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Articolo 493 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Falsità commesse da pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico

Dispositivo dell'art. 493 Codice Penale

Le disposizioni degli articoli precedenti sulle falsità commesse da pubblici ufficiali si applicano altresì agli impiegati dello Stato, o di un altro ente pubblico, incaricati di un pubblico servizio(1), relativamente agli atti che essi redigono nell'esercizio delle loro attribuzioni(2).

Note

(1) Il pubblico impiegato è il dipendente dell'ente pubblico che svolge prestazioni permanenti, non esclusivamente manuali, a favore dell'ente stesso. Rientrano in tale categoria, ad esempio gli addetti alla nettezza urbana, il portalettere, il dattilografo dipendente da un ente pubblico, il contabile della casa circondariale e l'agente di custodia, gli addetti al prelievo e alla distribuzione dei tabacchi.
(2) Gli atti su cui cade la falsità è sufficiente che siano stati redatti nell'esercizio delle attribuzioni conferitegli, quindi non devono necessariamente essere di competenza esclusiva del pubblico impiegato incaricato del pubblico servizio. L'espressione "nell'esercizio delle loro attribuzioni" deve intendersi in senso ampio ovvero rileva qualsiasi collegamento della condotta con la sfera di competenza funzionale del pubblico ufficiale.

Ratio Legis

La norma estende la protezione garantita dai reati di falsità anche alle condotte poste in essere dai pubblici impiegati incaricati di pubblico servizio.

Spiegazione dell'art. 493 Codice Penale

Le norme di cui al Capo III (artt. 476493 bis) relative alla punibilità dei pubblici ufficiali, si applicano anche agli incaricati di pubblico servizio, per la cui definizione e spiegazione si rimanda all'art. 358.

Massime relative all'art. 493 Codice Penale

Cass. pen. n. 12739/2020

Il delitto di falso in atto pubblico è configurabile nei confronti dell'incaricato di pubblico servizio, in virtù della estensione prevista dall'art. 493 cod. pen., solo se tale soggetto sia legato da un rapporto di pubblico impiego con lo Stato o con altro ente pubblico.

Cass. pen. n. 2969/2019

In caso di applicazione della pena militare accessoria della rimozione, ai sensi degli artt. 20 e 33 cod. pen. mil. pace, a militare rivestito di un grado o appartenente ad una classe superiore all'ultima che abbia riportato condanna per taluno dei delitti previsti dagli artt. 476 e 493 cod. pen., non si configura un'ipotesi di violazione del principio del "ne bis in idem" qualora al predetto sia stata irrogata altresì la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio, atteso che la suddetta pena non comporta di per sé la cessazione dal servizio, che può essere disposta soltanto dall'autorità amministrativa all'esito del procedimento disciplinare incardinato sul fondamento dell'adozione della rimozione medesima.

Cass. pen. n. 43363/2013

Ai fini della configurabilità dei reati di falsità in atti, gli "ausiliari del traffico" rivestono la qualifica di incaricati di pubblico servizio solo se legati da un rapporto di pubblico impiego con lo Stato o con altro ente pubblico, per effetto di quanto previsto dall'art. 493 cod. pen.

Cass. pen. n. 3901/2001

Il reato di falso in atti pubblici commesso da pubblici impiegati incaricati di pubblico servizio (art. 493 c.p.), in quanto basato sul presupposto che trattisi di atti redatti nell'esercizio delle attribuzioni proprie dei soggetti responsabili, non può essere configurato con riguardo alle firme apposte sui fogli di presenza da dipendenti di un'azienda municipalizzata in quanto costoro — a prescindere dalla mancanza, in essi, della necessaria qualificazione soggettiva — con l'apposizione di dette firme non redigono comunque atti connessi alle loro mansioni, ma assolvono soltanto all'onere loro imposto di provare l'adempimento del sinallagma contrattuale.

Cass. pen. n. 12254/1990

In tema di falso, è al di fuori del paradigma dell'art. 479 c.p. l'ipotesi di falsificazione, da parte di pubblici ufficiali o - per l'estensione di cui all'art. 493 c.p. - di impiegati incaricati di un pubblico servizio, del contenuto di atti che, in quanto non siano esternazione delle competenze funzionali dei soggetti che li hanno formati, non possono considerarsi emessi «nell'esercizio delle loro attribuzioni», come esplicitamente richiesto dalla norma incriminatrice.

Cass. pen. n. 6436/1983

La disposizione dell'art. 493 c.p. non dilata l'area degli atti pubblici (sono tali solo quelli formati nell'esercizio di una pubblica funzione) ma equipara quelli redatti da pubblici impiegati incaricati di un pubblico servizio agli atti pubblici, estendendo ai primi la tutela penale predisposta per i secondi.

Cass. pen. n. 4284/1983

Ai fini dell'art. 493 c.p., i dipendenti del comune addetti al servizio della nettezza urbana rivestono la qualità di pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico; alle attestazioni di presenza da essi redatte sui moduli predisposti dal comune si applicano, pertanto, le disposizioni sulle falsità commesse da pubblici ufficiali.

Cass. pen. n. 8603/1982

Agli effetti dell'art. 493 c.p., il portalettere riveste la qualità di pubblico impiegato incaricato di un pubblico servizio.

Con la raccolta della firma di ricevuta del destinatario sull'apposito modulo, il portalettere attesta univocamente, seppure implicitamente, di aver consegnato personalmente al medesimo la raccomandata. Pertanto, in caso di mancata consegna il portalettere che apponga sul registro la firma apocrifa del destinatario fa apparire, contrariamente al vero, come avvenuta la consegna e commette quindi falsità ideologica ai sensi degli artt. 477, 476, 493 c.p., a nulla rilevando la mancanza della sua firma sul registro.

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