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Articolo 235 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Espulsione o allontanamento dello straniero dallo Stato

Dispositivo dell'art. 235 Codice Penale

(1)Il giudice ordina l’espulsione dello straniero ovvero l’allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione europea, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge [312], quando lo straniero o il cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione europea sia condannato alla reclusione per un tempo superiore ai due anni(2).

[Ferme restando le disposizioni in materia di esecuzione delle misure di sicurezza personali, l’espulsione e l’allontanamento dal territorio dello Stato sono eseguiti dal questore secondo le modalità di cui, rispettivamente, all’articolo 13, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e all’articolo 20, comma 11, del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30.](3)

Il trasgressore dell’ordine di espulsione od allontanamento pronunciato dal giudice è punito con la reclusione da uno a quattro anni. In tal caso è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto, anche fuori dei casi di flagranza, e si procede con rito direttissimo.

Note

(1) L'articolo in esame ha assunto l'attuale configurazione in virtù dell'intervento operato dall’articolo 1, comma 1, lett. a), del d.l.23 maggio 2008, n. 92, convertito poi in l. 24 luglio 2008, n. 125.
(2) Viene qui disciplinata una misura di sicurezza obbligatoria ad efficacia immediata, riguardante i soggetti stranieri, tra cui sono compresi gli apolidi residenti nello Stato, quelli che godono delle garanzie dei cittadini italiani e lo straniero che gode del diritto d'asilo. Oltre ai presupposti definiti dal comma in esame, si ricordi che l'espulsione è sempre e comunque sottoposta al vaglio della pericolosità sociale.
(3) Il comma secondo è stato abrogato dall'art. 1 della legge 15 luglio 2009, n. 94.

Ratio Legis

La norma trova la propria ratio nell'interesse di difesa sociale e di tutela dell'ordine pubblico, che giustifica l'allontanamento dal territorio dello Stato di individui la cui permanenza potrebbe risultare pericolosa.

Spiegazione dell'art. 235 Codice Penale

La presente norma è stata riformulata dal c.d. “Pacchetto sicurezza” (L. 125/2008), e prevede l'espulsione dello straniero, dopo l'espiazione della pena, quando sia stato condannato alla pena della reclusione per un tempo superiore ai due anni.

La misura di sicurezza in oggetto si distingue sia dall'espulsione in via amministrativa, applicata dall'autorità amministrativa, sia dall'espulsione ad altro titolo, in particolare come sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione.

Difatti, mentre queste ultime sono applicate in maniere pressoché automatica al ricorrere dei presupposti, l'espulsione come misura di sicurezza non può e non deve prescindere dalla pericolosità sociale del soggetto, la quale va accertata in concreto dal giudice, avendo soprattutto a riguardo, come indici di pericolosità, l'irreperibilità del condannato e la presenza di vari comportamenti sintomatici della volontà di sottrarsi ai controlli delle Forze dell'Ordine.

///SPIEGAZIONE ESTESA

L’art. 235 c.p. prevede l’ipotesi di espulsione o allontanamento dello straniero come misura di sicurezza personale non detentiva.
Per quanto riguarda l’ambito soggettivo di applicazione della norma, destinatari di tale ordine di allontanamento dal territorio dello Stato sono gli stranieri, comprendendo tra gli stessi anche gli apolidi (v. art. 1 comma 1 del D. lgs. 286/1998) e anche i cittadini degli altri Stati membri dell’Unione Europea.
Tale ultima possibilità è attualmente prevista espressamente dal comma 1 della disposizione in commento, anche se la giurisprudenza aveva già cominciato ad orientarsi in tal senso da diversi anni, pur nel rispetto dei limiti derivanti dalle libertà di circolazione, stabilimento e soggiorno delle persone previsti nell’ambito di applicazione dei Trattati Europei. Tali diritti dei cittadini membri non sono incondizionati, ma possono appunto essere limitati, seppur solamente per ragioni gravi quali la sicurezza e l’ordine pubblico.
Si ritiene che l’espulsione o l’allontanamento vadano eseguiti in un momento successivo rispetto alla espiazione della pena principale.
Inoltre, si registra in giurisprudenza un contrasto in merito all’applicazione di tale misura di sicurezza in presenza della concessione della sospensione condizionale della pena.
Infatti, ratio di quest’ultimo istituto è quella di favorire il condannato che, sulla base di un giudizio prognostico di natura discrezionale compiuto dal giudice di merito, si sia dimostrato non socialmente pericoloso e anzi incline alla riparazione del danno cagionato. Tale ottica di favor per il reo che si dimostri responsabile e propositivo nel riparare il pregiudizio provocato contrasta inevitabilmente con un misura di sicurezza, come quella dell’espulsione e dell’allontanamento, che persegue la finalità opposta di isolare e distanziare il soggetto, proprio sulla base di un concreto accertamento della sua pericolosità sociale.
Tale ultimo rilievo riveste importanza fondamentale ai fini dell’applicabilità della misura poiché, se pericolosità sociale non vi fosse, sarebbe al massimo applicabile una espulsione in via amministrativa.
Oltre alla misura di sicurezza prevista dall’art. 235, infatti, esistono una serie di altre misure espulsive, contenute nel Testo Unico sull’immigrazione (T.U. 286/1998), che possono essere irrogate al ricorrere di certi determinati presupposti.
Innanzitutto, è possibile, ai sensi dell’art. 13, commi 1 e 2, del Testo unico sull'immigrazione, applicare allo straniero una espulsione alla stregua di una misura straordinaria di ordine pubblico oppure come misura di prevenzione disposta, nel primo caso, dal Ministro dell’Interno e, nel secondo caso, dal Prefetto.
Infine, ai sensi dell’art. 16 del medesimo T.U., è possibile applicare un’espulsione che costituisce una sanzione sostitutiva della detenzione, che può essere disposta dal giudice in una serie di casi elencati dalla norma.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha avuto modo di pronunciarsi in merito alla compatibilità della normativa nazionale di espulsione degli stranieri, con particolare riferimento all'art. 13 e all'art. 14 del T.U. immigrazione, con la nota sentenza del 28 aprile 2011 legata al caso “El Dridi”.
In quella circostanza, i giudici di Lussemburgo avevano censurato il sistema nazionale in materia di immigrazione.
Più in particolare, la Corte di Giustizia aveva affermato in tale occasione l’incompatibilità del reato di inottemperanza all’ordine di allontanamento emanato dal questore (art. 14 comma 5-ter del T.U. immigrazione) con la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, diretta a stabilire norme e procedure comuni per il rimpatrio degli stranieri irregolari.
Ebbene, nonostante si riconosca agli Stati la possibilità di scegliere liberamente quali siano le misure più idonee da applicare per il rimpatrio degli stranieri, non escludendo la possibilità di applicare anche delle norme penali, tale ultima soluzione potrebbe contrastare con gli scopi della direttiva allorquando, privando lo straniero della propria libertà personale, non gli consentono il “rimpatrio volontario”.
Nello specifico, i giudici della Corte di Giustizia hanno affermato che la pena detentiva prevista dalla normativa nazionale per il caso di trasgressione all’ordine di allontanamento “rischia di compromettere la realizzazione dell’obiettivo perseguito da detta direttiva, ossia l’instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare”.
La misura della detenzione, infatti, non potrebbe che ostacolare l’applicazione delle misure di rimpatrio volontario o comunque ritardare l’esecuzione delle stesse.
///FINE SPIEGAZIONE ESTESA

Massime relative all'art. 235 Codice Penale

Cass. pen. n. 29586/2021

La concessione della sospensione condizionale della pena allo straniero condannato per reati in tema di stupefacenti ne impedisce l'espulsione dallo Stato, in quanto, implicitamente, ne esclude l'attuale pericolosità sociale, che è presupposto imprescindibile per l'applicazione della misura di sicurezza.

Cass. pen. n. 19155/2021

Non è affetta dal vizio di contraddittorietà della motivazione la sentenza di condanna che disponga l'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, in tal modo attestandone la pericolosità sociale, nonostante l'intervenuta revoca della misura cautelare dell'obbligo di dimora per il venir meno del pericolo di reiterazione del reato, in considerazione della differente natura e finalità dei due istituti.

Cass. pen. n. 16400/2021

L'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore a due anni, prevista dall'art. 235 cod. pen., costituisce una misura di sicurezza personale di carattere facoltativo applicabile dal giudice solo nel caso in cui, con adeguata motivazione, abbia verificato la sussistenza della pericolosità sociale; pertanto, nel caso in cui tale misura non venga applicata con la sentenza di condanna, deve ritenersi implicita la valutazione negativa in ordine alla pericolosità del condannato.

Cass. pen. n. 23399/2020

Ai fini dell'applicazione della misura di sicurezza dell'espulsione ex art. 235 cod. pen. nei confronti di un condannato extracomunitario che abbia legami familiari, ai sensi dell'art. 19, comma 2, lett. c) d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, con un cittadino dell'Unione europea regolarmente soggiornante in Italia, il magistrato di sorveglianza è tenuto ad accertare, in sede di valutazione dell'attualità della pericolosità sociale, non solo l'insussistenza delle cause ostative previste dall'art. 19 del citato d.lgs., ma anche che ricorrano le rigide condizioni cui l'ordinamento europeo subordina l'adozione della misura dell'allontanamento del cittadino dell'Unione o del familiare "qualificato" (direttiva 2004/38/CE del 29 aprile 2004, recepita nell'ordinamento interno dal d.lgs. 6 febbraio 2007, n. 30).

Cass. pen. n. 23826/2020

In tema di esecuzione della misura di sicurezza personale dell'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, ai fini della valutazione del requisito di attualità della pericolosità sociale, la condizione di irregolare presenza in Italia, dovuta alla mancanza di un valido titolo di soggiorno, non costituisce, di per sé, elemento idoneo a fondare un giudizio sfavorevole di prognosi criminale, potendo assumere una tale valenza solo qualora lo straniero, per effetto dello stato di irregolarità, versi nell'impossibilità di procurarsi lecitamente i mezzi di sussistenza, con conseguente rischio di determinarsi alla commissione di nuovi reati.

Cass. pen. n. 23101/2020

In tema di misure di sicurezza personali, la pericolosità sociale rilevante per l'applicazione della misura facoltativa dell'espulsione dal territorio dello Stato di cui all'art. 235 cod. pen. consiste nel pericolo di commissione di nuovi reati e deve essere valutata tenendo conto dei rilievi peritali sulla personalità, sugli effettivi problemi psichiatrici e sulla capacità criminale dell'imputato, nonché sulla scorta di ogni altro parametro valutativo di cui all'art. 133 cod. pen..

Cass. pen. n. 14704/2020

In tema di misure di sicurezza personali, il giudizio di pericolosità del condannato richiesto per l'applicazione dell'espulsione dal territorio dello Stato deve essere effettuato sulla scorta dei parametri valutativi di cui all'art. 133 cod. pen., tenendo conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del reo e rimanendo coerente e consequenziale rispetto al tessuto argomentativo su cui il giudice di merito ha fondato la propria decisione, onde esso può trovare implicito ma inequivoco fondamento anche nelle circostanze di fatto e nelle valutazioni personologiche effettuate ai fini del giudizio di responsabilità e della commisurazione della sanzione.

Cass. pen. n. 18901/2019

L'espulsione dal territorio dello Stato di uno straniero o l'allontanamento di un cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea, di cui all'art. 235, primo comma, cod. pen., costituisce una misura di sicurezza personale facoltativa la cui mancata applicazione non richiede una specifica motivazione quando la pericolosità sociale del condannato non risulti da concreti e rilevanti elementi relativi al condannato che siano esplicitati in motivazione.

Cass. pen. n. 44188/2013

L'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore a due anni - prevista dall'art. 235 c.p., come modificato dal d.l. n. 92 del 2008, conv. con modif. in legge n. 125 del 2008 - costituisce una misura di sicurezza personale e, in quanto tale, opera in riferimento anche ai fatti criminosi commessi prima della novella, discendendo l'applicazione dall'attualità della pericolosità.

Cass. pen. n. 28614/2009

La misura di sicurezza dell'allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea, condannato alla reclusione per un tempo superiore a due anni, deve essere disposta pur in caso di sentenza di patteggiamento, ma pur sempre previo accertamento in concreto della pericolosità sociale.

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