente Ministero, intercetti e propaghi con qualsiasi mezzo il contenuto della corrispondenza radiotelegrafica e radiotelefonica. L'installazione di un apparecchio radio di particolare potenza, al fine di intercettare le trasmissioni della centrale operativa della polizia, non rientra né nella previsione dell'art. 617 bis c.p., né nella previsione dell'art. 18 R.D. n. 1067 del 1923, che prevede e punisce soltanto l'intercettazione delle comunicazioni radiotelegrafiche e radiotelefoniche.

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